sulla "riforma" universitaria del 3 + 2
[ Cari Colleghi,
alcuni di voi la conosceranno di gia', altri non la gradiranno, o la troveranno comunque inopportuna ("sorpassata dagli eventi"), pure mi sento in dovere di contribuire a far ulteriormente circolare la lettera aperta del nostro collega Luciano Canfora (storico di Firenze, a quel che ricordo - oggi non funziona il collegamento Internet, e non posso controllare) al Ministro Moratti sulla "riforma" universitaria*. L'ho da poco ricevuta da una giovane ricercatrice (credo) di Chimica, Assuntina Morresi - che ringrazio vivamente - nella sua veste di promotore di un gruppo di discussione cattolico (la Morresi scrive: "qualcun altro è d'accordo con noi..."). Evidenzio tale specifica provenienza, e sintonia, perche' il Prof. Canfora, viceversa, non ha mai fatto mistero della sua "fede" decisamente di "sinistra"**, a riprova del fatto che la "resistenza" nei confronti di tanto scempio e', come si usa oggi dire in politichese, "trasversale"*** a tutti gli schieramenti.
Sempre molti cordiali saluti, dal vostro UB (20.I.2002)
* Tanto piu' che dovremo prossimamente discutere in CCL di Matematica dell'attivazione delle future "lauree specialistiche", e che sono reduce dalla fresca esperienza dei mini-esami del I appello del mini-corso di Algebra 1, dove ho potuto soltanto accennare, durante una breve serie di mini-lezioni, ad alcuni argomenti fondamentali, che un tempo venivano detti formativi, ma che si pretende oggi lo studente riesca ad assimilare in un periodo assai breve, nel quale viene tra l'altro bombardato da tante altre nozioni (Informatica sin dal I modulo del I anno? corso essenziale-formativo??), con cui pure ci si aspetta sia capace di dimostrare sin dopo pochi mesi dall'inizio dell'A.A. qualche familiarita' (non che prima tutto andasse bene, ci mancherebbe, non sono cosi' folle da sostenerlo: il "declino" era gia' iniziato da diverso tempo, ma adesso si e' facili profeti prevedendo che la situazione possa addirittura precipitare...).
** A proposito di tale dichiarata appartenenza, debbo dire che Canfora ha sempre comunque manifestato la sua "devozione per la verita'", pubblicando un libro senz'altro "scomodo" per la sua stessa parte, nel quale ha cercato di ricostruire, in modo aderente ai fatti, le vicende che hanno accompagnato l'omicidio di Giovanni Gentile ("La sentenza"). Tra gli altri suoi scritti meritevoli di ogni attenzione (mi sembra editi tutti da Sellerio), "La Biblioteca scomparsa", nel quale dissipa tutte le "favole" che circolano ancora oggi sulla distruzione delle - il plurale e' voluto - famose biblioteche di Alessandria, e "Storie di oligarchi", in cui investiga con risultati sorprendenti un altro celebre omicidio storico: chi uccise Tucidide?!
*** Assai sorprendente in effetti tale trasversalita',
di cui il Prof. Canfora non e' l'unico esempio, se si tiene conto delle
manifeste responsabilita' dei precedenti governi dell'Ulivo - e in particolare
dei DS - nello stato di cose che si lamenta. Buffo allora anche osservare
che ne "Il Manifesto" del 9.I.01, l'ex ministro Berlinguer si lamenti di
"scimmiottamento dilagante [nelle Universita'] delle regole della democrazia
politico-rappresentativa", di "populismo dilagante degli organi di autogoverno
accademico", di "demagogia pseudo-democraticistica", tutti rilievi con
cui la mia "parte" non puo' non essere d'accordo, ma viene da chiedersi:
lui dov'era prima? e cosa ha fatto per contrastare le denunciate degenerazioni??]
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LETTERA APERTA
Luciano Canfora scrive a Letizia Moratti e spiega perché il nuovo ordinamento che unisce diploma e laurea deve essere rivisto
"Caro ministro, al supermercato dell'università il tre più due non funziona"
Signor Ministro, non avendo avuto il gravame, che forse è anche un vincolo, di partecipare alle "commissioni di saggi" che hanno partorito la riforma universitaria entrata in vigore il primo novembre 2001, ma avendone invece quotidianamente sott'occhio gli effetti, ho ritenuto che un tempestivo promemoria potesse essere, per il Ministro in carica, di una qualche utilità.
A torto si è di recente affermato che le innovazioni introdotte dal precedente governo siano da considerarsi ormai definitive e immutabili, novelle leggi mosaiche. Qualunque legislazione è passibile di modifica, e la modifica s'impone e diventa urgente quando si tratta di leggi errate e dannose.
Tralascerò dettagli secondari e mi terrò al punto principale intorno al quale si è in passato dibattuto, in modo, a mio avviso, flebile. Mi riferisco all'ordinamento degli studi denominato con formula brachilogica "tre " più "due".
Un ordinamento che ha, in verità, del miracoloso, tale da far impallidire quella che i teologi definivano, e definiscono, e intorno alla quale a lungo si scontrarono, "transustanziazione".
Infatti c'è qualcosa di miracoloso in quel segno di addizione ("più"). Grazie a quel semplice segno matematico, un percorso triennale, avente per obiettivo un autonomo, autosufficiente, e (si spera) coerente itinerario mirato ad una formazione "di base", diventa - ed è lì il miracolo del mutamento di sostanza - la gran parte (tre anni su cinque) di un percorso di tutt'altro tipo: specialistico, e non "di base".
Il percorso che si conclude in tre anni deve essere, non può non essere, altra cosa rispetto a quello che conduce ad una vera laurea. Sommarvi i due anni (due!), nei quali si dovrebbe fabbricare in tutta fretta lo studioso, fingendo che già i primi tre mirassero a tal fine, è semplice autoinganno. E perciò rovinoso. Parecchi anni fa Nicola Tranfaglia, all'epoca in fiera polemica col ministro Falcucci, scriveva assai giustamente che "nei Paesi più avanzati del mondo" vi è chiara distinzione - nell'ordinamento universitario - tra "diplomi, laurea e dottorati". (La Repubblica del 10 dicembre 1986, pagina 24: appena quindici anni fa).
Eccellente impostazione, nella quale ad ogni cosa viene attribuito il giusto nome. Bisognava - come additato quindici anni fa da Nicola Tranfaglia - tener separate le due strade, e render chiaro, anche sul piano onomastico, che tre anni vuol dire "diploma" e quattro o cinque (a seconda del tipo di facoltà) vuol dire "laurea".
Quando i nomi vengono correttamente usati in corrispondenza delle cose non diventano più possibili le somme in cui, contro ogni elementare principio aritmetico, gli addendi sono eterogenei . I tre anni che portano ad un diploma (in modo truffaldino oggi chiamato laurea, contro la giusta veduta del Tranfaglia 1986) non possono essere addizionati ai due di necessità convulsi e raffazzonati anni "specialistici" (i quali portano daccapo alla "laurea"). Se non, ripeto, grazie a repentini e miracolosi mutamenti di sostanza. Debbono essere due percorsi totalmente distinti.
Non mi dilungo nella esemplificazione. Soggiungo soltanto che il nostro Paese non meritava questo trattamento da Paese in via di sviluppo, dove si costruisce, nel deserto, una prima struttura universitaria di una qualche efficacia. Non meritavamo questa retrocessione ope legis. E Lei è ancora a tempo per rimediare.
Luciano Canfora