Una Patria Venduta


 


Proseguiamo ancora una volta nella nostra opera di "controinformazione" presentando un notevole studio, "Una Patria Venduta - Come tradimenti e congiure hanno portato alla disfatta dell'8 Settembre", di Piero Baroni (Ed. Settimo Sigillo, Roma, 1999), attraverso un articolo dell'autore che utilizziamo per gentile concessione della rivista "Storia Verità" (n. 30 del Maggio-Giugno 2001, pp. 39-40; Europa Libreria Ed., Roma, ordini@libreriaeuropa.net ).

Brevemente, la tesi sostenuta nel libro è che "l'ipoteca della sconfitta militare continua ad esercitare un oscuro potere condizionante sulla comunità nazionale", soprattutto per alcune poco divulgate modalità con cui ad essa si è pervenuti. Baroni, inviato speciale del Giornale Radio RAI, parte infatti dall'articolo 16 "del trattato di pace imposto all'Italia dai vincitori" (il quale recita: "L'Italia non incriminerà né altrimenti perseguirà alcun cittadino italiano, specialmente gli appartenenti alle forze armate, per avere tra il giugno 1940 e la data dell'entrata in vigore del presente trattato, espresso la loro simpatia per la causa delle Potenze Alleate, o avere condotto un'azione a favore di detta causa"), per dedurne, tristemente, che:

"Il solo fatto che gli 'Alleati' abbiano voluto inserire un tale articolo, con quella dizione, così esplicita, al tempo stesso talmente eloquente e infamante per le forze armate italiane, riveste molti e inquietanti significati ... 1) I traditori sono stati così numerosi da rendere indispensabile la loro eterna impunità, addirittura da imporla, sancirla, a livello mondiale, tramite un trattato ... Quindi lasciando germinare nel popolo sconfitto i sospetti, le differenze, la sfiducia, il disprezzo, il rancore, l'odio. Anzi, favorendo tutto ciò, velenosamente, per annichilire ogni volontà di riscatto. Infine, con il tempo e la necessità di vivere o sopravvivere, alimentando il distacco morale dalle tradizioni, dalla storia, dal patrimonio morale, etico, culturale che costituisce l'anima, l'essenza spirituale della Patria. Rendendo l'Italia, veramente, una espressione geografica. 2) Con l'imposizione dell'articolo 16 (e, fatto ancor più grave, con la subitanea, supina accettazione, senza protestare, senza opporre alcun gesto, sia pure dimostrativo, di orgoglio o almeno di dignità), gli 'Alleati' hanno vibrato il fendente mortale, mentre i governanti italici di allora e la maggioranza politica che li aveva espressi, legittimati solo dalle baionette dei vincitori, hanno vergato l'atto di sottomissione, l'accettazione imbelle, vile, non del vassallaggio, ma dell'asservimento totale, assoluto. Svendendo una intera nazione, pur di soddisfare la cupidigia di potere, pur di ricoprire il ruolo nominale di 'governatori' dell'ultima provincia del nuovo impero. 3) L'articolo 16 del trattato di pace indica al mondo intero la doppiezza, la slealtà, l'ambiguità degli italiani. Gente di cui diffidare, pronta a tradire, a cambiare bandiera, a vendersi. Un'analisi delle conseguenze richiederebbe uno studio apposito. Effetti micidiali sulla formazione culturale e sociale dei giovani, mancanza di punti di riferimento morali; vuoto intellettuale riempito dai propagandisti e da specialisti della persuasione occulta al servizio e controllati dalle centrali del comunismo sovietico e del capitalismo americano; sistematica manipolazione e distorsione degli eventi bellici; e nel contempo costruzione di scenari alterati, contraffatti, artefatti, truccati, in merito alla conduzione delle campagne di guerra ... per coprire, mascherare, occultare, con una tenacia addirittura sconvolgente, il panorama, questo sì spaventoso, fatto di omissioni, incompetenze, complicità, collusioni, congiure, errori marchiani, pavidità, tradimenti" (loc. cit., pp. 12-13).

Parole durissime, indubbiamente, queste dell'autore, ma non è forse la sua una constatazione con la quale, prima o poi, la nostra nazione, il nostro popolo, sarà chiamato a fare i conti, se vorrà continuare a mantenere la propria identità culturale, di fronte ai tentativi sempre più massicci e palesi di un suo definitivo annullamento? (vedi anche, in questa stessa rubrica, il punto N. 10, relativo tra l'altro ai guasti provocati alla nostra società da una pretesa "liberazione" della donna, chiaramente etero-diretta...).

Aggiungiamo infine che il libro di Baroni dovrebbe far almeno riflettere quegli "insegnanti" che sono sempre pronti a esaltare in ogni circostanza i "vincitori", mostrando di ritenere così implicitamente che la vittoria sia conseguenza di meriti particolari, se non addirittura di ricevuta "grazia divina", e perdendo così l'occasione di additare ai loro allievi quello che resta un imperativo etico fondamentale degli studi storici, ovvero saper valutare la possibile distanza tra chi ha vinto e chi aveva ragione (T. Tonietti - vedi punto 1 della pagina sui Fondamenti della Matematica)...

UB, marzo 2002
 


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Il DRAMMATICO AFFONDAMENTO

DELL'INCROCIATORE "COLLEONI"

CAPO SPADA: UN AFFARE DI TRADIMENTO

Quello che venne ufficialmente definito "incontro improvviso" fu in realtà

un vero e proprio agguato nemico, attuato in base

a precise informazioni di fonte infedele italiana.

(Piero Baroni)


 




Il troppo lungo silenzio sugli episodi oscuri della nostra guerra, in particolare di quella sul mare, impone di tornare in argomento in presenza di nuovi elementi di conoscenza e questo non per sterile e inutile polemica indiretta con quanti per decenni hanno mistificato la storia e il sacrificio di tanti combattenti, ma solo e soltanto per rispetto della verità e nell'auspicio di una revisione autentica degli avvenimenti del periodo bellico e dell'effettiva realtà di quegli anni, individuando e denunciando le responsabilità, facendo luce sui troppi misteri e sulle numerosissime omissioni. Quella che segue è una nota relativa alla perdita dell'incrociatore leggero "Bartolomeo Colleoni" affondato il 19 luglio 1940 nelle acque del Mare di Candia.

La perdita dell'incrociatore avvenne dopo un durissimo combattimento tra due unità italiane (con il "Colleoni" partecipò all'azione il gemello "Giovanni dalle Bande Nere") e una forza navale britannica composta dall'incrociatore "Sidney" appoggiato da cinque cacciatorpediniere. Nella pubblicazione ufficiale "Le azioni navali in Mediterraneo dal 10 giugno 1940 al 31 marzo 1941" (Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1976), si legge a pagina 177: "In definitiva si può dire che Capo Spada abbia rappresentato un incontro improvviso - dovuto a concetti di contrasto di analoghi obiettivi nelle acque dell'Egeo da pane dei due belligeranti - nel quale la fortuna fu alleata degli inglesi".

Quello che la storia ufficiale della Regia Marina in guerra titola "Lo scontro di Capo Spada" qualificandolo un "incontro improvviso" sarebbe stato invece un vero e proprio agguato attuato dal nemico sulla scorta di informazioni acquisite preventivamente da fonti infedeli italiane. Un'operazione antecedente all'agguato di Capo Matapan (28 marzo 1941) ma con le medesime caratteristiche: il nemico era a conoscenza sia dell'obiettivo dell'azione italiana, sia della data del suo svolgimento.

Il Capitano del Genio Navale Alberto Cristofanetti, era il capo reparto macchine dell'incrociatore "Colleoni" durante il combattimento navale di Capo Spada. Venne decorato di medaglia d'argento al valor militare per aver esplicato "con perizia e serenità durante il lungo e aspro combattimento" i propri compiti. Inoltre "ricevuto l'ordine di abbandonare la Nave, si assicurava che il personale da lui dipendente avesse lasciato i locali e, sebbene menomato da ferite, impediva, con generoso slancio, che il Comandante gravemente ferito, si inabissasse con l'Unità".

Un'analisi particolareggiata degli avvenimenti di quel 19 luglio 1940 nel Mare di Candia richiederebbe troppo spazio e forse annoierebbe. Per chiarire quanto sottolineato in precedenza e per corroborare quanto delineato, sarà sufficiente dire che il Capitano Cristofanetti venne recuperato da una nave inglese come molti altri superstiti dell'equipaggio italiano. Con una lunga ferita da poco ricucita, con la gamba fasciata e steccata, l'Ufficiale si muoveva a stento nell'unità britannica, mentre un medico inglese e un italiano prestavano soccorso e cure di prima urgenza ai numerosi feriti, molti dei quali morenti (duecento i Caduti tra l'equipaggio del "Colleoni"). A un certo punto mentre era in cerca di cartelli indicatori per raggiungere il luogo dove era stato assegnato, "vede, appeso a una parete e bene in vista, un foglio. Lo legge: è l'ordine di operazione della nave inglese e c'è scritto che in quel giorno 19 luglio 1940 si dovrà partire alle cinque della mattina, dalla baia di Suda, per andare contro due incrociatori italiani diretti a Lero".

La citazione è ripresa da "Gli eroi vinti", di Maria Giuditta Cristofanetti Boldrini, vedova del Capitano Cristofanetti. Quest'ultimo, sopravvissuto al conflitto, morì nel 1978, In tutti gli anni del dopoguerra aveva tenuto nascosto alla moglie il fatto di essere stato decorato al valore. La Signora Maria Giuditta "il 15 giugno del 1981, tre anni dopo la morte di Alberto", venne convocata all'Anagrafe di Roma per la consegna del libretto di vedova "azzurra". Con questo colore infatti vengono designati i decorati al valor militare. Nel libro citato così l'Autrice descrive quel momento. "Il "pane della vedova" (così si chiamava anticamente) con cui la Patria esprimeva la sua concreta riconoscenza verso l'eroismo del mio defunto marito, era di ben 3.333 lire al mese!" (da "Gli eroi vinti" di Maria Ciuditta Cristofanetti Boldrini - Nuova Editrice Spada, Roma, 1990).

Quando il libro venne pubblicato (e non distribuito), non suscitò attenzione, interesse e tanto meno scalpore a seguito del particolare concernente "l'ordine di operazione" affisso a bordo della nave britannica che recuperò i marinai italiani dopo l'affondamento dell'incrociatore "Colleoni", documento che venne letto dal Capitano Cristofanetti (che parlava correntemente la lingua inglese). Il libro suscitò reazioni, almeno così s'intese sostenere o si volle far credere, per una questione di pettegolezzi circa prerogative o altro del genere riguardanti il Circolo della Marina. Ma si trattava di espedienti. Dietro l'ostilità verso l'autrice, una ostilità degna di miglior causa, vi era l'imbarazzo per quanto è stato scritto e che investe sia il tempo di guerra sia il comportamento della nuova marina militare. E' opportuno, tuttavia, segnalare che all'epoca pare non abbia suscitato alcuna curiosità neppure il fatto che al comando dell'incrociatore leggero "Giovanni dalle Bande Nere", unità che riuscì a sfuggire all'agguato quel 19 luglio 1940, vi fosse il capitano di vascello Franco Maugeri che, divenuto in seguito (dal maggio 1941 e sino all'armistizio) capo del servizio segreto della Regia Marina, con il grado di contrammiraglio, venne decorato nel 1948 dagli americani per alti servigi resi alla "causa" alleata durante la guerra. La motivazione recita (tra l'altro): "Per la condotta eccezionalmente meritoria nell'esecuzione di altissimi servizi resi al governo degli Stati Uniti come capo dello spionaggio navale italiano".