Una sconfitta sportiva all'origine

di una nuova eruzione di vittimismo nazionale...

 

Una lettera al Direttore de "Il Corriere dello Sport", Italo Cucci

A proposito di reazioni scomposte a una sconfitta sportiva...

Caro Direttore,

e' da una vita che parte rilevante del mio lavoro consiste nel fare esami universitari (ramo matematica), e avendo avuto per fortuna modo di studiare (e di laurearmi) nell'universita' di prima del '68, posso testimoniare di persona del crescente degrado (della struttura e) di questo "strumento", indispensabile per garantire alla societa' intera un livello di "professionisti" accettabile. Oggi s'e' invece imposta l'opinione che lo studente (non la comunita' civile intesa nel suo complesso anche storico, compreso cioe' il futuro) e' un "cliente", e, si sa, il cliente ha sempre ragione, sicche' non e' piu' possibile invitarlo a ripresentarsi dopo aver maggiormente studiato-meditato. Nei rari casi in cui cio' ancora avviene (o avveniva), ecco l'immancabile profluvio di critiche scontate: la "colpa" e' del professore, dell'insegnamento ricevuto, dei testi, delle difficolta' di ordine psicologico, economico, etc. che l'interessato sta attraversando in quel determinato momento, insomma, di tutti e di tutto, fuorche' del "povero" esaminando, e dello scarso tempo che ha passato davanti ai libri. Nei casi estremi e' frequente (minacciato) il ricorso a TAR sempre indulgenti nei confronti delle "vittime" (tribunali forse gestiti da magistrati mal selezionati che da studenti si trovavano nelle stesse condizioni?), e il governo incentiva di fatto gli Atenei che non producono "fuori corso" (la ricetta per accontentare tali illustri indicazioni e' ovviamente facilissima).

Ormai la stragrande maggioranza dei colleghi si e' adeguata, e per non scontentare appunto il cliente promuove all'ingrosso, suscitando peraltro presso i giovani piu' avveduti reazioni quali la seguente (da "Il Messaggero" del 7.5 u.s.): "... vogliamo far conoscere il nostro biasimo per quanto riguarda i corsi di laurea brevi ... siamo studenti desiderosi di imparare il nostro futuro lavoro e studiamo con diligenza e serieta' per superare i vari esami. La cosa che ci rende arrabbiati ... e' la mancanza di selezione che i nostri docenti applicano. Non e' giusto far superare esami a studenti che non sanno, che non conoscono la materia, oramai e' diventata consuetudine promuovere tutti come alla scuola dell'obbligo ...".

Se e' arrivato fin qui lei certo si chiedera': ma perche' questo vecchio professore rivolge a me tali osservazioni? Perche' quanto e' stato detto e scritto in TV e sui quotidiani a commento dell'eliminazione di ieri (uso non a caso tale termine, anziche' sconfitta, come presto comprendera') della nostra squadra dai campionati mondiali di calcio mi appare il perfetto corrispondente di cio' che ho appena evidenziato - e mi dispiace dire che stavolta pure il suo editoriale segue la corrente dell'orgoglio di patria offeso, non mostrando quei segni di equilibrio che caratterizzano di solito i suoi interventi. Non siamo abituati a essere valutati (ad autovalutarci) "onestamente", e quando siamo "bocciati" allora scattano le scuse, insorgono il vittimismo, l'autoindulgenza nazionale, avallati perfino dalle dichiarazioni del Presidente della Repubblica (l'analogo di un TAR?!), mentre leggo sulle pagine web de "Il Corriere della Sera": "Il parlamento insorge e chiede spiegazioni al governo". Preludio a una futura possibilita' di decreti legge, o di interventi della "giustizia", per modificare i risultati sgraditi? Oggi secondo tutti (o quasi, alcuni non ignorano il lato puramente sportivo della questione, tra i quali ho notato con piacere Rivera e Mazzola) la "colpa" sarebbe dell'INFAME (vile, corrotto, killer, etc., sono gli epiteti piu' frequenti) arbitro dell'Ecuador, luogo d'origine che viene spesso sottolineato con una punta di supponente razzismo, di ingiustificato complesso di superiorita'. Ma l'arbitraggio che ha condotto al pareggio con la Corea - voglio limitarmi ai 90 minuti regolamentari - e' stato davvero cosi' SCANDALOSO ("casalingo", e fors'anche un po' prevenuto nei confronti dei nostri calciatori, delle loro famose "manfrine", lo si puo' ammettere senza difficolta': lei scommetterebbe l'anima con il diavolo che Totti non ha "cercato" quel rigore dello scandalo?), al punto da far dimenticare che si affrontavano una squadra autodefinitasi valida pretendente al titolo, e un'altra decisamente "minore"? O da far trascurare i risultati - anch'essi assai poco conformi alla detta pretesa - conseguiti dopo le partite con la Croazia e il Messico (definiamoli, se vogliamo, due pareggi), ridimensionate entrambe da avversari modesti come Ecuador e USA, che noi avevamo trasformato in fenomeni? Nei 90 minuti di gioco quali sarebbero stati i CRIMINI commessi dall'arbitro? Aver ammonito subito Coco per una di quelle entrate sull'uomo, purtroppo comuni, alla "dove colpisco, colpisco"? Aver concesso un rigore alla squadra di casa dopo la consueta (per il nostro calcio) vergognosa - per di piu' plateale, prolungata e non unica - trattenuta in area, a cui ci si dice ripetutamente che bisogna abituarsi? (sono anche un vecchio frequentatore di stadi, e ricordo che in altri tempi non si poteva tirare nessuno per la maglia, e se no dove erano il fair play, la sportivita'?) O non averne concesso uno all'Italia, a seguito di un fallo di mano che ogni onesta critica (che usasse lo stesso metro di misura dei tanti "moviolisti" delle domeniche di campionato) non potrebbe non giudicare involontario? Sinceramente, non mi viene in mente altro, mentre mi pare invece evidente che l'unica "colpa" vera del "nostro" mancato successo sia da ascriversi a un modulo di gioco eccessivamente prudente (appunto, poco "giocoso"), a una mentalita' difensiva tutta tesa al minimo sforzo, che produce occasioni da rete con il bilancino, sovente in situazioni ai limiti delle possibilita' umane di controllo da parte dei giudici di campo (poi si sta a discutere su 15 centimetri in piu' o meno di fuorigioco "dimostrati" dal fermo immagine di una supermoviola, il cui operatore nei casi davvero incerti puo' decidere come vuole l'istante iniziale dell'azione, per non parlare delle caratteristiche di risoluzione dell'immagine proprie dello strumento). Dico cio' senza dimenticare che si tratta in ogni caso di un gioco ad altissimo tasso di casualita', dove tra squadre equilibrate (ma Italia e Corea NON lo erano, avevamo la potenzialita' di vincere 4 a 2) i risultati vengono decisi quasi sempre da "episodi": arbitro o non arbitro, senza l'<<infortunio>> finale di Panucci, la partita si sarebbe conclusa con la vittoria stentata dell'Italia, o ritiene di no? Quindi la famosa "cricca" - che si forma sempre dove ci sono "interessi" - non puo' poi "garantirsi" in modo assoluto, essere completamente determinante...

Mi avvio verso la conclusione affermando che il parallelo con la situazione descritta in partenza, che mi trovo a soffrire tutti i giorni, continua a sembrarmi calzante, e mi congedo con un'ultima riflessione: l'atteggiamento che ispira le mie parole non e' ne' antinazionale, ne' "disfattista", anzi. Prendere consapevolezza dei mali che affliggono la sbandata societa' italiana del dopoguerra, dove menzogna e ipocrisia sembrano essere diventati gli unici veri sport nazionali (ben al di la' del livello "naturale" in ogni comunita' umana, in presenza di un'etica che sotto sotto li apprezza anziche' riprovarli), praticati con malcelata macchiavellica "furbizia", anche in ambiti assai piu' rilevanti di quello presente, e' il primo passo verso la "guarigione". Ne' lei ne' io, come tanti altri che rivestono ruoli sociali di qualche responsabilita', siamo dei "medici", pure sarebbe bene crescesse il numero di coloro che si sentono impegnati da una sorta di "giuramento di Ippocrate", intimo ed implicito...

Molti cordiali saluti, dal suo UB

Perugia, 19.06.002