"Nessuna dottrina è così falsa da non contenere qualche verità [...] nessuna discussione tanto frivola da non poter trarre da essa qualche insegnamento"

(Pietro Abelardo, Dialogo tra un filosofo, un giudeo e un cristiano)

 

 

AVVERTENZA

 

 

Ho pensato che queste pagine di introduzione al sito fossero necessarie, onde replicare a priori e in astratto ad alcune delle obiezioni che continuo a ricevere da tanti anni, e che immagino verrebbero riproposte tali e quali da chi, completamente immerso nello "spirito del tempo", trovera' diverse delle opinioni qui espresse assolutamente sgradevoli, e aspramente criticabili sia l'impostazione della mia "ricerca", che la relativa metodologia, e soprattutto l'utilizzo di certe fonti (un "buon accademico", che conosce bene l'arte della "prudenza", sa come evitare la discussione di temi "scottanti", e mantiene le distanze da chi viceversa ad essi dedica tutto il suo impegno, con un attaccamento emotivo che disturba il sereno "distacco" dello "studioso" - chi ha mai stabilito che debba essere cosi'?!).

 

Comincero' con lo spiegare perche' ho usato l'aggettivo "sulfureo", che e' stato veramente introdotto per definirmi solo poco tempo fa. Capita sovente oggi nelle universita' che gruppi di docenti di diverse sedi si "associno" su un tema di interesse comune, per chiedere finanziamenti "nazionali" per la loro ricerca. Nell'ambito di questa attivita', si concorda un "programma" all'inizio di ogni anno accademico, che comprende l'organizzazione di seminari, convegni, etc., nei quali di solito la facolta' di intervento e' riservata ai membri del gruppo, o alle persone da essi ritenute "degne" (di solito portatrici di qualche forma di "potere"), e quindi appositamente invitate [la questione e' marginale, ma non di poco conto: lo scrivente ritiene che invece un convegno su qualsiasi tema debba essere organizzato diffondendo prima pubblicamente la finalita' che l'evento si prefigge, raccogliendo poi eventuali proposte di intervento, da qualunque parte esse provengano, e solo infine selezionando tra queste la lista delle relazioni]. Comunque sia, accadde che in uno di questi gruppi, durante la consueta riunione organizzativa annuale, un paio di colleghi si dicessero curiosi di ascoltarmi su un determinato tema, che sapevano avevo trattato in modo "originale" [che non vuol dire necessariamente apprezzabile: anzi, un'opinione puo' essere originale proprio perche' cosi' sballata che nessuno ha mai voluto aderire ad essa!]. Mi fu riferito da un amico presente alla riunione che i "leaders" del gruppo impallidirono, e opposero un veto risoluto a tale proposta, un po' come si faceva un tempo con gli "scomunicati" con cui non si potevano avere rapporti di alcun tipo. Fu informandomi di questo episodio che l'amico ebbe a dirmi che gli dispiaceva, ma che ero purtroppo circondato da una "fama sulfurea"...

 

Immagino che le pagine che ho deciso di mettere a pubblica disposizione in questo sito non potranno che rafforzare una siffatta considerazione, e chi pensasse che in quanto precede c'e' qualche esagerazione, vada a leggersi subito il punto N. 14 della sezione dedicata alla Storia della Scienza, per avere un'idea dell'asprezza con la quale possono essere condotte certe discussioni scientifiche (e' raro che l'accademico "prudente" di cui si parlava si lasci andare apertamente e ufficialmente a tali apprezzamenti, che riserva ai momenti di espressione verbale tra "intimi": verba volant...).

 

Chi e' fatto oggetto di tante critiche deve naturalmente interrogarsi sul cosa le ha provocate, e chi ha voglia di addentrarsi negli oscuri recessi che seguono se ne potra' rendere facilmente conto. Non varrebbe quindi la pena di dire di piu', ma qualche informazione di natura biografica puo' far capire meglio come si e' giunti a questo punto; anche perche' di solito le persone che si fanno portatrici di certi "messaggi", e soprattutto in determinati "modi", vengono accuratamente eliminate nei diversi gradi della selezione accademica, mentre chi scrive aveva 31 anni quando divenne professore ordinario di Geometria, percio' qualcosa "non torna".

La spiegazione e' molto semplice, e legata presumibilmente al distacco, per motivi familiari, dall'ambiente che aveva favorito la mia primitiva "approvazione". Nel corso di tanti anni di docenza della stessa materia, e nel modo oggi "comune", tale liberta' di vincoli ha forse permesso la nascita di diversi "dubbi", se quello che dicevo, e soprattutto come lo dicevo, fosse davvero la maniera migliore di procedere. Mi resi allora conto dei forti legami che esistevano tra pratica attuale dell'insegnamento della matematica, e certi "miti" delle concezioni fisiche moderne, di cui tutti sanno qualcosa, ma non con quel minimo di rigore informativo che mi sembrava necessario allo scopo di poter spiegare ai miei allievi perche' era "giusto" che si facessero le cose in un certo modo anziche' in un altro.

Iniziai quindi lo studio dei "fondamenti", pensando che me la sarei cavata in breve tempo, e che sarei potuto tornare presto alle mie usuali attivita', solo un poco "migliorato" da tale esperienza. Ma piu' approfondivo, piu' mi accorgevo che "i conti non tornavano"; abituato alla precisione argomentativa dei matematici, la mia delusione cresceva man mano che mi addentravo nella descrizione di esperimenti, e delle loro interpretazioni; tanto da farmi sorgere anzi il dubbio che proprio le parti dichiarate perdenti fossero quelle che forse avevano invece maggiormente ragione.

Fu in quell'occasione che decisi di adottare i primi principi della filosofia di Cartesio, pensatore del quale mi era parsa piu' "razionale" anche l'intera concezione del mondo:

 

- Che per esaminare la verita' si deve, una volta nella vita, porre tutto in dubbio, quanto e' possibile.

 

- Che e' utile anche di considerare come false tutte le cose di cui si puo' dubitare.

 

- Che si puo' dubitare anche delle dimostrazioni di matematica.

 

Orbene, direi che e' stato proprio l'esercizio integrale del metodo cartesiano a procurarmi tanti "guai", e ad alienarmi la stima (in qualche caso anche l'amicizia) di molti colleghi, sicche' adesso non posso che ammonire: CHI NON VUOLE ESSERE AFFETTO DA POSSIBILI DUBBI SULLE VERITA' DI CUI E' SODDISFATTO NON PROCEDA OLTRE...

 

Come spiegato meglio nella pagina dedicata al grande filosofo francese, il suo DUBBIO resta comunque metodico, e non sistematico, dal momento che rimane come finalita' primaria dell'attivita' di ricerca il conseguimento di qualche "verita'".

 

Ma dove cercarle queste verita'?, da chi farsi aiutare in tale impresa?

 

Ancora Cartesio ce ne indica almeno alcune, nel suo X principio:

 

- Che vi sono delle nozioni di per se stesse cosi' chiare, che le si oscura volendole definire alla maniera della scuola, e che non s'acquistano con lo studio, ma nascono con noi.

 

Ecco, accettando questo principio (la probabile correttezza delle "intuizioni" non solo logiche, ma pure etiche) dovevo rinunciare a un sacco di "conoscenze", che avevo invece appreso "alla maniera della scuola", e che continuavo a far apprendere ai miei studenti allo stesso modo, trascurando cosi' il fatto che la meta di un’autentica educazione dovrebbe essere quella di saper infine apprezzare l’esistenza di una possibile distinzione tra chi ha vinto e chi aveva (e potrebbe avere ancora) ragione. Inoltre, che e' comunque sempre bene ripercorrere il cammino gia' fatto da altri alla ricerca di quelle "verita'" che il nostro tempo, la nostra societa', condividono. Poiche', anche se ci si dovesse alla fin fine convincere che cio' che e' stato e' bene sia andato come e' andato, e non altrimenti, questa indagine critica retrospettiva resta sempre in ogni caso l’unico modo per capire davvero a fondo le questioni, e farle proprie senza doversi limitare a ripetere pappagallescamente asserzioni di una cui onesta comprensione si e' privi. Come ci avverte il grande matematico Federigo Enriques ("Le matematiche nella storia e nella cultura", Ed. Zanichelli, Bologna, 1938, p. 153), con parole che dovrebbero essere sempre ripetute quando si puo':

 

"Per i valori dello spirito come per quelli materiali dell'economia, sussiste una legge di degradazione: non si puo' goderne pacificamente il possesso ereditario, se non si rinnovino ricreandoli nel proprio sforzo di intenderli e di superarli".

 

Nelle pagine che sono qui contenute - piene di tante "ripetizioni", perche' certe cose andavano comunque ridette in ogni circostanza, e spesso il pensiero si e' avviluppato intorno ai medesimi temi - c'e' la testimonianza di tale "rivoluzione" personale, e del lungo cammino che ne e' conseguito. E' nel corso di esso che lo scrivente e' stato condotto a prendere in considerazione anche l'opinione di coloro che erano invece esclusi dall'accademia, i cosiddetti "eretici", che nessuno invita mai a un convegno, nessuno chiama ad illustrare le loro opinioni nel corso di un seminario (per qualche informazione piu' precisa sui prodotti di codesti tentativi si puo' consultare il breve curriculum disponibile in questa stessa "home page").

Esercitando la pratica contraria, mi convinsi sempre piu' della validita' del pensiero di Abelardo apposto in epigrafe, e a chi mi rimproverasse l'indicazione di certe "fonti", che io pure trovo a volte eccessive nella loro "faziosita'", contrappongo il seguente utilissimo suggerimento metodologico: sono proprio "i nemici di un movimento" quelli che "possono fornirci informazioni preziose" su di esso (Frances Yates, "L'Illuminismo dei Rosa-Croce", Einaudi, Torino, 1976, p. 62).

 

Quella che e' qui contenuta e' in fondo la storia di una DELUSIONE, tanto piu' amara perche', oltre alla difficolta' intrinseca dei problemi (che nessuno crede di aver risolto!), tanti diversi ostacoli sono stati meschinamente contrapposti a tale attivita' da parte di persone il cui unico desiderio sembra non essere altro che continuare a ripetere le stesse cose, senza tenere nessun conto delle obiezioni che avevo cercato di condividere con loro, nella speranza di trovare una soluzione comune (si legga opportunamente, nel Motto riportato in questa pagina, quanto ebbe modo di dire su questo argomento Benedetto Croce). Spesso, una volta interrogati, sia pure cortesemente, da essi non si ottiene alcuna risposta, alcun riscontro. Alla richiesta di chiarimenti anche in relazione ad affermazioni rese in pubblico, promettono una risposta, o di accettare di discutere della questione in un nuovo incontro, ma poi si defilano senza vergogna. Ignorano evidentemente che "chi e' fedele nel poco e' fedele anche nel molto", o non condividono quanto scritto nella bellissima pagina 116 (dell'edizione italiana del 1981, quella integrata con i "Taccuini di appunti") di quel capolavoro della letteratura del nostro secolo che sono "Le memorie di Adriano", di Marguerite Yourcenar:

 

"Noi siamo funzionari dello Stato, non siamo Cesari. Aveva ragione quella postulante, che m'ero rifiutato un giorno di ascoltare fino alla fine, quando esclamo' che se mi mancava il tempo per darle retta mi mancava il tempo per regnare. Le scuse che le feci non erano solo formali. E, tuttavia, il tempo mi manca..."

 

Certo, il tempo manca a tutti, e' quanto si sente ovunque ripetere, ma sembra che tutti ne abbiano invece molto da dedicare alla ricerca di appoggi e di finanziamenti, di prebende e di cariche, di cui pochi intendono poi assumersi anche i relativi oneri.

 

Per avviarci verso la conclusione, ci sembra di fare cosa utile al lettore segnalandogli come affronta lo stesso problema J.F. Sowa, in "Conceptual Structures - Information Processing in Mind and Machine", pp. 353 e segg..

 

Science as a Mythology

 

Constructing a scientific theory means forging a new system of concepts for interpreting the world [una collega mi fa notare quanto siano "vicine" in inglese "word" e "world"]. Such a construction has a great deal in common with the process of creating a fictional world ... In either a work of fiction or a work of science, the task of creation is the same, and as Nabokov [says] "the boundary line between the two is not as clear as is generally believed". One might object that fiction is not true. It just tells stories - popular entertainment that is hardly comparable to precise, experimental science. Yet a work of fiction may contain as much truth as a work of nonfiction; and much of nonfiction may be mistaken, misleading, or wrong-headed ... The concepts in which supposed truths are expressed are essentially fictions. They may capture some aspect of truth, but there are infinitely many possible truths that they ignore, obscure, or distort ... There is no discontinuity between the thinking processes underlying modern science and the thinking represented in the ancient myths. They both stem from the same impulse - to speculate about phenomena in order to find explanations that make sense out of experience.

But to be a science, a mythology must also satisfy some stringent criteria:

 

- PREDICTIVE. It must make clearly defined predictions under specific conditions.

 

- EMPIRICALLY TESTABLE. The predictions must be testable by experiments that can be repated by anyone who has suitable equipment and technique.

 

- CUMULATIVE. The result of one person's theories and experiments must be stated precisely enough that other people can devise further theories and experiments that build upon them.

 

The scientist is a mythopoet who constructs a system of concepts for interpreting experience and weaves them into a coherent story. But science adds the discipline of prediction, testing and building upon the results of others. Science is a mythology plus discipline".

 

C'e' molto di vero in quanto precede, ma le precisazioni finali stabiliscono piu' una differenza tra la Scienza e la Mitologia, che l'autore sta mettendo a confronto (riecheggiando un po' le posizioni di Feyerabend), che non una somiglianza tra di esse, visto che quella richiamata "disciplina", quei tre imperativi categorici dell'impresa scientifica (o storica), la rendono in fondo assai diversa dalle fantasticherie letterarie, con tutto il relativo corollario di DOVERI. La circostanza che in maggiore misura rende purtroppo "contigui" i due campi non e' di natura epistemologica, sebbene pratica: e' accaduto troppo spesso che l'evoluzione della scienza sia stata "diretta" da elites non del tutto disinteressate, che hanno portato avanti istanze ideologiche o politiche camuffandole da scientifiche, e non hanno messo in pratica quei criteri e quella "disciplina" dianzi citati, che non hanno mostrato insomma una sufficiente "etica". Allo stesso modo, gli storici hanno sovente scritto piu' per accontentare dei committenti, che per rendere servizio alla verita', sia pure quella percepita attraverso i loro occhi, le loro esperienze. A chi dubitasse della "veridicita'" di questa affermazione, e che siano spesso gli stessi scienziati (e gli storici, e nel complesso la classe dei "professori") a diminuire la necessaria distanza tra Scienza e Mitologia, o si chiedesse (come tante volte mi e' stato chiesto!) perche' mai qualcuno dovrebbe far questo, asserendo che non puo' immaginarsi un "complotto" di tali smisurate proporzioni, ancora Sowa risponde, mostrandosi invece ben consapevole delle motivazioni che possono favorire determinati stati di cose.

 

"Not only do science and mythology stem from the same urge to speculate and explain, they also serve many of the same functions...

 

- METAPHYSICAL-MYSTICAL. A mythology awakens and maintains an experience of awe, humility and respect in recognition of the ultimate mysteries of life and the universe.

 

- COSMOLOGICAL. It provides an image of the universe and an explanation of how it operates.

 

- SOCIAL. It validates and maintains an established order.

 

- PSYCHOLOGICAL. It supports the centering and harmonization of the individual.

 

In modern western culture, science has largely taken the place of traditional religions in serving these functions. Many millennia ago, orally recited myths represented the best scientific thought of the time. Today, 'objective' science is one of our most accepted myths".

 

Per concludere con la lunga citazione, Sowa cosi' descrive la disillusione di cui prima si diceva:

 

"Students at Cal Tech experience a similar shock in their junior year. Bright students with high scores in mathematical aptitude arrive eager to learn all the wonderful truths of science. For the first two years, they really believe it. But in the third year, they study issues in the philosophy of science and discover that it is all a myth. It is a myth with high predictive value, and no other myth has been found to be more accurate. Yet it is not an Eternal Verity, but simply our best guess about how the universe works. When they come to that realization, many of the students go through a profound enmotional crisis. Some of them never recover. But the best ones emerge with a deeper understanding of science and a better ability to do original research".

 

Alcuni potranno pensare che questo sito sia l'immagine di una (tardiva) simile "crisi", ma non e' cosi'. Quelle della scienza, e della storia, possono non essere delle "Eternal verity", ovviamente, e certamente non delle "Verita' globali", ma la "verita'" in qualche modo "esiste" (e', e restera' una "verita' eterna", che sto da settimane a lavorare oltre 12 ore al giorno qui davanti al computer, per costruire queste "pagine virtuali"), ed e' comunque possibile enunciare molto meglio (piu' "onestamente") anche solo delle "verita' parziali", segnalandone semmai i limiti, le differenti interpretazioni, etc., insomma, le informazioni che lo scrivente si e' dovuto cercare da se', sui temi che lo interessavano, in tanti anni di frequentazione di "eretici", presso i quali gli e' capitato di venire in contatto con forme di sopravvivenza di "lingue" ritenute ormai morte...

 

(UB, marzo 2000)