Ancora sul caso Majorana,

ovvero ... una bufala di Repubblica,
con una confutazione generale a priori dell'«ipotesi Klingsor»



(La foto apparsa su la Repubblica, con il preteso
Ettore Majorana a fianco di Adolf Eichmann,
all'arrivo in Argentina nel 1950)

Premessa

Domenica 17 ottobre 2010, il quotidiano la Repubblica ha dedicato ben tre pagine alla "ricomparsa di Majorana", sostenendo che fosse "altamente probabile" riconoscerlo in una foto che lo ritrae insieme ad Adolf Eichmann, mentre questi trovava riparo in Argentina nel 1950. La mia prima impressione che si trattasse di un cumulo di sciocchezze (in cui dispiace vedere coinvolto un docente universitario di una certa notorietà; su Wikipedia, alla voce "Ettore Majorana", si trova attualmente il seguente commento: "Fondata su un penosissimo quanto evidente abbaglio essa getta discredito oltre che su Majorana, sui suoi autori") è stata rafforzata da diverse corrispondenze intercorse con appassionati della questione (in qualche caso veri e propri "esperti"), che non nominerò in generale per riservatezza. Essi mi hanno sollecitato a redigere una resoconto della situazione, e mi sono sentito quindi "costretto" a scriverlo, abbandonando per un poco tutti i miei altri assai più soddisfacenti attuali interessi (in particolare, tre splendidi album che attendono l'inserimento nel museo virtuale della figurina). Ecco il risultato, nella speranza che possa aiutare almeno qualche intelletto a resistere a ciò che sembrerebbe ... un ulteriore tentativo di disinformazione organizzata, ma forse siamo di fronte più semplicemente ad un caso di insipienza.
Perugia, 21 ottobre 2010, UB

- Nel successivo primo paragrafo ho cercato di presentare sinteticamente quella che ho chiamato nel 2002 «ipotesi Klingsor», supponendo che il lettore sia già familiare con le vicende che hanno accompagnato la scomparsa di Majorana. Nel secondo ho delineato gli argomenti principali che rendono a priori improbabile tale soluzione del caso. Nel terzo, infine, mi sono occupato delle critiche specifiche all'articolo di la Repubblica : chi lo desidera può naturalmente saltare le prime due sezioni, e andare direttamente alla terza. Rinvio chi sia curioso di approfondimenti a quanto da me già pubblicato sulla questione (tutto è liberamente disponibile per il download tramite i link appresso riportati):


1 - La scomparsa di Ettore Majorana: un affare di stato?, Ed. Andromeda, Bologna, 1999; revisionato nel 2006, citato nel seguito come SEM

2 - " Leonardo Sciascia e il caso Majorana: siciliani scompaiono nel nulla, ma un'ipotesi tarda ad apparire...", Episteme - Physis e Sophia nel III millennio, Perugia, N. 5, 2002; citato nel seguito come LS

3 - " Un nuovo indizio nel 'caso Majorana'", in questa stessa sezione del Forum di Episteme, citato  nel seguito come NI.

Citerò invece con la sigla ER il fondamentale studio di Erasmo Recami, Il caso MAJORANA, riferendomi nei relativi rimandi alla nuova edizione Di Renzo, Roma, 2000 (I edizione: Le Scie, Mondadori, Milano, 1987; II edizione riveduta e ampliata: Oscar bestseller saggi, Mondadori, Milano, 1991).

1. Un po' di storia dell'«ipotesi Klingsor»

Era il 2002 quando ho utilizzato per la prima volta, in una nota contenuta in LS, il termine «ipotesi Klingsor» per designare l'eventualità secondo la quale Majorana sarebbe fuggito volontariamente in Germania (dopo aver lasciato credere, peraltro in maniera alquanto goffa, di essersi tolto la vita), allo scopo di collaborare con alcuni scienziati del III Reich addetti a fantomatiche ricerche nucleari miranti alla costruzione di un ordigno atomico. Per completezza di informazione, riporto qui di seguito tale nota integralmente.

> 19 - A dire il vero, nel corso delle mie personali "indagini", mi è pure venuta all'orecchio, in via riservata, una nuova "possibile verità", della stessa "tipologia" però di quella qui illustrata, anche se ad essa in qualche senso "antipodale". Majorana sarebbe fuggito volontariamente in Germania (lasciando credere di essersi tolto la vita), allo scopo di collaborare con alcuni scienziati del III Reich addetti al progetto della fantomatica "bomba atomica" tedesca, che aveva avuto modo di conoscere e stimare durante il suo soggiorno in Germania nel 1933; successivamente, alla conclusione delle ostilità, avrebbe trovato rifugio in Sud America, assieme ad altri gerarchi nazisti. L'ipotesi così sintetizzata, alla quale mi piace riferirmi come all'ipotesi Klingsor (ricollegandola al romanzo di Jorge Volpi, In cerca di Klingsor , Mondadori, 2000, dove peraltro non si nomina mai Majorana), ha diversi "meriti": per esempio è capace di spiegare talune voci di avvistamento dello scienziato in quella parte del mondo (a cui si dà molto credito, come si è ricordato, nel libro di Recami - ma, appunto, la vera fuga dall'Europa sarebbe avvenuta nel '45, e non nel '38!), oppure le chiacchiere relative a un suo ritiro, per ovvie ragioni del tutto occultato, in qualche convento italiano, a seguito di un ritorno nel nostro paese un numero imprecisato di anni dopo i drammatici eventi della guerra (vedi per esempio Sharo Gambino, L'atomica e il chiostro, Jaca Book, 2001). La famiglia - o almeno parte di essa, e da un certo punto in poi - sarebbe stata al corrente dei fatti, ma per comprensibili motivi avrebbe preferito continuare ad accreditare l'ipotesi del suicidio, tenuto conto che il collaborazionismo sarebbe stato ritenuto peccato ben peggiore da addebitare al congiunto. Si tratta di una ricostruzione logicamente decente (e coerente, al pari del resto di quella che ho deciso finora di privilegiare, con uno dei "dettagli" più inquietanti di tutto questo mistero, cioè la testimonianza, ingiustamente sottovalutata, della signora Fiorenza Tebalducci - cfr. lo studio citato nella nota 7, pp. 75 e segg.), se non fosse per due grosse obiezioni alle quali non riesco a trovare adeguata risposta. Perché tale specifico episodio sarebbe passato completamente sotto silenzio, quando numerosi particolari, riguardanti il ruolo di altri scienziati collaboratori dei nazionalsocialisti, sono stati divulgati? (vedi per esempio Operation Epsilon: The Farm Hall Transcripts, Inst. of Phys. Publ., Bristol, 1993, attualmente distribuito dalla Univ. of California Press). Perché soltanto alla memoria di Majorana sarebbe stato riservato un trattamento di favore, specialmente da parte di persone che - come Emilio Segrè, tanto per citare uno dei "ragazzi di via Panisperna" - non lo "amavano" di certo? Inoltre, se Majorana intendeva davvero fuggire in Germania simulando un suicidio, quale sarebbe il senso delle note "complicazioni": una prima lettera annunciante il suo proposito, poi una seconda in cui lo rinnegava, un viaggio a Palermo apparentemente inutile, il ritorno a Napoli, seppure realmente avvenuto, etc.?! Comunque sia, si è ahimé costretti a riconoscere che la completezza logica è il grande assente da tutte queste indagini, sia da quelle poliziesche veramente effettuate al tempo, che definire mediocri è un eufemismo [Sciascia, nel suo solito modo brillantemente pungente, così si esprime sul tema: "la sicurezza pubblica, per quel tanto che se ne gode, più poggia sulla poca e sporadica tendenza a delinquere degli uomini che sull'impegno, l'efficienza e l'acume di essa polizia [...] più o meno secondo i tempi, più o meno secondo i paesi ... E senz'altro riconosciamo di essere anche noi ingiusti nei riguardi della polizia italiana, del modo - che ci appare svogliato e senza acutezza - in cui la polizia italiana condusse le indagini per la scomparsa di Ettore Majorana. Non le condusse affatto, anzi: lasciò che le conducessero i familiari, limitandosi ... a 'collaborare' (e ad un certo punto, è facile immaginarlo, a fingere di collaborare).", p. 10], sia da quelle successive "letterarie", che è difficile non qualificare "deboli", e "conformiste"...

L'«ipotesi Klingsor» fu poi ampiamente discussa dal Dott. Arcangelo Papi nel numero successivo della rivista Episteme, dicembre 2002: "Il caso Majorana - L'«ipotesi Klingsor»". Feci allora precedere l'articolo dalle seguenti parole:

> A seguito della pubblicazione nel numero precedente di un articolo sul "caso Majorana", ove si esprimono parecchie perplessità sulla versione ufficiale "buonista" della storia, Episteme è lieta di presentare ai suoi lettori la seguente sagace espansione di quella che nel citato scritto è stata opportunamente battezzata ipotesi Klingsor . Non c'è dubbio che si tratti, almeno in parte, di "speculazioni" puramente logiche, ma non per questo meno utili a chi voglia formarsi un'idea realistica di come si siano svolti davvero gli eventi, esaminando ogni ipotesi possibile, prima di rifiutarne eventualmente alcune. L'agognata mèta può essere conseguita infatti solamente dopo un'adeguata attenta comparazione di tutte le interpretazioni concepibili-concepite, senza mai dimenticare che ci sono (quasi) sempre (almeno) due storie - quella dei vincitori (divulgata, quando viene ritenuto necessario, con modalità che rasentano il "lavaggio del cervello"), e quella dei vinti (sovente perseguitata, disprezzata, screditata, ma non più faziosa dell'altra): dal raffronto puntuale e ragionato tra di esse l'«uomo libero» può riuscire a intravedere, qualche volta, la verità...
Prima di passare la parola alle perspicaci riflessioni del Dott. Papi, cogliamo l'occasione per dare risposta a un lettore che chiede: "come mai, nell'ipotesi che non si sia trattato di un suicidio, quella messa in scena del viaggio di ritorno, da Palermo a Napoli?". Dal punto di vista di un "giallista" il particolare è scontato, poiché se qualcosa di brutto era avvenuto allo scienziato siciliano proprio a Palermo, città nella quale - bisogna tenerlo presente - viveva in quel periodo un altro dei protagonisti dell'oscura vicenda, non era insensato allora cercare di allontanare eventuali interrogativi, sospetti, connessioni, dal luogo. In tale contesto assumono speciale significato l'ambigua testimonianza del Prof. Strazzeri, che ebbe a esprimere riserve sulla vera identità del preteso Majorana che avrebbe viaggiato con lui, e la presenza a bordo del misterioso "straniero", Carlo Price (forse un "agente", messo lì a controllare la situazione?!).

[La questione dell'identità del fantomatico Charles Price appare risolta in NI, grazie ad una scoperta effettuata dal Dott. Guido Abate negli archivi elettronici dell'Home Office britannico.]

In SEM invece, senza riferire il modo attraverso cui ero personalmente venuto a conoscenza per la prima volta di tale ipotesi, avevo illustrato la possibilità che Majorana si fosse volontariamente recato in Germania, ed ivi avesse negli anni successivi vissuto nascosto, nel seguente modo (anche adesso riporto il testo in maniera integrale, ma con l'omissione di quasi tutte le note ora superflue, e con l'enfatizzazione tramite caratteri maiuscoli di alcuni punti fondamentali). Sottolineo che il librettino è stato finito di scrivere nel 1998, ma che ovviamente mi occupavo già da diversi anni della questione. Ritengo dunque che la comunicazione riservata (da persone vicine a qualcuno dei discendenti di Majorana), alla quale accennavo all'inizio della nota dianzi riportata, dovrebbe collocarsi intorno al 1995.

>... citiamo estesamente quanto viene detto a proposito dell'IPOTESI DEL RAPIMENTO in DM (p. 110) [Dossier Majorana, di Leandro Castellani, Fabbri Ed., Milano, 1974], nel quale si riconosce che simili elucubrazioni trovano in verità qualche appoggio di natura fattuale.
"Nel 1944, all'epoca della repubblica di Salò, Mussolini venne informato della presenza di un italiano nell'équipe degli scienziati tedeschi che stavano lavorando in Germania alla terribile arma segreta in grado di capovolgere in pochi giorni le precarie sorti del conflitto. Mussolini si ricordò della scomparsa di Majorana e ritenne che si trattasse proprio di lui. In base a quali elementi? Forse perché il leader del progetto atomico tedesco non poteva essere presumibilmente che il maggior fisico teorico rimasto in Germania, cioè Werner Heisenberg, e di tutti gli scienziati italiani Majorana era stato senza dubbio quello più legato a Heisenberg. Qualcuno inoltre poteva avere informato Mussolini degli apprezzamenti lusinghieri che Majorana aveva espresso sulla Germania al tempo del suo viaggio di studio. Comunque Mussolini scrisse a Filippo Anfuso, suo ambasciatore a Berlino, ordinandogli di svolgere indagini per averne conferma, il che gli avrebbe permesso di rivalutare politicamente l'apporto dell'Italia nei confronti dell'alleato-padrone. Il crollo della Germania interruppe un carteggio Mussolini-Anfuso di cui oggi non resta traccia".
Siffatte considerazioni permettono addirittura LA SOVRAPPOSIZIONE DELL'EVENTUALITÀ RAPIMENTO CON QUELLA DELLA FUGA VOLONTARIA. Majorana avrebbe potuto volersi recare di propria spontanea volontà da Heisenberg, e collaborare a un progetto gemello a quello che si sarebbe andato svolgendo di lì a poco negli Stati Uniti. La questione apre allora anche quella dell'effettiva consistenza, e del reale stato di avanzamento, della ricerca e della produzione di tali "armi segrete". Voci in tal senso furono senz'altro molto diffuse verso la fine del conflitto, tanto da avere secondo alcuni alimentato oltre ogni ragionevole limite la resistenza delle potenze dell'Asse contro la straripante superiorità numerica e materiale delle forze alleate [In nota: Anche se molto più probabilmente alla radice di tale indubitabile manifesta ostinazione si celarono piuttosto delle ragioni politiche (la convinzione di una imminente crisi nei rapporti tra le potenze alleate occidentali e l'URSS), e caratteriali (l'incapacità psicologica della considerazione di una resa).], ma la critica storica attuale le ridimensiona di molto, dichiarando che si trattava di aspettative in gran parte infondate. Leonardo Sciascia, per esempio, ricorda i timori degli "alleati" che i nazisti stessero anche loro per arrivare alla costruzione di un ordigno nucleare, e come questa preoccupazione fosse stata accresciuta da un fraintendimento da parte di Bohr di alcune informazioni passategli da Heisenberg: "[Heisenberg] cercò, anche se maldestramente, di far sapere a quegli altri che lui e i fisici rimasti in Germania non avevano l'intenzione, né sarebbero stati in grado, di farla; e diciamo maldestramente perché credette di poter servirsi come tramite del fisico danese Bohr, che era stato suo maestro. Ma Bohr già nel 1933 era in fama di rimbambimento [...] e figuriamoci sette anni dopo, nel 1940. Capì esattamente il contrario di quel che Heisenberg, cautamente, voleva far sapere ai colleghi che lavoravano negli Stati Uniti".
Riportiamo anche ampiamente l'efficace descrizione che viene fornita a questo proposito in DM (pp. 110-111).
"È il maggio del 1945: una missione segreta alleata, la missione Alsos, fa luce in Germania sulla reale consistenza del progetto atomico tedesco e individua gli uomini che se ne stanno occupando. Il loro leader è Werner Heisenberg.
In una piccola caverna semiartificiale scavata nella roccia, molti metri sotto le robuste fondazioni di un castello medievale, nella cittadina di Haigerlock, nel cuore della Selva Nera, la missione alleata mette in luce un 'reattore atomico'. Ma è poco più che un abbozzo. L'esiguità degli stanziamenti, la distruzione delle scorte olandesi [sic] di acqua pesante provocata da commandos alleati, nonché, bisogna aggiungere, la scarsa volontà di collaborazione degli scienziati che vi lavorano, hanno bloccato il progetto a uno stadio corrispondente più o meno a quello raggiunto da Fermi a Chicago verso gli inizi del 1942. Quindi un ritardo di almeno tre anni.
La conclusione balza agli occhi: la paventata bomba atomica nazista il cui timore ha riunito in America, al servizio del governo degli Stati Uniti, la più grande concentrazione di cervelli nella storia della scienza, per costruire la bomba atomica, questa paventata minaccia nazista non è mai stata un serio pericolo.
Tra gli uomini catturati nei pressi di Haigerlock dalla missione Alsos ci sono Carl Friedrich von Weizsäcker, fisico di valore e figlio del sottosegretario della Germania hitleriana; Otto Hahn, l'uomo che ha scoperto la scissione nucleare; il Premio Nobel Max von Laue e molti altri.
Nessuna traccia di fisici italiani. Manca anche il leader, Werner Heisenberg, fuggito due settimane prima, in bicicletta".
Personalmente incliniamo per questo tipo di conclusioni, che, assieme a quanto precedentemente riportato, mostrerebbero come all'interno del gruppo dei 'fisici' ci fosse un 'accordo' che andava molto al di là delle divisioni nazionali, e delle apparenti 'scelte di campo' [In nota: Anche secondo il parere dello storico inglese Thomas Powers (La storia segreta dell'atomica tedesca, Ed. Mondadori, Milano, 1994) "la ricerca nazista sul nucleare fu ostacolata proprio dal più illustre scienziato tedesco, Werner Heisenberg" (citazione dal numero di Storia Illustrata di cui alla prossima Nota - il corsivo è del presente autore).], e confermano quanto avremo modo di dire assai presto in ordine alla possibile collaborazione di alcune 'forze' operanti nel campo italo-tedesco a favore degli anglo-americani, e dei loro alleati. Per contro, a rompere la monotonia di un contesto interpretativo alquanto uniforme (almeno sui punti di partenza!), il giornalista italiano Luigi Romersa, inviato del Corriere della Sera, pubblicò alcuni anni fa delle sue 'anomale' testimonianze relative all'effettiva consistenza delle "armi segrete" di Hitler. In particolare, riporta di avere assistito, nel 1944, a Rügen, una piccola isola del mar Baltico, all'esplosione di un ordigno di inaudita potenza per quei tempi, circostanza che gli permise di affermare di aver visto esplodere "la bomba atomica di Hitler" [In nota: Sul quotidiano francese Paris-presse l'intransigeant, il 19.11.55, e su Storia Illustrata , N. 7, luglio 1996, pp. 35-39.].

L'ipotesi in parola, volta a spiegare la scomparsa di Ettore Majorana mediante un forte convincimento ideale, si trova pure presentata, con una sua immediata confutazione (sulla quale torneremo nel prossimo paragrafo), in ER (pp. 99-100):

> Del tutto destituite di fondamento sono le fantasia - frutto molto più tardo - circa un rapimento da parte straniera (a quel tempo i politici non avevano alcun sentore dell'importanza della fisica nucleare) o una sua fuga in Germania, URSS o altro Paese per collaborarvi a ricerche (al termine della guerra ce ne sarebbero giunte dai colleghi fisici precise testimonianze [...] inoltre, in un caso del genere, Ettore ne avrebbe potuto parlare con la famiglia, senza bisogno di architettare le sofferte contraddizioni delle sue ultime lettere).

Chi scrive ritiene errata l'affermazione: "a quel tempo i politici non avevano alcun sentore dell'importanza della fisica nucleare". Un'illustrazione delle ragioni che sono alla base di tale parere è stata già affrontata in altri scritti, e quindi non la riproponiamo qui, anche perché esulerebbe dai fini limitati del presente commento. Invece, per quanto riguarda "fantasie" che sarebbero un "frutto molto più tardo", dobbiamo ammettere di non sapere esattamente a quando risalgano le voci di un rapimento, o di una fuga di Ettore in Germania per motivi ideologici (accomuniamo pure, come del resto fa Recami, le due diverse eventualità). Appare certo però che, almeno per ciò che attiene alla possibilità di un'azione violenta tesa ad eliminare uno scomodo Majorana, compreso quindi il farlo prigioniero per giovarsi della sua competente collaborazione, simili sospetti circolarono sin dalle prime settimane successive allo scomparsa del fisico catanese. Nel famoso librettino di Leonardo Sciascia (La scomparsa di Majorana , Einaudi,  Torino, 1975), che tanta influenza ha avuto sugli studiosi e sui semplici  curiosi della soluzione del mistero in oggetto nonostante la sua mole veramente  esigua, viene infatti riportata (p. 8) la seguente "comunicazione anonima  (siglata in basso dal funzionario che ne prese visione) datata Roma, 6 agosto 1938 ", contenuta nello scarno dossier che fu prodotto dai funzionari di polizia incaricati delle indagini sulla scomparsa del professore:

"Sempre a proposito di movimenti contro gli interessi italiani si prospetta in qualche ambiente, che la scomparsa del Majorana, uomo di grandissimo valore nel campo fisico e specialmente radio, l'unico che poteva seguitare gli studi di Marconi, nell'interesse della difesa nazionale, sia vittima di qualche oscuro complotto, per levarlo dalla circolazione".

Sciascia commenta al seguente modo tale informativa (la quale, più che a un rapimento, sembra accennare chiaramente all'ipotesi di un omicidio - sarebbe interessante sapere da quale città è pervenuta la comunicazione anonima alla polizia!), con un certo qual aristocratico dispregio nei confronti della categoria delle 'persone comuni':

"Questa breve comunicazione eloquentemente dice della estrazione e livello della generalità dei «confidenti». Gli ambienti in cui allora poteva nascere il sospetto che nella scomparsa di Majorana ci fosse un intrigo spionistico contro gli interessi italiani, altri non potevano essere che quelli della burocrazia infima, dei portieri (categoria alla quale molto probabilmente l'anonimo «confidente» apparteneva), dei bottegai; non certo quelli dei fisici, dei diplomatici, delle alte gerarchie militari o ministeriali. Ed è facile pensare che il sospetto sia nato dopo che La Domenica del Corriere pubblicò l'annuncio della scomparsa: e tra i lettori di quel settimanale".




(La congettura di Sciascia trova in effetti supporto nelle circostanze
che l'annuncio in questione fu pubblicato il 17 luglio 1938,
e che la comunicazione anonima è di poco successiva.)


E con tali ultime riflessioni concludiamo il nostro primo paragrafo.


2. Una confutazione generale a priori dell'«ipotesi Klingsor»

Adesso che sappiamo di cosa si tratta, possiamo affrontare l'interrogativo chiave: l'ipotesi Klingsor ha caratteristiche di apprezzabile probabilità?

Quando venne scritta la Nota N. 19 dianzi menzionata, esprimemmo il parere che si trattava di una "ricostruzione logicamente decente (e coerente)", e in effetti si tratta di un'ipotesi che non manca di logica e di coerenza in sé, oltre a possedere quei meriti che gli avevamo al tempo riconosciuto. Avevamo già allora però avanzato delle obiezioni almeno apparentemente insuperabili, che diminuiscono a priori , e di molto, la verosimiglianza di tale soluzione del caso. Le vogliamo in questo secondo paragrafo raccogliere tutte insieme ed ampliare.

A - Perché mai Majorana avrebbe dovuto mettere in piedi tanti sotterfugi per recarsi in Germania, paese amico dell'Italia, dove avrebbe potuto tornare, dopo il soggiorno del 1933, senza particolari problemi?

Come risposta a tale domanda, lo scrivente trova ben sensato il semplice argomento utilizzato da Paolo Cortesi in suo librettino (Ettore Majorana Lo scienziato che sparì nel nulla, Biografie del mistero, Foschi Editore, Forlì, 2007, p. 98):

> Non si capisce, però, per quale motivo sarebbe stato necessario mettere in piedi tutta questa storia. Majorana poteva tranquillamente andarsene in Germania, come aveva già fatto, e lì lavorare senza dover far credere d'essere morto, ma scambiando lettere con la famiglia e visitandola alle feste comandate. A meno che non si voglia sostenere che Majorana si vergognava di questo suo schieramento, ma l'osservazione è francamente risibile dal punto di vista storiografico come da quello umano.

[C'è qui da sottolineare un particolare curioso: nella p. 97 del testo appena menzionato, si ascrive l'origine di tale ipotesi ... al sottoscritto, che invece non l'ha mai sostenuta, se non accettando per la pubblicazione su Episteme l'articolo del Dott. Papi (decisione di cui non si è mai pentito). La conseguenza è che pure in diversi siti Internet si continua a fornire tale errata informazione, pazienza.]

Alle parole di Cortesi, con le quali, ripetiamo, concordiamo pienamente,  fanno eco quelle di Erasmo Recami già riportate (ER, p. 100) - secondo  detto autore, l'ipotesi Klingsor è
addirittura "un'assurdità":

> in un caso del genere, Ettore ne avrebbe potuto parlare con la famiglia, senza bisogno di architettare le sofferte contraddizioni delle sue ultime lettere.

Un corrispondente osserva
che, già nella primavera del  1938, la scelta di campo presuntivamente operata da Majorana sarebbe stata  censurabile sotto il profilo etico anche nell'Italia fascista, il che giustificherebbe la riservatezza con cui egli avrebbe deciso di ammantare la sua scelta di campo. Ci sembra di poter replicare sottolineando che in Italia non era esiguo il partito di chi aveva simpatie filonaziste (preferiamo: filonazionalsocialiste), e che non stiamo parlando della reazione dei "ragazzi di via Panisperna", un gruppo di lavoro di cui Majorana non ha mai fatto parte! Tutti più  o meno antifascisti, e con ben 2 componenti su 5 (Fermi, Rasetti, Amaldi,  Segrè, Pontecorvo) membri di una comunità che aveva particolari  motivi di astio nei confronti della politica di Hitler, per non contare Fermi  che aveva sposato una donna che di tale comunità faceva parte. "Ragazzi" ai quali Majorana era stato senz'altro vicino per motivi di studio, ma con i quali aveva presto definitivamente rotto non per questioni scientifiche, o perché era pazzo ed asociale (come tendono a riferire testimonianze che proprio dall'ambiente dei suoi ex colleghi provengono), ma più verosimilmente per motivi di incompatibilità filosofica e politica.
Rimanendo in tema, vogliamo ricordare che Hitler fece visita a Napoli il  5 maggio 1938, dove fu accolto in pompa magna, e che Majorana è scomparso  alla fine di marzo dello stesso anno: come dire, nessuna simpatia politica  da dover tenere nascosta in quella primavera. Aggiungiamo che circa un mese  prima (23 febbraio 1938), Majorana aveva scritto alla madre da Napoli: "Ho  una stanza discreta; oggi me ne daranno una migliore su via Depretis, da cui potrò vedere fra tre mesi il passaggio di Hitler".

[Si noti anche come, dalle ultime parole citate, si possa dedurre che, almeno 30 giorni prima dei tragici eventi della fine di marzo, Majorana non mostrava nessun segno di depressione, nessuna intenzione né di suicidarsi, né di fuggire da qualche parte, vuoi per rifarsi una vita, vuoi per prestare la propria opera di scienziato a coloro che riteneva nel giusto. Aggiungiamo che qualche mese prima, precisamente il 16 novembre 1937, dopo aver saputo della sua vittoria al concorso a cattedra di Fisica Teorica - a cui aveva partecipato ... a sorpresa, e forse anche per fare un dispetto -
scriveva allo zio  Quirino, pure lui noto professore di Fisica a Bologna, che "sperava di andare  veramente a Napoli". Insomma, tutto ci parla di un giovanotto fiducioso nell'inizio di una nuova vita, che non supponeva minimamente essa sarebbe stata di lì a poco spezzata, o completamente modificata, divenendo l'involontario protagonista  di uno dei tanti enigmi irrisolti del nostro paese.]





(L'attuale Piazza del Plebiscito a Napoli,
addobbata in occasione della visita di Adolf Hitler nel maggio 1938)


 
B - Nelle parole di Recami citate nel paragrafo precedente, troviamo  perfettamente  formulata la seconda obiezione: "al termine della guerra  ce ne sarebbero giunte dai colleghi fisici precise testimonianze".
 
E' difficile non essere pienamente d'accordo, tanto più se  si riflette  su quanto segue. Majorana non era un ufficiale delle SS, un responsabile di qualche campo di concentramento, un militare che si fosse  reso responsabile di rappresaglie, etc.. Vale a dire, non aveva da temere di essere severamente  inquisito per crimini di guerra dalla "giustizia" degli Alleati. Avrebbe potuto facilmente seguire la sorte di altri scienziati tedeschi, alcuni dei quali furono ristretti nella cosiddetta Farm Hall   in Inghilterra (dove tutte le loro conversazioni vennero accuratamente registrate), e poi spesso chiamati  a continuare a lavorare per i vincitori. Perché dunque nascondersi  da qualche parte in Europa per ben altri 5 anni, e poi fuggire in segreto  in Argentina al seguito del ricercatissimo Eichmann? Sinceramente, la cosa  proprio non persuade.
 
C - L'ipotesi Klingsor non riesce affatto a spiegare i singolari avvenimenti  che riempirono non solo le ultime ore a noi note di Majorana, ma anche i mesi precedenti.
 
Perché accettare per esempio il posto di professore a Napoli, se  aveva intenzione di recarsi di lì a pochi mesi in Germania per collaborare con gli scienziati del III Reich nell'imminente prevedibile conflitto mondiale? Non si potevano fingere i propositi suicidi direttamente a Roma? Una decisione dell'ultimo  momento appare poco plausibile, mentre è invece verosimile un aggravarsi  improvviso dei timori per la propria vita, il che giustifica il maldestro e improvvisato tentativo di fuga, dopo di che avrebbe sicuramente messo al corrente la famiglia. Perché soprattutto quel viaggio da Napoli a Palermo, simulando intenzioni suicide, dopo aver preso però con sé soldi e passaporto? E perché quei messaggi di ripensamento inviati a Napoli da Palermo, compreso un telegramma all'albergo dove alloggiava perché  gli venisse mantenuta a disposizione la stanza? (In NI abbiamo congetturato  che Ettore avesse autentica intenzione di rientrare in sede, e di rimuovere  personalmente l'annuncio suicida che aveva lasciato nella sua stanza con l'intestazione "Alla mia famiglia").
 
D - Secondo noi, principalmente, se si vuole dar credito alle voci di un Majorana fuggito volontariamente in Germania, in Argentina (o prima in Germania e poi in Argentina), o in qualsiasi altro luogo, bisogna allora riconoscere che il giovane sarebbe stato veramente crudele ed egoista ad agire in tal modo senza nessun riguardo nei confronti dei sentimenti della famiglia (madre in primis, ma pure fratelli e sorella), senza mai dare notizie di sé neppure a distanza di anni, passata verosimilmente l'emozione del primo momento (ammesso che ci sia mai stata), mentre viene unanimemente descritto come persona di grande sensibilità e bontà d'animo. Ettore non era un superficiale, e conosceva bene il peso dell'angoscia del non sapere.

 
E' questa un'obiezione che si volge in generale ad ogni variante dell'ipotesi di una fuga volontaria da parte di Majorana, ma anche a quella del suicidio.
Nel sottocaso particolare in esame, Ettore avrebbe potuto senz'altro comunicare la sua scelta alla famiglia raccomandando il massimo riserbo su di essa, oppure, qualora ne fosse stato per qualche motivo impedito, avrebbe potuto rifarsi vivo almeno quando l'Italia era ormai scesa ufficialmente in guerra a fianco dell'alleato tedesco,  non ci sarebbe stato nulla di male o di infamante (delle precauzioni sarebbero invece comprensibili dal 1945 in poi, quando la resistenza di alcuni popoli all'imperialismo anglo-americano verrà definita come il "male assoluto").  Inoltre, il Majorana supposto fervente sostenitore della causa dei socialismi  nazionali aggrediti dalla forza del capitale cosmopolita, con la sua scelta e il suo impegno avrebbe potuto dare un "buon esempio" a numerosi giovani,  ciò che, con una fuga segreta, certamente non sarebbe potuto avvenire.  Come abbiamo più volte affermato, la chiave per la soluzione logica  della vicenda risiede nell'analisi della personalità di Majorana (per  esempio, come siciliano lo si può immaginare molto devoto ai legami  familiari), e delle sue convinzioni etico-politiche.

Concludiamo questo secondo paragrafo con un'osservazione quasi scontata. Non è ovviamente detto che l'ipotesi apparentemente meno probabile non finisca alla resa dei conti per il rivelarsi come quella corrispondente a realtà! Anche se smentita dai fatti, però, l'analisi che precede avrebbe comunque il pregio di fondare, in maniera indipendente dalla verità storica, dei "giudizi di valore". Se Majorana se ne fosse davvero andato in Germania secondo le note modalità, egli sarebbe allora persona molto meno ammirevole di quanto oggi non si ritenga comunemente, sulla base delle testimonianze che ci sono pervenute, sia sotto il profilo etico, sia sotto quello dell'"intelligenza" intesa in senso letterale (cioè, utilizzando tale termine per denotare la generale capacità di scelta che lo spirito umano è in grado di operare di fronte a varie alternative che gli si presentino).


NOTA, luglio 2013: sulla questione torniamo abbastanza lungamente in una nostra breve storia della ... majoranologia, con giudizi che modificano almeno in parte quelli dianzi espressi, rendendo l'Ipotesi Klingsor più plausibile di quanto abbiamo a volte in passato ritenuto. 


3. Un falso scoop, ovvero la bufala di Repubblica

        

     

(Due noti ritratti del povero Ettore Majorana)


Nella terza ed ultima sezione del nostro intervento, ci occuperemo degli strafalcioni, gravi e meno gravi, in buona e in cattiva fede, dell'articolo apparso su la Repubblica, d'ora in avanti AR (è facile reperirlo in rete, per esempio qui: http://download.repubblica.it/pdf/domenica/2010/17102010.pdf)

La questione fondamentale è naturalmente quella che concerne il  preteso  ritratto di Majorana accanto ad Eichmann in Argentina. A noi sinceramente non è sembrato di riconoscerlo, almeno a giudicare dalle immagini che si conoscono di lui. Nella foto si scorge un volto dai lineamenti spigolosi, dalla forma triangolare, che non sembra quello dalle fattezze più  morbide del gracile fisico italiano con le tipiche spalle spioventi dello  studioso, per non dire dell'attaccatura e della forma delle orecchie, oltre  che delle labbra. L'uomo raffigurato nella foto ci è sembrato un tedesco  ben piazzato, soprattutto con l'aspetto severo di una persona abituata all'esercizio dell'autorità, più verosimilmente un ufficiale collaboratore di Eichmann, chissà. A tale nostro parere da inesperto (ma sulla stessa linea è invece quello di un importante conoscitore del caso, secondo il quale "è evidente che non è Majorana; conosco ogni dettaglio della sua faccia, ne ho studiato ogni particolare"), vogliamo aggiungerne uno maggiormente circostanziato del già citato Dott. Guido Abate (che ringraziamo vivamente anche per la consulenza prestata durante l'elaborazione del presente scritto):

> L'analisi antropometrica condotta non mi convince: è inutile nascondersi dietro alla foglia di fico delle "incertezze sulle orecchie". Le orecchie sono completamente diverse, altro che "ombre" ingannatrici! E,  come si sa, il primo modo per individuare le persone nelle fotografie e nei  filmati è proprio tramite la conformazione delle orecchie. Per un caso strano del destino giusto oggi il "Corriere della Sera" ha pubblicato  un articolo riguardante il riconoscimento degli individui tramite i padiglioni auricolari. Come se non bastasse, appare evidente che l'uomo alla destra di Eichmann ha una fossetta in mezzo al mento, in modo completamente differente da quello di Majorana, che al contrario era perfettamente rotondeggiante. Anche prendendo per buona la giustificazione dell'ombra che deformerebbe il contorno dell'orecchio destro, è innegabile la diversa conformazione del mento, il che rende l'uomo della fotografia un perfetto sconosciuto.

A tali osservazioni, aggiungiamo quelle presentate da Ettore Majorana jr, nipote dello scomparso, due giorni dopo la pubblicazione di AR, ossia il 19 ottobre, alle ore 11, nella prima parte di RadioScienza, in occasione della trasmissione di una sua intervista. Nel corso di essa, Majorana jr ha affermato che si tratta secondo lui di un "abbaglio piuttosto marchiano", di "un'ipotesi fantasiosa" (oltre tutto, una cosa sarebbe stata andare a collaborare con Heisenberg ad applicazioni nucleari, ben altra ritrovarsi infine vicino ad una persona come Eichmann). Ha affermato di essere certo che la persona raffigurata nella foto "senz'altro non è mio zio". Il cranio gli appare infatti di "forma completamente diversa": "ad occhio di ragazzino, non serve di coinvolgere degli esperti, ci sono 2 o 3 cm di differenza di larghezza". Tra le altre evidenti difformità, le orecchie dello sconosciuto ritratto accanto ad Eichmann sono "di un paio di cm più grandi" di quelle dello zio, inoltre "posizionate in un punto diverso della testa".
Nota: In una prima versione del presente commento, l'opinione di Ettore Majorana jr era stata eccessivamente sintetizzata e in maniera imprecisa (si riportava, a proposito della forma del cranio: "allungato quello dell'uomo ritratto accanto ad Eichmann, più rotondo quello del famoso scienziato siciliano"). Il Dott. Arcangelo Papi ci fa cortesemente notare la circostanza, e gli siamo pertanto grati di aver potuto porre rimedio, citando stavolta esattamente alcune delle frasi pronunciate da Ettore Majorana jr nel corso della detta intervista.

Per concludere su questo punto, "la più prestigiosa istituzione italiana in fatto di indagini scientifico-forensi", secondo l'articolo di la Repubblica, avrebbe clamorosamente toppato nel suo giudizio finale: "È altamente probabile che l'uomo alla destra di Adolf Eichmann sia Ettore Majorana". Visto che si afferma che tale istituzione sia molto attiva in fatto di reali indagini giudiziarie, la facile battuta è che proprio per questo ci sono in Italia tanti crimini irrisolti, o ... risolti male! (e qui il nostro rapido appunto si rivolge più alle ingenue aspettative nei confronti della "scienza", che non alle persone che si debbono occupare per professione di certi difficili compiti, che forse si assolverebbero meglio con meno scienza e maggiore acume investigativo).

[Ecco delle informazioni precise sull'articolo dianzi menzionato, che si può leggere in rete: Lanfranco Belloni, " Per l' identificazione basta un orecchio", Il Corriere della Sera , 19 ottobre 2010, p. 31.]

Il secondo punto importante riguarda l'interpretazione assolutamente tendenziosa che viene data in AR di una lettera di Gilberto Bernardini a Giovanni Gentile jr, a proposito della quale si dice: "i primi indizi [...] sono in una lettera scritta subito dopo la scomparsa di Majorana".

"Caro Giovanni, come puoi immaginare la notizia di Majorana mi ha dato una vera gioia. Non è molto bello forse, ma in compenso non è una cosa così tragica come si pensava e ci se ne può rallegrare".

Orbene, si tratta in effetti di una nota lettera, che è riportata nel saggio di Paolo Simoncelli: Tra scienza e lettere Giovannino Gentile (e Cantimori e Majorana), Le Lettere, Biblioteca di Nuova Storia Contemporanea, 2006, p. 151. Però l'autore informa chiaramente che la lettera era semplicemente la risposta ad una comunicazione di Gentile jr il quale riferiva a Bernardini della possibilità, alimentata allora dalle speranze della famiglia (la lettera non reca data, ma viene collocata da Simoncelli al maggio del 1938), di un volontaria allontanamento di Ettore, in luogo di un suicidio, che era invece l'ipotesi più diffusa presso chi conosceva il giovane. Ovvero, dei pretesi avvistamenti di Majorana presso istituti religiosi si rallegrava Bernardini, non della circostanza che Majorana si fosse recato in Germania con modalità peraltro tanto singolari!

Inutile sottolineare che Gilberto Bernardini è morto nell'ormai lontano 1995, e che non può quindi confermare la "rivelazione clamorosa, non supportata però da alcun documento" divulgata oggi dal Prof. Giorgio Dragoni: "Nel '74 intervistai Bernardini [...] Lei sa che io conosco la scelta fatta da Majorana? Non è una scelta che le farà piacere [...] Ettore si trasferì in Germania per collaborare alle armi del Terzo Reich". Ciò nonostante, non mettiamo in dubbio che Dragoni abbia davvero ascoltato quelle parole, e si tratta della notizia più vera e interessante dell'intero articolo. L'episodio confermerebbe però solamente che Bernardini si era personalmente persuaso di quella soluzione del "giallo" Majorana, come appunto altre persone vicine alla famiglia dello scomparso, cui abbiamo alluso nella nostra nota del 2002 (vedi il primo paragrafo). Tale spiegazione assume i contorni della certezza a seguito di un'altra preziosa testimonianza della quale siamo venuti al corrente tramite le numerose corrispondenze che hanno preceduto la redazione del presente scritto: "Bernardini l'ho sentito personalmente, mi disse che aveva solo ipotizzato che Majorana se ne fosse andato in Germania, ma che non aveva alcuna prova né alcuna fonte".

Gli errori e le lacune dell'articolo in questione non si esauriscono ahimé qui. Cerchiamo in conclusione di elencarle nell'ordine in cui si susseguono, accompagnandole da un nostro commento.

a) Quando sparì, nel marzo del 1938, dalla nave che da Palermo doveva condurlo a Napoli

- Quello che viene dato come un fatto, non è altro che un'ipotesi. Non esiste nessuna certezza che Majorana, dopo esser partito da Napoli alla volta di Palermo la sera del venerdì 25 marzo 1938, si sia successivamente imbarcato sul traghetto Palermo-Napoli vuoi la sera del sabato 26, o quella della domenica 27, vuoi ... mai, perché ucciso e sepolto da qualche parte intorno al capoluogo siciliano.

b) faceva parte del gruppo ristretto che lavorava a Roma con Enrico Fermi nell'istituto di via Panisperna.

- Come abbiamo detto nel secondo paragrafo, Majorana non ha mai fatto parte di tale gruppo, anzi. Si è solamente laureato con Enrico Fermi, ed è stato compagno di studi di alcuni dei suoi collaboratori.

c) per andare a salutare la famiglia a Palermo

- Majorana era di Catania, e da Napoli si recava a trovare la sua famiglia a Roma, dove si era trasferita. Il viaggio a Palermo doveva avere ben altre motivazioni, ne abbiamo parlato altrove e non insistiamo qui.

d) anche se del caso pare si fosse interessato lo stesso Mussolini

- Non "pare": del caso si interessò il Capo del Governo, sollecitato dalla madre di Ettore e da un intervento forzato e tardivo di Fermi (27 luglio 1938). Il grande fisico era presumibilmente convinto che fosse inutile cercare Majorana, perché era morto.

e) alle tante ipotesi sulla sua fine

- Le ipotesi sulla sorte del povero Ettore non sono poi così "tante"! Oltre a quella del rapimento a cui non crede nessuno (ma come si può pensare di poter forzare uno scienziato ad un lavoro creativo? se è scomodo e milita in campo avverso, meglio semplicemente eliminarlo), rimangono solo: la fuga volontaria (che ha poi diverse varianti, quali appunto l'ipotesi Klingsor), il suicidio, e l'OMICIDIO (sorvoliamo qui su possibili moventi e mandanti), un'eventualità sulla quale l'autore dell'articolo, Luca Fraioli, tace completamente, fosse pure soltanto per definirla la più pazzesca di tutte, chissà perché?! Un'omissione che appare estremamente sospetta, ed eloquente, poiché è difficile supporre che il Fraioli non sapesse che è stata formulata da alcuni (a meno che non si sia minimamente preparato, o difetti tanto d'immaginazione: cosa penserebbe se scomparisse un'altra qualsiasi persona importante proprio a Palermo?), perché è menzionata anche nella voce di Wikipedia citata nella premessa (numerosi sono oggi i giornalisti che vanno spesso in rete, e scopiazzano qua e là), ed è pure stata illustrata recentemente da un suo collega, Giancarlo Meloni, in due articoli apparsi abbastanza di recente su Libero e su Il Giornale. " La storia di Ettore Majorana. Lo scienziato eliminato perché sapeva troppo", Libero, 2 dicembre 2008, p. 34; " Ecco il terzo uomo del giallo Majorana", Il Giornale, 6 giugno 2010, p. 22. Terminiamo il commento al presente punto esortando i tanti che ci leggono, copiano qualche cosa, e NON citano la fonte, a redigere una dettagliata confutazione dell'ipotesi dell'omicidio analoga a quella che abbiamo tentato dell'ipotesi Klingsor nel paragrafo precedente!

f) Tormentato dai sensi di colpa per aver capito prima di altri le possibili applicazioni militari della fisica nucleare

- Anche qui la critica è che viene riferita come un fatto qualcosa che è invece unicamente una supposizione. Non esiste nessuna evidenza in tal senso, che Majorana avesse cioè qualche senso di colpa puramente ... potenziale. Si tratta soltanto della, secondo noi stolta, ricostruzione di Sciascia (vedi il primo paragrafo), che tanta influenza continua ad avere su chi si occupa di questa vicenda.

Via, piantiamola qui, ma non senza aver prima preso in considerazione, sia pur fugacemente (anche per motivi di ... prudenza, più che necessaria nei luoghi e nei tempi in cui ci troviamo), una domanda che il giornalista rivolge al Prof. Dragoni: "Ma perché il fisico siciliano avrebbe scelto il nazismo?". Si tratta ovviamente di un punto che diventa, per l'attuale spirito del tempo, discriminante ed estremamente delicato, sia per i sostenitori dell'ipotesi Klingsor, sia per i sostenitori dell'ipotesi di un omicidio (accompagnata da certe speculazioni, peraltro naturali, sui suoi possibili moventi). Sicuro, oggi che si ritiene che ogni persona colta e intelligente debba necessariamente condividere certi giudizi storico-politici, la risposta appare difficile, ma non lo è se si evitano anacronismi storici, e si riconosce che opinioni oggi pressoché universali in Occidente, in quanto alimentate dalla incessante propaganda dei vincitori, non erano ugualmente unanimi ieri.

  Concludiamo con le parole di un altro corrispondente, il quale esprime il  timore che "questo improvviso revival dell'insensata ipotesi Klingsor sia  una risposta agli articoli di Giancarlo Meloni. Ovverosia, ci si è  finalmente avvicinati alla soluzione del caso, ed ecco quindi che la disinformazione  accorre a spron battuto a intorbidare le acque con notizie false e tendenziose,  aventi lo scopo di allontanare il più possibile la gente dalla naturale  ipotesi dell'omicidio". Il Meloni termina il suo secondo articolo con le parole "Il depistaggio non è finito", potrebbe essere vero? (non per Giorgio Dragoni ed Arcangelo Papi, che riteniamo sinceramente fiduciosi nella validità della loro soluzione, ma per il quotidiano la Repubblica, per tutta l'attenzione che ha voluto concedere, senza un adeguato contraddittorio, ad un pasticciaccio come quello che abbiamo descritto).