Cristoforo Colombo o Cristoforo Pellegrino?
Un improbabile equivoco interpretativo
1 - Introduzione
In diversi suoi scritti, lo scrivente ha avanzato l'ipotesi
che Cristoforo Colombo (e forse anche il fratello Bartolomeo) non fosse
figlio di Domenico Colombo, ma solamente di Susanna da Fontanarossa, la
quale potrebbe averlo avuto da altro uomo, individuato poi all'interno della
nobile famiglia dei Pallastrelli di Piacenza sulla base di qualche evidenza
documentaria.
Si vedano per esempio:
[1] -
L'intero Cap. IX di Una rotta templare alle origini del mondo moderno
[2] -
"La vera identità di Cristoforo Colombo - Osservazioni e congetture",
Episteme - Physis e Sophia nel III millennio
, N. 6, Parte I, dicembre 2002
[3] -
La sezione N. 20 del Forum di Episteme, a cui questa pagina web è
collegata
.
Tale congettura si fonda accettando nelle linee generali la
tesi cosiddetta "purista", la quale è supportata da una serie di
documenti (in prevalenza atti notarili) che costituiscono un insieme granitico
e coerente di informazioni biografiche sulla vita di Colombo e dei suoi
familiari (punteremo qui l'attenzione solamente sulla prima parte di detta
vita, peraltro la più complicata da ricostruire, diciamo quindi che
non andremo oltre il fatidico 1492, quando sullo scopritore del Nuovo Mondo
si accenderanno i riflettori della storia, e le sue vicissitudini saranno
maggiormente in luce). Da tali notizie è difficile prescindere -
anche se sono lecite naturalmente eventuali varianti interpretative in qualche
singolo punto, come per esempio quello che analizzeremo in seguito - a meno
che non si voglia accusarle tutte di falso (affermazione che sarebbe assurda),
oppure si pretenda che esse documentino la vita di un Cristoforo Colombo
genovese che sarebbe individuo diverso dal personaggio storico che ci interessa
(affermazione secondo noi non meno assurda).
Riprodurremo i più significativi di detti documenti
nel prossimo paragrafo, aggiungendo qualche breve commento, in quanto non
si trovano facilmente in rete neppure in maniera non integrale,
[nel peraltro utile:
http://cristobal-colon.net/Colon/origines/Colon_genois.htm sono almeno
riportati tutti in sunto]
e talvolta si fa confusione tra l'uno e l'altro. Tale stato
di cose è stato responsabile di qualche nostro errore in passato,
per esempio in [1] era stato asserito:
"In effetti, il primo atto notarile che si riferisce insieme
a Domenico e a Cristoforo, redatto nel 1470, quando Colombo aveva 19 anni
(secondo le cronologie più accreditate), prova solamente che Domenico
era il marito di Susanna in quella data, ma forse soltanto da poco tempo
(una sorta di matrimonio "riparatore", una sistemazione accettabile per Susanna?),
tanto è vero che dispone con il documento in questione di una parte
della dote della moglie, e Colombo è chiamato appunto a controfirmare
per approvarne l'azione".
Il brano contiene addirittura un doppio errore, perché
il famoso documento dei 19 anni (di seguito riportato con l'ordinale II)
non affatto è il primo in cui si menziona lo scopritore con il padre.
Inoltre, in esso Colombo non è coinvolto in relazione alla dote materna,
quello è un documento del 1473 (di seguito riportato con l'ordinale
V): Il primo errore è ripetuto in [2] (e, tanto per essere pignoli,
mancano pure una h nel nome di Cristoforo, e c'è uno spazio di troppo
in decem novem):
"Il primo documento in cui compare Cristoforo è del
31 ottobre 1470 (in esso viene fornita un'esplicita indicazione sull'età
del giovane "Cristofforus de Columbo filius Dominici", "maior annis
decem novem", e su di essa gli storici fondano l'ipotesi di un anno
di nascita da collocarsi all'incirca nel 1451)".
Nell'effettuare tale opera di divulgazione la nostra fonte
primaria sarà l'utilissimo libro di Paolo Emilio Taviani: Cristoforo
Colombo - La genesi della grande scoperta (De Agostini, Novara, 1982),
di seguito citato come PET. Esso comunque non li riporta tutti (e neppure
li menziona tutti), abbiamo quindi provveduto quando necessario alle relative
integrazioni (e piccole correzioni) basandoci sul fondamentale: I documenti
genovesi e liguri, IV volume, Tomo I, della Nuova Raccolta Colombiana
, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Comitato Nazionale per le
Celebrazioni del V Centenario della Scoperta dell'America (che era costituito
da: Paolo Emilio Taviani, Aldo Agosto, Gabriella Airaldi, Osvaldo Baldacci,
Giuseppe Bellini, Alberto Boscolo, Franco Cardini, Luisa D'Arienzo, Gaetano
Ferro, Francesco Giunta, Ilaria Luzzana Caraci, Geo Pistarino, Francesco
Sicilia, Francesco Sisinni), Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Libreria
dello Stato, Roma, 1993 (volume a cura di Aldo Agosto, con la collaborazione
di Elisa Magioncalda, Rosanna Mazzacane, Tullio Rattini). In detto volume
sono presenti pure tutte le traduzioni in italiano dei vari documenti presentati,
assieme alle loro riproduzioni fotografiche.
In PET i documenti oggetto del nostro interesse non sono riportati
in maniera integrale, a causa della loro lunghezza, nel presente articolo
ci siamo quindi sempre regolati di conseguenza, anche quando a PET non abbiamo
potuto fare riferimento. Per coloro che siano desiderosi però di informazioni
più complete, ancora utilizzando il volume della Nuova Raccolta
Colombiana dianzi citato (d'ora in avanti faremo ad esso riferimento
con la sigla NRC), abbiamo proseguito la nostra opera di divulgazione mettendo
in rete le scansioni di tutti i documenti in oggetto senza nessun taglio.
Per visionarle, basta cliccare sui link presenti all'inizio della presentazione
di ogni documento (segnalati per esempio come IA e IB, nel caso le scansioni
siano due, oppure IIA, IIB, IIC quando siano tre, etc.). Rammentiamo anche
che in NRC il carattere corsivo "sta ad indicare parti figuranti in soprallinea
o aggiunte del notaio a margine; > segnala la presenza nel documento
dei membri della famiglia di Colombo; á ñ indicano integrazioni
nella trascrizione del testo; [ ] indicano espunzioni nella trascrizione
del testo" (p. 6).
Dopo la descritta parentesi divulgativa, verremo nel successivo
terzo paragrafo alla questione che costituisce la specifica finalità
del presente scritto, la cui origine si deve a una stimolante corrispondenza
con il Sig. Sandro Graviani di Piacenza (già nominato in [1], Nota
N. 557, p. 365), che si ringrazia ancora una volta vivamente.
Umberto Bartocci, Perugia, febbraio 2010
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2 - I documenti più significativi (con qualche commento)
I - Genova, 22 settembre 1470 (non lo abbiamo trovato
in PET, utilizziamo dunque NRC, p. 125)
(Notaio Giacomo Calvi)
IA
- IB
« […] Dominicus de Columbo quondam Iohannis et
Christofforus, eius filius, in presentia et consensu dicti Dominici, patris
sui, presentis et consentientis, ex parte una, et Ieronimus de Portu quondam
Bartholomei, ex parte áalterañ […] se se compromisserunt
ed generale compromissum fecerunt et faciunt in providum virum dominum
Iohannem Augustinum de Goano quondam domini Luchini, tamquam in ipsarum
partium arbitrum et arbitratorem et amicabilem compositorem et comunem
amicum […] ».
[Il semplice latino non richiede particolare sforzo di traduzione.
In una controversia tra i Colombo e un tale Gerolamo da Porto, viene designato
un comune amico in qualità di arbitro.]
Come accennato nel precedente paragrafo, quello sopra riportato
è il documento più antico in cui viene menzionato Cristoforo
Colombo.
C'è un altro documento con la medesima data con cui
si rischia di fare confusione (PET, p. 227).
«Egregius dominus Iudex Malleficiorum Ianue, sciens
Dominicum de Columbo detemptum et carceratum fuisse parte et mandato magnifici
domini Potestatis lanue et ipsius domini Iudicis, pro certis de causis,
et dictum Dominicum non fuisse repertum culpabilem, omni modo, etc..
Mandavit dictum Dominicum a dicta detemptione et carceracione
relaxari, sub fideiussione infrascripta et promissione, de se presentando
semper ad mandatum dictorum domini Potestatis et Iudicis, sub pena ducatorum
vigintiquinque, aplicanda operi Casteleti [...] ».
Traduzione presente in PET: «L'egregio signor giudice
dei malefizi in Genova, sapendo che Domenico Colombo era stato carcerato
per mandato del podestà di Genova e di esso giudice per certe cause,
senza poi essere rinvenuto colpevole, ne ordina la scarcerazione, sotto fideiussione
e promessa di presentarsi sempre a richiesta di essi podestà e giudice,
sotto pena di 25 ducati da applicarsi all'opera del Castelletto».
Ecco la spiegazione che del caso fornisce ancora PET (p. 9):
"In quello stesso giorno Domenico è arrestato, per
essere lasciato libero dopo poche ore, dal 'giudice dei malefici', che dichiara
di non averlo «repertum culpabilem». La cagione dell'arresto fu
la stessa del viaggio dei due Colombo a Genova: una questione legale con un
certo Gerolamo del Porto, risolta con una multa di lire 35 inflitta dal giudice
a Domenico. Per ottenere la somma egli vende a certi Caprile alcune terre
«in Ginestreto, potestacie Bisannis»*. Esse costituivano la dote
della moglie Susanna Fontanarossa, onde il fratello di lei, Guagnino, rivendica
a sé il diritto di prelazione sulle terre stesse. Ma Susanna ratifica
la vendita del marito, che è ormai «habitator Saone»".
* L'atto di vendita è del 24 settembre 1470 (Archivio
di Stato di Genova, Notaio Francesco Camogli). Esso viene nominato in NRC
(p. 128), ma non ivi riportato. Le stesse terre, reclamate appunto dal fratello
di Susanna, saranno oggetto di una nuova vendita l'anno successivo, si veda
il successivo documento III.
La storia si conclude con un atto del 28 settembre 1470 (NRC,
pp. 129-130), che attesta come l'arbitro eletto dalle parti abbia sentenziato
che Domenico Colombo e suo figlio Cristoforo avrebbero dovuto versare al
detto Gerolamo Da Porto la somma di lire 35 nel termine di un anno:
«Sententia arbitralis
In nomine Domini, amen. Nos, Iohannes Augustinus de Goano,
arbiter et arbitrator et amicabilis compositor et communis amicus, electus
et assumptus per et inter Dominicum de Columbo et Christophorum, eius filium,
ex una parte, et Ieronimum de Portu, ex parte altera, […] In his scriptis
dicimus, sententiamus, cognoscimus, declaramus et condemnamus ut infra,
videlicet quia condemnamus et condemnatum esse pronunciamus et declaramus
dictos Dominicum et Christofforum, et quemlibet eorum in solidum, ad dandum
et solvendum dicto Ieronimo de Portu libras triginta quinque monete currentis,
infra annnum unum proxime venturum, omni contradictione cessante […]
».
II - Genova, 31 ottobre 1470 (non lo abbiamo trovato in PET, utilizziamo
dunque NRC, p. 135)
(Notaio Nicola Raggio)
IIA
- IIB
- IIC
« [...] Christofforus de Columbo, filius Dominici, maior
annis decemnovem, et in presentia, auctoritate, consilio et consensu dicti
Dominici, eius patris, presentis et autorizantis, sponte et ex eius certa
scientia et non per aliquem errorem iuris vel facti, confessus fuit et in
veritate publice recognovit Petro Belexio de Portu Mauricio, filio Francisci,
presenti, se eidem dare et solvere debere libras quadraginta octo, soldos
tresdecim et denarios sex Ianue; et sunt pro resto vinorum eidem Christofforo
et dicto Dominico venditorum et consignatorum per dictum Petrum [...] dictus
Christofforus eidem Petro solemniter stipulanti, vel legiptime persone pro
eo, dare et solvere promisit intra annum unum proxime venturum, omni exceptione
remota. Sub pena dupli dicte quantitatis peccunie, etc.; [...] Intercessit
et fideiussit dictus Dominicus eius pater, qui se inde proprium et principalem
pagatorem et predictorum observatorem constituit et esse voluit [...] »
[Ancora una volta il semplice latino non richiede un particolare
sforzo di traduzione. Cristoforo Colombo riconosce un debito per una partita
di vino, e il padre Domenico si fa garante dell'assolvimento dell'impegno
nel volgere di un anno.]
Il documento, scoperto dal marchese Marcello Staglieno (M.
Staglieno, "Alcuni nuovi documenti intorno a Cristoforo Colombo ed alla sua
famiglia", articolo apparso prima nel Giornale Ligustico di archeologia,
storia e belle arti, Genova, A. XIV, 1887, successivamente edito come estratto
a sé, Reale Tipografia de' Sordo-Muti, Genova, 1887) è particolarmente
importante perché dimostra che, alla data dell'atto, Colombo aveva
compiuto i 19 anni, ma evidentemente non ancora i 20.
[Per inciso, tale età è la ragione per cui,
non avendo Cristoforo ancora raggiunto la piena capacità giuridica
(gli statuti della Repubblica di Genova mantenevano le disposizioni del
Diritto Romano, secondo le quali fino a 25 anni una persona che pure avesse
raggiunto la maggiore età, godeva di una particolare protezione nei
negozi giuridici), l'intervento a garanzia del padre si rendeva necessario.]
Come già accennato nel paragrafo precedente, il documento
è quindi di grande importanza per stabilire l'età di Colombo,
che deve quindi essere nato dopo il 31 ottobre 1450 e prima del 31 ottobre
1451. L'intervallo si restringe in maniera significativa grazie al cosiddetto
"documento Assereto", scoperto nell'Archivio Notarile di Stato di Genova
dal generale Ugo Assereto nel 1904. In esso, che riporta la data del 25 agosto
1479, Cristoforo Colombo si dichiara di 27 anni circa. Un semplice ragionamento
porta allora a concludere che, dovendo egli avere almeno 27 anni alla data
del 31 ottobre 1478, ed essendo trascorsi ulteriori 8 mesi fino a quella
dell'agosto 1479, la dichiarazione resa in quella circostanza diventa veritiera
solamente se la sua data di nascita era alquanto a ridosso del 31 ottobre,
il che permette di ragionevolmente congetturarla avvenuta tra il settembre
e l'ottobre del 1451.
[Cristoforo Colombo, mentre è in procinto di partire
il mattino seguente per Lisbona, è chiamato a rendere testimonianza
per una controversia economica che vede opposti davanti all'Ufficio di Mercanzia
da una parte Lodisio Centurione e dall'altra i fratelli Paolo e Cassano di
Negro. Oltre al particolare dell'età, Cristoforo afferma sotto giuramento
di essere cittadino genovese, e di essersi recato nell'isola di Madera per
conto del detto Paolo, al fine di acquistare una partita di zucchero.]
Riportiamo, per completezza d'informazione, parte dell'ampia
citazione che ne fornisce PET (p. 216):
Genova, Contrada di San Siro, nello scagno di Lodisio Centurione
25 agosto 1479
« […] Cristoforus Columbus civis Janue, requisitus
hic in testem et pro teste recipi et examinari […]
Interrogatus si est de proximo recessurus, respondit sic:
die crastino de mane pro Ulisbona.
Interrogatus quottennis est […] respondit: quod est
etatis annorum viginti septem vel circa [...] ».
Traduzione presente in PET: « [...] Cristoforo Colombo
cittadino di Genova, richiesto qui come testimonio, dev'essere in tale qualità
ricevuto ed esaminato [...]
Interrogato se deve partire presto, risponde così:
domani mattina per Lisbona. Interrogato quanti anni ha [...], risponde che
egli è dell'età di 27 anni circa [...] ».
Forniamo anche le scansioni del documento Assereto:
DAI -
DAII -
DAIII -
DAIV -
DAV -
DAVI -
DAVII
III - Genova, 25 maggio 1471 (PET, p. 228; ancora in PET, p. 9
la data viene erroneamente indicata come 15 maggio)
(Notaio Francesco Camogli)
IIIA -
IIIB -
IIIC
« [...] Suzana, filia quondam Iacobi de Fontanarubea
et uxor Dominici de Columbo, textoris pannorum lane, presentis et auctorizantis
omnibus et singulis infrascriptis, sciens et certam noticiam habens de quadam
vendicione per ipsum Dominicum facta Iulliano de Caprili et Stampino de Caprili
de certis terris et possessionibus cum domo, prout continetur in istrumento
vendicionis scripto manu mei notarii infrascripti, et advocatis per ipsum
ab eis per Goagninum de Fontanarubea fratrem ipsius Suzane, ut constat instrumento
manu Petri de Faccio notarii, [...] dicte vendicioni consensit et consentit
[...] ».
Traduzione presente in PET: «Susanna figlia del fu Giacomo
Fontanarossa e moglie di Domenico Colombo, tessitore di panni di lana, presenti
e autorizzanti tutti i singoli infrascritti, consapevole e avendo la notizia
certa intorno a una vendita fatta dallo stesso Domenico a Giuliano e Stampino
Caprile di certe terre con una casa, come contenuto nello strumento di vendita,
scritto di mano da me notaio infrascritto, e avocate agli stessi da parte
di Guagnino Fontanarossa, fratello della stessa Susanna, come risulta nello
strumento del notaio Pietro Faccio [...] alla detta vendita acconsentì
e acconsente».
Questo è il primo documento in cui viene menzionata
la madre di Cristoforo, e viene fornita anche la notizia sul nome del di
lei padre.
IV - Savona, 26 agosto 1472 (non lo abbiamo trovato
in PET, utilizziamo dunque NRC, p. 164)
(Notaio Tommaso del Zocco)
IVA
«Dominicus Columbus, lanerius, habitator Saone, et Cristoforus
eius filius, patre consentiente, etc.; Sponte confitentur Iohanni de Signorio,
presenti, etc.; Se eidem teneri ac dare et solvere debere libras centum
quadraginta monete Ianue; et sunt occaxione precii vendicionis cantariorum
.VII. lane de Sorlinis Brilante [...] Quas promisserunt solvere hinc
ad menses sex proxime venturos [...]».
L'atto informa che Domenico Colombo, tessitore di lana, abitante
a Savona, e suo figlio Cristoforo, dichiarano di dovere a tale Giovanni Signorio
140 lire in monete genovesi, per l'acquisto di 7 cantàri di lana
proveniente dalle isole Sorlinghe, o Scilly (un cantàro equivaleva
a circa 90 Kg), e che il debito sarebbe stato onorato entro sei mesi.
V - Savona, 7 agosto 1473 (PET, pp. 228-229)
(Notaio Pietro Corsaro)
VA -
VB -
VC
« [...] Sozana filia quondam Iacobi de Fontanarubea
de Bezagno et uxor Dominici de Columbo de Ianua, ac Christoforus et Iohannes
Pelegrinus filii dictorum Dominici et Sozane iugalium [...] , sciens
et perfectam scientiam habens dictum Dominicum de Columbo, virum ipsius Suzane,
et patrem ipsorum Christofori et Iohannis Pellegrini, vendidisse et
alienasse et seu vendere et alienare velle quandam domum ipsius Dominici
sitam in civitate Ianue, in contrata porte Orivelle [...] ipsa Suzana per
se et suos .heredes annuuit et consensit ac annuit et consentit dicte venditioni
[...] ».
Traduzione presente in PET: «Susanna, figlia del fu
Giacomo Fontanarossa del Bisagno e moglie di Domenico Colombo di Genova,
e Cristoforo e Giovanni Pellegrino figli dei detti Susanna e Domenico
coniugati [...] , sapendo e avendo perfetta conoscenza che il detto
Domenico Colombo, marito di essa Susanna e padre di essi Cristoforo e
Giovanni Pellegrino, ha venduto e alienato oppure vuole vendere e alienare
una casa di esso Domenico situata nella città di Genova, nella strada
della Porta dell'Olivella [...] essa Susanna annuì e consentì
e annuisce e consente, per sé e per i suoi eredi alla detta vendita».
E' questo il documento che offre lo spunto per la discussione
che effettueremo nel paragrafo successivo. Notiamo sin d'ora però
che alcune parti dell'atto furono espunte dallo stesso notaio. In PET non
se ne fa cenno, mentre la circostanza è sottolineata in NRC. Per facilitare
il lettore nella comprensione, le abbiamo dianzi evidenziate in grassetto.
VI - Savona, 23 gennaio 1477 (PET, p. 229)
(Notaio Giovanni Gallo)
VIA -
VIB - VIC
« [...] Suzana, filia quondam Iacobi de Fontanarubea
et uxor Dominici de Columbo, lanerii, civis et habitatoris Saone, constituta
in presencia mei notarii et testium infrascriptorum, sciens et attendens
quod dictus Dominicus de Columbo, eius vir, intendit vendere seu aliter obligare
domum unam, cum uno iardino retro posito, ipsius Dominici, sitam in burgo
sancti Stephani inclite civitatis Ianue, in contracta sancti Andree, quibus
domui et viridario coheret, ab una parte, Nicolaus de Paravania, ab alia,
heredes quondam Antonii Bondi, ante via publica et retro muro civitatis predicte
[...] dicte vendicioni [...] annuit et consentit [...] ».
Traduzione presente in PET: «Susanna, figlia del fu
Giacomo Fontanarossa e moglie di Domenico Colombo, laniere, cittadino e
abitante di Savona, costituita in presenza di me notaio e degli infrascritti
testimoni, consapevole e attestante che il detto Domenico Colombo suo marito
intende vendere o obbligare ad altri una casa, con giardino retroposto,
del detto Domenico, sito in borgo Santo Stefano dell'illustre città
di Genova, in contrada Sant'Andrea, alla quale casa e giardino sono attigui,
da un lato Nicola di Paravania e dall'altro gli eredi del fu Antonio Bondo,
avanti la via pubblica e dietro le mura della predetta città [...]
a detta vendita [...] annuisce e acconsente».
Sottolineiamo che, nel nostro particolare contesto interpretativo,
è specialmente rilevante il gruppo costituito dagli atti III, V e VI,
che vanno dal 1471 al 1477. In essi Susanna infatti acconsente («per
se et suos heredes» nell'atto V), a che il marito Domenico possa disporre
di beni della sua dote (ancora nell'atto V, i figli Colombo e Giovanni Pellegrino
sarebbero chiamati a controfirmare per approvazione, ma pur presenti
sono stati depennati dall'atto per ragioni che presto discuteremo).
Non è un po' troppo tardi, rispetto alla presunta data del
matrimonio? Non apparirebbe tutto meglio comprensibile se la coppia
si fosse unita in matrimonio nella seconda metà degli anni '60, anziché
negli anni '50?
Del resto lo stesso Taviani (PET, p. 9) riconosce che c'è
un vuoto documentario di quasi 20 anni tra l'ipotizzato matrimonio e gli
atti ufficiali superstiti relativi ai due coniugi:
"Siamo giunti al 1451, probabile anno di nascita di Cristoforo.
Domenico si era dunque sposato [Questa è in realtà una semplice
congettura dell'autore citato!]. Ma non rimane alcun documento delle sue nozze
[Infatti!]. Il primo atto in cui compare la moglie Susanna Fontanarossa è
del 15 [sic] maggio 1471".
VII - Genova, 21 luglio 1489 (PET, p. 216)
(Notaio Lorenzo Costa)
VIIA -
VIIB -
VIIC -
VIID
« [...] et quod contra dictum extimum per dictum Dominicum,
tanquam patrem et legiptimum administratorem Christofori, Bartholomei et
Iacobi, filiorum ipsius Dominici, ac filiorum et heredum quondam
Suzane, eorum matris, olim uxoris dicti quondam Dominici [...] ».
Traduzione presente in PET: « [...] Ed essendo vero
che contro il detto estimo dal detto Domenico, come padre e legittimo amministratore
di Cristoforo, Bartolomeo e Giacomo figli di esso Domenico e figli eredi
della fu Susanna loro madre, già moglie del fu Domenico [...] ».
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3 - Un possibile equivoco interpretativo
Ciò premesso, il menzionato Sandro Graviani ha
attirato la nostra attenzione sull'atto V, dove vengono nominati insieme,
sebbene in un brano poi cancellato dal notaio che lo stava redigendo, i due
giovani Cristoforo e Giovanni Pellegrino, dichiarati figli di Domenico e
di Susanna. Il secondo sarebbe quindi un fratello (più giovane) di
Colombo, in una sequenza dei figli della coppia che, secondo la storiografia
purista, risulterebbe la seguente:
Cristoforo (nato intorno al 1451)
Giovanni Pellegrino (nato intorno al ?)
Bartolomeo (nato intorno al 1460)
Bianchinetta (nata intorno al 1464)
Giacomo (nato intorno al 1467).
Avendo notato che Giovanni risulta il nome del padre di Domenico,
e che Giacomo è invece quello del padre di Susanna, abbiamo in passato
avanzato l'ipotesi che Giovanni potesse essere un figlio del solo Domenico
nato da un altro legame, e che Cristoforo e Bartolomeo potessero essere invece
entrambi figli della sola Susanna, nati ancora da un altro legame. Insomma,
che dal matrimonio tra i due, avvenuto intorno al 1470 e non al 1450, fossero
nati solamente Giacomo e Bianchinetta. Tale analisi trascura, ritenendolo
irrilevante, quello che appare essere un secondo nome di Giovanni, e cioè
il "Pellegrino" che appare nell'atto, l'unico peraltro conosciuto, per quanto
ne sappiamo, dove si nomina codesto personaggio. A parte ciò, ci
viene chiesto, non è che la quasi totalità dei commentatori
è caduta in un banale equivoco interpretativo, non rendendosi conto
che Pellegrino potrebbe non essere affatto un secondo nome, bensì
un vero e proprio cognome?
Basterà citare come esempio per tutti il grande medievalista
Jacques Heers, che nel suo Cristoforo Colombo (trad. it., Rusconi,
Milano, 1983, p. 26) osserva che Domenico Colombo dette a tutti i suoi figli
nomi "perfettamente e inequivocabilmente cristiani: Cristoforo, Bartolomeo,
Giacomo e Giovanni Pellegrino".
Inoltre, che l'espressione "Cristoforo e Giovanni Pellegrino"
avrebbe dovuto essere più propriamente scritta dal notaio come "Cristoforo
Pellegrino e Giovanni Pellegrino"? Non recando il cognome Colombo, si sarebbe
trattato dunque di due figli della sola Susanna, peraltro perfettamente legittimati,
provenienti da un padre che si chiamava Pellegrino!
Il Graviani aggiunge poi di essersi sempre chiesto perché
il ramo dei Pallastrelli che emigrò in Portogallo, modificando in
seguito il nome della famiglia in Perestrello, abbia variato pure lo stemma
della famiglia, che era un "leone rampante di nero accompagnato da 6 fiamme
di rosso poste in orlo su oro" (l'immagine che segue è purtroppo in
semplice bianco e nero):
(
http://www.leonemarinato.it/famiglie.php?c=P&pg=2)
Ecco per un confronto lo stemma bipartito dei Perestrello,
dove su una metà appare ancora un leone rampante, perņ di colore viola, e scompaiono
le fiamme, sostituite da rose che non contornano il leone, ma sono presenti
solamente nell'altra metà dello scudo:
Le sei rose contornano invece un elemento araldico che appare
del tutto nuovo, tre stelle di otto raggi d'oro in fascia, identiche a quelle
che sono visibili nello stemma della famiglia dei Pellegrino, o Pellegrini:
(http://www.tipestory.it/armastemma.php
)
Insomma, Graviani segnala una curiosa coincidenza, e rafforza una
possibile connessione tra le due famiglie dei Pallastrelli e dei Pellegrino
con il notare che i Pellegrino avevano qualche legame con l'abbazia di Bobbio,
e che questa "nel Medioevo aveva possedimenti che attraverso le valli appenniniche
arrivavano sino a Genova. Purtroppo buona parte dell'archivio dell'abbazia
(fondata da S. Colombano patrono d'Irlanda) è stato distrutto da Napoleone.
La chiesa di Santo Stefano, ove i puristi ritengono sia stato battezzato
Colombo, fu di pertinenza dei monaci dell'abbazia di Bobbio dal 972 al 1431".
L'ipotesi di un Cristoforo Colombo che sarebbe in realtà un Cristoforo
Pellegrino, viene ampiamente illustrata nel lavoro di Maurizio Tagliattini
intitolato:
"Studio
critico sull'origine di Cristoforo Colombo".
(Si tratta del capitolo X del libro The Discovery of North America
, 1991
http://www.columbusnavigation.com/tag/index.htm )
Estraiamo dallo studio menzionato alcuni dei brani più
rilevanti per la presente discussione.
"Io presenterò, ora, il mio contributo critico allo
studio sull'origine di Cristoforo Colombo. Nella mia interpretazione, un
documento vecchio di 525 anni (probabilmente pubblicato per la prima volta
da Giambattista Belloro nel suo lavoro del 1839) offre l'avvincente prova
che lo scopritore era, infatti, nato illegittimo ed abbandonato dal suo vero
padre, un padre che molto probabilmente mai egli conobbe, sebbene portasse
il suo nome di famiglia. [...] Al contrario di precedenti interpretazioni,
i due figli sono, come l'atto notarile chiaramente mostra 'Cristoforo Pellegrino
e Giovanni Pellegrino' non 'Cristoforo e Giovanni Pellegrino Colombo', figli
di Domenico. Segue, allora, che i due sopraddetti figli devono essere identificati
solamente come figli di Susanna Fontanarossa, sebbene la madre fosse, al
tempo di questo atto notarile, sposata a Domenico Colombo. Qui si deve assumere,
allora, che Susanna dopo aver dato alla luce Cristoforo e Giovanni (procreati
da un uomo il cognome del quale era Pellegrino) più tardi incontrò
Domenico Colombo e probabilmente (come scrive Casoni) visse con lui per
un certo periodo di tempo. Eventualmente Susanna sposò Domenico Colombo
e con il tempo la loro unione produsse ancora due figli ed una figlia, cioè,
Bartolomeo, Giacomo e Bianchettina, che diventarono i fratellastri e la
sorellastra di Cristoforo. Si può anche assumere che Cristoforo venisse
generalmente conosciuto come il figlio di Domenico Colombo. Come, infatti,
i due testimoni sono pronti a testimoniare 'per quanto ne sapessero' di
fronte al notaio. Perché il notaio depennò i nomi di Cristoforo
e Giovanni Pellegrino? Io ragiono che fu perché Domenico Colombo
non li aveva adottati legalmente. Il notaio, infatti, ha lasciato intatto
il nome della madre, ma ha significatamene depennato le parole che stabiliscono
Domenico Colombo come padre dei due fratelli Pellegrino".
Lasciando al lettore l'onere di esaminare appieno l'argomentazione
del Tagliattini, e di decidere se il possibile equivoco interpretativo segnalato
sia davvero tale oppure no, potremmo ritenere concluso il presente aggiornamento
e approfondimento, ci sia lecito però esprimere a mo' di congedo alcune
riflessioni e riserve personali.
Notiamo prima di tutto che, almeno nella prima parte del brano
sopra riportato, il Tagliattini appare cogliere quello che è secondo
noi un punto essenziale per comprendere i tanti misteri che il grande navigatore
fece sempre intorno alle circostanze della propria nascita, e cioè
il fatto che essa fosse appunto illegittima, circostanza che si può
supporre legalmente sanata solo dopo il matrimonio della madre con il lanaiolo
Domenico (secondo Taviani, invece, i detti misteri si spiegano con le manie
di grandezza di Cristoforo e del figlio Fernando, che non volevano ammettere
un'origine modesta). Però, mentre la nostra ipotesi di illegittimità
trova supporto in qualche altra argomentazione, non si vede come possa bastare
per quella avanzata da Tagliattini la sola questione del Cristoforo Pellegrino.
In fondo, il cognome del padre Cristoforo lo avrebbe recato, e quindi non
sarebbe stato proprio assolutamente "abbandonato", né si comprende
poi quale base documentaria possano avere le altre analoghe osservazioni,
dal momento che, per quanto ne sappiamo, nulla si conosce per certo della
vita di Susanna da Fontanarossa fino al 1471, anno in cui appare per la prima
volta nell'atto III. Inoltre, se Colombo avesse portato il cognome di qualche
ramo nobile della famiglia dei Pellegrino, i menzionati "misteri" non sarebbero
stati necessari (e con ciò si risponde in particolare alla "coincidenza"
sopra menzionata relativa agli stemmi dianzi riportati).
Ciò premesso, risulta alquanto singolare la circostanza
che unicamente nell'atto V sorgano di questi problemi in ordine al cognome
di Cristoforo, mentre negli atti precedenti (I, II, e IV), egli era sempre
regolarmente nominato in maniera "corretta", quale figlio di Domenico Colombo
- in particolare nel II, dove si attesta: «Christofforus de Columbo,
filius Dominici». Vero è, come sottolinea il Tagliattini, che
i testimoni riferiscono al notaio quanto è di loro conoscenza, e che
Cristoforo poteva passare generalmente per figlio di Domenico, rimane comunque
la perplessità segnalata.
Quanto precede si ricollega manifestamente alle ragioni dell'espunzione
di tutto ciò che riguarda Cristoforo e Giovanni dal documento in parola.
Secondo l'opinione pressoché unanime dei commentatori, si tratta semplicemente
della circostanza secondo la quale il notaio, dopo aver nominato i due fratelli,
si accorge che essi non hanno l'età prescritta di 25 anni (si veda
quanto se ne dice in sede di commento all'atto II):
"Il notaio, dopo avere citato Cristoforo e Giovanni Pellegrino
per autorizzare la loro madre alla vendita di un bene soggetto al vincolo
della ipoteca dotale, depennò i loro nomi, avvedendosi che nessuno
dei due figli aveva raggiunto la maggiore età di venticinque anni,
limite della dipendenza dalla patria potestà" (NARC, p. 175).
Secondo il Tagliattini, invece, si sarebbe trattato del caso che
il notaio Pietro Corsaro si sarebbe accorto successivamente che essi non
erano figli legalmente riconosciuti di Domenico (Corsaro sarebbe stato peraltro
l'unico ad avvedersene, ribadiamo), e quindi avrebbe depennato non tanto
il riferimento alla presenza dei due giovani, quanto ogni attestazione che
avesse a che fare con la paternità di Domenico! Nella trascrizione
dell'atto che abbiamo riportato da PET, non risulta in effetti l'intero brano
espunto, che è il seguente:
ac Christoforus et Iohannes Pelegrinus filii dictorum Dominici
et Sozane iugalium et cum auctoritate et consensu dictorum parentum suorum
presentium (mentre è completa la seconda espunzione segnalata,
cioè: et patrem ipsorum Christofori et Iohannis Pellegrini,
si veda l'atto originale nella scansione VI).
Tagliattini sottolinea poi la rilevanza dell'espunzione del termine
presentium, "infatti i genitori non erano presenti, solamente la madre
Susanna era presente!", proprio perché, secondo la sua opinione, non
era presente il vero padre di Cristoforo e Giovanni Pellegrino, mah.
Possiamo dire che certamente il notaio Corsaro era ben lontano "dall'immaginarsi
che le sue parole dopo parecchi secoli si sarebbero poste al lambicco"! (citiamo
qui una divertente osservazione dell'Abate Angelo Sanguineti, sebbene riferita
ad altro documento: Vita di Cristoforo Colombo, Seconda edizione corretta
ed accresciuta secondo le più recenti scoperte con appendice sulla
patria dell'eroe, Genova, Reale Tipografia de' Sordo-Muti, Genova, 1891).
Terminiamo con l'obiezione che ci sembra maggiormente significativa.
Nell'atto III si menziona la vendita effettuata ai due Caprile, e viene scritto
chiaramente: «Iulliano de Caprili et Stampino de Caprili»,
non «Iulliano et Stampino de Caprili», ma bisognerebbe in
effetti conoscere meglio quali erano le usanze legali del tempo, e poi il
notaio potrebbe comunque essersene (casualmente) discostato in quella particolare
occasione...
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