Fra qualche mese, in un giorno di maggio del 1966, la Palermo dei
Vespri e di Ponte Ammiraglio ospiterà fisici nucleari di
tutta Europa e di tutto il mondo per ricordare e onorare, nel sessantesimo
anniversario della nascita, il siciliano Ettore Majorana. Quel giorno
rivivranno fra le pietre vecchie e nuove della capitale dell'Isola
gli spiriti immortali di Archimede e di Empedocle per assistere all'omaggio
tributato al loro grande postero; e forse – è un dettaglio
che i promotori della manifestazione ed i parlamentari del Consiglio
di Presidenza dell'Assemblea vorranno sicuramente realizzare –
forse sotto le volte del Palazzo dei Normanni, nella sala che ospitò
il primo Parlamento libero del mondo intero, scienziati di tutto
il mondo e rappresentanti del popolo siciliano siederanno in unica
assemblea per commemorare il genio dello scienziato Majorana.
Qualcuno, a questo punto, potrà anche chiedersi:
chi è Ettore Majorana? Che cosa è stato?
–
Era un prodigio in matematica ed un portento
per la profondità e la forza del pensiero – ha scritto
di lui la moglie di Enrico Fermi.
–
Era il più grande di tutti. Non
oso dire dove sarebbe arrivato se fosse vissuto – ha detto il
professor Antonio Carrelli, vice presidente dell'EURATOM.
–
È il primo fisico d'Europa – lo definì
il professor Orso Maria Corbino: a quel tempo Ettore Majorana aveva
da poco compiuto ventiquattro anni. Quando scomparve ne aveva
trentadue. Si trovano nei raggi cosmici, quando raggiungono la superficie
terrestre, delle particelle – i mesoni mu –
la cui vita sul globo non è che di un milionesimo di secondo:
al termine del milionesimo di secondo, questi effimeri si distruggono
da sé. Nell'universo del pensiero umano, Ettore Majorana è
guizzato come un mesone mu, come una di quelle particelle elementari
infinitamente piccole di cui egli aveva intrapreso lo studio e il calcolo
intorno agli anni trenta.
'
Studiava ingegneria, frequentava l'ultimo anno del Politecnico
a Roma, quando cominciò ad interessarsi di fisica dopo aver
conosciuto Enrico Fermi. Era destino che Fermi e Majorana si incontrassero.
"Fu un incontro memorabile – racconta oggi, a quasi
quaranta anni di distanza, l'ingegnere Luciano Majorana, fratello
di Ettore – Emilio Segré
[ sic , ora e nel seguito] , che dal Politecnico era
passato alla Facoltà di fisica, fece di tutto per trascinare
in Fisica anche Ettore. Un giorno gli disse: –
Vieni, ti faccio conoscere Enrico Fermi. Ti entusiasmerà.
– L'indomani andarono. Fermi studiò a lungo e in silenzio
Ettore, più giovane di lui di qualche anno, gli parlò delle
più recenti teorie della fisica, e gli mostrò una
complicata tabella di valori calcolata dallo stesso Fermi durante un ciclo
di studi e di sperimentazione. L'indomani Majorana tornò da Fermi,
all'Istituto di via Panisperna a Roma. L'indomani – ripete
e sottolinea il fratello – e non un mese o una settimana dopo.
Gli chiese di vedere ancora la tabella dei valori, la confrontò
con un foglietto di quaderno zeppo di cifre e di segni che aveva portato
con sé, poi disse: - Li ha calcolati esatti, sa…”.
Questo fu l'incontro fra Fermi e Majorana e segnò
l'inizio della collaborazione del giovane matematico siciliano alle
affascinanti ricerche che con povertà di mezzi pari alla ricchezza
di ingegno e di entusiasmo conducevano nella scuola di fisica di via
Panisperna, concepita e realizzata dal professor Corbino, quel
gruppo di giovanissimi noti allora sotto il nome di "I ragazzi
di Corbino". Con gli anni, quei "ragazzi" si sono rivelati formidabili
pensatori e ricercatori: hanno tenuto a battesimo le prime utilizzazioni
dell'energia nucleare; hanno rastrellato Premi Nobel. Si chiamavano Fermi,
D'Agostino, Segré, Amaldi, Pontecorvo. Fra di loro giganteggiava
Ettore Majorana. Al fratello che un giorno gli chiese perché mai
pubblicasse i suoi lavori a Lipsia, in tedesco, Majorana rispose: "Non
importa la lingua, tanto siamo in quattro al mondo che possiamo capirli"
. Gli altri tre erano Bohr, Dirac ed uno studioso americano di cui l'ingegnere
Luciano non ricorda il nome.
Emilio Segré (nella foto a destra). Premio Nobel per la
scoperta dell'antiprotone, insegnò fisica all'Università
di Palermo tra il 1936 e il 1938, anno in cui espatriò in America
per sottrarsi alle persecuzioni razziali. Fu Segré a presentare
Majorana ad Enrico Fermi: fu un incontro memorabile, per il futuro della
fisica nucleare. Segré è tornato a Palermo dopo la assegnazione
del "Nobel", ed in quella occasione l'Ateneo palermitano gli ha tributato
un solenne riconoscimento. Emilio Segré vive stabilmente in
California.
All'età di trentadue anni questo autentico genio che attraverso
il calcolo matematico puro era riuscito a gettare uno sguardo, o forse
molto di più che uno sguardo sui misteri inviolati dell'universo,
del cosmo e della materia che lo compone, scomparve in circostanze che
ancor oggi, dopo ventisette anni, suscitano emozione.
Niente di lui è stato più trovato. Tutte le ipotesi
formulate all’epoca della scomparsa sono ancor oggi drammaticamente
valide. Ucciso? Suicida? Esule volontario? Rapito? Smemorato? Attratto
dalla intima quiete di una certosa?
"Noi non facciamo alcuna ipotesi – dice Luciano Majorana.
Noi significa lui stesso, suo fratello Salvatore, la sorella
Maria e la mamma, ci precisa – Anzi, non scartiamo nessuna
ipotesi. Ettore sbarcò a Napoli, questo fatto è
accertato. Dopo l'istante in cui Ettore posò i piedi sulla
banchina del porto di Napoli, tutto è stato possibile"
.
Le ultime ore di Ettore Majorana sono state accuratamente ricostruite,
nei limiti del possibile, dai fratelli, dai cugini, dalla Questura
di Napoli, dalla Capitaneria di Porto, dal Servizio Segreto. Nel 1937
Majorana era stato nominato, per chiara fama, ordinario
di Fisica teorica all'Università di Napoli. Svolse alcune
lezioni – una dozzina o poco più – poi improvvisamente,
il 25 marzo, si imbarcò sul postale diretto a Palermo.
Chi vide, chi incontrò a Palermo? Non lo si è mai saputo.
Scese all'albergo Sole, e su carta intestata dell'Albergo scrisse al professor
Carrelli una drammatica lettera, l'ultimo messaggio di chi si apprestava
ad abbandonare la vita. "Caro Antonio, ho deciso di togliermi la vita.
L'ho deciso perché non sento una autentica necessità
di stare al mondo e credo che il mondo farà benissimo a meno di
me. Sono molto stanco. Tu che mi conosci, puoi comprendere che la mia
delusione non è quella di una ragazza ibseniana, il problema è
molto più arduo e profondo. Voglio ringraziarti per la cura che
ti sei presa di me e per l'affetto sincero che mi hai dimostrato. Ti chiedo
scusa per l'inevitabile disturbo che il mio gesto ti arrecherà. Addio"
.
Imbucò la lettera al mattino, la sera ebbe un ripensamento
e telegrafò allo stesso professor Carrelli: "Annulla
notizia che ti ho dato. Scriverò ancora. Ettore".
[Qui, ed in alcuni altri punti nel seguito, la
ricostruzione offerta da De Mauro non è del tutto esatta,
circostanza del resto comprensibile, perché allora sul caso,
prima dell'opera di Erasmo Recami, si andava per sentito dire.]
Invece non scrisse più. Partì col postale
diretto a Napoli. A bordo si incontrò con il noto matematico
palermitano professor Vittorio Strazzeri, col quale scambiò
qualche frase. L'indomani mattina Ettore Majorana – come accertò
in seguito la polizia – fu scorto da due camerieri di bordo in
procinto di sbarcare. Non aveva bagaglio, ad eccezione di una piccola
borsa da viaggio. I due camerieri lo notarono per questo particolare:
"Con quel passeggero c'è poco da fare" osservarono,
alludendo al minuscolo bagaglio.
Intanto il professor Carrelli, che aveva ricevuto il telegramma
per lui incomprensibile e poi la lettera, informò il fratello
di Ettore. Luciano Majorana e Carrelli si precipitarono a Napoli, all'albergo
Bologna dove Ettore abitava, nei pressi dell'Università. La
camera era in ordine come egli l'aveva lasciata tre giorni prima: le
valige erano chiuse e ordinate sul tavolo e sulla valigia più
in alto una lettera con un laconico indirizzo: "Per la mia famiglia".
Conteneva lo stesso proposito suicida espresso al professore ma –
afferma un cugino di Ettore, l'avvocato Salvatore Majorana, notissimo
professionista catanese – con una motivazione più amara
e più drammatica: "Io non voglio far male a nessuno, e perciò
in ogni caso non riprenderò l'insegnamento" .
In ogni caso: il suicidio non doveva dunque sembrargli
irrevocabile; forse nella sua amarezza Ettore intravedeva la possibilità
di una alternativa?
Le ricerche condotte a Napoli furono minuziosissime. I fondali
del porto e poi quelli del golfo furono esplorati dai palombari palmo
a palmo finché, dopo quindici giorni, fu ritrovato negli uffici
della Tirrenia il tagliando-figlia del biglietto che Majorana aveva
consegnato allo stewart [sic]
scendendo dalla passerella. Non ci furono allora più dubbi:
Majorana era sbarcato a Napoli.
Enrico Fermi, Accademico d'Italia, interessò direttamente
Mussolini, sollecitando con una lettera "le più febbrili ricerche
dello scomparso". Fermi affermava nella lettera al capo del governo
che "non esisteva studioso che avesse maggiore lucidità di Majorana
nella ricostruzione dei processi della fisica teorica" e che ritrovarlo
era "di supremo interesse per la scienza e per la patria".
Sul dossier relativo al "caso Majorana" Mussolini scrisse di suo
pugno a matita rossa col suo solito piglio dittatoriale: "Voglio
che si trovi". Ma Majorana non fu trovato. Il Questore di Napoli,
nel mostrare il dossier con l'annotazione di Mussolini a Luciano, ha
espressa la certezza che lo scomparso fosse vivo. "Un vivo non si
trova, un morto si trova" , disse testualmente. Anche il Comandante
del porto aveva detto: " Se si fosse gettato in mare, il mare lo avrebbe
restituito cadavere" .
Le sorelle e la mamma di Ettore rivolsero una supplica a
Pio XII, da poco eletto Papa, perché disponesse che le
ricerche fossero svolte anche nelle case religiose di clausura.
Se furono svolte, non dettero alcun esito.
Il cugino avv. Majorana esclude che la scomparsa sia comunque
collegata ad una crisi mistica: "La sua fu una crisi cerebrale,
morale, con riflessi emotivi – ha confidato –.
Perciò lo cercai ovunque, fuorché nei conventi.
Lo cercai a Taormina, dove era stata segnalata l'esistenza di
un cadavere di ignoto. Lo cercai anche sul Vesuvio: ritenevo, e ritengo
tuttora, che a somiglianza di Empedocle, Ettore abbia cercato l'oblio
nel cratere del vulcano..." .
Ettore Majorana all'età di 24 anni. La foto, ricavata da
una vecchia tessera, è una delle due uniche fotografie che
i familiari conservano dello scomparso. Una terza foto lo ritrae in
gruppo con alcuni dei fisici che nel periodo a cavallo fra le due
guerre animarono la celebre scuola di fisica dell'Università
di Roma da cui uscirono i Premi Nobel Fermi e Segrè e fisici
di fama mondiale come Pontecorvo, Rasetti, Amaldi.
Maria Majorana, una donna non più giovanissima, piacente,
serena, scuote il capo alla mia domanda se spera che suo fratello
sia tuttora vivo: "Il realismo mi induce a rispondere no, Ettore
non è vivo. Ma il realismo non distrugge la speranza"
, aggiunge, e gli occhi le si velano di pianto, subito cancellato
da un sorriso triste e dolcissimo.
Poche settimane prima il direttore di "Epoca", rivolgendosi
ad un altro fratello di Majorana – Salvatore –
scriveva: "So che è difficile parlare di certe
cose ai familiari, violando la loro antica e intima pena. Voglio però
dirle che il racconto della lettrice per un momento mi ha affascinato,
suggerendo l'idea che una grandissima mente sia ancora fra noi –
in qualche parte del mondo – e continui
a volgere in sé pensieri smisurati e altissimi, oscuri per
quasi tutti noi ma pure diretti a noi... Mi ha illuminato un filo di
speranza che il destino non ci avesse derubati di un genio”
.
La lettrice, una signora di Pistoia che afferma di avere conosciuto
Ettore Majorana, esprimeva la certezza che egli sia tuttora in vita.
[Ma niente affatto, si veda quanto se ne dice nella
nostra (duplice) scheda dedicata all'argomento.]
Il mistero di Ettore Majorana, uno dei più sconcertanti
e appassionanti misteri di questo secolo, riaffiora dopo ventisette
anni per due diversi eventi, in apparenza lontanissimi tra loro ma in
realtà convergenti. Il ventesimo anniversario della bomba atomica,
che rappresentò la primitiva utilizzazione umana delle inesauribili
riserve racchiuse nell'atomo di materia, ripropone il tema affascinante
e attuale, benché retrospettivo, della incidenza che il pensiero
di Ettore Majorana ebbe nelle teorie di Bohr, di Heisenberg e successivamente
negli esperimenti di Enrico Fermi che portarono alla scissione dell'atomo.
L'altro evento è stato la scoperta degli appunti delle
lezioni che Majorana svolse all'Ateneo di Napoli tra l'autunno del
1937 e la primavera del 1938. Il grande fisico Bernardini ebbe a dire
un anno fa, a Erice, durante il simposio internazionale di fisica nucleare
che "quelle lezioni del 1938 potrebbero essere svolte ancora
oggi. Sono attualissime. La fisica ufficiale se ne è accorta
soltanto dieci anni fa, nel 1955" . Da un paio di anni gli appunti
di Majorana, contenuti in due quaderni malandati, scoloriti,
ingialliti, fitti di simboli, formule ed equazioni oscure e incomprensibili,
sono in possesso del prof. Edoardo Amaldi, il più grande amico
che Ettore Majorana ebbe nella sua breve ma intensa esperienza romana.
[La questione della "grande" amicizia tra Amaldi
e Majorana merita una nota, a riprova che l'intera ricostruzione del caso
è stata spesso di circostanza, lontana dalla realtà, pure quella
offerta da De Mauro non fa purtroppo eccezione - altro che "inchiesta". Un
corrispondente, notevole studioso di EM, ci ha scritto: "Amaldi è uno
di coloro che non rientravano affatto nel novero degli amici stretti e dei
confidenti di Ettore: non c'è una sola riga di Majorana né per
Fermi né per Amaldi". Quanto
a Segrè, invece, è manifesta la sua antipatia nei confronti
di EM anche a decenni di distanza dalla scomparsa, circostanza sulla quale
abbiamo sovente argomentato. Il medesimo attento corrispondente aggiunge
oggi il seguente poco noto significativo particolare: "Quando nel 1935 Segrè
sposò Elfriede - ovviamente con rito ebraico - al ricevimento di nozze
che fu dato presso l'Hotel de Russie
di Roma, Ettore non figurava tra gli invitati".
] Su quegli appunti Amaldi sta tentando di ricostruire
la parte meno nota ma anche la più valida del pensiero di Majorana:
sta interrogando un fantasma per tradurne agli uomini di oggi
il messaggio postumo. Forse, attraverso l’appassionata fatica del prof.
Amaldi, uno dei "ragazzi di Corbino" di 40 anni fa, l'umanità
potrà avvicinarsi alla soluzione del mistero. Potremo
allora sapere che cosa vide nel futuro la mente trascendentale di Ettore
Majorana. Nella attesa di quel giorno, ci è sembrato utile cercare
di conoscere il più fedelmente possibile chi era Ettore
Majorana, questo grande catanese verso cui la scienza ufficiale
non sempre s'è dimostrata finora giusta e grata.
MAURO DE MAURO
(continua)
[La storia del ritrovamento delle lezioni di
EM è attentamente delineata, tra l'altro, in: Antonino Drago e Salvatore
Esposito, "Ettore Majorana's
Course On Theoretical Physics: A Recent Discovery", Physics in Perspective
, 9, pp. 329-345, Birkhäuser Verlag, Basel, 2007.
Quanto a date, vi si parla specificamente
di una lettera di Gilberto Bernardini ad Edoardo Amaldi del 2 febbraio 1964,
come dire che l'attenzione verso tali lezioni non è precedente
alla decisione di Zichichi di intitolare il Centro di Erice al fisico catanese
scomparso.]
- - - - -
II PARTE
Mercoledì 6 - Giovedì 7 Ottobre 1965
La sconvolgente avventura di Ettore Maiorana
[sic]
I "RAGAZZI DI CORBINO"
Alla scuola del grande fisico siciliano 5 giovani scienziati intravidero
l'era atomica
– Si chiamavano: Fermi, Amaldi, Rasetti, Segrè,
Maiorana [sic
].
Complicate formule su un pacchetto di sigarette
Nella vecchia casa dello studioso catanese
Ettore Majorana nacque a Catania il 6 agosto 1906, in una vecchia
casa di via Etnea dove il tempo sembra essersi fermato. Al secondo piano
spicca ancor oggi su una grossa targa di ottone ovale, in un corsivo
inglese incredibilmente ricco di ghirigori e di svolazzi, il nome del padron
di casa: Ing. Fabio Majorana. Era il papà di Ettore, ingegnere dell'Ispettorato
Regio dei Telefoni costituitosi nell'altro dopoguerra.
Fabio Majorana era il quinto figlio, l'ultimo, di quel Salvatore
Majorana che fu Ministro dell'Agricoltura Industria e Commercio nei
due Gabinetti De Pretis sul finire dello scorso secolo. Con lui e con
i suoi cinque figli i Majorana impressero una duratura impronta
alla città di Catania. Giuseppe, deputato di tre legislature, fu
docente di Economia e Finanza e Rettore Magnifico della Università
etnea; Angelo fu tre volte Ministro, docente di Diritto Costituzionale
e di Sociologia, e Rettore Magnifico; Quirino fu un fisico illustre, anche
se negli ultimi anni della sua vita si diede ad inseguire chimerici studi
sulla anti-gravità; Dante fu deputato e Rettore Magnifico; e infine
Fabio, ingegnere e fisico, fu il padre di Ettore venuto al mondo con un
impegnativo bagaglio di tradizioni familiari umanistiche e scientifiche.
Fin dall'infanzia il futuro innovatore delle recenti teorie
quantistiche dimostrò spiccatissima capacità matematica
e profondo interesse per le scienze fisiche ed astronomiche, interesse
che suo padre coltivava ed alimentava. Aveva solo otto anni quando, nel
regalare a suo cugino Salvatore, studente di liceo, un volumetto edito
da Vallardi – "I cieli" gli spiegò dettagliatamente
la teoria del filosofo positivista Roberto Ardigò sulla
formazione naturale del sistema solare.
Dopo aver frequentato le elementari a Catania compì
tutti gli studi a Roma, nel collegio dei gesuiti Istituto Massimo alle
Terme. Intorno al 1920 tutta la famiglia si trasferì a Roma,
nell'appartamento di Viale Regina Margherita dove tuttora abitano Maria
e Salvatore Majorana, con la mamma. Hanno conservato a Catania la casa
di via Etnea, dove Ettore era solito recarsi molto spesso. A Catania
non aveva molti amici, ma ai pochi che aveva era molto attaccato: uno
di costoro era il giovane Parroco Ricceri, attuale Vescovo di Trapani.
L'immagine che finora è stata descritta di un Ettore
Majorana chiuso in sé, scontroso, addirittura misogino, non trova
riscontro nella realtà. Il fratello e la sorella, il cugino sono
concordi nel respingerla con fermezza. Era riservato, questo sì,
ma era dolce, gentile, alieno da scatti impulsivi, affettuosissimo verso
familiari e parenti.
"Il suo era un temperamento incline all'ironia –
racconta il cugino – solo che Ettore non ha mai trovato
facile la conversazione con altri perché le cose che lo interessavano
erano diverse da quelle di cui solitamente si chiacchiera. Perciò
taceva. Con suo padre invece si apriva a lunghi dialoghi, quasi a un colloquio
costante, intimo, intorno ai problemi della fisica e, più avanti
negli anni, intorno alla condizione umana della sua missione scientifica"
.
L'avvocato Salvatore Majorana fa una pausa, aggrotta la fronte
nello sforzo di raccogliere ricordi quanto più possibile. Nello
studio ampio e polveroso del palazzotto signorile di via Androne i libri,
le carte, i quadri alle pareti raccontano parte della storia di questa
famiglia. Dietro il tavolo da lavoro una vecchia oleografia rappresenta
il Parlamento italiano in occasione della visita di Garibaldi. Il Ministro
Salvatore Majorana è il secondo da sinistra, al banco del Governo.
La seconda delle due uniche foto rimaste di Ettore Majorana, il grande
fisico cataese scomparso a soli trentun anni in circostanze tuttora
avvolte dal mistero. Il volto è dominato dagli occhi nerissimi,
profondi, inquietanti. Rispondendo a una domanda, Maria Mjorana, sorella
dello scomparso, ha detto: "No, Ettore non era bello, ma era interessantissimo,
era affascinante...".
"Talvolta – dice ancora il cugino – Ettore ebbe occasione
di discutere, in polemica, con lo zio Quirino. La fisica e gli studi
che egli conduceva erano l'argomento preferito della sua conversazione.
L'ultima volta che gli parlai, a lungo, fu una sera di dicembre del 1937,
a Roma. Mi parlò di fisica, di sperimentazione. Non mi sembrò
molto soddisfatto, però nulla quella sera, per quanto io mi sforzi
di ricordare, faceva presagire che da lì a tre mesi sarebbe scomparso…".
NON ERA soddisfatto: lo ha detto anche suo fratello, l'ingegner
Luciano Majorana, che ho incontrato al di là dell'uscio con la
targa ovale di ottone, in una stanza di quaranta anni fa in cui la sola
nota stridente è il telefono da tavolo sulla scrivania. C’è
in un angolo un vecchio pianoforte con paralumi di stoffa, un divano
e due poltroncine sbiadite, la consolle, una pregevole riproduzione di
Dufy, l'istantanea di un matrimonio di antica data e un allegro disordine
di scartoffie sulla scrivania. In quella stanza ha vissuto, ha respirato,
ha lavorato Ettore Majorana quando veniva a Catania saltuariamente, e
quando vi soggiornò più a lungo durante l'istruttoria
a carico di suo zio Dante, colpito da un'accusa assurda e sballata formulata
da un procuratore del re megalomane.
Quando è entrato Luciano la stanza si è riempita
da un istante all'altro di fumo di pipa e di un ghiotto profumo di tabacco.
L'avvio non è stato facile. "Desidera?", ha chiesto in
tono cortese e convenzionale. Ciò che desideravo era di
sapere come era fatto suo fratello dentro, che cosa pensava, che
cosa lo rodeva. Sulle prime ghiaccio, diffidenza, forse gelosia?
Anche Emilio Segrè, che il nostro John Cappelli ha interpellato
a Chicago, ha detto seccamente: tutto ciò che so su Ettore Majorana
l'ho mandato al professor Amaldi, che sta scrivendo un libro. Da principio
Luciano Majorana era sulla stessa posizione, poi, per gradi, si è
sgelato, ha cominciato a parlare: "Ettore era un umorista. Scherzava
molto, a modo suo. Per esempio imitava il vecchio dialetto siciliano, impersonava
tipi paesani ormai scomparsi, e ci si divertiva un mondo. Misogino? Scontroso?
Ma quando mai! Si appartava per pensare, per studiare. Preferiva lavorare
di notte, di giorno riposava e non voleva veder nessuno. Anche i noiosi
disturbi gastrici di cui soffriva lo inducevano ad appartarsi. E poi lo
infastidivano il facile ossequio della gente, l'untuoso servilismo di coloro
che gli si chinavano dopo i riconoscimenti ufficiali che gli erano venuti”
.
Parlando, Luciano Majorana assapora voluttuosamente la pipa.
Forse ignora di essere un personaggio favoloso, ignora di esser vestito
da raffinato play-boy, e saetta a destra e a manca lo sguardo delle pupille
scure, mobilissime sotto due cespugli di sopracciglia incredibilmente
folti.
Al Congresso di Fisica della Fondazione Volta,
nel 1931, parteciparono scienziati di tutto il mondo. Al centro, accanto
a Jean Perrin (con la barba bianca), è Orso Maria Corbino; e un piano
più sopra Enrico Fermi. In primo piano sono riconoscibili, da sinistra:
Marie Curie, Guglielmo Marconi, Niels Bohr.
"Aveva un anno meno di me – racconta –
però al ginnasio superiore saltò un anno e
così ci ritrovammo insieme alla scuola di ingegneria. Studiava
ingegneria, come noi, Emilio Segré, poi Segrè
[doppio sic] passò all'Istituto
di fisica e riuscì, dopo qualche tempo, a tirarsi dietro Ettore”.
Una recente foto del professor Edoardo Amaldi (in primo piano), Direttore
dell'Istituto di Fisica dell'Università di Roma. Sotto la sua
direzione si è svolto il lavoro che ha portato alla scoperta dell'"anti
sigma più". Edoardo Amaldi fece parte, con Rasetti, D'Agostino,
Segrè, Pontecorvo e Majorana del gruppo dei "ragazzi di Corbino"
che tra il 1924 [sic]
e il 1935 si raccolsero intorno a Enrico Fermi, alla scuola di fisica
dell'Università di Roma. Amaldi fu, tra tutti, il più vicino
a Ettore Majorana: in questi giorni attende alla ultimazione di un libro
dedicato appunto al grande fisico catanese scomparso.
LA scuola di fisica di Roma era stato il sogno e fu poi la grandiosa
realizzazione del siciliano Orso Maria Corbino. Voleva realizzare una
scuola che si imponesse alla ammirazione del mondo, che continuasse le
luminose tradizioni di Galileo e di Volta, e cominciò a costruirla
nel 1926, riuscendo a far assegnare ad Enrico Fermi, già allora
notissimo per i suoi studi quantistici, la cattedra di fisica teorica.
Il secondo acquisto di Corbino fu uno studente di ingegneria, Edoardo Amaldi,
figlio del matematico Ugo Amaldi. Fu poi la volta di Rasetti, e l'anno
successivo di un altro studente d'ingegneria, Emilio Segré. Poco dopo
Majorana ne seguì l'esempio, e il sogno di Corbino cominciò
ad avverarsi.
I "ragazzi di Corbino" si riunivano spessissimo nella stanza
di Fermi, all'Istituto di via Panisperna, e tutti nel gruppo consideravano
già da allora un genio il giovanissimo Ettore Majorana. Era un
prodigio di matematica, ha ricordato la signora Laura Fermi, se c'era
Majorana nessuno si prendeva la briga di fare i calcoli, bastava chiederli
a lui.
Ad ogni domanda Majorana aggrottava le sopracciglia –
un po' meno folte di quelle di suo fratello Luciano – muoveva rapidamente
le labbra, sollevava la testa e dava la risposta esatta, senza cavar
le mani dalle tasche dove le portava sprofondate per abitudine.
In quel periodo Majorana pensava, sempre, ovunque: in tram, per
la strada, a tavola, con la fronte aggrottata, con le sopracciglia inarcate
perennemente. Il suo cervello era un vulcano, dice ancora di lui Laura
Fermi, gli venivano in mente ogni momento nuove idee, soluzioni di problemi
prima insoluti, o spiegazioni di risultati provati, sperimentalmente, in
laboratorio: allora si fermava di colpo, si frugava in tasca alla ricerca
di un involucro di sigarette, di una scatola di cerini, di un biglietto
di tram su cui scarabocchiava formule complicate. Poi lo assaliva l'ansia
di comunicare la sua nuova teoria, la sua nuova scoperta a Fermi o a
Rasetti, e loro lo incitavano: "Bravo Ettore! Scrivila, pubblicala
questa teoria!", ma lui niente. Non gli sembrava che valesse la pena
di pubblicare il risultato dei suoi studi. Quando aveva fumato l'ultima
sigaretta o consumato l'ultimo cerino, l'involucro o la scatoletta con
i calcoli e le formule finivano nel cestino. Proprio in quegli anni nasceva
nella scuola di via Panisperna il bombardamento degli atomi con neutroni
lenti che avrebbe portato, di lì a qualche anno, allo sfruttamento
della energia nucleare.
Majorana aveva pensato e formulato la teoria di Heisenberg
sul "principio d'indeterminazione" prima che Heisenberg la pubblicasse:
ne parlò a Fermi, ma non la scrisse mai. Qualche anno più
tardi avvicinò Heisenberg in Germania, a Gottinga, e gli
espose alcune sue considerazioni che indussero Heisenberg a modificare
in parte la sua teoria; da allora alcuni testi scientifici la definirono
teoria di Heisenberg-Majorana, ma col tempo la scienza ufficiale si è
dimenticata del grande e modesto fisico siciliano. Il suo nome è caduto
dal binomio, ed è restata soltanto la teoria di Heisenberg
, quella che praticamente ha aperto alla fisica la strada su cui la fisica
ha camminato dopo gli anni trenta.
La teoria dei quanta, che stabilisce la correlazione fra
energia e materia, aveva appassionato Majorana fin da quando Fermi la
aveva affrontata alla scuola di via Panisperna, ma a differenza degli
altri Majorana non si accontentava dei dogmi, approfondiva ogni particolare,
criticava, poneva domande su domande finché l'allievo, come nel
caso Heisenberg, superò i maestri.
"ERA una mente superiore", dice il fratello Luciano, poi avverte
la banalità della definizione e tace imbarazzato. Ettore Majorana
era molto di più. Quando qualcuno non gli andava, soleva dire:
"Ma questo è soltanto un matematico!". Non un fisico.
Lui che disponeva della matematica, e del calcolo matematico, come ogni mortale
dispone della vista venendo al mondo, lui considerava la matematica soltanto
uno strumento, un'arma per aggredire e penetrare la fisica, ma certamente
non un fine.
Nel 1933 Majorana redasse per l'Accademia dei Lincei una "Teoria
del nucleo atomico" che gli valse una borsa di studio in Germania e in
Danimarca. Fu in quel periodo che si incontrò con Heisenberg a
Gottinga, e successivamente col grande Bohr a Copenaghen. Quando tornò
a Roma, Fermi lo incoraggiò a proseguire quel filone di studi, ma
intanto si era prodotto in lui un grande cambiamento. Era divenuto scontento,
infastidito, scettico. Si isolò, evitò i suoi vecchi compagni
di ricerca: l'unico con cui rimase in rapporti era Amaldi che andava spesso
a trovarlo a casa. Sua sorella Maria ricorda bene quel periodo nero,
il loro papà morì quell'anno, nel 1934, ed Ettore risentì
il luttuoso evento forse più degli altri fratelli, perché
con la morte del padre venne a mancargli il migliore, il più
sincero e affettuoso interlocutore dei suoi lunghi colloqui notturni.
Cominciò allora, e durò poi fino alla sua scomparsa,
l'assillo segreto di Majorana, la pena che lo inquietava, lo rodeva, lo
tormentava. Era intimamente insoddisfatto. "La fisica è su
una strada sbagliata. Siamo tutti su una strada sbagliata" dirà
più tardi, sul finire del '37, al professor Carrelli. Lo ripeteva
in famiglia e il fratello Luciano ricorda vivida l'amarezza che lo pervadeva:
"Non era contento della fisica, cercava qualche cosa di più semplice
e di più universale" . Ancora una volta il siciliano Ettore
Majorana aveva precorso i tempi?
Quasi venti anni dopo Einstein esprimerà analogo disagio,
eguale insoddisfazione con la celebre frase "Dio non può giocare
a dadi con l'universo".
MAURO DE MAURO
(continua)
- - - - -
III PARTE
Mart. 12 - Merc. 13 Ottobre 1965
Camminava sui sentieri della scienza con trent'anni
di anticipo
● Le teorie elaborate dal giovanissimo scienziato catanese,
tuttora valide,
sono state confermate da recenti esperimenti
● Scomparve misteriosamente la mattina del 28 marzo 1938,
senza lasciare traccia.
È vivo? È morto? La madre spera ancora
"SE MAJORANA non fosse scomparso, sarebbe diventato un secondo Einstein":
da qualche anno questa affermazione rimbalza da un rotocalco all'altro,
perché il paragone è facile, è allettante, e chiunque
pone mano alla penna per scrivere di Ettore Majorana non sa rinunciare
alla tentazione di servirsene. Ma è proprio il genere di affermazione
che manda in bestia gli studiosi, i fisici, gli scienziati. Il prof.
Zichichi la respinge con veemenza: "Non significa niente! Einstein è
stato Einstein come Majorana è stato Majorana".
Nessuno dei due, insomma, può essere usato come pietra
di paragone né come unità di misura.
"Se non fosse scomparso avrebbe continuato a fare ed a pensare
le cose meravigliose che ha fatto ed ha pensato. In fisica nucleare i lavori
di Majorana rappresentano un contributo importantissimo, ma bisogna considerare
che in fisica niente è definitivo, la fisica nucleare è un
capitolo aperto. L'apporto di Majorana? La
teoria delle forze di libero scambio, tanto per dirne una: noi le chiamiamo
forze di Majorana. La teoria da lui formulata trentatre anni fa è
tuttoggi pienamente valida. E ancora: la teoria a due componenti
dei neutrini".
Prima di Majorana, si riteneva che esistessero quattro stadi
del neutrino: uno stadio positivo ed uno negativo con rotazione verso l'alto,
ed un positivo ed un negativo con rotazione verso il basso. La teoria era
errata, e ciò creava notevoli complicazioni nella ricerca sperimentale
e teorica. Venne Majorana e dimostrò che il neutrino è neutro,
non ha carica positiva né negativa ma soltanto carica nucleare: così
che può avere solo due stati. Da allora la fisica procedette più
speditamente.
"La teoria di Majorana si è dimostrata valida alla
luce dei recentissimi esperimenti sui neutrini effettuati al CERN da Bernardini
l'anno scorso", sottolinea il professore Zichichi.
Due anni fa due fisici cinesi naturalizzati americani, i
professori Lee e Yang, hanno vinto il Premio Nobel per la fisica per una
loro teoria sulle particelle elementari che compongono l'atomo. Dopo,
ci si è accorti che le stesse teorie le aveva formulate trent'anni
prima il siciliano Ettore Majorana. "Majorana queste cose le dice trent'anni
fa! – esclama il professor Zichichi abbandonando per un attimo
la sua abituale flemma –. E questo è meraviglioso. Ha lasciato
studi importanti, fondamentali, che resteranno tali nella fisica
futura. Se fosse vissuto, sarebbe certo diventato il più grande
fisico moderno", conclude cadendo involontariamente nella ipotesi
che poco prima aveva rimproverato ai giornalisti.
Teorie ancora oggi valide
Lo stesso Bernardini aveva alcuni giorni prima espresso una analoga
convinzione in una intervista rilasciata al nostro corrispondente da Pisa,
Giuseppe Antoni. Gilberto Bernardini, nato a Firenze quattordici giorni
dopo Ettore Majorana, ebbe a ventotto anni la cattedra di fisica all'ateneo
fiorentino, diresse dal '41 al '46 l'Istituto di Fisica dell'Università
di Bologna, poi diventò ordinario di spettroscopia a Roma e direttore
del Centro di Fisica Nucleare al Consiglio nazionale delle ricerche. Ha
trascorso alcuni anni negli Stati Uniti e quando si costruì a Ginevra
il grande acceleratore del CERN tornò in Europa per dirigerlo. Oggi
dirige la Scuola Normale Superiore di Pisa. "Le teorie di Ettore Majorana
sono tuttora validissime – ha esordito l'illustre uomo di scienza
–. Data la giovane età in cui scomparve, Majorana
ha fatto poche ma bellissime cose, che sono state di fondamento nello sviluppo
della fisica nucleare. Così, improvvisamente, non saprei elencarle
tutte. Mi limiterò a dire di alcune fra le più importanti e
fondamentalmente apprezzabili. Per esempio, a proposito delle forze nucleari,
Majorana affermava che esse erano forze di libero scambio: teoria che oggi
rimane essenzialmente valida.
Un altro contributo datoci da Ettore Majorana è la formulazione
della relazione esistente fra il principio della coniugazione di carica e
l'identità dei neutrini con gli anti-neutrini. A questo principio
noi siamo giunti oggi. A Majorana è dovuto infine un lavoro arditissimo
sulle equazioni delle particelle di momento angolare intrinseco qualsiasi.
Lavoro che ancora oggi è il banco di studio dei fisici teorici"
.
Accanto a questi studi più noti esistono altri non meno fondamentali:
da poco laureato, Majorana pubblicò una monografia sulla "Reazione
pseudopolare fra atomi di idrogeno" e poco dopo un'altra sulla "Formazione
dello jone nucleare di elio", monografia di valore assolutamente profetico,
che stupisce e sgomenta i fisici che hanno occasione di leggerla adesso,
alla luce delle strabilianti conquiste seguite alla scissione dell'atomo
di idrogeno (ottenuta nel 1950, venti anni più tardi della monografia
di Majorana).
Del 1933 è la sua già citata "Teoria del nucleo atomico"
ed infine del 1937 la "Teoria simmetrica dell'elettrone e del positrone".
Dopo questa, non restano di Majorana che gli appunti delle lezioni da lui
svolte all'Università di Napoli, per un uditorio formato
da sette studenti di fisica e da una dozzina di professori affascinati da
quel loro giovanissimo collega, taciturno e visibilmente preso da un assillo
recondito, che in sole quattro lezioni era riuscito a rendere chiara ed
a liquidare la teoria della relatività, per molti di essi fino allora
ostica, incomprensibile.
[Anche qui, parecchia esagerazione ed inesattezze,
per le quali si rimanda all'articolo di Antonino Drago e Salvatore Esposito
citato in nota alla fine della I parte. L'Istituto di Napoli non viene certo
descritto in termini lusinghieri da un punto di vista scientifico nella prima
lettera di EM da Napoli alla madre: "Praticamente l'Istituto si riduce alla
persona di Carrelli, del vecchio aiuto Maione e del giovane assistente Cennamo.
Vi è anche un professore di fisica terrestre difficile a scoprire.
[...] Carrelli prepara le lezioni di meccanica con molti giochetti. L'occupazione
dominante è quella degli esercizi, almeno per Carrelli e assistenti.
L'istituto è molto pulito e in ordine, benché poco attrezzato"
(11 gennaio 1938).]
Questi appunti sono stati analizzati e interrogati dal professore Amaldi:
finiranno nelle bacheche della "Domus Galileiana"
[ sic], che li ha richiesti, accanto ai cimeli di Galileo,
di Volta, di Marconi, dopo essere stati raccolti in volume e pubblicati.
Una gentile signora che rappresenta in Italia la Casa Editrice Academic
Press di New York e Londra è stata categorica:
"Le lezioni di Majorana fanno testo. Sono di estremo interesse scientifico"
.
La Academic Press pubblica, tra l'altro, i rendiconti della Scuola
Internazionale di Fisica "Enrico Fermi" e, dallo scorso anno, anche quelli
della Scuola Internazionale di Fisica "Ettore Majorana". È proprio
la scuola internazionale di fisica "Ettore Majorana" promotrice, con l'Assemblea
e con il Governo regionale, delle manifestazioni con cui la Sicilia si appresta
ad onorare questo suo grande figlio la cui vita fu luminosa intensa e breve
come quella di una meteora.
Ma si può con assoluta certezza affermare, a ventinove anni dalla
sua scomparsa, che Ettore Majorana sia morto? In piena coscienza,
no. E' scomparso, ogni altra affermazione è gratuita, arbitraria.
Scendendo lungo la passerella del "postale" Palermo-Napoli, quella
mattina di marzo del '38, Ettore Majorana aprì un appassionante e
sconvolgente mistero che resta ancora oggi tale.
L'ipotesi del suicidio
E' stata formulata l'ipotesi che si sia suicidato dopo aver intravisto
nel futuro dell'umanità le catastrofiche conseguenze della
fissione nucleare. Ma i fisici respingono quest'ipotesi: lo stesso Heisenberg,
intervistato nel dopoguerra, disse che ancora nel 1941 gli scienziati
tedeschi pensavano di trarre dall'atomo nuove potenti energie, ma non un'arma
di tremenda potenza distruggitrice. I fisici inglesi erano allo stesso punto,
con i loro impianti per l'acqua pesante installati in Norvegia e da
loro stessi distrutti dopo l'occupazione nazista. I fisici perciò
scartano l'ipotesi che nel 1938 Majorana avesse visto appieno i possibili
impieghi militari dell'energia liberata dall'atomo e ne fosse rimasto sconvolto
al punto di togliersi la vita. "E poi – ha osservato uno degli
studiosi che svolgono le lezioni alla Scuola Internazionale di Erice –
quando un fisico intravede una teoria, una possibilità di soluzione,
una nuova conquista, si appassiona, vive solo in funzione di essa, non la
abbandona più... Altro che togliersi la vita!"
E allora? Ha qualche validità l'ipotesi di una crisi mistica
che lo abbia fatto finire nei silenzi di qualche Certosa? L'avvocato Salvatore
Majorana la esclude, tuttavia dalle descrizioni fatte dal fratello Luciano,
dalla sorella Maria, da alcuni studiosi che lo conobbero in gioventù
emerge la figura di un uomo dalla morale rigida, di un cattolico osservante,
aperto al colloquio continuo con un Sacerdote che gli era amico oltre che
confessore e consigliere spirituale. Dice Bernardini: "Conobbi Ettore
Majorana ed ebbi occasione di intrattenermi con lui solo poche ore. Da allora
ne ho sempre però ammirato la eccezionale sensibilità
umana. Veramente rara!", aggiunge.
Un cattolico fervente, un uomo sensibilissimo, uno studioso scontento
e insoddisfatto degli studi ("Ammirava Dirac, ma intuiva che nelle
sue teorie qualche cosa non andava", dice Luciano Majorana),
un ipercritico: perché escludere l'ipotesi.
[ sic]
"Ettore è vivo – ripete dal canto suo la signora
Majorana –. Ettore è vivo e il Signore mi tiene
in vita soltanto perché vuole che io riveda Ettore".
La mente si perde dietro a sogni fascinosi, resi tuttavia
possibili proprio dal mistero che Ettore Majorana ha lasciato dietro di sé.
Non è possibile fare alcuna ipotesi. Anzi, non è consentito
scartarne alcuna. Tutto, di Majorana, è stato ed è possibile.
Perciò i suoi colleghi di un tempo ed i giovani che sui testi ne seguono
le arditissime traiettorie nei cieli del pensiero scientifico ne sono in
un certo senso gelosi. Li infastidisce che si accenni alla "morte" di Ettore
Majorana, che il suo nome venga accoppiato alle misteriose circostanze in
cui scomparve. Ne celebreranno l'anniversario della nascita, questo sì,
come si celebra l'anniversario della venuta al mondo di una grande mente.
Scomparso – morto o vivo che sia – vive e vivrà nelle
aule universitarie e nei laboratori dove i moderni alchimisti creano
il nuovo futuro dell'umanità.
MAURO DE MAURO
FINE
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Le precedenti puntate sono state pubblicate il 2
[sic] ed il 6 ottobre.
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