LA SCOMPARSA DI ETTORE
MAJORANA (1906-1974)
SOLUZIONE: NM V =
ALLONTANAMENTO VOLONTARIO
OVVERO, UNA QUESTIONE
(MOLTO) PRIVATA,
OVVERO ANCHE, CHERCHEZ LA
FEMME, O MEGLIO LES FEMMES
AGGIORNAMENTO IMPORTANTE
(rivolto soprattutto ai lettori e futuri lettori del
libro "La scomparsa di Ettore Majorana: un affare di stato?",
Andromeda, Bologna, 1999, e successive edizioni rivedute, corrette ed ampliate,
2006 e 2014)
Dopo tanti anni di inutili sforzi, finalmente si
intravede la verità, peccato non la si possa ancora raccontare per intero, in
quanto tuttora suscettibile di provocare disagio presso persone viventi...
Ringraziamenti - L'autore non può non ricordare
esplicitamente: Guido Abate, Susanna Bisi, Luca Russo, Ernesto Scibona, la più
o meno lunga frequentazione virtuale con i quali gli è stata preziosa ai fini
del presente aggiornamento. Di un altro importante doveroso ringraziamento si
farà criptica menzione nel Cap. V.
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INDICE:
Preambolo
Cap. I - Un passo fondamentale verso la soluzione
Cap. II - L'Ipotesi Klingsor
Cap. III - E dopo la Germania?
Cap. IV - La fine della vita, a "sud di
Tunisi"
Cap. V - Un passo indietro, la scomparsa (ovvero, un
doppio, se non un triplo, segreto)
Cap. VI - Conclusione
Appendice - Il caso Tonini
Note
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PREAMBOLO
"So
what really happened? Since I am a theorist, I will present my theory this
afternoon as to Majorana's fate, which is that we shall never know".
Barry
R. Holstein, "The Mysterious Disappearance of Ettore Majorana",
Carolina International Symposium on Neutrino Physics IOP Publishing, Journal of
Physics: Conference Series 173, 2009
Doveva essere intorno alla metà degli anni '80
quando, nel corso delle mie frequentazioni di gruppi di studiosi come me
insoddisfatti dell'"irrazionalismo" presente nella
"filosofia" della fisica del XX secolo, ebbi l'onore ed il piacere di
conoscere l'Ing. Valerio Tonini (1901-1992; Tonini fu uno dei compagni di studi
di Enrico Fermi a Pisa), come me dubbioso per esempio della corrispondenza
della teoria della relatività alla realtà fisica. Fu in quel periodo che ebbi
l'occasione di leggere un suo singolare libro sul caso Majorana, "Il
taccuino incompiuto - Vita segreta di Ettore Majorana" (Armando Ed., Roma,
1984), e da quel momento ebbe inizio per me una sorta di ossessione per
l'enigma di quella misteriosa scomparsa che non mi ha mai abbandonato per oltre
30 anni.
Lessi negli anni successivi quanto si poteva trovare
sull'argomento, a partire dai libri di Leandro Castellani (1974) e di Leonardo
Sciascia (1975), ma soprattutto l'ampio e documentato lavoro dell'amico Prof.
Erasmo Recami (1991), che per la prima volta metteva a disposizione del
pubblico lettere, documenti, etc..
Fu nel corso di codesti approfondimenti, alla
ricerca almeno di una soluzione "logica" soddisfacente, che mi avvidi
di quella che per me era una grave lacuna nelle discussioni sul mistero:
precisamente, l'omissione dell'IPOTESI di un possibile OMICIDIO. Un'ipotesi in
effetti piuttosto naturale in ogni sorta di "giallo", e capace di
spiegare per esempio il crudele perdurante silenzio che lo scienziato, qualora
non fosse deceduto ma banalmente scomparso in maniera volontaria, avrebbe
riservato ai propri familiari (madre, 2 fratelli, 2 sorelle; chi scrive è
siciliano per parte di madre, e nella sua esperienza l'affetto per la famiglia
è sacro ed indiscutibile). È principalmente per tale ragione che ho subito
escluso a priori l'eventualità di una scomparsa volontaria dalle mie
riflessioni (quasi inutile sottolineare ora che si trattò invece di un errore
capitale!), e congetturato a lungo su un possibile omicidio. Certo, anche il
suicidio avrebbe potuto spiegare altrettanto bene tale per me fondamentale
dettaglio, ma di un possibile suicidio di EM si era parlato spesso, di un
omicidio invece no, per ciò che ancora oggi mi consta[1].
Certo, pensare seriamente ad un omicidio comportava
la ricerca di uno (o più) responsabili e di un movente, mentre con un suicidio
si sarebbe concluso prima, mi convinsi al tempo però che il passar sopra a tale
ipotesi avesse ragioni più profonde che non una semplice pigrizia
intellettuale. Avvertivo infatti presenti sullo sfondo ideologia e conformismo
politico, vale a dire, la premura di evitare sospetti su persone e schieramenti
che dovevano invece evidentemente rimanere ... al di sopra di ogni sospetto.
Insomma, la ben nota preoccupazione di farsi vedere schierati dalla parte dei
vincitori, ovviamente i "buoni", e di non esternare nessun dubbio
sulla loro assoluta integrità.
Progettai allora (o meglio, fui costretto a
progettare[2]) un mio proprio libro che, mettendo a disposizione dei lettori
tutto ciò che si conosceva sull'argomento, non evitasse ... per principio la
naturale discussione dell'ipotesi omicidiaria, e ripeto IPOTESI. Il lavoro fu
cortesemente pubblicato nel 1999 da un amico editore bolognese (il Dott. Paolo
Brunetti, al quale ribadisco la mia gratitudine), e la prima fase del mio
studio logico-indiziario della questione si concluse così, con l'enunciazione
delle 4 categorie di ipotesi possibili, ed una non celata propensione per la
seconda, o al limite la prima:
PRIMA - M V (morte volontaria, ossia suicidio, morte
si intende avvenuta in quei fatidici giorni di marzo 1938, non settimane o
perfino anni dopo)
SECONDA - M NV (morte non volontaria, ossia omicidio
o incidente)
TERZA - NM V (non morte volontaria, ossia
allontanamento deliberato)
QUARTA - NM NV (non morte non volontaria, ossia
rapimento).
La quarta ipotesi, pur proposta da alcuni (nella
parte dei "cattivi" di turno, ovviamente, soltanto nazisti o
sovietici, qualche volta anche gli stessi fascisti, mah), è sempre stata per me
palesemente assurda, quindi su di essa ho sempre sorvolato.
Per riassumere lo stato dell'arte a quel punto,
torno a dire che la seconda ipotesi non mi risultava mai discussa da nessuno
con la necessaria cura, e che, scartata a priori come detto la quarta,
bisognava riconoscere che la prima e la terza erano state da sempre quelle più
gettonate, anche per colpa - bisogna ammettere - dei messaggi equivoci lasciati
da EM prima della scomparsa (la prima per esempio Segrè, e parte dei familiari
di EM[3], il più famoso sostenitore della terza Sciascia, con la variante
conventuale[4] e l'ulteriore per me ridicola motivazione di eventuali capacità
... profetiche di EM sulla futura prossima guerra, e le crudeltà mai viste
prima nella storia che ad essa misero sanguinosa fine).
La pubblicazione del libro non aveva però concesso
tregua alla mia ossessione, perché in sincerità non mi era chiaro quale delle
varie ipotesi fosse quella maggiormente probabile, in tutte notando qualcosa
che non quadrava. Privilegiando sempre la categoria M per la ragione di natura
psicologica dianzi illustrata, l'omicidio per esempio non riusciva a spiegare
decentemente le note "assurde" modalità della scomparsa (troppe
troppe comunicazioni da parte di un prossimo assassinato: di nuovo, dotato
forse di ... capacità profetiche?), e tale osservazione valeva anche per un
eventuale suicidio (ci si suicida e basta, al massimo un biglietto di scuse per
i familiari, ed amen). Cosa pensare, un EM forse un po' isterico, o
molto spaventato, come fui costretto a supporre in maniera di sicuro azzardata?
Per me poi entrambe le soluzioni non spiegavano un punto che mi era caro in
maniera particolare: chi aveva spedito quelle famose carte a Tonini, se EM era
morto in un modo o nell'altro intorno alla fine del marzo 1938?
Continuai
quindi a pensare alla questione, utilizzando come "sfogo" per nuove
riflessioni e la diffusione di nuove notizie la sezione Forum della rivista Episteme
nel mio sito personale[5], ma la situazione è rimasta sostanzialmente invariata
per anni ed anni[6], ogni tentativo di soluzione del caso apparendo affètto da
qualche insanabile contraddizione. Insomma, fino a relativamente poco tempo fa,
si poteva tranquillamente convenire con le parole di Barry R. Holstein con le
quali ho aperto questo preambolo.
In
maniera del tutto inattesa, però, a partire dal 2012 la situazione è infine
precipitata, ed una possibile "verità" logicamente accettabile ha
cominciato a fare capolino. Illustrerò qui di seguito il più possibile
sinteticamente quali sono state le novità più rilevanti nel cammino verso ...
la luce finale.
CAPITOLO I - UN PASSO FONDAMENTALE VERSO LA
SOLUZIONE
È singolare che la "profezia" di Barry R. Holstein con la
quale abbiamo aperto il precedente Preambolo, profezia che nel 2009 appariva
inattaccabile ed a lungo (forse appunto per sempre) insuperabile, fosse
destinata ad essere smentita già pochi anni dopo, precisamente nel 2012,
allorquando venne pubblicata un'autobiografia del noto fisico teorico Tullio
Regge, "L'infinito cercare - Autobiografia di un curioso" (Einaudi,
Torino, 2012). In essa infatti l'autore dedica un paragrafo a "La scomparsa di
Majorana" (p. 105), ricordando un suo marginale coinvolgimento nella
ricerca di EM in Argentina (una fuga di EM in Argentina nel 1938 - la
specificazione cronologica è qui indispensabile, come più avanti diremo - è
spesso stata proposta con un certo successo dai fautori dell'ipotesi
allontanamento volontario, in primis il Prof. Recami, vedi la nota 17),
aggiungendo poi "Uno strano episodio" di cui val la pena di riportare
integralmente i passi salienti, enfatizzandone alcuni con lettere maiuscole:
"Recentemente Mario Rasetti[7] mi ha raccontato
un episodio che risale a uno dei primissimi party a cui partecipò dopo essere
arrivato all'Institute [Princeton], nel 1974. L'ho cercato in lungo e in largo
nella mia memoria, ma proprio non lo ricordo. Tuttavia è suggestivo e mi sembra
corretto raccontarlo a mia volta, purché si tengano presenti le avvertenze che
ho dato. Mario riferisce che arrivammo al party in leggero ritardo. Entrati, ci
imbattemmo in una specie di gotha della fisica dell'epoca, un consulto
semidivino: in piedi stavano chiacchierando Rabi, Weisskopf e Wigner[8]. [...]
Quando passammo vicino alla triade, Rasetti sostiene di aver sentito Weisskopf
dire agli altri: «SAPETE CHE È MORTO MAJORANA?» Ovviamentc tutti noi sapevamo
della scomparsa di Majorana e delle ipotesi relative alla sua morte, vera o
presunta, per cui Mario fu molto colpito dal fatto che Weisskopf non avesse
l'aria di parlare di un passato già allora molto lontano oppure di un grande
mistero storico. Al contrario: sembrava comunicare agli altri una novità, una
triste notizia, COME SE LA COSA FOSSE ACCADUTA QUALCHE GIORNO PRIMA. Ripeto,
non ricordo questo episodio. Rasetti racconta di essersene andato e di avermi
lasciato con questo gruppetto di colleghi. Non ricordo che Weisskopf me ne fece
mai cenno negli anni successivi. Ciò non è conclusivo, perché non è detto che
ne dovesse parlare anche con me. Però mi risulta un po' strano che non sia mai
capitato di entrare in un discorso del genere con qualcuno dei miei
collcghi".
L'assoluta attendibilità della testimonianza
(qualcuno di coloro "che sanno", e ce ne sono certamente, si decide
finalmente a lasciar trapelare qualcosa, sebbene in maniera ... involontaria!),
ci offre una data quasi precisa per la morte di EM[9], e cioè la fine del 1973
o l'inizio del 1974. Essa consente comunque di cancellare definitivamente le
due categorie M dal novero delle possibilità elencate nel Preambolo, ed ecco
allora che per cominciare a spiegare il mistero Majorana rimane soltanto
l'ipotesi NM V, ossia l'ALLONTANAMENTO VOLONTARIO, vale a dire l'ipotesi esattamente
opposta di quella verso cui avevo sempre in precedenza inclinato, ahimè.
Quindi sappiamo dal 2012 che Ettore Majorana NON
morì affatto né nel 1938, né nel 1939 (come di recente proposto da alcuni noti
majoranologi), e che la sua scomparsa deve essere considerata VOLONTARIA (V), e
non l'opposto NV, come al contrario avevo sempre fino ad allora ritenuto più
ragionevole supporre per le motivazioni che non mancherò qui di esporre (ma si
sa che spesso la realtà storica sfugge ai criteri della logica e della
ragionevolezza, al punto da doversi domandare in maniera abbastanza
preoccupata: ma esiste davvero una Vernunft in der Geschichte?, mah).
Che EM potesse non essere morto a ridosso della fine
di marzo 1938 lo si poteva in effetti sapere da tempo (vedi anche la nota 3),
se si fosse dato credito alla seguente notizia (la citiamo così come essa viene
riportata nell'Archivio della Segreteria di Stato della Città del Vaticano,
precisamente nel foglio N. 16 del Dossier sul caso Majorana recentemente messo a
disposizione del pubblico):
"Il 13 aprile una donna infermiera che
conosceva bene lo scomparso attestò di averlo incontrato in una piazza di
Napoli (indicò i colori dell'abito e del soprabito) e poté precisare ll giorno,
deducendolo dalla data d'una lettera che era la causa di quel suo passaggio per
quella piazza. Era il 2 aprlle".
Il fatto è che fino al 2012 avevo sempre ritenuto
codesta testimonianza inaffidabile, ed invece mi sono dovuto ricredere.
Bene, non a
caso poc'anzi ho usato il termine "cominciare", perché se EM
non è morto nel 1938, né peraltro nel 1939, bensì nel 1974 (accettiamo questa
data), ecco che si vorrebbe sapere cosa ne è stato di lui per i quasi 40 anni
successivi alla sua "ufficiale" scomparsa, e poi perché in fondo
un'apparentemente banale fuga da casa (per esempio, con una bella amante che
potesse costituire un legame inacettabile per l'ingombrante sua
"famiglia", perché no?!) si svolse con le note sconcertanti modalità
(torneremo ovviamente in seguito sulle difficoltà connesse a codesto punto, che
chiameremo l'obiezione
III).
CAPITOLO II - L'IPOTESI KLINGSOR
Allo scopo di approfondire dunque l'ormai accertata
soluzione NM V, appare sensato iniziare con il domandarsi: perché parlare
ancora di EM a distanza di tanto tempo dalla clamorosa scomparsa (clamorosa
ovviamente in un ambiente alquanto ristretto), a meno che Ettore non avesse in
qualche modo continuato ad essere un personaggio rilevante sotto l'aspetto
scientifico? Ovvero, se EM se ne fosse per esempio andato nel 1938 in Argentina
a fare il campesino, o l'allevatore di bestiame, o qualsiasi altro mestiere,
oppure celato e scientificamente inattivo in qualsiasi altra parte del mondo
(incluso ... un convento), perché mai la "triade" avrebbe dovuto
parlare ancora di lui, e della sua morte, oltre trent'anni post eventum?
Insomma, è giocoforza convenire che EM ha continuato
invece un'importante attività scientifica (o di altro genere comunque
rilevante), sia pure sotto mentite spoglie, anche dopo il 1938, e che questa
almeno da un certo momento in poi è stata perfettamente conosciuta da ... chi
era in grado di conoscerla.
È oggi per me abbastanza palese non solo che Regge
(il quale era ormai malato e verso la fine della vita, al punto che dovette
dettare la propria autobiografia ad un collaboratore, Stefano Sandrelli) ha rivelato
(imprudentemente!) la data di morte di EM, ma anche fatto intuire, almeno in
parte, ciò che avvenne di lui dopo il 1938, dimostrando assurde tutte le altre
ipotesi fin qui avanzate all'interno della categoria NM V (quali quella del
ritiro in un convento, Sciascia, di una fuga in Argentina, Recami, di una
scelta di vita da barbone o quasi in qualche remoto vallone calabrese, un
tardivo suicidio, una morte prematura per cause naturali, etc.. etc.).
Iniziamo con il mettere in evidenza il fatto che
l'episodio di Princeton ne riecheggia nitidamente un altro, GUARDA CASO pure
lui riferentesi all'anno 1974, precisamente al mese di gennaio, in questo caso
possiamo essere certi della data. Domenica 17 ottobre 2010 il quotidiano la Repubblica dedicò ben tre pagine a
"La ricomparsa di Majorana", sostenendo che fosse "altamente
probabile" riconoscerlo in una foto che ritrae un personaggio sconosciuto
insieme ad Adolf Eichmann mentre questi trovava riparo in Argentina nel 1950
(vedi la foto che apre il capitolo III; il terzo personaggio ivi raffigurato,
quello con la pipa, è il capitano delle SS Herbert Kuhlmann, non accusato di
crimini di guerra).
In quell'occasione un giovane Giorgio Dragoni, successivamente professore di
Storia della Fisica presso l'Università di Bologna, riferì di una sua
intervista al Prof. Gilberto Bernardini (un altro noto fisico teorico che aveva
conosciuto personalmente EM) svoltasi a Pisa verso la fine del mese di gennaio
del 1974[10], nel corso della quale si sentì dire dall'illustre interlocutore:
"Lei sa che io conosco la scelta
fatta da Majorana? Non è una scelta che le farà piacere, Ettore si trasferì in
Germania per collaborare alle armi del Terzo Reich".
Ecco quindi che entra per la SECONDA volta[11]
prepotentemente in scena quella che nel 2000 battezzai IPOTESI KLINGSOR.
Riporto estesamente una mia nota del tempo[12], anche perché essa introduce
alla (per me ovviamente importante!) questione come mai abbia impiegato tanti
anni prima di accettare tale ipotesi[13].
"A dire il vero, nel corso delle mie personali
'indagini', mi è pure venuta all'orecchio, in via riservata, una nuova
'possibile verità' [...] Majorana sarebbe fuggito volontariamente in Germania
(lasciando credere di essersi tolto la vita), allo scopo di collaborare con
alcuni scienziati del III Reich addetti al progetto della fantomatica
"bomba atomica" tedesca, che aveva avuto modo di conoscere e stimare
durante il suo soggiorno in Germania nel 1933; successivamente, alla conclusione
delle ostilità, avrebbe trovato rifugio in Sud America, assieme ad altri
gerarchi nazisti. L'ipotesi così sintetizzata, alla quale mi piace riferirmi
come all'ipotesi Klingsor (ricollegandola al romanzo di Jorge Volpi, "In
cerca di Klingsor", Mondadori, 2000, dove peraltro non si nomina mai
Majorana), ha diversi 'meriti': per esempio è capace di spiegare talune voci di
avvistamento dello scienziato in quella parte del mondo (a cui si dà molto
credito, come si è ricordato, nel libro di Recami - ma, appunto, la vera
fuga dall'Europa sarebbe avvenuta nel '45, e non nel '38!), oppure le
chiacchiere relative a un suo ritiro, per ovvie ragioni del tutto occultato, in
qualche convento italiano, a seguito di un ritorno nel nostro paese un numero
imprecisato di anni dopo i drammatici eventi della guerra (vedi per esempio
Sharo Gambino, "L'atomica e il chiostro", Jaca Book, 2001). La
famiglia - o almeno parte di essa, e da un certo punto in poi - sarebbe stata
al corrente dei fatti, ma per comprensibili motivi avrebbe preferito continuare
ad accreditare l'ipotesi del suicidio, tenuto conto che il collaborazionismo
sarebbe stato ritenuto peccato ben peggiore da addebitare al congiunto. Si
tratta di una ricostruzione logicamente decente (e coerente, al pari del
resto di quella che ho deciso finora di privilegiare, con uno dei
"dettagli" più inquietanti di tutto questo mistero, cioè la
testimonianza, ingiustamente sottovalutata, della signora Fiorenza Tebalducci
[...]), se non fosse per due grosse obiezioni alle quali non riesco a trovare
adeguata risposta. Perché tale specifico episodio sarebbe passato completamente
sotto silenzio, quando numerosi particolari, riguardanti il ruolo di altri
scienziati collaboratori dei nazionalsocialisti, sono stati divulgati? (vedi per esempio "Operation Epsilon: The Farm Hall
Transcripts", Inst. of Phys. Publ., Bristol, 1993, attualmente distribuito
dalla Univ. of California Press). Perché soltanto alla memoria di Majorana sarebbe
stato riservato un trattamento di favore, specialmente da parte di persone che
- come Emilio Segrè, tanto per citare uno dei "ragazzi di via
Panisperna" - non lo "amavano" di certo? Inoltre, se Majorana
intendeva davvero fuggire in Germania simulando un suicidio, quale sarebbe il senso
delle note "complicazioni": una prima lettera annunciante il suo
proposito, poi una seconda in cui lo rinnegava, un viaggio a Palermo
apparentemente inutile, il ritorno a Napoli, seppure realmente avvenuto, etc.?!"
Insomma, al
contrario di alcuni per principio ostili all'Ipotesi Klingsor per le sue ovvie
conseguenze ideologico-politiche, alla possibilità di una fuga in Germania ho sempre
prestato particolare attenzione, anche perché, come accennato nella nota di cui
sopra, ne avevo sentito parlare ... in confidenza, in ambienti diversi, sia
SCIENTIFICI sia FAMILIARI[14], ma l'avevo sempre dovuta rifiutare come non
realisticamente percorribile in quanto personalmente incapace di superare ben
tre obiezioni. Vale a dire, le due enunciate nella nota precedente (che dirò rispettivamente II
e III,
quest'ultima già introdotta alla fine del capitolo I), e soprattutto quella di
natura "psicologica" illustrata in precedenza (che dirò I), sulla per me incomprensibile
indifferenza mostrata da EM verso i sentimenti di madre, fratelli, sorelle,
qualora si fosse limitato ad andarsene, sia pure in incognito, in Germania, una
decisione non certo improponibile né ... scandalosa nel 1938. Sta di fatto che,
continuando a pensare all'Ipotesi Klingsor, feci poi pubblicare ancora su Episteme
nel dicembre del 2002 un ampio lavoro sullo stesso tema, "Il caso Majorana
- L'«ipotesi Klingsor»" (Episteme, N. 5,
Parte I).
L'obiezione II è stata formulata dal Prof. Recami con le seguenti
chiare parole:
"Del tutto destituite di fondamento sono le
fantasie - frutto molto più tardo - circa un rapimento da parte straniera (a
quel tempo i politici non avevano alcun sentore dell'importanza della fisica
nucleare) o una sua fuga in Germania, URSS o altro Paese per collaborarvi a
ricerche (AL TERMINE DELLA GUERRA CE NE SAREBBERO GIUNTE DAI COLLEGHI FISICI
PRECISE TESTIMONIANZE)" (Recami, Ed. Di Renzo, 2000, pp. 99-100).
Sempre lo stesso Prof. Recami ha inoltre evidenziato
la validità pure dell'obiezione III con la seguente importante condivisibile osservazione:
"in un caso del genere, Ettore ne avrebbe
potuto parlare con la famiglia, SENZA BISOGNO DI ARCHITETTARE LE SOFFERTE
CONTRADDIZIONI DELLE SUE ULTIME LETTERE" (Recami, Ed. Di Renzo, 2000, p.
100).
Dopo aver comunque osservato che una tale obiezione potrebbe
essere generalizzata, anche se per esempio EM avesse voluto abbandonare tutto e
tutti per andare a rifarsi una vita in Argentina (bastava un bigliettino di
scuse in tal senso, che palesasse un suo eventuale disagio ed un suo
comprensibile desiderio di superarlo, anche senza indicare precisamente la mèta
scelta come luogo da cui ricominciare una nuova vita), è necessario chiedersi: perché accettare l'Ipotesi
Klingsor senza aver prima risposto lucidamente ai precedenti dubbi? O perché
rifiutarla a
priori
senza nemmeno aver introdotto tali dubbi, ed accertato la loro
insuperabilità??[15]
È secondo me ormai certo, dopo le DUE testimonianze
sopra descritte, ed una TERZA con esse perfettamente compatibile di cui diremo
nel capitolo IV, che quell'IPOTESI deve essere considerata invece una VERITÀ, a
parte obiezioni più o meno logiche a cui non si sappia rispondere. Possiamo
però dire subito che all'obiezione II ha risposto parzialmente quel Grande
Inquisitore che abbiamo introdotto nella nota 11 con le seguenti parole:
"È chiaro per esempio perché Segrè non abbia
mai voluto avanzare l'ipotesi Majorana in Germania per le armi. Sarebbe stato
un riconoscere la personalità scientifica di Majorana, meglio darlo suicida o
comunque psicologicamente disturbato".
Bene, se ciò spiega l'"assenza" di Segrè,
ciò non basta a rispondere all'obiezione generale di Recami. La si può secondo
noi superare unicamente andando a toccare un argomento oggi piuttosto
scottante, un tabù della società occidentale post seconda guerra mondiale. Fatto
sta che i tre scienziati della "triade" erano tutti e tre ebrei (ci
auguriamo con codeste parole di non essere fatti oggetto della pericolosa
accusa di ... antisemitismo!), e che la componente ebraica era (è) a tal punto
influente nel campo della fisica[16] che Regge a Princeton cercò perfino di
imparare l'ebraico: "Ma come, tu sei un goy, un non ebreo, e parli ebraico
così bene?" (dalla citata autobiografia, p. 111). Insomma, il perdurante
interessamento nei confronti di EM da parte di codesta comunità potrebbe
dimostrare che EM fu in qualche misura per essa interessante anche DOPO il
1945, e forse addirittura utile alla loro causa, e con codeste parole
introduciamo un nuovo capitolo del nostro faticoso aggiornamento.
CAPITOLO III - E DOPO LA GERMANIA?
Abbiamo introdotto il capitolo precedente
chiedendoci: perché parlare ancora di EM a distanza di tanto tempo dalla
scomparsa, a meno che Ettore non avesse in qualche modo continuato ad essere un
personaggio rilevante sotto l'aspetto scientifico? Bene, se l'Ipotesi Klingsor
si afferma da sé almeno da un certo punto in poi con grande evidenza, è ovvio
che tale interrogativo necessita di adeguata risposta pure in relazione al post
1945, adesso che sappiamo che EM è morto soltanto intorno al 1974, ed è quindi
impossibile pensare, come hanno fatto invece alcuni majoranologi pur inclini ad
accettare l'ipotesi Klingsor, che lo scienziato siciliano sia morto per esempio
in Germania a causa di qualche incidente di guerra (quale tanto per dire un
bombardamento).
Coloro che preferiscono dare EM per morto nel 1938,
o al massimo nel 1939 (per tali ipotesi si veda quanto se ne dice nel
menzionato Forum di Episteme oppure nella versione ampliata 2014 del nostro saggio sull'argomento),
non ci avranno certo seguito fin qui, ma tra quelli che accettano invece quanto
esposto nel capitolo precedente si trovano sostanzialmente due sole
"piste" in gioco.
La prima, decisamente maggioritaria, è quella
sudamericana di cui all'articolo apparso su la Repubblica nel 2010 (vedi anche la
nota 14). Essa ha il pregio di raccordarsi abbastanza bene per esempio con
l'analoga ipotesi avanzata da Recami[17], a parte il fatto non trascurabile che
si sarebbe costretti a spostarne la data in avanti di diversi anni (dal 1938 al
1945 o addirittura al 1950). In fondo non è nemmeno indispensabile per
insistere su tale pista che si riconosca EM nello sconosciuto ritratto accanto
ad Eichmann sulla nave in viaggio verso l'Argentina, noi per esempio non ce lo
riconosciamo, sinceramente (ed in genere diffidiamo alquanto delle conclusioni
dei cosiddetti "esperti" in campi che sono per loro stessa natura
assai incerti).
La logica e l'intuito (che pure non hanno dato buona prova di
sé nei tentativi di ricostruzione precedenti!) ci fanno notare però dei lati
deboli di tale pista. Infatti, come sarebbe Weisskopf venuto a conoscenza di
particolari inerenti la vita di un EM fuggitivo in Sudamerica, intento a
rifarsi laggiù una nuova esistenza, addirittura ... la TERZA, con ogni
verosimiglianza ancora più nascosto di prima per i suoi trascorsi accanto alla
parte soccombente nel conflitto, e per questo universalmente
criminalizzata?[18] Poiché dell'efficienza dei servizi segreti israeliani non
si può che avere grande stima, se EM fosse stato ricercato per vendetta ecco
che sarebbe stato sicuramente trovato e catturato assai prima del 1974, appunto
come Eichmann, mentre se viceversa non avessero voluto ricercarlo, allora
perché pensare ancora a lui a quasi trenta anni dalla fine del conflitto,
tenuto conto che si era ormai ritirato dalle scene da solo?
La terza parte della vita di EM rimarrebbe oscura, e
diremmo irrimediabilmente oscura, se non fosse che una nuova testimonianza a
sorpresa, oggi ignorata dalla maggior parte dei "majoranologi", non
indicasse una nuova strada, che conduce dalla parte opposta del Sudamerica,
vale a dire in URSS
(ma si badi bene, non nel 1938 bensì nel 1945!).
Nel sito menzionato nella Nota 10 si trova infatti
la foto di una curiosa "lettera con firma scarabocchiata pervenuta diversi
anni fa a Stefano Roncoroni autore nel 2013 dell'ultimo saggio pubblicato sulla
scomparsa di Majorana", nella quale lettera (precisamente: "Nota da
Augusto Maggiorani a Dr. Stefano Roncoroni") si parla di "contatt[i]
telefonic[i] avvenut[i] via 'ponte radio'" che "venivano dalla zona
di Yalta-Crimea" tra un tal Prof. Dott. Ing. Giuseppe Gallo (classe 1926)
ed una persona identificatasi quale Ettore Majorana.
http://misteridiassisi.it/lettra-a-stefano-ronconi/
[sic]
Il primo di codesti contatti si sarebbe verificato
"subito dopo la guerra circa a metà del 1946", indi "prolungati
almeno fino a metà 1957". La lettera si conclude con le seguenti parole:
"Secondo l'Ing. Gallo ed anche mia modesta
opinione (Maiorana [sic] + Pontecorvo) sino a data non quantificabile
hanno concluso la loro opera al servizio dell'Unione Sovietica".
Un po' poco si potrà dire, ed è difficile essere di
parere contrario, invero si usa di solito grande cautela di fronte a resoconti
del genere, che nella maggior parte dei casi provengono da semplici
"mitomani" (o sapienti creatori di interessati depistaggi). Questo
però appare prima di tutto interamente originale, e poi perfettamente in
accordo sia con il filo logico che stiamo seguendo, sia con un'altra analoga
testimonianza, in maniera assoluta indipendente da quella del
"Maggiorani", di cui diremo nel prossimo capitolo.
Non è assurdo in effetti immaginare che EM lavorasse
a Peenemunde[19], dove nel 1945 arrivarono i sovietici. Si sa che molti dei tedeschi
sopravvissuti (e collaboratori non tedeschi) fuggirono verso il fronte alleato,
ma alcuni rimasero in loco, rassegnati a finire nelle mani dei russi. Orbene, non è
difficile supporre che tra questi ci fosse pure un EM sconcertato dal nuovo
colpo infertogli dal suo difficile destino. Facile immaginare pure che, come fa apertamente il
"Maggiorani", durante il periodo sovietico EM abbia collaborato
segretamente con l'ex collega Pontecorvo a favore di Israele, sicché alla fine
gli fu permesso di tornare in patria, per trascorrervi in ombra gli ultimi anni
della vita, come vedremo nel prossimo capitolo (tali ritorni in Occidente di
persone coinvolte nella guerra, e successivamente "trattenute" in
URSS in qualche caso pure per parecchi anni, non sono affatto inusuali, come si
potrebbe viceversa credere sulla base della cattiva pubblicità riservata a quel
paese da parte degli ex "alleati" e dei loro numerosi ...
fiancheggiatori).
Non possiamo però terminare questo senza dire
qualcosa di più su Bruno Pontecorvo (1913-1993), ed il suo ruolo non solo nell'affaire
Majorana. Vero che l'ex "Cucciolo" di via Panisperna si trasferì in
URSS soltanto nel 1950, ma si sa che aveva già "aiutato" i sovietici
da lontano insieme alla spia comunista Klaus Fuchs. Ricordo al volo che durante
una conferenza svoltasi a Firenze nel 1990, presente il solito Gilberto
Bernardini, fu chiesto a Pontecorvo se sapeva che fine avesse fatto EM, e lui
invece di rispondere qualcosa del tipo "ma che ne so io", accettò la
domanda e diede un'ambigua elusiva risposta, risposta che oggi è possibile
interpretare perfettamente nello schema complessivo e complesso che stiamo
cercando di descrivere qui, sebbene il più possibile succintamente.
"Ettore finì all'Ovest", disse Pontecorvo, un'affermazione che può
essere interpretata sia come l'esatto opposto della verità (come dire,
cercatelo pure in Sudamerica, tanto lui è stato in Russia), sia come una verità
che però gli interlocutori non sono in grado di comprendere (dalla Russia è
tornato in Italia, e l'Italia si trova appunto ad Ovest della Russia!)[20].
CAPITOLO IV - LA FINE DELLA VITA, A "SUD DI
TUNISI"
Con una possibile TERZA vita di EM in URSS abbiamo
forse concluso il nostro itinerario verso la tanto agognata consapevolezza
sull'annoso mistero? Ahinoi, no, perché ci si imbatte (dobbiamo sottolineare,
fortunatamente) in un ulteriore racconto (risalente al 2011, e passato
pressoché inosservato presso la maggior parte dei majoranologi, incluso il
sottoscritto) che si integra in modo perfetto con quanto fin qui illustrato, e
che va quindi a completare il quadro totale della vita di EM in maniera
abbastanza solida e definitiva (almeno si spera!).
Si tratta di un'esperienza vissuta personalmente da
tale Ernesto Scibona, che vive "a sud di Tunisi", indicazione geograficamente corretta in
quanto l'estrema punta sudorientale della Sicilia si trova a sud del parallelo
che passa per la capitale della Tunisia.
Ecco gli URL delle pagine web da cui si può conoscere il suo
racconto:
http://www.asudditunisi.com/2011/06/la-ricomparsa-di-majorana.html
http://www.asudditunisi.com/2012/08/ho-conosciuto-ettore-majorana-2.html
Da dette pagine estraiamo qualche ampio stralcio a
beneficio del lettore.
"«Un viso marcato e ben definito,
caratteristico, con zigomi accentuati». Un identikit preciso, anche a decenni
di distanza. Evidentemente certi volti, certi particolari, non si dimenticano.
Ernesto Scibona non lo vede da 40 anni, quel viso, eppure è sicuro: è lui, l'ha
riconosciuto. Il "lui" è - o meglio sarebbe - Ettore Majorana. Proprio lui, lo scienziato catanese scomparso
nel nulla nel 1938 e avvistato un po' ovunque, in giro per il mondo. Ernesto
Scibona è di Mirabella Imbàccari, paesino dell'entroterra catanese, ma ormai
vive da tanti anni a Ragusa. E dalle parti di Mirabella ricorda di averlo
visto, uno che assomigliava tanto a Majorana. Con quegli zigomi pronunciati e
il viso marcato, «decisamente brutto». Un avvistamento che risale alla fine
degli anni Sessanta, quando Scibona era ancora adolescente e in una casa
cantoniera dell'Anas andava ogni tanto con il padre a trovare questo strano
personaggio. Parlava poco, quell'uomo sulla sessantina che sembrava un barbone
pur essendo distinto. Un po' pelato senza barba, «aveva un aspetto burbero, ma
l'animo gentile». Ricorda ora Scibona che «sembrava sempre assente, borbottava
tra sé e sé, come se facesse dei conti». Viveva in una casina rossa sulla
provinciale tra Caltagirone e Mirabella, in mezzo a copertoni, metalli e
oggetti raccolti qua e là. Si confidava solo con il padre di Scibona: forse,
ricorda oggi Ernesto, parlavano della guerra. Che fosse davvero Majorana o no,
in quel periodo le campagne siciliane erano piene di militari sbandati e
disadattati dopo la guerra. Ma era davvero Majorana? A Ernesto Scibona questo
dubbio, quasi un'ossessione, è venuto quattro anni fa, quando a Chi l'ha
visto? si parlava della scomparsa del fisico, con l'oramai solita e
vasta gamma di ipotesi: rifugiato in Sudamerica, barbone in Sicilia o al soldo
della Germania nazista. «Sono saltato sulla sedia quando ho visto la sua
fotografia». E da lì è cominciata un'inesauribile e affannosa ricerca sulle
tracce di quel finto barbone della casina rossa dell'Anas. «Ho contattato la trasmissione
di Rai3, ma non mi hanno creduto, volevano una foto», racconta ora Scibona. «Ma
chi ce l'aveva a quei tempi una macchina fotografica?». E poi, che senso aveva
andare in giro a fotografare un barbone? Così Scibona ha provato pure a
chiedere ai carabinieri, a Mirabella, a Ragusa e persino a Roma, ma con scarsa
fortuna. E anche «i parenti non ne vogliono sapere, per loro la storia è
chiusa». L'unico con cui parlava era il padre di Ernesto. Gli avrebbe detto di
chiamarsi Ettore Major e di provenire da una buona famiglia di Catania. «Ne ho
parlato con mia madre», spiega Scibona, «lei mi disse che mio padre aveva
capito male e che quel signore disse "mi chiamo Ettore, Ettore
Majorana"». La famiglia Scibona passava spesso da lì, per andare in
campagna, e ogni tanto si fermava a parlare con lui, gli portava da mangiare.
Una volta addirittura Scibona senior lo invitò ad andare con loro in campagna,
ma quell'uomo così educato e schivo rifiutò. Così come rifiutava tutte le
offerte di soldi".
"Per quattro anni è stato in quella casa, ma
soltanto nei mesi primaverili. Nella casina rossa Scibona ha preso gli
"effetti personali" del presunto Majorana, da cui si potrebbero
ricavare tracce di Dna: reti per materassi, ombrelli, cinghie, penne, un pettine,
uno specchio triangolare, un piatto, scarpe. «Purtroppo ho trovato solo un
pezzetto di carta dentro a un nido di topi, sopra c'erano formule matematiche».
Una volta il Major/Majorana aveva chiesto al padre di Scibona un quaderno con
una matita: «Speravo di trovarlo», si rammarica ora Ernesto, «ma lui
distruggeva tutto nel fuoco». E per questo le pareti della casa cantoniera sono
annerite. Come in un'altra casa al bivio della statale Caltagirone-Gela, dove
si diceva vivesse sempre quello strano personaggio. Cosa sperava di trovare in
quel quaderno? Le prove che quel barbone gentile e acculturato («Mio padre
diceva che parlava sei lingue, invece mia sorella mi ha detto che mischiava
parole italiane e straniere») fosse davvero lui, quell'Ettore Majorana
avvistato un po' ovunque, ancora oggi al centro di misteri e ipotesi
fantasiose".
"«A mio padre aveva detto di sapere tante cose,
alcune segretissime che nessuno avrebbe dovuto sapere, per il bene di tutti».
Segreti militari, spionaggio, scienza al servizio della guerra (anche di quella
"fredda"): queste le affascinanti ipotesi che però sembra impossibile
confermare o smentire. Di certo c'è che «si comportava da morto vivente e la
testa sicuramente "non era a posto"». Voleva mantenere un segreto e
c'è riuscito, anche perché il padre di Ernesto ha tenuto fede alla promessa e
non ha mai rivelato di cosa parlassero. E pensare che nei primi tempi Scibona
senior si era convinto di aver capito cosa turbava quell'uomo: «Lo sapevo,
c'entra una donna!». «Sono sicuro che è stato in Germania e poi l'hanno preso i
russi», insiste Ernesto Scibona. A quell'adolescente di Mirabella, una delle
poche volte che gli rivolse la parola, lo strano signore regalò una volta una
moneta d'argento del Terzo Reich, datata 1936. Il "vero" Majorana in
Germania c'era stato sicuramente nel 1933".
"«L'ultima volta che l'ho visto SARÀ STATO
NEL 1974, stavo andando a Caltagirone», conclude il suo racconto
Scibona".
Spero vivamente che di fronte a quella data, 1974, i benevoli lettori giunti
a questo punto del presente aggiornamento avranno fatto un salto sulla sedia!
Debbo ripetere che su quest'ultima possibile fase della vita di EM si sono
mostrati scettici quasi tutti gli studiosi del caso con i quali ho discusso, ma
ho contattato e parlato a lungo con Ernesto Scibona, una persona semplice,
gentile, del tutto normale, niente affatto un mitomane, che di EM non sapeva
quasi nulla prima di quel casuale incontro con la sua storia tramite la nota
trasmissione televisiva menzionata. Nella testimonianza proveniente da
"sud di Tunisi" ci sono almeno 5 particolari che la rendono
sorprendente, sicuramente non appresi né dalla TV né dalla stampa né dalla
letteratura.
Il primo di essi l'abbiamo appena nominato: come
poteva sapere Scibona nel 2006 (quando parlò per la prima volta della sua
esperienza dopo aver visto una puntata di "Chi l'ha visto?") che
Dragoni avrebbe menzionato lo stesso anno nel 2010, oppure che Regge sei anni
dopo avrebbe nominato ancora il 1974 pubblicando quella fondamentale
indiscrezione concernente il preciso ricordo di Mario Rasetti? Scibona non aveva mai
nemmeno sentito nominare Dragoni, Regge e Rasetti, mentre rammenta bene la data
della "scomparsa" definitiva del misterioso sconosciuto, perché
proprio in quel periodo stava facendo il servizio militare (comunicazione
privata).
Il secondo, ed il terzo, sono rappresentati dalla
successione GERMANIA-URSS. Se della Germania ed EM si è abbastanza discusso in
varie sedi, non mi pare che analoga attenzione sia mai stata sollevata in
relazione ad un eventuale soggiorno del fisico italiano in URSS (e si noti
bene, PRIMA Germania POI URSS, non URSS come sostituta della Germania).
Il quarto particolare è costituito dal fatto che
secondo Scibona all'origine delle tribolazioni di EM ci fu UNA DONNA (un amore
infelice), laddove di donne - e di amori importanti - in relazione ad EM non è
mai stato detto nulla, ultimamente anzi si è addirittura fatta strada l'ipotesi
di gran moda che fosse un omosessuale (da intitolargli, magari, qualche sezione
dell'Arcigay). Dopo quello dell'anno, si tratta per noi di un altro dettaglio
di fondamentale importanza, su di un argomento che non abbiamo ancora trattato
avendolo lasciato volutamente (e forzatamente!) per ultimo.
A questo quarto particolare è legato il quinto, il
LUOGO scelto da EM per trascorrere il più possibile in pace l'ultima parte
della sua travagliata esistenza, presumibilmente vicino a qualche affetto
personale. Cioè la Sicilia a sud di Tunisi, Ragusa, e basti per ora codesto
criptico riferimento ad una possibile donna, in attesa che sia possibile
svelare qualche ulteriore particolare sulla vita di EM nel periodo 1906-1938,
prima cioè di tutta la tempesta che successivamente lo travolse. Una vita
certamente difficile quella del "banomo"[21] ancora così vivo nei
ricordi di Scibona - una sorta di vagabondo che ripeteva sempre alle pochissime persone che
allora frequentava a Mirabella Imbaccari: "Per il bene di tutti, è bene che io conservi il segreto",
e poi di essere sotto l'occhio di non meglio precisati "servizi
segreti" - ma pure in qualche misura particolarmente sfortunata,
trascinata via dal vento di una guerra epocale di cui si avvertono ancora oggi
forti le conseguenze.
A proposito infine di possibili conferme del
racconto di Scibona, noto che egli è ancora in possesso di materiale organico
proveniente dal suo "banomo" sul quale si potrebbe forse effettuare un esame del
DNA:
"ho conservato tutte le sue povere cose in un
sacco, ed ho incaricato mia figlia di farle analizzare dal DNA, quando sarà
possibile, anche quando non ci sarò più, perché ormai i testimoni di
quell'avvistamento non ci sono più, mia madre, mia sorella, il signor Granato
che anche lui gli dava da mangiare, il figlio di quest'ultimo Puccio Granato,
non ci sono più" (comunicazione privata).
Un DNA che proviene da "sud di Tunisi", ma
pure altri possibili chiarificatori analoghi esami verranno alla mente di tutti
i miei interlocutori dopo la lettura del capitolo successivo, anche se ... non
li menzioneremo esplicitamente! Certo che bisognerebbe evitare che se ne
occupino le lunghe mani di certe persone assai coinvolte nel caso, fidarsi è
bene ma...
Detto anche troppo sull'ultima fase della vita di EM
nella limitata sede del presente aggiornamento, terminiamo qui il capitolo, non
senza però mostrare ai lettori quella che è probabilmente l'ultima traccia
materiale rimasta di EM (il "pezzetto di carta dentro a un nido di topi" di cui si
diceva poc'anzi):
Alcune delle persone da me interpellate hanno visto
nel biglietto un semplice pigreco/4, ma forse al denominatore c'è un'acca (h)
minuscola, almeno così mi è parso di poter comprendere da alcuni campioni della
scrittura di EM. Certo è che non si tratta né di un numero di telefono, né di una lista della spesa,
né di un indirizzo, etc., tutte cose che avremmo viceversa potuto aspettarci
da un vagabondo qualsiasi sperduto nella campagna siciliana...
CAPITOLO V - UN PASSO INDIETRO, LA SCOMPARSA
(OVVERO, UN DOPPIO, SE NON UN TRIPLO, SEGRETO)
(EM, quinto da sinistra
seduto, in collegio a Roma nel 1917; si trovava lì dal 1915, allievo della IV
elementare, si noti che il ragazzo porta la divisa da interno, e che in quel
periodo la madre non si era ancora trasferita a Roma
https://news.gesuiti.it/ettore-majorana-ex-alunno-dellistituto-massimo/)
All'inizio del capitolo precedente ci domandavamo se
si potesse ritenere concluso il nostro itinerario verso una definitiva
consapevolezza, e tale domanda potremmo riproporre adesso, dopo che abbiamo
ricostruito in maniera abbastanza convincente l'intera vita di EM dopo il 1938.
Bisogna purtroppo rispondere di NO. Se abbiamo infatti superato abbastanza bene
l'obiezione II, rimangono ancora prive di risposta sia l'obiezione III (sulle
singolari modalità che hanno accompagnato la scomparsa di EM[22]), sia la I,
quella di natura "psicologica" valida in generale per tutti gli
eventi del tipo NM V. Come detto, un'obiezione per noi fondamentale, come
superarla nel presente caso? Bene, anche se sempre spiacevole doverlo
riconoscere in siffatti frangenti (i familiari di solito non vogliono nemmeno
sentirne parlare!), pare che l'unica soluzione sia ammettere l'esistenza di un
particolare ASTIO da parte dello scomparso nei confronti delle persone i cui
sentimenti vengono da lui ignorati ed offesi[23], e proprio non aver preso in
considerazione la possibile esistenza di un tale astio costituisce il mio
errore principale nei precedenti tentativi di soluzione del caso (mi fidavo del
resto di quanto era già stato scritto sull'argomento, risultato a posteriori
estremamente carente sotto certi aspetti).
Ciò premesso, quali potevano essere le ragioni di un
grave rancore di EM nei confronti almeno di alcuni dei suoi familiari? E
precisiamo, un rancore che possa essere comprensibile, avente cioè ragionevoli
motivazioni, e non soltanto una soggettiva esagerata reazione da parte di una
persona che è in qualche modo lei ad essere "psicologicamente
disturbata" di fronte a comportamenti sostanzialmente legittimi. Ma
psicologicamente disturbato lo era davvero EM?
Ecco che per rispondere ai nostri interrogativi
siamo costretti a fare un passo indietro, al periodo della vita di EM anteriore
al 1938, per cercare di sapere-capire cosa possa averlo ferito allora in un
modo tanto significativo, e foriero delle note gravi conseguenze future. È
chiaro che ci addentriamo in un terreno ... minato, in segreti gelosamente
custoditi, e che non sarà possibile manifestare apertamente talune certezze o
fondati sospetti che chiariscono finalmente tutto, anche perché NON è affatto
nostro il merito di almeno due parti fondamentali della soluzione. Un tutto che
è infatti alquanto complesso, e costituito anche da avvenimenti che non abbiamo
mai neanche lontanamente sfiorato in precedenza con il pensiero[24] (né ci
risulta che mai qualche altro majoranologo si sia mai neppur lontanamente
avvicinato alla verità), prima che un grande esperto del caso non ci avesse
indicato cortesemente in quale direzione andare ad investigare al fine di
risolvere la nostra antica curiosità. Si tratta di
uno studioso che con grande pazienza e sagacia ha saputo in maniera
convincente ricostruire l'enigmatica fase della scomparsa, e ce ne ha
comunicato alcuni elementi essenziali dopo molte nostre insistenze (la
corrispondenza virtuale intercorsa tra noi nel corso degli ultimi anni ha
oltrepassato le 500 pagine!), elementi che si sono inquadrati perfettamente in
altri trovati da noi stessi, e con altri rinvenuti successivamente, a comporre
una sorta di grosso puzzle,
circostanza che ha confermato che la nuova strada imboccata era finalmente
quella giusta (del resto, una volta che si è capito dove bisognava andare a
scavare, certe notizie sono venute fuori da sé). Ci piace riferirci a codesto
majoranologo di notevole spessore come al "Grande Inquisitore" (nomignolo che i
lettori ricorderanno era stato dato dai colleghi di via Panisperna proprio ad
EM), e basta, per non coinvolgerlo irrispettosamente nelle nostre personali
ossessioni e residui possibili errori (sappiamo per esempio che le nostre
ricostruzioni divergono totalmente per quanto concerne il periodo post 1938),
sicché citeremo qui talune sue utilissime istruttive osservazioni mettendole
tra virgolette senza ulteriori specificazioni[25].
Nel brano che segue, che ci permettiamo di riportare
integralmente a beneficio della verità a lungo ricercata, sono infine
sintetizzate (quasi) tutte le motivazioni della scomparsa di EM:
"...con la scomparsa Majorana si libera in un sol
colpo di tutte le pastoie in cui si era trovato intrappolato. DELLA DONNA, CHE
NON LO AVEVA AMATO AL PUNTO DA SFIDARE LO SCANDALO, dell'Istituto di Fisica di
Napoli, dei ragazzi di via Panisperna, verso i quali esisteva una totale
ripulsa, di Enrico Fermi ... ma si tratta di una liberazione anche nei
confronti della sua famiglia, in particolare dalla madre, CUI FORSE ETTORE
RIVOLGEVA DEI RILIEVI BEN PIÙ SIGNIFICATIVI DI QUELLI DI ECCESSIVO
AUTORITARISMO ... Dai fratelli e sorelle, con i quali si era realizzato un
progressivo distacco, a partire dalla complessa vicenda della polemica con il
padre Fabio, a proposito della elaborazione, da parte di questi, di una nuova
eccentrica formulazione della meccanica, con la quale Ettore assolutamente non
concordava. Dallo zio Quirino, coinvolto in ricerche scientifiche di valore
marginale, sulle quali veniva continuamente richiesto il parere di Ettore,
dallo zio Giuseppe etc.".
In lettere maiuscole troviamo un criptico accenno a
DUE dei segreti introdotti nel titolo del presente capitolo, precisamente il
primo e il terzo, e su di essi non vogliamo-possiamo dire di più, in quanto
ancora ... scottanti[26].
Basta codesto fugace cenno a consentirci di dire che
abbiamo concluso il nostro lavoro come meglio non avremmo potuto? No, sia
perché rimane finora insuperata l'obiezione III - non l'abbiamo dimenticata,
del resto la parte forse più interessante di questo "giallo", davvero
degno di un romanzo - sia perché esiste a nostro parere un ulteriore
"segreto" (il secondo) che ulteriormente giustifica l'astio che siamo
stati costretti a riconoscere, un segreto sul quale possiamo offrire qualche
indicazione meno vaga di quanto siamo stati costretti a fare per il primo e per
il terzo.
Ma procediamo con ordine. L'obiezione III viene
perfettamente superata dalla ricostruzione effettuata dal nostro Grande
Inquisitore. Le famose inspiegabili modalità della scomparsa NON hanno nulla a
che fare con ciò che accadde dopo, vale a dire con la scelta di EM di andare a
rifarsi una vita in Germania (scelta che si sarebbe rivelata ahinoi per lui
infelice di lì a pochi mesi, ed ancora peggiore di lì a pochi anni), ma hanno
un'origine esclusivamente SENTIMENTALE e PERSONALE. EM mise in piedi un'elaborata ma sensata
messinscena avente come ispirazione un lavoro teatrale di Ibsen del 1888,
"La donna del mare" (per esempio: "il mare mi ha
rifiutato", può essere interpretato come "la donna del mare mi ha
rifiutato"). EM non andò mai a Palermo (anche se sarebbe partito
volentieri, ma solo insieme a qualcuna che appunto non volle seguirlo), a
maggior ragione non fece nessun ritorno a Napoli. Se ne rimase tranquillo
(termine forse improprio data la triste situazione) nel capoluogo
partenopeo[27], dove fu avvistato ai primi di aprile dall'infermiera nominata
verso la fine del capitolo I, indi prese la decisione che ormai sappiamo. Il
fratello Salvatore aveva intuito tutto questo, cito da una sua lettera alla
sorella Rosina del 22 aprile 1938: "Nella 2a lettera a Carrelli non c'è
una sola frase veramente sincera [...] questa lettera fa parte dell'esecuzione
di un programma".
A questo punto, visto che non ci è permesso di
raccontare di più sulla "donna del mare", potremmo dire de hoc satis, ma sentiamo invece
irresistibile la tentazione, come dianzi accennato, di introdurre ad
un'ulteriore "verità" (inutile sottolineare ancora una volta come
essa si debba, almeno nelle sue linee essenziali, al Grande Inquisitore, noi ne
abbiamo soltanto aggiunte alcune altre), un episodio della vita di EM che
spiega con maggiore forza sia l'astio di cui abbiamo parlato in precedenza, sia
quella che potrebbe apparire una reazione eccessiva di Ettore alla delusione
napoletana che pose fine alla sua vita conosciuta.
Per fare ciò dobbiamo tornare all'anno 1933,
all'inizio del quale anno EM si recò come noto in Germania per trascorrervi un
periodo di studio. Bene, si sa che EM fece ritorno definitivo in Italia
soltanto pochi mesi dopo l'inizio del suo soggiorno in terra tedesca, un
soggiorno che in effetti ci è sempre parso ... troppo breve. Arrivò infatti a
Lipsia il 19 gennaio del 1933, ma già il 4 agosto espresse al CNR - che gli
aveva concesso una borsa di studio - l'intenzione di rientrare in Italia. Ai
primi di luglio la famiglia era andata a trovarlo a Lipsia, ma in una lettera
del 25 luglio EM annuncia ai congiunti il suo prossimo ritorno. Dalla lettera
del 27 luglio citata nella nota 23, sappiamo anche che progettava di restarsene
a Roma nonostante l'assenza della madre, delle sorelle e dei fratelli, e che
ciò fu causa di preoccupazione da parte di Dorina, prontamente dissuasa però
dal fare rientro a Roma onde badare al figlio, insomma un evidente desiderio da
parte di Ettore di rimanere da solo. In conclusione, a partire dai primi giorni
di agosto 1933 ritroviamo EM a Roma libero di fare ciò che voleva senza nessun
"controllo", ed è lecito allora porsi due domande: c'era forse qualche
importante motivo che giustificasse tale volontà? E' una pura coincidenza che è
proprio da allora che data l'inizio del suo "periodo oscuro"?
Come racconta la sorella Maria (Recami, Ed. Di
Renzo, 2000, p. 63), EM dirada sempre più le sue visite all'Istituto di Fisica,
e pure la frequentazione con gli "amici" che aveva lì. Continuava
però a studiare a casa "parecchie ore al giorno, e la notte",
dedicandosi a "studi di letteratura e filosofia", ma anche di
"teoria dei giochi, strategia navale, economia, politica, medicina",
senza escludere probabilmente pure un po' di fisica. Un comportamento giudicato
strano da parte di chi aveva conosciuto il precedente Ettore, un suo
progressivo isolamento che fece pensare ad una possibile
"depressione". Sia come sia, questi "anni bui" (come li
chiama Salvatore Esposito nel libro citato nella nota 15, p. 62) termineranno
soltanto all'improvviso 4 anni dopo, ossia nel 1937, con l'inattesa (da parte
dei vecchi colleghi che l'avevano ormai quasi completamente dimenticato) decisione
di partecipare al famoso concorso etc. etc.[28].
Possiamo allora portare le nostre domande da due a
tre: c'è forse qualche evento rilevante nella vita di EM che possa spiegare il
suo ... ritorno alla "normalità" proprio nel 1937?
Ecco che, ancora grazie al Grande Inquisitore, siamo
riusciti ad intravedere un filo comune dietro a tanti altrimenti inspiegabili
comportamenti. Non si trattava forse della presenza di una donna, di un amore
destinato a rimanere incompiuto in quanto la signora era regolarmente
coniugata? (a quel tempo il timore di uno scandalo sociale era assai più forte
di quanto non lo sia oggi, con l'avvento della "liberazione" del
gentil sesso). E se questo amore ebbe ... una conseguenza, come ebbe, una
conseguenza che vide la luce esattamente nell'estate del 1933, non ci troviamo
forse di fronte a DUE singolari coincidenze?
Il premuroso vero padre (un lato della personalità
di EM che dobbiamo riconoscere in qualche modo imprevisto, almeno a giudicare
dai racconti che ci sono pervenuti su di lui), allo scopo di seguire i passi di
una figlia alla quale non poteva stare accanto quanto avrebbe desiderato, lasciò i suoi prediletti
impegnativi studi per starle quanto possibile vicino. A nostro parere, conferma
a sorpresa codesta ricostruzione il seguente brano presente nel libro di Tonini
(p. 33), un brano altrimenti incomprensibile:
"Il martedì e il giovedì mattina, a Villa
Borghese, verso le 11.30, passa, a cavallo, una fanciulla bionda. Avrà 16-17
anni. Ne ho l'impressione di una creatura delicata e gentile, ma nello stesso
tempo sicura di sé. Appartiene a un mondo diverso dal mio, al quale io non
oserò mai accedere".
Se questa non è un'invenzione letteraria di Tonini -
come quasi tutti i majoranologi invece ritengono scegliendo la strada più
semplice ma forse appunto quella sbagliata - dobbiamo chiederci: cosa ci faceva
EM a Villa Borghese tutte le mattine o quasi, fino a notare il ricorrere di
quell'evento soltanto nei giorni di martedì e giovedì? Non aveva altro di
meglio o di maggiormente importante da fare? È chiaro secondo noi che quella di
Tonini non è una fantasia, bensì un preciso ricordo di un passo presente negli
appunti ricevuti, e che ci stiamo quindi di necessità riferendo al periodo
misterioso della vita di EM 1933-1937. Individuata l'amante di EM, e scoperto
dove abitava a Roma, si scopre che essa stava proprio nei pressi di ... Villa
Borghese, e come avrebbe potuto Tonini indovinare codesto particolare? Un'altra
coincidenza?
È lecito per noi immaginare un EM che si recava
spesso in quel luogo la mattina per vedere di nascosto passare la bambina in
una carrozzina spinta da qualche tata. Ma non basta, anche l'inopinato ritorno
alla normalità nel 1937 si accompagna, guarda caso, ad un importante evento
nella vita della bambina. Questa, deceduta soltanto pochi anni fa, racconta
infatti in un suo libro di memorie il dispiacere che provò quando, precisamente
all'età di 4 anni, fu portata via da Roma per andare in collegio all'estero, e
poiché 1933+4 fa proprio 1937, ecco che ci troviamo di fronte ad una TERZA
inquietante coincidenza. Un dispiacere per lei ancora grande, di cui fece colpa
alla madre, senza probabilmente conoscere le autentiche circostanze che
indussero la signora a quella dolorosa decisione. La storia infatti secondo noi
non finisce come l'abbiamo fin qui raccontata, perché non sono ancora chiare le
ragioni dell'improvviso allontanamento della bambina da Roma, ragioni che però
chiare lo diventano possibilmente quando si mettono in relazione gli
avvenimenti appena descritti con un altro importante episodio (notizia
proveniente ancora una volta dal Grande Inquisitore). Nei giorni immediatamente
successivi alla scomparsa di EM da Napoli, e quindi alla fine del mese di marzo
1938, ci fu un vivace alterco tra uno dei familiari di EM e la donna di cui
sopra, alla quale veniva imputato di essere la causa di tutte le sventure di
Ettore.
A questo punto non è difficile presumere che furono
pressioni della stessa famiglia di EM, che probabilmente minacciava di uno
scandalo la signora, a costringere la donna ad allontanare la figliola
mandandola in un collegio all'estero. Questa sarebbe la seconda
"reclusione" in collegio di ragazzi in tenera età in cui ci
imbattiamo in questa storia. Una reclusione in luoghi assai lontani dalla famiglia
d'origine, ed ecco quindi una motivazione (e probabilmente una motivazione
ULTERIORE) per l'ASTIO che abbiamo introdotto come unico modo per superare
l'obiezione I.[29]
Insomma, ecco che sono state così vagamente
introdotte le figure di almeno 6 femmes fatales che hanno giocato un
ruolo rilevante, e più o meno consapevole, nella scomparsa di EM. Una fa parte
del contesto a cui ci siamo riferiti come al primo segreto, tre al secondo, due
al terzo, non possiamo purtroppo dire di più.
Tornando rapidamente su ciò che avvenne in seguito,
appare davvero singolare che solo pochi mesi dopo quella fatidica estate del
1937, il povero EM sia ricaduto in un'esperienza del tutto analoga ...
conseguenza inclusa. Una nuova relazione la cui infelice conclusione stavolta
il giovane uomo, nonostante la sua riconosciuta genialità scientifica, non
seppe affrontare, una goccia che fece traboccare il vaso della sua peraltro
generale insoddisfazione, al punto da preferire allora scomparire per sempre,
mandando definitivamente al diavolo baracca e burattini[30]. La vita sa giocare
a volte "scherzi" davvero crudeli, non possiamo che augurarci che EM
abbia avuto la fortuna di trovare nel seguito della sua esistenza maggiori
gratificazioni in campo affettivo...
CAPITOLO VI - CONCLUSIONE
"J'aurais
peut-être, avant de mourir,
le prix de la vie, qui est de trouver
le vrai et le dire selon son coeur".
Jules
Michelet, "Histoire de la Révolution
française", Tome premier, p. XXIX,
Paris, Chamerot, Libraire-Éditeur, 1847
In conclusione, la vita di EM si deve suddividere
secondo noi in diverse fasi ben distinte (ripetiamo, una soluzione del caso
complessa, che fa pensare al famoso apologo dei ciechi e dell'elefante[31]).
1a fase - dal 1906 (nascita) fino al 1932
[In tale fase si verifica almeno un evento di tipo
familiare-affettivo che giocherà un ruolo non marginale negli sviluppi futuri
della vita di EM, il primo "segreto".]
2a fase - dal 1933 alla partecipazione al concorso del 1937
[In tale fase si verificano almeno tre eventi di
tipo familiare-sentimentale che giocheranno un ruolo non marginale negli
sviluppi futuri della vicenda, il secondo "segreto". Mi piace
ribadire che tali circostanze sono capaci di spiegare in maniera del tutto
soddisfacente l'improvviso abbandono da parte di EM degli studi nel 1933, e
l'altrettanto improvviso ritorno ad essi nel 1937, quando iniziò la procedura
per un nuovo concorso a cattedra di Fisica Teorica.]
3a fase, brevissima ma decisiva - dal novembre 1937, quando
si concluse il famoso concorso (il decreto di nomina firmato dal ministro è
datato 2 novembre), fino al marzo 1938
[Periodo fondamentale per un nuovo
"scandalo" privato in cui EM rimane coinvolto, il terzo
"segreto". La dolorosa conclusione di tale vicenda fu la goccia che
fece traboccare il vaso dell'insoddisfazione di EM.]
Stabilire cosa avvenne di EM in seguito è stato più
facile, va sottolineato però che mentre sulle prime 3 fasi possiamo avere oggi
ragionevoli certezze, per quanto riguarda il post 1938 (ma soprattutto il post 1945)
esiste qualche
concreta possibilità di ... futuro ravvedimento.
4a fase - dall'aprile 1938 (presumibilmente) al 1945,
permanenza in Germania
5a fase - dopo il 1945, in URSS (da un certo punto in poi
lavora con Pontecorvo a favore di Israele?!), fino a quando?, probabilmente
fino alla seconda metà degli anni '50
6a fase - è per il momento completamente ignoto cosa
avvenne di EM nel decennio successivo, diciamo tra la fine degli anni '50 e
quella degli anni '60: trascorse quel periodo sempre in URSS, o gli fu concesso
di rientrare da qualche parte in Italia, ospite per esempio di strutture
religiose (come farebbero presumere le voci relative a taluni suoi
"avvistamenti"), prima del definitivo rientro nella regione natia di
cui abbiamo detto?
7a fase - intorno al 1968-69 fa ritorno in Sicilia, "a
sud di Tunisi", fino alla morte avvenuta alla fine del 1973 o all'inizio
del 1974 (da qualche congettura, morte non avvenuta in Sicilia ma altrove,
finalmente riconosciuto ed aiutato dalla sua prima indimenticata figlia).
- - - - -
È veramente ormai tutto "finito", risolto?
Mah, qualche novità potrebbe ancora venire
prossimamente a modificare il quadro qui in maniera sommaria descritto. È annunciato per esempio
prossimo il lavoro di un ex collega matematico di Bergamo (il prof. Emilio
Spedicato) che dovrebbe divulgare alcune indiscrezioni la cui origine è il
fisico Leo Pincherle, probabile amico di EM al tempo degli studi in Roma, ed
altro concorrente al famoso concorso del 1937.
Tanto per dire, inoltre, nell'archivio Emilio Segrè
presso l'OAC (Online Archives of California) esiste una scatola che "non
abbiamo potuto consultare, perché è secretata ancora per alcuni decenni, fino
al 2057. Lì certamente c'è tutto, Segrè era di sicuro informatissimo" (va
da sé, ancora grazie al Grande Inquisitore).
https://oac.cdlib.org/view?docId=c8639vx8&developer=local&style=oac4&s=1&query=carton+39&x=0&y=0&servlet=view
This collection documents the personal and
professional life of Nobel Prize-winning physicist and University of
California, Berkeley professor Emilio Segrè and offers insights into the
history of physics and physicists in the 20th Century. Segrè's papers include
personal and professional correspondence; family papers and personalia;
materials related to Segrè's mentor and colleague, Enrico Fermi; articles,
drafts, manuscripts, talks, and publications; journals and notebooks; book
projects; records from the Lawrence Berkeley Radiation Lab and Los Alamos
National laboratory; materials related to Segrè's Nobel Prize; administrative
records from the University of California Berkeley; course materials; and works
by other physicists.
Carton 39, Folder 1-20 -
Personnel Records 1947-1987
Restrictions
on Access
Carton
39 includes restricted personal and personnel information and is closed to
researchers until 2057.
Detto che in effetti potrebbe anche darsi che, come
dopo la recente apertura degli archivi segreti vaticani relativi al pontificato
di Pio XII, l'attesa rimanga infine delusa, ci congediamo sperando di essere stati
sia pure soltanto parzialmente interessanti ma soprattutto utili per la ricerca
della verità...
UB, Perugia, marzo 2021 - Feci quod potui...
APPENDICE - IL CASO TONINI
Riporto ampi brani del libro menzionato all'esordio
del presente lavoro, poiché, ripeto, si tratta di una questione importante.
"Ci siamo dilungati in citazioni
dall'Introduzione di Tonini perché il lettore possa sentire, come noi, vibrare
nelle sue parole quel 'suono della verità' di cui parlavamo alla fine del
capitolo II, ma questo naturalmente non è tutto. Come avrebbe potuto un
ingegnere, seppur con tali illustri ex compagni di studi, che esercitava
duramente sul campo in Sardegna, avere trovato qualcosa di nuovo e di
interessante da raccontare su eventi che si svolgevano così lontano da lui, sia
geograficamente che intellettualmente? Facciamo allora parlare ancora l'autore.
«Mentre Majorana così pensava, io, ingegnere in
Sardegna, apprendevo il duro lavoro delle bonifiche. Imparavo, fra spaccapietre
e lavoraterra, a conoscere le rocce, le acque, la materia, gli uomini. Appresi,
allora, che la realtà non è un sillogismo della ragione; a fronte di questa
realtà dovevo misurare il valore delle mie convinzioni. Ed ecco il fatto
strano. Qualche tempo fa mi giunsero in modo misterioso, da un anonimo, alcuni
disordinati appunti, su cartaccia consunta e quasi illeggibili. Dopo un po' mi
accorsi che si riferivano in modo assai preciso a specifici argomenti trattati
da Ettore Majorana. Incuriosito, cercai di mettere un certo ordine a questi
appunti scritti con calligrafia falsata e quindi probabilmente apocrifi. Pensai
allora che il fatto stesso che sulla sorte di Ettore Majorana si fosse
esercitato, negli anni scorsi, uno scrittore di grande fama, potesse aver
provocato in qualcun altro una certa suggestione a inventare qualche altra
storia. Ma non mi spiegavo perché poi tutto questo fosse finito in mie mani.
Senonché a un certo punto UN PRECISO ACCENNO A UN CERTO TRAGICO AVVENIMENTO CHE
CREDEVO IGNOTO, mi spinse a mettere ordine a questi disordinati appunti».
Ecco dunque spiegato, almeno in parte, come presto
diremo, tutto il 'mistero'. Il riferimento evidente al libro di Sciascia, edito
nel 1975, farebbe pensare che gli appunti siano stati ricevuti da Tonini
diciamo intorno al 1978, e che egli avrebbe quindi aspettato, o impiegato,
quattro o cinque anni per metterli a posto, e presentarli infine in una forma
abbastanza unitaria e organica, possibilmente precisa anche cronologicamente,
giovandosi per far ciò, come riconosce, delle memorie di Amaldi: «Devo altresì esplicitamente
dichiarare che per metter ordine a quegli appunti mi son servito, a piene mani,
dell'importante e già citato volume La
vita e l'opera di Ettore Majorana, curato, come ho detto, da Edoardo
Amaldi...».
Questa storia basterebbe da sola a destare qualche
curiosità: quale mano anonima, a distanza di tanto tempo, avrebbe mai pensato a
una simile operazione? Come conosceva così bene Majorana, o viceversa come
poteva aver l'ardire di inventarsene uno a proprio uso e consumo, da aver
potuto improvvisare tante riflessioni aventi il sapore della verosimiglianza?
Si noti poi che costruire un Majorana tanto critico, e con tali ben sviluppate
argomentazioni, non è impresa alla portata di chiunque; particolarmente poi,
descrivere un Majorana anti-relativista 'in segreto'.
[NOTA: La
circostanza è peraltro meno incredibile di quanto possa sembrare a tutta prima
(tenuto conto del consenso così ampio e incondizionato nei confronti delle
teorie di Einstein da parte della quasi totalità dei fisici). Lo zio Quirino
Majorana è infatti noto, a chi si diletta di certi studi, per il suo coraggioso
atteggiamento di critica nei confronti delle teorie relativistiche, e potrebbe
avere influenzato il nipote. Dei rapporti, continui nel tempo, tra Quirino ed
Ettore, concernenti soprattutto argomenti scientifici, ci restano numerose
lettere, alcune delle quali comprese nel saggio di Recami, ma la maggior parte
inedite (vedi quanto ne viene detto in ER, p. 154). Di questo originale
atteggiamento di Quirino appare ben edotto Sciascia, il quale così ne parla:
"per tutta la vita si adoperò a dimostrare fallace la teoria della
relatività, senza mai riuscirvi e onestamente riconoscendo di non riuscirvi: il
che non gli impediva di continuare ostinatamente a combatterla",
aggiungendo di essere curioso di sapere "quali fossero i rapporti, quali
le discussioni in ordine alla teoria della relatività, tra zio e nipote: tra
Ettore che ci credeva e Quirino che rifiutava di accettarla" (LS, p. 68).
È chiaro che il quadro descritto da Sciascia si differenzia molto da quello qui
precedentemente delineato, e anche per quanto riguarda gli 'onesti
riconoscimenti' di Quirino avremmo qualche dubbio. Questi infatti, al termine
di diverse sue ricerche sperimentali che gli sembrano contraddire i principi
della relatività, si trova costretto a scrivere: "Penso che i relativisti
dovrebbero prendere in considerazione il mio punto di vista, decisamente
contrario alla relatività di Einstein. Se il loro silenzio dovesse continuare,
mentre io da anni manifesto il mio pensiero, ciò dovrebbe interpretarsi con
l'impossibilità di dimostrare l'inesattezza dell'insieme delle mie
considerazioni. Invece, la serena discussione, potrebbe chiarificare una
questione, che tanta importanza avrebbe per il progresso della scienza"
("Considerazioni sulle forze nucleari", Rend. Sci. Fis. Mat. e Nat., Acc. Naz. Lincei, Vol. XIII, 1952, p.
103). Queste parole potrebbero confermare l'opinione che Ettore Majorana
avrebbe potuto essere dissuaso dal rendere pubbliche le proprie considerazioni
al riguardo, tenuto conto dell'esperienza personale così negativa dello zio
(immutata anche tanti anni dopo gli avvenimenti che stiamo ricordando).]
Un competente, in qualche modo, dunque, ma, escluso
Tonini stesso, perché avrebbe scelto proprio l'ingegnere, ex collega di Fermi,
per divulgare il parto della sua fantasia scientifico-letteraria? Come poteva
conoscerlo, per quali vie? E quale sarebbe stato quel 'tragico avvenimento' che
avrebbe persuaso Tonini a prendere finalmente sul serio il materiale ricevuto,
e a farcelo in ogni caso per fortuna pervenire?
Va detto allora che, successivamente al colloquio
avuto con Recami sul valore storiografico del libro in oggetto (avvenuto un
numero di anni fa che non saprei oggi purtroppo precisare), cercai di
approfondire la questione con qualcuno dei familiari dell'ingegnere, purtroppo
già da qualche anno scomparso (mi si perdoni la comprensibile genericità), e
venni a conoscenza di una storia leggermente diversa, che esporrò qui come mi è
stata raccontata, sperando che la memoria non mi abbia nel frattempo giocato
qualche brutto tiro (ma sulla corrispondenza di quanto riferirò a quello che mi
fu raccontato, almeno nelle grandi linee, potrei giurare). Le carte di cui
parla il compianto ingegnere non gli arrivarono nei tardi anni 70, ma subito
dopo la scomparsa di Majorana, comunque prima della guerra. Andarono disperse
durante un bombardamento che ebbe luogo sulla città di Cagliari verso la fine
delle ostilità, e il loro contenuto restò per tanti anni impresso soltanto
nella sua mente. Il tragico avvenimento che lo aveva tanto colpito, e al quale
si faceva cenno nelle carte ricevute, è presto detto: «M'ha colpito il fatto di
quel giovane studente Giulio T. che si è suicidato gettandosi dall'alto della
Torre Pendente di Pisa, alla vigilia di laurearsi in giurisprudenza, con esito
che sarebbe stato certamente brillantissimo. Era un giovane tranquillo,
assennato, intelligente, studioso. Lo avrà fatto per un disperato incompreso
amore? Nessuno sa niente. Ha saputo morire inaspettatamente. [...] Mi hanno
detto che il fratello, ingegnere, è andato a lavorare in Sardegna, in opere di
bonifica». Così
riportano le 'memorie' di Majorana pubblicate da Tonini alla p. 56, e il
lettore avrà ormai compreso che Giulio T. non era altri che lo sfortunato
fratello di Valerio Tonini, che si volle togliere tragicamente la vita, in un
anno che non saprei precisare, ma comunque tra il 1927 e il 1931, almeno stando
alla coerenza interna del testo esaminato. Ecco dunque forse spiegato perché
qualcuno, che aveva ricevuto le carte direttamente da Majorana, o che le aveva
sempre conservate presso di sé (o che le aveva addirittura scritte, o
trascritte, lui stesso, così come si prendono appunti da un professore, o da una
persona della quale si abbia comunque stima, e forse anche qualche
soggezione?!), abbia pensato al fratello dell'amico di Ettore, ed a lui abbia
deciso di consegnare, in forma anonima, quel materiale, certo disordinato,
quasi illeggibile, ma sicuramente destinato ad avere un effetto sorprendente
sull'inconsapevole destinatario. Impressionato dal criptico riferimento
familiare, sul quale per pudore sorvola nell'Introduzione, Tonini avrebbe
sempre conservato un vivido ricordo di quegli appunti, ma solo molti anni più
tardi, quando una volta andato in pensione poté con animo sgombro da altre cure
dedicarsi agli studi 'puri' che avrebbe sempre desiderato svolgere (o almeno in
modo parallelo alla sua attività professionale), ecco che decise infine di
liberarsene la mente, di divulgarli, come 'cose che possono essere di
particolare interesse'. Nel compiere tale operazione si sarà certamente preso
molte libertà, sia pure senza malizia, la memoria è ingannevole, come ci si
rende purtroppo ampiamente conto invecchiando, e può far credere ciò che non è
stato. Tonini ci avrà pur messo qualcosa di suo (ricordi, voci, ...), e
riconosce del resto esplicitamente di avere "integrato" quegli
appunti (i suoi 'ricordi' di essi) con la biografia di Amaldi. È quindi più che
possibile che, in qualche punto laddove sembra che parli direttamente Majorana,
si tratti soltanto in realtà di un'eco dei ricordi di Amaldi, rivisitati
attraverso quelli che conservava nella sua mente Tonini. Tra questi, pensiamo,
il caso della storia del 'famoso' concorso, "Fermi e gli altri amici
vogliono che io concorra" (p. 103), o il ricordo, dubbio per i motivi a
suo tempo spiegati, secondo il quale "Giovanni Gentile, Emilio Segrè ed
Edoardo Amaldi mi vogliono far uscire di casa, almeno per andare dal barbiere"
(p. 99); ma sono del parere che il 'complesso' di quanto riportato nelle pagine
di Tonini dovrebbe considerarsi, almeno fino a prova contraria, frutto né di un
'imbroglio', né di un espediente letterario, e quindi parzialmente affidabile,
ed utile per un'ulteriore conoscenza del 'vero' Majorana, del Majorana
'segreto' (del resto, quanto riferito 'attraverso' Tonini si inquadra assai
bene in un contesto del quale avevamo già potuto autonomamente tracciare le
linee principali)".
Nota attuale - Quanto ad un EM possibile ... antirelativista in
segreto, bisogna riconoscere che nei pochi suoi lavori scientifici rimasti non
c'è traccia di una tale eventuale propensione. Sarebbe stato peraltro
assolutamente ridicolo da parte di Tonini voler mettere delle sue proprie
opinioni in bocca ad altri, in questo caso addirittura uno
"scomparso" che non avrebbe potuto difendersi. Insomma, un'operazione
di infimo livello morale, del tutto estranea alla personalità dell'ingegnere.
Aggiungiamo che nel libro di Tonini si trova
esplicitamente: "Einstein è diventato un idolo intrasgredibile, un tabù.
Si tratta di una ragione che esula dal campo scientifico, ed impedisce la
libertà di pensiero e di critica, tanto più oggi dopo i tragici avvenimenti
della guerra. E poi, disgraziatamente, sembra che si vogliano inquinare codeste
discussioni con balorde idee antisemite. Sarebbe veramente grande disgrazia -
che Dio tenga lontana da noi - se fra me e i miei carissimi amici ebrei, come
Segrè, per esempio, dovesse anche lontanamente insinuarsi un dubbio di
reciproca incomprensione atavica".
E poi ancora: "Eppure proprio Einstein ci ha
messo undici anni, dal 1905 al 1916, a capire che la Relatività Ristretta era
una mera e insignificante geometrizzazione euclidea di un impossibile movimento
rettilineo in un inesistente spazio supposto vuoto, del tutto uniforme,
omogeneo, isotropo".
Concludo dicendo che di conseguenza in tal modo io
oggi interpreto la famosa convinzione espressa da EM che la fisica fosse
"su una strada sbagliata" (convinzione riportata da diverse fonti,
quindi quasi certamente autentica, vedi per esempio Recami, Ed. Di Renzo, 2000,
p. 73, ma anche la nota 14). Pressoché la totalità dei commentatori, sulle orme
di Sciascia, hanno creduto che EM avesse voluto così profetizzare i futuri
infausti esiti della ricerca nucleare, ossia la costruzione di ordigni atomici,
mentre io ritengo che EM potesse invece riferirsi a qualche concezione teorica
alternativa della "filosofia naturale", come quella cartesiana
materialista che lo scrivente ha approfondito per tanti anni, sebbene con
scarso o nullo successo...
NOTE
[1] A parte fugaci introduzioni del termine, quali per esempio Castellani
(1974, p. 97), che include la domanda "Ucciso?" tra le varie
possibili soluzioni del caso, ho trovato in rete soltanto il cenno seguente.
http://www.bestofsicily.com/magazine.htm - Agosto
2006
http://www.bestofsicily.com/mag/art204.htm
Ettore Majorana by Vincenzo Salerno
"Ettore
Majorana disappeared from a ship during a routine trip from Palermo to Naples
in March 1938 and was presumed dead. A theory of suicide has always been
advanced, but the politics of the Fascist and Nazi years leading up to the
Second World War suggest homicide. As some of Majorana's work might have
facilitated development of an atomic bomb, a project with which Heisenberg was
eventually involved for Nazi Germany, there exists a strong possibility that he
was murdered, probably by Nazi agents".
[2] Scrivere è un
compito al quale ci accingiamo sempre malvolentieri, da "grafoman[i]
controvoglia", in conformità alla seguente bella riflessione di Vittorio
Messori (dalla Prefazione a "Il quadrato magico", di Rino Cammilleri,
Rizzoli, Milano, 1999): "Sostengo da sempre che (salvo casi di patente
masochismo), non esiste quella 'gioia di scrivere' di cui parlano quasi solo
coloro o che non praticano questo esercizio o che non trovano poi chi stampi le
loro scritture. Esiste, semmai, la 'gioia di aver scritto': il sollievo di
avere finito, di essersi liberati da un'attività che non è affatto 'naturale',
che si rivela spesso un peso, un tormento. E non mi si accusi di incoerenza:
perché, allora, avrei passato la vita a scrivere, invece di praticare mestieri
meno penosi? Ho la risposta pronta: tanto sono restio alla scrittura,
altrettanto sono goloso di lettura. Dunque, per ciò che davvero mi interessa,
non avendo trovato i libri che avrei voluto leggere, ho ceduto a una raptus di
presunzione, tentando di farmeli da solo".
[3] Da una lettera di Salvatore Majorana da Roma a Francesco Majorana, di
Giuseppe, datata 17 aprile 1938: "da due giorni non opino più per il
suicidio, in base a dette due testimonianze". Una conferma che la prima
impressione dei familiari di EM fu ovviamente che il congiunto si fosse
suicidato, salvo a rendersi poi conto presto che ciò non poteva essere vero,
per esempio a causa di qualche testimone che asseriva di averlo visto dopo la
"scomparsa", avremo modo di riparlarne presto.
[4] Debbo confessare del resto che non mi hanno mai
convinto i racconti su una presunta "religiosità" di EM, troppo
lontana dal suo carattere e dalla sua mente razionale. So bene che nel presente
contesto potrebbe sembrare fuori tema, o addirittura inopportuno, un rimando
alla coraggiosa opera generale di Charles Binet-Sanglé (1868-1941, autore di 4
ponderosi volumi su "La folie de Jésus", 1908 e 1910, 1910, 1912,
1915), ma soprattutto ai suoi articoli "Le crime de suggestion religieuse
et sa prophylaxie sociale", Archives d'anthropologie criminelle,
1901, e "Physio-psychologie des religieuses", Revue de psychiatrie,
1901, ma lo ritengo al contrario conveniente nell'attuale contesto (sebbene la
mente sia così costretta a tornare su tristi avvenimenti storici quali per
esempio quelli descritti nella famosa opera teatrale "Dialogues des
Carmélites" di George Bernanos - pubblicata postuma nel 1949, basata sul
romanzo di Gertrud von Le Fort "Die Letzte am Schafott", 1931).
[5]
http://www.cartesio-episteme.net/ep8/ep-forum.htm
Con alcuni amici avevo fondato la rivista nel 2000,
e l'avevo portata avanti con entusiasmo - accompagnato da un peraltro
prevedibile scarso successo - per un quinquennio. Di Episteme (i cui
numeri sono tutti reperibili in rete:
http://www.cartesio-episteme.net/Epistem.html) avremo modo di riparlare.
[6] - Eppure lungo il cammino era venuto fuori un indizio assai
promettente a favore dell'alternativa M NV. Era il 2010 quando il Dott. Guido
Abate, all'epoca
dottorando di ricerca e attualmente ricercatore di Economia degli Intermediari
Finanziari presso l'Università degli Studi di Brescia (Dipartimento di Economia
Aziendale), ma anche appassionato ed acuto cultore di storia contemporanea,
riuscì a dare una possibile identità al misterioso Charles Price, nominato in
una famosa lettera del Prof. Vittorio Strazzeri datata 31 maggio 1938
indirizzata a Salvatore Majorana (si veda per esempio quanto se ne dice in
Sciascia 1975, pp. 60-61, e poi Recami, Ed. Di Renzo, 2000, p. 16), ed a
consentire allo scrivente di proporre la molto seducente catena: Price=Zedick=Il
Giusto=Il capo della rete inglese di
spionaggio e sabotaggio in Italia durante la guerra. Sappiamo invece adesso che
Price morì a Glasgow nel febbraio 1938, giusto il mese prima della scomparsa di EM (la
foto risale al 1916, si possono pertanto congetturare una ragionevole data di
nascita e l'età che questo particolare Price aveva nel 1938), sicché tale pista
viene a mancare. Bisogna riconoscere però che ciò non basta per escludere del
tutto l'attività di agenti inglesi intorno ad EM, o più in generale ai fisici
italiani, in quel particolare periodo storico (e che qualcuno di questi abbia
per esempio continuato ad utilizzare l'identità di comodo Charles Price). Tanto
per introdurre un'ulteriore questione ancora poco chiara, nonostante di solito
ci si sorvoli, quasi che la risposta fosse ovvia: perché mai EM fu nominato
professore nel noto singolare modo, e poi spedito proprio a Napoli, sotto
l'occhio vigile di Carrelli, sicuramente un tutt'uno con Enrico Fermi? Certo,
l'"amico" Segrè non voleva EM a Palermo, ed era già stato tutto
concordato in maniera differente, ma volendo bastava bocciare EM al concorso ed
amen. La commissione giudicatrice non doveva sicuramente rispondere a
nessuno del suo operato, e nella particolare circostanza avrebbe potuto
facilmente indicare come ragione oggettiva per la bocciatura la mancanza di
"continuità" nella produzione scientifica del candidato, un argomento
al quale si ricorre spesso in codesti casi. Per non dire dell'altrettanto
oggettiva esiguità di detta produzione: durante il limitato tempo dei lavori di
tali commissioni non è agevole per i singoli commissari valutare il
"peso" dei lavori che non si conoscano già da prima, ed ecco che
diventa allora importante, per non dire decisiva, la "presentazione"
che di qualche candidato viene fatta da parte di qualche commissario, Fermi per
esempio conosceva bene EM (il va sans dire, il tutto si conclude spesso
con una più o meno equa ... spartizione, ma lasciamo stare). Insomma, che si
potesse voler "controllare" EM una volta che appariva tornato
ufficialmente sul campo della ricerca scientifica, e proprio in quel
particolare momento in cui si stava progettando il noto "esodo" degli
ex ragazzi di via Panisperna verso sponde opposte a quelle dei (ri)nati
nazionalismi europei (così come argomentato nel libro che stiamo aggiornando),
non rimane del tutto escluso dai nuovi importanti sviluppi del caso. Del resto,
poiché qui parleremo spesso di "coincidenze" significative, ecco che
la catena di cui sopra appare anch'essa una di queste. In conclusione di nota,
ed anticipando l'esito della nostra analisi, dobbiamo comunque sottolineare che
l'autentica soluzione del mistero Majorana alla quale perverremo non ha nulla a
che fare con tale eventuale attività spionistica collaterale.
[7] Mario Rasetti (Torino, 1941), parente del Franco
Rasetti noto agli interessati al caso Majorana per la sua importante
appartenenza al gruppo dei "ragazzi di via Panisperna", professore emerito di
Fisica Teorica al Politecnico di Torino, Presidente della Fondazione ISI -
Institute for Scientific Interchange, consigliere della Commissione Europea. Il
Prof. Tullio Regge (1931-2014) fu pure lui professore a Torino, e pure lui Presidente
dell'ISI.
[8] Victor
Frederick Weisskopf (Vienna, 19 settembre 1908 - Newton, 22 aprile 2002), uno
dei tanti fisici ebrei che lavorarono alla costruzione della bomba atomica
nell'ambito del progetto Manhattan. Eugene Paul Wigner (Budapest, 17 novembre
1902 - Princeton, 1 gennaio 1995, Premio Nobel 1963), un altro dei fisici ebrei
che hanno "avuto un importante ruolo nel gruppo che, tra il 1939 e il
1945, ha portato alla costruzione della prima bomba atomica". Isidor Isaac
Rabi (Rymanow, 29 luglio 1898 - New York, 11 gennaio 1988, Premio Nobel 1944),
pure lui ovviamente ebreo, "durante la seconda guerra mondiale Oppenheimer
gli offrì un incarico nel progetto Manhattan; Rabi preferì però collaborare
senza recarsi a Los Alamos, lavorando invece sullo sviluppo dei radar al RadLab
del Massachusetts Institute of Technology".
[9] Sono invero al corrente di tentativi di
confutare (o diminuire) la conclusione appena raggiunta sostenendo che si
stesse parlando di ... un altro Majorana, non Ettore, ma almeno che si sappia
nessuna persona "famosa" della famiglia è morta intorno al 1974
(famosa al punto da essere oggetto di conversazione da parte dell'illustre
"triade": Salvatore, il fratello maggiore di EM, persona che mai si
occupò di fisica, era morto invero nel 1971, comunque ben prima del 1974). La
data corrispondente più vicina rimarrebbe allora quella della morte del fratello
di EM Luciano, ossia il 1967, ma Regge riporta chiaramente che Weisskopf "sembrava comunicare agli
altri una novità, una triste notizia, COME SE LA COSA FOSSE ACCADUTA QUALCHE
GIORNO PRIMA", appunto, non anni prima. Parlando di Weisskopf, appare assai
curioso per noi sottolineare come egli abbia fatto lo gnorri quando,
interpellato da Recami nel 1984 durante la fase di preparazione del suo libro
su Majorana, si limitò a rispondere con espressioni di circostanza, in
particolare: "It was a tragic story, and it is also tragic that we do not
yet have cleared up his case"! Preferibili a nostro parere coloro che non
rispondono affatto a domande ... scomode, come il Prof. Zichichi (vedi Nota
13), rispetto a chi risponde ma in maniera manifestamente insincera!
[10] Tale particolare specificazione cronologica non
è riportata nelle pagine del quotidiano citato, ma proviene dallo stesso Prof.
Dragoni, si veda per esempio qui:
http://misteridiassisi.it/la-scomparsa-di-ettore-majorana-parte-1/
Se il party a Princeton avesse avuto luogo nello
stesso periodo dell'intervista a Bernardini, saremmo stati di fronte ad una
"coincidenza" altamente significativa, la quale ci avrebbe
ineluttabilmente portati a riconoscere che i due eventi furono in sostanza ...
lo stesso evento, ossia che Gilberto Bermardini si sarebbe confidato con il
Prof. Dragoni in quanto pure lui appena venuto a conoscenza della morte di EM,
notizia proveniente allora con tutta probabilità dalla medesima fonte da cui la
ricevette Weisskopf (va ricordato che Weisskopf e Bernardini si conoscevano molto bene: per esempio, Weisskopf è stato direttore generale del CERN di Ginevra dal
1961 al 1965, un'istituzione presso la quale Gilberto Bernardini è stato
direttore di ricerca dal 1957 al 1964). In verità siamo venuti da poco a sapere
(per gentile comunicazione personale del Prof. Mario Rasetti) che il famoso
party ebbe luogo probabilmente in primavera, cioè qualche mese dopo
l'intervista di Bernardini, quindi dobbiamo riconoscere che codesta indiretta
conferma della nostra ricostruzione viene ahinoi meno.
[11] La PRIMA è apparsa in maniera ammettiamo indiretta, di sicuro un buon
motivo per spiegare la conversazione della "triade", ma la
testimonianza del Prof. Dragoni è assolutamente diretta. Di un'ulteriore ed
indipendente dalle prime due TERZA importante conferma dell'Ipotesi Klingsor
diremo nel capitolo IV. Val la pena di riportare qui un particolare che rafforza l'ombra
dell'Ipotesi Klingsor dietro quella chiacchierata intercettata a Princeton.
Esso mi è stato riferito da un autorevole corrispondente, che nel capitolo V
chiamerò Grande Inquisitore, il quale ha avuto modo di parlare di persona della
vicenda con Rasetti. Questi aggiunse in quell'occasione che al tempo sentì
Wigner chiedere a Weisskopf: "DID HE DIE IN PEACE?". Una domanda che, pronunciata
nel gruppo dei tre illustri fisici ebrei, due Nobel ed un quasi Nobel, tutti e
tre coinvolti in qualche misura nel progetto Manhattan, dimostra a mio parere
che EM aveva secondo la loro comune conoscenza qualcosa ... da farsi PERDONARE
(per una possibile diversa interpretazione del fatto si veda la successiva nota
[15]).
[12] "Leonardo Sciascia e il caso Majorana:
siciliani scompaiono nel nulla, ma un'ipotesi tarda ad apparire...", Episteme - Physis e Sophia nel
III millennio,
Perugia, N. 5, marzo 2002. Si tratta di un articolo che avevo scritto nel 2000 dietro esplicito
invito dell'associazione "Amici di Leonardo Sciascia", ma la cui
pubblicazione fu infine rifiutata (2001) dai Quaderni Leonardo Sciascia,
sicché fui da ultimo costretto a pubblicarlo da me nel 2002 in Episteme.
[13] Al punto che nel 2010 ne proposi addirittura
una confutazione ... a priori, fondata sulle obiezioni che nel presente aggiornamento siamo infine
riusciti a superare:
http://www.cartesio-episteme.net/ep8/bufala-repubblica-majorana.htm
In effetti avrei potuto convincermi della sua
validità prima di Regge 2012, ovvero già dopo Dragoni 2010, ma allora pensai
che quella riferita (mai messo in dubbio che l'amico Prof. Dragoni non fosse
veritiero, o che si fosse ... confuso!) costituisse soltanto un'opinione
personale di Bernardini, simile a quelle da me già ascoltate altrove, insomma una testimonianza veridica che non aggiungeva però
nulla di nuovo quanto a certezza sulle vicissitudini di EM. Un'opinione peraltro a mio
parere nemmeno troppo antica, secondo quanto scrissi nella "Breve storia
della majoranologia" presente nel menzionato Forum di Episteme,
http://www.cartesio-episteme.net/ep8/majoranologia.htm:
"Se Bernardini era convinto di tale soluzione
del caso, come mai non avrebbe avvertito il genero [L'altrettanto noto Prof.
Antonino Zichichi, fondatore a Ginevra nel 1962 del 'Centro di cultura
scientifica Ettore Majorana', un Centro che ebbe poi sede stabile ad Erice in
Sicilia dal 1963. Tanto Zichichi quanto altri fisici sanno certo di più sul
caso Majorana, ma si rifiutano di rispondere persino a domande volte ad
ottenere qualche precisazione ancorché secondaria. Al Prof. Zichichi non ho
cercato di chiedere per esempio se quanto riferito da suo suocero al Prof.
Dragoni nel 1974 fosse la "verità" sulla sorte di EM dopo la
scomparsa del 1938, bensì soltanto se potesse dirmi da quanto tempo quella
fosse l'opinione del suocero.] del rischio di intitolare il
Centro di Erice allo 'scomparso' fisico
catanese, con la possibilità che tale
scelta di campo oggi assolutamente inaccettabile (viepiù dopo i processi di
Norimberga) venisse poi confermata da qualche indubitabile prova? [...]
Dobbiamo forse ritenere che, pur informato del pericolo, Zichichi abbia
ritenuto infondata tale rivelazione del
suocero? Oppure che, dovendo comunque trovare nel campo della fisica il
nome di un siciliano abbastanza noto e recente per intitolare il Centro, abbia
sorvolato deliberatamente sulla circostanza, nella ragionevole persuasione che
l'eventuale verità non sarebbe mai venuta fuori? C'è naturalmente anche la
possibilità che Bernardini si sia convinto (sia stato ... convinto?)
dell'Ipotesi Klingsor solamente dopo che la scelta era stata effettuata, quindi nel periodo
tra il 1962 e il 1974". Vero in effetti che l'intervista del Prof. Dragoni
mirava a conoscere "l'interpretazione autentica" di un passo di una
ormai famosa lettera scritta da Benardini
a Giovanni Gentile jr. subito dopo la scomparsa di Majorana (intorno al maggio
1938), lettera nella quale si diceva: "Caro Giovanni, come puoi immaginare
la notizia di Majorana mi ha dato una vera gioia. Non è molto bello forse, ma
in compenso non è una cosa così tragica come si pensava e ci se ne può
rallegrare" (Paolo Simoncelli, "Tra scienza e lettere Giovannino
Gentile (e Cantimori e Majorana)", Le Lettere, Biblioteca di Nuova Storia
Contemporanea, Firenze, 2006, 2006, p. 151), e che quindi la
risposta ricevuta da Dragoni nel 1974 potrebbe far pensare che Bernardini ai
riferisse ad una sua opinione avente origine in quel lontano periodo. Più
probabile invece a nostro parere che quella frase fosse semplicemente la
risposta di Bernardini ad una comunicazione ricevuta da Gentile jr. nella quale
si riferiva della possibilità, alimentata allora dalle speranze della famiglia,
di un volontario allontanamento di Ettore in luogo di un suicidio, che era
invece l'ipotesi più accreditata presso i colleghi fisici di EM. Per tornare all'Ipotesi
Klingsor, sono molti coloro che si sono nel tempo persuasi della sua validità,
come si potrebbe accertare facilmente da un rapido giretto in rete. Un notevole
esempio è costituito dagli ex colleghi matematici romani Federico Di Trocchio
1989 (vedi la "Breve storia della majoranologia" dianzi citata), e
Lucio Russo ("Ingegni minuti - Una storia della
scienza in Italia", di Lucio Russo ed Emanuela Santoni, Feltrinelli,
Milano, 2010, pp. 411-412), per non dire di altre recenti importanti
"conversioni" di cui siamo venuti a conoscenza in via però per il
momento confidenziale.
[14]
Il primo che ha descritto chiaramente, almeno per quanto ne sappiamo
attualmente, l'Ipotesi Klingsor, utilizzando le medesime fonti familiari
consultate poi dal sottoscritto (persone che di cognome facevano appunto
Majorana), è stato un singolare artista e fisico "dilettante", uno di
quei fisici cosiddetti "eretici" che mi è piaciuto frequentare dalla
metà degli anni '80 in poi. Si tratta di Mario Agrifoglio, oggi purtroppo
scomparso, e di una nota presente nel suo saggio "L'unificazione delle
varie teorie scientifiche è oggi una realtà", reperibile in rete al
seguente URL:
https://mednat.news/new_scienza/Unificazione_teorie_agrifoglio.pdf
Lo
scritto non reca data, né sono riusciti ad aiutarmi a determinarla i familiari
del pittore ai quali mi sono rivolto, deve trattarsi comunque della seconda
metà degli anni '90, di qualche anno precedente alla pubblicazione del mio
libro del 1999 (si tenga conto che le prime versioni circolanti di questo
lavoro, stampate in proprio, hanno preceduto di un po' di tempo la versione
definitiva messa poi in rete). Ciò premesso, ecco infine il passo di cui stiamo
parlando (p. 79): "Già Ettore Majorana andava dicendo: 'Tutta la fisica è
su una strada sbagliata. Siamo tutti su una strada sbagliata'. Anche se poi
decise di collaborare con i nazisti per la costruzione della bomba atomica, ed
inscenando un suicidio scomparve misteriosamente dall'Italia, ma con la
sconfitta del nazismo si rifugiò in Argentina dove morì in circostanze
particolari da cui ne fu riconosciuto solo grazie ad un tatuaggio su un
braccio. Tra l'altro è risaputo che le ultime relazioni le fece in lingua
tedesca, come è pure risaputo delle sue simpatie per quella nazione che
riteneva tecnicamente molto più evoluta della nostra".
[15] Inutile sottolineare che ci sono anche coloro
che rifiutano l'Ipotesi Klingsor a priori, i quali, a differenza del sottoscritto fino a
relativamente poco tempo fa, fanno ciò per ragioni squisitamente
ideologico-politiche, ritenendo l'Ipotesi Klingsor "infamante" per la
memoria di EM, sebbene "la vera storia di Majorana lo rende più simile a
un eroe romantico che a un traditore", come mi ha scritto di recente un
caro ex collega dopo aver conosciuto di detta storia qualche aspetto di quelli
non ancora noti. Secondo il Grande Inquisitore menzionato nella nota 11, un
illustre majoranologo di cui parleremo meglio nel capitolo V: "La naturale
conseguenza dell'ipotesi Germania, porterebbe a riconoscere Majorana coinvolto
possibilmente in crimini di guerra, un reato senza prescrizione. E' urgente
fare assoluta chiarezza sul caso Majorana, e sfatare fin dall'origine
l'aberrante ipotesi Germania, la più infamante finora mai concepita. Se
Majorana è sfortunatamente deceduto nel 1938 o nel 1939, allora non puo' essere
andato in Germania, né in nessun altro luogo". Un dibattito come si vede
difficile, tra due spondo opposte che è facile prevedere difficilmente si
intenderanno mai. Inutile per esempio difendere l'opinione che EM non decise di
recarsi infine in Germania per motivi politici o peggio militari, ma
esclusivamente perché convinto, viepiù dopo il suo soggiorno nel 1933, che lì
avrebbe trovato il modo per iniziare una nuova vita in un ambiente estremamente
favorevole alle sue ricerche scientifiche. Secondo il grande vero amico
Giovanni Gentile jr., che era stato in Germania un paio d'anni prima di Ettore,
così si poteva per esempio descrivere quell'ambiente: "Ecco una delle ragioni
perché qui, in Germania, ci si fa la convinzione che vi siano condizioni
oltremodo favorevoli alia ricerca scientifica, appunto per tanta
ricchezza d'uomini oltre che di materiali" - da una lettera alla famiglia
del 9.II.1931, riportata in Salvatore Esposito, "La cattedra vacante -
Ettore Majorana: ingegno e misteri" (Liguori, Napoli, 2009, p. 54). Si
noti bene la data della lettera, 1931, nessun sospetto quindi di un eventuale
... filonazismo che possa aver ispirato detto giudizio. Ciò detto, ci piace
concludere la presente nota sottolineando un'ovvia alternativa logica, coerente
con fatti da doversi comunque ritenere ormai certi, la quale dimostra che
l'episodio riferito da Regge in effetti NON conduce univocamente all'Ipotesi
Klingsor. EM,
che già allora aveva intuito chi fossero i "buoni" e i
"cattivi", e che la storia avrebbe in maniera cruenta dato presto
ragione ai primi, invece di andare a proseguire la sua attività di ricerca in
Germania, se ne andò invece dalla parte in futuro definita "alleata",
e lì per esempio con le sue grandi competenze logico-matematiche contribuì in
maniera essenziale alla decifrazione del codice Enigma, fornendo così un grande
aiuto alla "vittoria". La sua opera rimase non riconosciuta perché EM
volle mantenere per sempre l'incognito, ed ecco perché i tre fisici ebrei di
Princeton parlavano della sua morte con un certo interesse frammisto a
tristezza, per semplice ... gratitudine. Anche l'aggiunta "Did he die in
peace?" riportata nella nota 11, potrebbe riferirsi non tanto ad una sua
poco apprezzata attività nel periodo 1938-1945, bensì alle dolorose difficoltà
familiari cui accenneremo nel capitolo V. Oppure ancora, si potrebbe accettare
l'Ipotesi Klingsor arricchendola però con il racconto di un EM che, partigiano ante
litteram, scelse la Germania per andare a prestarvi opera di sabotaggio e
fare la spia a favore dei futuri "alleati", etc. etc..
Tanto, di fantasticherie più o meno folli la majoranologia e' piena, anche se
sarà difficile togliere il primo premio per la più assurda tra esse alla storia
di Rolando Pelizza, che da qualche tempo imperversa in rete ma non solo:
https://www.rinodistefano.com/it/articoli/mistero-pelizza-majorana-mondo.php#
Nell'articolo
di cui sopra, tra altre stoltezze varie, si parla infatti di una miracolosa
scoperta del presunto Majorana, una sorta di macchina per ringiovanire: "Spiegata
con parole semplici, ciò significa che una persona molto anziana potrebbe
tornare agli anni della gioventù, mantenendo l'aspetto e lo stato fisico totale
del giovanotto di una volta [...] A questo punto è ovvio domandarsi se
l'anziano Majorana abbia o meno usufruito della sua macchina per
ringiovanirsi". L'autore avrebbe dovuto concludere per il sì, vista la
foto di EM con Pelizza che gira in rete, per non dire del video del 1996 dove il presunto
Majorana "ha l'aspetto e il passo di un trentenne" a dispetto dei 90
anni che avrebbe dovuto avere. Peccato in
ogni caso che a ringiovanirsi non abbia pensato lo stesso Pelizza (il quale
nella predetta foto mostra di non portare bene i 58 anni che aveva al tempo),
del quale si informa: "Oggi l'anziano bresciano, ormai sulla strada
dell'ottantesimo compleanno, è un uomo solo e senza mezzi, che sopravvive
grazie all'aiuto di alcuni amici". E dire che un tempo era stato capace di
"trasformare in oro decine di cubi di gommapiuma", mah, come è strana
la vita...
[16] Alla questione è stata dedicata qualche
attenzione nel nostro libro del 1999, del resto la sua introduzione non appare
del tutto artificiosa nel caso in esame (vedi anche la successiva nota 17). Tra
poco avremo modo di parlare di un eventuale ruolo nel caso Majorana di Bruno
Pontecorvo, un altro dei "ragazzi di via Panisperna", mentre dobbiamo
sorvolare su quello probabile rivestito da Giulio-Joel Racah (1909-1965), uno
dei vincitori del famoso concorso del 1937, il quale aveva pure lui studiato a
Roma con Fermi, particolare amico di Amaldi, in seguito membro dell'Haganah dal
1942 al 1948 e Rettore dell'Università di Gerusalemme. Tanto per dire, in una vecchia lettera del
1928, da Roma, di Giovanni Gentile jr. a Delio Cantimori, a proposito
dell'ambiente di Fermi nell'Istituto di Fisica di via Panisperna, si trova:
"All'Istituto, dove finisco per restare tutto il giorno, sento un po' di
freddo nelle relazioni con gli altri, ebrei e atei: annullano l'umanità nel
culto della logica e dell'egoismo. Così diversi da noi! Questo è forse il mio
unico cruccio. Tu certo da questo lato non stai meglio di me a Pisa"
(Paolo Simoncelli, loc. cit. nella nota 13, p. 37). Sul medesimo delicato tema
si veda anche la nota finale all'Appendice dedicata al caso Tonini.
[17] Un'ipotesi accuratamente analizzata da Recami
(Ed. Di Renzo, 2000, pp. 109 e segg.), e condivisa tra gli altri da Salvatore
Esposito (loc. cit nella nota 15, pp. 211 e segg.). A parte l'interpretazione
della foto con cui si apre il capitolo III, tale pista appare invero suffragata
da qualche "evidenza", ovvero presunti avvistamenti di EM in quella
parte di mondo; si pensi pure per esempio al clamore televisivo e giudiziario
che ha accompagnato la recente voce di un EM residente in Venezuela negli anni
'50. Una discussione di codesta ipotesi (e di alcune palesi assurdità che
secondo noi ne hanno accompagnato la presentazione) esula dagli intenti del
presente aggiornamento, ci limiteremo pertanto ad esprimere qualche perplessità
... per l'eccessiva presenza in essa di attori che possono essere a pieno
titolo nominati nella precedente nota 16. Nel menzionato libro di Salvatore
Esposito, p. 213, troviamo per esempio: "La notizia venne fuori grazie
essenzialmente all'interesse del fisico teorico israeliano Yuval Neeman",
del quale Neeman si riferiscono poi le parole (contenute in una lettera del
1980 al Prof. Recami): "Il mio interesse per Majorana fu essenzialmente
risvegliato da conversazioni col compianto Racah [...] Sono io il responsabile
del revival della 'versione argentina'". Detto che Yuval Neeman (o
Ne'eman, 1925-2006), alla fine del 1954 diventò il numero due dell'Aman, il
servizio segreto militare israeliano - vedi:
http://viviisraele.it/2017/10/08/yuval-neeman-fisico-padre-dellatomica-informatizzo-servizi-segreti-israeliani/
-
e che nel sito di cui sopra egli viene addirittura
indicato quale "padre" dell'atomica israeliana, un concetto su cui
presto ritorneremo (vedi anche la nota 20), ecco che sorge più di un sospetto
su possibili interessati depistaggi volti a far ricercare EM esattamente dalla
parte opposta in cui si trovava! Perché se è vero che il mondo è piccolo,
questo particolare mondo che stiamo cercando di osservare dall'esterno è
davvero fin troppo piccolo. Concludiamo la nota esprimendo la speranza di non
aver offeso nessuno con la manifestazione delle precedenti opinioni, formulate
comunque sempre ed esclusivamente alla ricerca del vero e "selon mon coeur"...
[18] Non si può qui non notare poi che, almeno
secondo gli indizi riportati da Recami a favore di una presenza di EM in
Argentina, questi non si nascondeva nemmeno tanto.
[19] In un articolo apparso su Panorama
il 26 ottobre 2011, "Il Duce e il marziano", a firma di Alfredo
Lissoni, viene riportata un'affermazione di Arrigo Petacco: "«Mussolini [...]
era invece sicuro che qualcuno facesse esperimenti bellici segreti assieme al
gruppo di scienziati nazisti che lavorava a Peenemunde alla bomba atomica.
Sapeva che nel team c'era un italiano, era convinto fosse Ettore Majorana. Fece
addirittura condurre un'inchiesta dal nostro ambasciatore» - siamo nel
1944, l'ambasciatore Filippo Anfuso chiese notizie di Majorana a
Ribbentrop".
[20] Piero Batignani, "La scomparsa di Ettore
Majorana - C'e' qualcuno che sa", Florence Art, Firenze, 2010, p. 134. Fu
lo stesso Batignani a porre la domanda a Pontecorvo, "uno dei padri
dell'atomica russa", aggiungendo che "L'immediato brusio e poi il
levarsi dei commenti della platea che seguirono le parole del fisico, non [gli]
permisero di replicare immediatamente". "Avrei voluto chiedere che
cosa si dovesse intendere per 'finito' e per 'Ovest', ma non riuscii a trovare
spazio nei commenti del pubblico, e quindi la mia domanda si concluse lì".
Concludiamo la nota chiedendoci: se si sa chi fu uno dei padri dell'atomica
russa, esiste un analogo padre (o padri) per un'eventuale atomica israeliana?
La risposta è già stata data nella nota 17, aggiungiamo che è istruttivo
leggere qui la storia dell'atomica in Medio Oriente, almeno quella che è stato
possibile ricostruire:
https://www.ossin.org/israele/1744-la-bomba-atomica-di-israele.
[21] "Banomo", così chiama Scibona lo
sconosciuto, seguendo la consuetudine del padre. In dialetto potentino
"brav'uomo di mezza eta", si noti, di mezza età, non vecchio: EM alla
fine degli anni '60 avrebbe avuto poco più di 60 anni.
[22] Abbiamo scelto il seguente passo per
esemplificare le difficoltà connesse all'obiezione III. Vi si parla di
un'osservazione (che dobbiamo confessare ci appare "folle") di un
tale fisico ucraino, Olaf Zaslavskii, il quale in un articolo apparso sulla
rivista Newton nel novembre del 2006 ha
avanzato una "nuova ipotesi" sulla scomparsa di EM. "Majorana ha
fatto perdere le proprie tracce creando un gioco perverso di prove e
controprove, di affermazioni e negazioni che non può essere risolto con la
logica elementare. Chiunque abbia provato a districare il giallo si è perso
nella serie di indizi ambigui e contraddittori seminati volontariamente.
Riguardando il quadro da un nuovo punto di vista, però, Zaslavskii ha scoperto
che tutto ha un senso: Majorana ha trasformato la sua scomparsa in una
rappresentazione macroscopica del sorprendente mondo della meccanica
quantistica, il suo campo di ricerca. Un mondo dove l'osservazione determina la
realtà fisica delle cose, dove tutto si trasforma in continuazione. dove le
particelle elementari possono contemporaneamente essere e non essere. Dopo la
sua scomparsa, aggiunge lo scienziato ucraino, Majorana non è più né vivo, né morto".
(http://diamante.uniroma3.it/hipparcos/majoranalink.htm)
Commento personale, più amaro che acido. ancora una
volta il famoso "gatto di Schrödinger", come se fossimo in una
puntata della fortunata serie televisiva "The Big Bang Theory".
Ahinoi, quanti intelletti sono stati rovinati da certe interpretazioni
irrazionalistiche della meccanica quantistica, speriamo almeno non
irreversibilmente! (e ci spiace dire che per noi ricade in codesta categoria
anche l'opera del filosofo Giorgio Agamben: "Che cos'è reale - La
scomparsa di Majorana", Neri Pozza, Vicenza, 2016, dal momento che si
tratta di un autore per altri suoi lavori alquanto apprezzabile).
[23] A meno che naturalmente non si tratti di una
persona che si mostra in generale priva di empatia nei confronti di altre
persone, insensibile cioè alle ferite che alcuni suoi comportamenti o parole
possono provocare. In effetti, secondo i racconti che ce ne sono pervenuti, EM
aveva un carattere difficile, un misto tra beffardo, sarcastico, e perfino
"arrogante", al punto che alcuni hanno avanzato l'ipotesi che potesse trattarsi di
un individuo affetto da quella forma lieve di autismo che oggi va sotto il nome
di "sindrome di Asperger" (vedi per esempio Stefano Roncoroni,
"Ettore Majorana, Lo scomparso e la decisione irrevocabile", Editori
Internazionali Riuniti, Roma, 2013, p. 289). Ecco per esempio una descrizione
che ne dà Pontecorvo (nel libro che egli dedicò alla memoria di Fermi: "Fermi e la
fisica moderna", Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 51-52): "Majorana
era pessimista per natura ed eternamente scontento di se stesso (e non solo di
se stesso). Nei seminari di solito taceva. Interrompeva talvolta il suo
silenzio per fare qualche commento sarcastico, una osservazione paradossale
anche se pertinente. Ricordo che nei seminari spesso terrorizzava noti fisici
stranieri".
Un ritratto che ben si accorda con la visione del mondo che EM ebbe a
comunicare all'amico Gastone Piqué nel 1927: "Benché vasto e insondabile
sia il mare del mio disprezzo per tutto il mondo sublunare" (Recami, Ed. Di Renzo, 2000,
p. 135). Istruttivo in proposito anche il seguente brano contenuto in una
lettera alla madre da Lipsia, poco prima del rientro definitivo in Italia (27
luglio 1933): "Ma io non intendo cambiare il mio progranna per il timore
che tu mandi ad effetto una minaccia così irragionevole" (Recami, Ed. Di Renzo, 2000,
p. 184). Ciò nondimeno, proprio quanto avremo modo di accennare nel presente
capitolo, ci mostra un lato della personalità di EM assai più
"umano", un'opinione concordante con quella espressa in una
recensione del libro nominato poc'anzi: "L'ipotesi Asperger è palesemente
contraddetta dalla ricchezza di rapporti umani, familiari e sociali
intrattenuti, dall'umorismo, dallo spirito critico e autocritico, emergenti
dalla sua corrispondenza, e dai suoi atti concreti documentati"
(http://www.sif.it/attivita/saggiatore/recensioni/roncoroni).
[24] Poiché l'autore continua ritenersi un
"cartesiano" e si è trovato qui a toccare con mano una delle
inefficienze del famoso "metodo", ecco che si sente in dovere di
evidenziarle per ... confermarne infine la relativa correttezza (del resto,
ieri come oggi, l'unico mezzo che ha a disposizione l'essere umano pour bien conduire sa raison et chercher la
vérité, nelle scienze ma non solo - vedi anche la nota 31). Si tratta del
IV precetto del celebre Discours de la
méthode (1637), in cui si
raccomanda di "fare, in ogni argomento, enumerazioni così complete e
verifiche così generali da esser sicuro di nulla omettere. Quelle lunghe catene
di ragioni, tutte semplici e facili, di cui sogliono valersi i geometri per
giungere a conchiudere le loro più difficili dimostrazioni, m'avevano offerto
occasione di supporre, che tutte le cose le quali possono cadere sotto l'umana
conoscenza si susseguono allo stesso modo, e che, purché appena si badi a non
riceverne alcuna per vera, che tale non sia, e purché si osservi costantemente
l'ordine necessario per poterle dedurre le une dalle altre, non ce ne possano
essere di così lontane alle quali alla fine non si arrivi, né di sì nascoste
che non si possa scoprirle". Un precetto che riecheggia, ci sembra di
poter asserire, il metodo investigativo dello Sherlock Holmes di Sir Arthur
Conan Doyle: "Questo procedimento [...] ha inizio dalla supposizione che
una volta eliminato tutto ciò che è impossibile, quel che rimane, per quanto
improbabile, non può che essere la verità. Può darsi benissimo che si
presentino parecchie spiegazioni, nel qual caso si deve provare e riprovare
finché l'una o l'altra di queste non offrano una somma convincente di convalide"
("L'avventura del soldato sbiancato", racconto incluso nella raccolta
"Il taccuino di Sherlock Holmes", 1927). Per tornare al punto,
dicevamo che la soluzione autentica dell'enigma Majorana non ci si era mai
nemmeno affacciata alla mente, perché in effetti come si fa a compilare
un'enumerazione "completa", se non si sa nemmeno da dove cominciare?
Con quale metodo (o programma) potremo mai ottenerne una in un caso specifico
come questo, per non dire del relativo "ordine"? Quale, in che modo
lo si potrebbe stabilire? L'obiezione si lega in qualche modo anche alla
proposta di "verifiche" generali, ossia complete. A parte la
difficoltà appena illustrata su ogni possibile aspirazione alla
"completezza" (un termine che rimanda ai famosi teoremi di Goedel e
le loro correnti interpretazioni, un'altra delle nostre "ossessioni"
intellettuali:
http://www.cartesio-episteme.net/mat/teor-goed.pdf),
appare assente nelle buone intenzioni di Cartesio ogni riferimento all'aspetto
temporale della questione. Ossia, il tempo che si dovrebbe impiegare per
effettuare tali verifiche di fronte ad una lista appena possibilmente
dettagliata potrebbe invero superare non solo quello della vita di un singolo
essere umano, ma anche dell'intera vita dell'universo (tanto per fare
riferimento alla teoria cosmologica oggi di maggior successo, sulla quale
peraltro nutriamo parecchi dubbi). A proposito di "grandi numeri"
("grandi" naturalmente per noi esseri umani), facevo sempre ai miei
studenti di Algebra l'esempio che il numero dei secondi contenuti in 20
miliardi di anni (una delle possibili stime per l'età dell'universo dal Big
Bang fino ad oggi) non supera 10 elevato alla 18 potenza, che vale più o
meno 2 elevato alla 60ma potenza, mentre basta considerare un insieme X di soli
8 elementi, e prendere la totalità Y di tutti i sottoinsiemi dell'insieme di
tutte le coppie ordinate di elementi di X (Y si dice anche l'insieme delle
"relazioni" su X), per ottenere un 2 elevato alla 64ma potenza, e
superare quindi largamente tale numero (ovvero, il numero delle relazioni su un
insieme di soli 8 elementi è circa 16 volte superiore al numero dei secondi
trascorsi dal Big Bang fino ad oggi). Si pensi allora a quanto tempo ci
vorrebbe per effettuare delle "verifiche" di qualsiasi natura su
ciascuna di codeste relazioni.
[25]
Immagino ci si possa chiedere perché almeno finora non si sia accinto lui in
prima persona a rivelare quanto scoperto, ma il fatto è che il caso Majorana
continua ad avere risvolti che possono coinvolgere negativamente da un lato
alcune importanti famiglie, da un altro l'operato di fisici il cui nome è
passato alla storia, il che spiega la ferrea consegna di mantenere il silenzio
(altri direbbe "omertà"), tanto nell'ambiente familiare quanto in
quello scientifico. Eventuali accenni fatti da outsider quali il
sottoscritto possono facilmente essere ignorati come ... fantasie, e va bene
così, mentre interventi diciamo maggiormente autorevoli possono essere ritenuti
alquanto ... inopportuni. Il Grande Inquisitore mi ha scritto in maniera assai sincera:
"Sono i tempi maturi per queste rivelazioni? Le massime autorità
accademiche e familiari mi hanno esortato a tacere. Gentilmente, ma fermamente.
Mi inchino all'autorità", aspettiamo quindi il momento in cui sarà
possibile saperne di più, con tutti quei dettagli che io adesso conosco ma non
posso rivelare, al di là di alcune linee generali che ho deciso comunque fosse
conveniente rendere pubbliche.
[26] Tanto per fare un esempio, un tentativo di
introdurre nella ricerca di una soluzione del mistero Majorana anche dettagli
intimi familiari è presente nel libro di João Maigueijo, "A Brilliant
Darkness: The Extraordinary Life and Mysterious Disappearance of Ettore
Majorana, the Troubled Genius of the Nuclear Age", Basic Books, 2009, ma
esso è stato accolto con grande disapprovazione (recensioni assai negative, e
perfino una lettera di protesta della Società Italiana di Fisica alla Rizzoli, che
nel 2010 ha pubblicato la versione italiana del libro), per quel solo poco che
il nominato autore è stato in grado di rivelare.
[27] Nella versione inglese del libro di Salvatore
Esposito citato nella nota 15, ovvero: "Ettore Majorana - Unveiled Genius
and Endless Mysteries" (Springer Biographies, 2017) appare invero un
paragrafo in più, intitolato "A Curious Observation, but not Completely
Crazy", pp. 154-157. Ne consigliamo la lettura, in quanto capace di
gettare qualche possibile luce su una questione destinata altrimenti a rimanere
per sempre nell'oscurità: "the possible involvement of Michele
Sciuti in Majorana's disappearance". Vero è che secondo noi EM doveva
essersi procurato a Napoli qualche punto d'appoggio "sicuro" dove
poter incontrare senza rischi una persona per lui molto importante.
[28] Val la pena di riportare qui le sensate parole
con cui Sciascia (1975 pp. 50-51) commenta l'evento: "Esaurimento nervoso,
dicono concordemente i testimoni (e lo dissero anche i medici di famiglia); e
alcuni sarebbero costretti a parlare di follia, se non disponessero di questo
delicato, 'moderno' eufemismo. Ma l'esaurimento nervoso o la follia non sono
porte aperte da cui si entra e si esce quando si vuole. Majorana dimostra
invece di poter rientrare quando vuole in quella che Amaldi chiama la vita normale".
[29] Ci sentiamo in dovere di sottolineare
un'istruttiva "morale" del nostro racconto, e cioè che prima di
formulare giudizi etici affrettati, bisogna riflettere su quanto certe
decisioni dalle conseguenze sicuramente sgradevoli per qualcuno, per esempio un
minore, possano essere state forzate da parte di chi ha dovuto prenderle. Se
questo potrebbe essere secondo noi il caso dell'amante romana di EM, così come
abbiamo ricostruito, lo è forse anche per il personale analogo allontanamento
dalla famiglia che Ettore dovette subire poco più che bambino. Insomma, prima di
arrivare ad emettere dei "giudizi", un'operazione dell'intelletto
peraltro assolutamente legittima, bisognerebbe aspettare di conoscere proprio
tutto, o quasi...
[30] Citiamo alcune lucide parole
di Salvatore Esposito (loc. cit. nella nota 15, p. 232) che centrano la
soluzione del caso senza però intravedere (ovviamente) le cause recondite degli
avvenimenti: "Con tutta evidenza, questi dati sembrano mostrare che la
sorte di Majorana, qualunque strada abbia preso, NON SIA STATA NÉ CASUALE NÉ
INVOLONTARIA, bensì preparata con un certo dettaglio e in anticipo"
(giusto, ma difficile per lo scrivente da accettare almeno finché non avesse
superato tutte le obiezioni fin qui discusse, obiezioni che ci auguriamo siano
state decentemente risolte). Ma quanto in anticipo? E quanto preparata, fino a
quale punto? Della seconda questione abbiamo già discusso (dopo il dispiacere
EM si prese qualche giorno, o forse più, prima di prendere la decisione
finale), mentre per ciò che concerne la prima mi sentirei di poter rispondere
con una certa esattezza (conoscendo qualche ulteriore elemento quanto a
cronologia degli avvenimenti). Non poi troppo in anticipo, il
"progetto" di fuga nacque verosimilmente nella mente di EM dopo un
colloquio avuto con la sua nuova bella amante quando questa gli comunicò di
essere in attesa di un suo figlio. Siamo probabilmente verso la fine del mese
di gennaio 1938, quando EM prega il fratello Luciano di prendere per lui
"la mia parte del conto alla banca e magari di mandarmela tutta" (lettera
del 22.I.1938, vedi Recami, Ed. Di Renzo, 2000, p. 202), una richiesta altrimenti
inesplicabile dal momento che EM faceva avanti e indietro tra Napoli e Roma, e
non mancava certo di denaro (buono stipendio a parte). [E' secondo noi nel
medesimo contesto che va interpretata l'enigmatica frase rivolta il 18 gennaio da EM al fisico Giuseppe Occhialini che era
passato a trovarlo a Napoli: "se tu avessi tardato ancora non mi avresti
più trovato" (Recami, Ed. Di Renzo, 2000, p. 106), parole che tutti hanno sempre letto come
esprimenti un proposito ... di suicidio!]. Che la questione economica possa essere una buona
chiave esplicativa nella presente circostanza è ben evidenziato anche da Sciascia 1975, p. 65:
"Non aveva il senso del denaro, come dimostrano quei cinque stipendi per
cinque mesi come dimenticati: ma che l'acquistasse proprio alla vigilia di
suicidarsi, non sembra verosimile. C'è una sola semplice spiegazione: ne aveva bisogno per quel
che intendeva fare". E qui, a proposito degli stipendi di EM, e della comune
convinzione presso i majoranologi che egli non fosse interessato a ritirarli,
si apre in effetti un ulteriore piccolo enigma nell'enigma. Per esempio:
"ritirato lo stipendio relativo ai suoi primi tre (o quattro) mesi e mezzo
di cattedra universitaria" (Recami, Ed. Di Renzo, 2000, p. 12); oppure
""Poco prima del 25 marzo, giorno in cui era partito per Palermo
annunciando il suicidio, aveva preso gli stipendi da ottobre a febbraio che
fino a quel momento non si era curato di ritirare" (ancora Sciascia 1975, p. 65 - c'è
da dire però che in tale affermazione Sciascia fu influenzato proprio da
Recami). Di senso completamente contrario sono le notizie riportate da Esposito
nel menzionato saggio, pp. 104-105, mah. Per tornare al nostro racconto, da
allora e fino al 25 marzo 1938, EM sperò in una conclusione diversa da quella
che aveva già tristemente conosciuto nel 1933, ma di fronte ad una realtà
ancora una volta matrigna, per lui evidentemente tanto bisognoso d'affetto,
seppe in fondo reagire in un modo che non può che attirargli una certa nostra
ammirazione.
[31] Un racconto invero molto antico, vedi per
esempio:
https://it.qwe.wiki/wiki/Blind_men_and_an_elephant,
che in una versione moderna ci sembra ben riproposto qui:
https://www.inkroci.it/racconti-brevi/i-racconti/racconti-classici-brevi/james-baldwin-ciechi-e-lelefante.html
Se dei majoranologi cominciassero infatti a litigare
tra loro, l'uno dicendo; "Vi dico io che EM è stato in Germania", un
altro replicando: "No, ti sbagli, è stato in URSS", un terzo
incalzando: "No, vi sbagliate entrambi, ha vissuto a guisa di vagabondo da
qualche parte", orbene, ecco che avrebbero in un certo modo ragione tutti
e tre. Avrebbero torto però coloro che dicessero che EM è stato ucciso nel
1938, o che si è suicidato tra il 1938 e il 1939, o che nello stesso periodo è
morto per qualche malattia, o ancora che si è ritirato in un convento a far
vita spirituale, etc. etc.. Ci teniamo a sottolineare insomma che
l'apologo non descrive affatto il "relativismo" tanto caro al pensiero
moderno, bensì la "complessità" del reale, e soprattutto della verità
storica.
P.S. alla nota - E poiché il presente aggiornamento
è sicuramente l'ultimo lavoro scritto di una certa mole a cui si è accinto
l'autore, quindi una sorta di suo "testamento spirituale" (è
certamente di tale natura la nota 24), ecco che gli piace allora rimandare per
il concetto di "verità" (al singolare, e con l'iniziale minuscola!)
alla classificazione che dei possibili tipi di verità fece nell'ultimo numero
di Episteme (N. 8, 21 settembre 2004), una descrizione che gli appare
ancora oggi (banalmente) istruttiva:
http://www.cartesio-episteme.net/ep8/ep8-sebast.htm
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Un curioso "indizio" finale
(ovviamente ancora una volta merito del ... Grande
Inquisitore!):
H.V. HAJEK
6.15 Pure-fusion explosives
423. A. Stettbacher, Tritium-Superbombe,
Explosivestoffe, Nr. 11/12 (1954) 151–153, H.V. Hajek, Atom-Hohlladungen—Atomic
hollow charges, idem, Nr. 5/6 (1955) 65–68.
H.V. HAJEK
HVHAJEK
HVH-AJ EK
IVI-AJ EK
IVIAJ EK
MAJ EK
MAJORANA EKTOR
Da: Rainer Karlsch
"Hitlers Bombe -
Die geheime Geschichte der deutschen Kernwaffenversuche", Deutsche
Verlags-Anstalt, München, 2005, p. 236
"Der Name Hajek ist
weder älteren Mitarbeitern des ISL in Saint Louis bekannt, noch taucht er in
den Personallisten der verschiedenen Waffenämter auf. Offensichtlich hat
jemand unter Pseudonym geschrieben".
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