Nel sito della rivista della Società Italiana
di Fisica, Il Nuovo Saggiatore:
http://www.sif.it/SIF/it/portal/attivita/saggiatore/econtents
è stata pubblicata una lettera al Direttore firmata
da Francesco Guerra e Nadia Robotti, intitolata "LA BORSA DI STUDIO
DELLA RIVISTA 'MISSIONI': UN PUNTO FERMO SULLA VICENDA DI ETTORE MAJORANA":
http://www.sif.it/SIF/resources/public/files/opinioni/op_1202_guerra_robotti-sq.pdf
Essendoci occupati dell'argomento in passato, e non concordando
con le conclusioni dei citati studiosi, ci sembra allora doveroso
(ancora una volta da ... "grafomani controvoglia"°), offrire ai
nostri lettori un quanto possibile sintetico commento.
[° Dopo aver scritto qualcosa su una "bufala" del quotidiano la Repubblica , siamo riusciti a vincere tale sgradevole nostra caratteristica sorvolando su un analogo orrore giornalistico apparso su Il Corriere della Sera , dove si confondevano ignominiosamente la pista argentina di Papi-Dragoni con la pista venezuelana della trasmissione televisiva "Chi l'ha visto?", la seconda si potrebbe pensare sollecitamente divulgata, ed addirittura fatta oggetto di un'indagine della magistratura, proprio per confutare la prima! Inutile sottolineare che, nell'occasione, "esperti" di sicura affidabilità hanno confermato sia l'una sia l'altra pista, sebbene tra loro non compatibili.]
Insieme ad altro che ci sembra di minore
importanza, gli autori della lettera presentano un trafiletto apparso
sulla rivista Le Missioni della Compagnia di Gesù, e poi
una breve nota di ringraziamento indirizzata da un tale Padre Caselli
a Salvatore Majorana, il fratello maggiore di Ettore.
[Per inciso, la lettera era conservata presso il Dipartimento
di Fisica di Roma, ed allora, sempre a proposito di "esperti", sorge
spontanea la curiosità: com'è possibile che nessuno l'abbia
mai notata prima? E se da qualcuno è stata notata, come appare
probabile, perché allora non se ne è parlato con lo stesso
rilievo con cui se ne parla oggi? Forse perché è stata appunto
ritenuta, come presto argomenteremo, una comunicazione irrilevante ai
fini di gettare luce sul mistero della scomparsa?]
Nel trafiletto si informa che:
"E' stata fondata una Borsa di Studio per l'educazione di
un missionario al nome dello scomparso ETTORE MAJORANA, che
sarà partecipe di tutti i vantaggi spirituali inerenti a tale
fondazione. etc.".
Nella lettera, datata 22 settembre 1939, si ringrazia Salvatore
per la cospicua donazione ricevuta appena il giorno prima con le seguenti
parole (ne evidenziamo alcune, come abbiamo fatto prima, con l'uso
del grassetto):
" [...] Ammiriamo sinceramente il V/. atto generoso per il
compianto Ettore Majorana. Il Signore premi la V/. grande
fede ed il Vostro santo affetto per il caro estinto. Possiamo
assicurarvi che non vi è nessuna difficoltà per l'intestazione
della Borsa di Studio al nome di Ettore Majorana, considerandolo come
il fondatore e rendendolo partecipe di tutti i vantaggi spirituali connessi
alla stessa fondazione. [...] "
Gli autori deducono da quanto sopra la seguente conclusione
(il "punto fermo" del titolo, ma ripetuto anche all'interno della
lettera-articolo):
> Nel contesto della Rivista, in tutti i numerosi riferimenti,
non vi è dubbio che la parola "scomparso" significhi deceduto,
come del resto puntualmente confermato dalla lettera di Padre Caselli
[...] Come si vede, i nuovi documenti qui descritti, in particolare quelli
relativi all'istituzione della Borsa, mostrano che Ettore Majorana
deve considerarsi deceduto alla data di Settembre 1939.
E PERCHE' MAI? E' certo ragionevole ritenere che Padre Caselli,
ricevuta la donazione di Salvatore, si sia persuaso che l'Ettore Majorana
di cui si parlava fosse deceduto, ma non è possibile invece
pensare che Salvatore abbia semplicemente comunicato per lettera la
propria intenzione di istituire una borsa di studio da dedicare ad un
fratello "scomparso" , e che l'uso di tale termine sia stato
all'origine di un equivoco che Salvatore non si è premurato
di chiarire? Del resto, perché avrebbe dovuto scendere in particolari
in un contesto che tanto per dire non riguardava affatto ricerche di
polizia?
Dal canto suo il Caselli, abituato all'uso del termine "scomparso"
in differenti ordinarie situazioni, avrebbe potuto interpretarlo come
faceva di solito, senza immaginare che qui si trattava di una scomparsa
di ben altro genere, ricorrendo quindi nella sua nota di ringraziamento
(e poi nel trafiletto pubblicato sulla rivista) alle formule di routine
che utilizzava in simili casi. E perché avrebbe dovuto immaginarlo,
se Salvatore non gli aveva comunicato nulla al riguardo?
Per arrivare alla conclusione che gli autori presentano come
necessaria, bisognerebbe supporre che Padre Caselli fosse al corrente
dei particolari di un caso di cronaca di oltre un anno prima, ma neppure
questo basterebbe, dal momento che il sacerdote avrebbe potuto supporre
che successivi eventi a lui sconosciuti, sui quali sorvolava per naturale
discrezione, avessero risolto il mistero in modo tragico e definitivo.
Non dimentichiamo che il caso Majorana aveva suscitato clamore in determinati
ambienti ristretti, ma non presso il grande pubblico, come invece, tanto
per fare un esempio, il famoso caso dello "smemorato di Collegno" di
una decina di anni prima. Allora non c'erano la televisione e programmi
del tipo "Chi l'ha visto?", ma neppure tali presenze sarebbero sufficienti
per rendere l'opinione formulata da Guerra-Robotti accettabile in maniera
assoluta. Non tutti seguono tali programmi, e pochi rammentano i nomi
di tutte le persone scomparse a distanza di mesi, a meno di casi realmente
eclatanti. Tutto ciò vale naturalmente fino ad eventuali ulteriori
nuove notizie al riguardo.
Aggiunta (10.III.2012)
- Una controprova che si riuscirebbe forse ad effettuare, consisterebbe
nel cercare ulteriori lettere scritte da Padre Caselli in siffatte occasioni
(si potrebbe cominciare con l'individuare altre famiglie coinvolte in
quel periodo a partire dalla menzionata rivista), ed andare a verificare
se egli scriveva più o meno a tutti la stessa cosa, utilizzando
le stesse parole, oppure no...
Aggiunta (18.III.2012) -
L'interpretazione alternativa a quella di Guerra-Robotti che abbiamo
dianzi illustrato, viene confermata, almeno in parte, da una testimonianza
personale che ci comunica Stefano Roncoroni, autore dell'articolo menzionato
nel seguito (nota *):
"Quando ho chiesto a Salvatore ragione di questa lettera
[La citata lettera di Padre Ettore Caselli, a Roncoroni già nota
da parecchi anni, ma mai resa nota perché ritenuta non decisiva,
a meno che non fosse accompagnata da ulteriori riscontri al momento mancanti.]
, lui mi rispose evidenziando come 'defunto' ed 'estinto' fossero sinonimi
minori di 'scomparso'. Lui aveva semplicemente parlato di un fratello 'scomparso',
e basta, senza dietrologie, il Caselli aveva usato dei sinonimi non appropriati
di cui si dispiaceva".
Per amore di completezza va sottolineato che Roncoroni, persuaso
invece che Ettore Majorana sia invero deceduto in quei primi mesi del
1939, e che la famiglia (o almeno alcuni componenti di essa) ne sia venuta
a conoscenza (così come la polizia che interruppe da allora le ricerche
dello scomparso), aggiunge il seguente commento:
"La risposta sembrava logica e convincente ma non mi convinse.
L'imbarazzo con cui me la diede l'attribuii al fastidio di avermi dato
un documento che forse non voleva darmi insieme ad altre lettere di Ettore
di cui non voleva parlare oltre. Completò allora la sua argomentazione
della somma delle due utilità: quella delle SS. Messe che la loro
madre assolutamente voleva che si dicessero e quella del beneficio portato
concretamente alla preparazione di un altro religioso Gesuita come quelli
da cui Ettore aveva studiato e come quelli a cui, e di questo erano certi,
aveva chiesto aiuto nel momento della sua crisi. Non ci credetti ma mi
dovetti arrendere a tutte quelle volte che parlando di nuovo con Salvatore
o con Maria e, sapendo di quanto anche con altri manifestavano un sincero
dolore ed uno sconcerto per una verità mai raggiunta, mi costrinsero
a credere vera quella spiegazione. Feci però chiaramente delle ricerche
da subito in controtendenza con quelle ricerche e ipotesi che intanto si
facevano. Per me era chiaro che la soluzione andava cercata in casa dei
Majorana di Fabio e forse un po' in quella appena allargata a qualcun'altra.
E, per via dell'ostinato silenzio e disinteresse a far venire fuori la verità
malgrado la quantità e la qualità sempre più tossica
delle ipotesi, soprattutto agli istituti religiosi. La mia ricerca confermò
che quella dei conventi, apparsa così astrusa, era invece una buona
pista se vista non in chiave religiosa [...] la soluzione del caso si svolge
tutta all'interno dei confini italiani in un ristretto giro di mesi
ed è fatta esclusivamente di medici e conventi
".
Nel medesimo modo si potrebbe argomentare contro l'altra
conclusione formulata dagli autori:
> Inoltre, l'ambito religioso coinvolto, con i suoi stretti
vincoli morali, permette di escludere che la morte sia dovuta a suicidio.
Infatti, anche se Salvatore avesse saputo o si fosse persuaso di un
suicidio, non avrebbe dovuto necessariamente comunicarlo per lettera al
Padre Caselli o ad altri suoi interlocutori delle Missioni
della Compagnia di Gesù (i quali
sicuramente non compivano "accertamenti": a caval
donato...).
Così eliminata, o almeno diminuita, la certezza del
"punto fermo", ne risulta ovviamente diminuita anche quella del seguente
corollario:
> Questi risultati mostrano la totale infondatezza dei
presunti avvistamenti di Majorana in Argentina, in Venezuela, o in
altre località, e della sua asserita presenza in Germania durante
la Guerra.
L'ultima soluzione qui menzionata per l'annoso mistero è
quella che abbiamo chiamato
"ipotesi Klingsor", ed è presumibile dal contesto
ritenere gli autori la includano tra le ricostruzioni al tempo stesso
fantasiose ed infamanti di cui al seguente brano:
> Ora vorremmo portare all'attenzione del Direttore, e della comunità
scientifica, un punto fermo sulla vicenda Majorana, che valga a togliere
ogni fondamento alle ricostruzioni fantasiose, e spesso infamanti,
che negli ultimi tempi si sono stratificate sull'enigma della scomparsa.
Orbene, noi non riteniamo tale soluzione accettabile per motivi
che abbiamo altrove illustrato, ma non ci sembra proprio che essa
possa dirsi del tutto "fantasiosa" (sorvoliamo invece per prudenza
sulla nostra personale opinione relativa all'ulteriore classificazione
"infamante"). In fondo, facendo riferimento alla nota recente presentazione
pubblica di tale ipotesi, il Prof. Dragoni dichiara di averla sentita
enunciare dal Prof. Bernardini, noi stessi da persone che portavano
il cognome Majorana, etc., sicché proprio assurda, almeno ad
un primo esame logico, non deve poi essere.
[Per inciso, la mancanza di "fantasia" in un investigatore
e in uno storico - è quasi la stessa cosa! - può essere
ritenuta assai grave. E' solo la fantasia, o se si preferisce l'immaginazione,
che permette di cercare indizi in direzioni che rimarrebbero altrimenti
inesplorate, mentre in matematica essa interviene, ovviamente sempre insieme
alla "logica", nel momento della formulazione delle congetture, le quali
non sono delle banali illazioni gratuite.]
Tralasciamo di discutere in dettaglio il resto dell'articolo,
per esempio che le ricerche, pubbliche e private, si arrestino nel
1939, ad un anno dalla scomparsa, può essere considerato del tutto
normale, una mera coincidenza con l'istituzione della Borsa di Studio
della Compagnia di Gesù, non un fatto necessariamente significativo,
oppure l'altra affermazione degli autori:
> Poichè l'originale dell'atto di nascita, conservato
all'Anagrafe di Catania, non fa menzione del decesso, si deve ritenere
che questo sia avvenuto in territorio fuori dalla giurisdizione dello
Stato italiano.
(Nuovamente, perché mai? Forse quando un cittadino
italiano muore all'estero in maniera "normale" e certificata, l'anagrafe
italiana non viene aggiornata? Ciò avviene solo se la persona risulta
per esempio emigrata, e deceduta fuori del territorio nazionale dopo aver
preso una nuova cittadinanza, nel qual caso però tali notizie vengono
comunque riportate nel casellario anagrafico.)
In conclusione, ci sembra invece più opportuno soffermarci
rapidamente su una questione che gli autori introducono riportando
il seguente passo (da una circolare del Capo della Polizia indirizzata
ai Questori del Regno, in data 17 Giugno 1938):
> E' stata prospettata la possibilità che lo scomparso
si trovi in qualche casa di salute privata, atteso che lo stesso aveva
manifestato sintomi di malattia nervosa, dipendente da eccessive applicazioni
mentali.
Abbiamo già espresso altrove il parere che poco ci
persuadono gli accenni ad una "malattia nervosa" di Ettore, condividendo
nel presente caso l'opinione espressa da Sciascia:
> ... l'esaurimento nervoso o la follia non sono porte
aperte da cui si entra e si esce quando si vuole. Majorana dimostra
invece di poter rientrare quando vuole in quella che Amaldi chiama la
vita normale .
Aggiungiamo che se Ettore Majorana avesse mostrato evidenti
sintomi di "follia" ne resterebbe qualche traccia nelle sue ultime
comunicazioni, al contrario lucidissime, e soprattutto se ne sarebbero
accorti in primis i suoi studenti, inclusa la famosa Gilda
Senatore che mai ne fa cenno, il suo Direttore Carrelli, etc..
La questione è in verità importante,
perché prelude ad un'altra soluzione del caso che sappiamo
sta lentamente prendendo piede in ambienti autorevoli, e cioè
che Majorana si sarebbe volontariamente ritirato in una casa di
cura a seguito di una malattia che voleva tenere a tutti i costi
nascosta perché "infamante" (con riferimento a quanto sopra,
una malattia nervosa non potrebbe essere considerata tale, e non conduce
di solito alla morte nel giro di un anno, per non dire del fatto che la
lucidità di una tale eventuale decisione mal si accorda con
una persona affetta da simile patologia). Tale soluzione non ci
convince ancora, almeno a livello logico, in quanto incapace per
esempio di spiegare la frenetica attività di Ettore (pure
nel ruolo di comunicatore, oltre che di viaggiatore: per esempio, perché
mai una persona che aveva intenzione di ritirarsi in una casa di cura o
in un convento doveva inviare un telegramma al suo albergo dicendo di tenergli
ancora a disposizione la stanza? cfr. quanto se ne dice nella seconda nota
** nel seguito) nei due fatidici giorni 25 e
26 marzo del 1938, ma staremo a vedere se nuovi ritrovamenti, o nuove ...
rivelazioni da parte di chi sa ma finora non ha mai parlato, saranno capaci
di portare luce su questo punto, offrendo una soluzione francamente inaspettata
del caso...
UB, Perugia, 5 marzo 2012
P.S. Non è forse inutile mettere in evidenza
un'ulteriore questione sulla quale non concordiamo con gli autori della
lettera esaminata:
> Nel nostro lavoro, non abbiamo preso posizione sul problema
della scomparsa, limitandoci a dichiarare che rispettiamo le sue decisioni.
Il fatto è che, nel descrivere sin dall'inizio tale loro
personale scelta senza ulteriori commenti (sia pur sintetici), gli autori
appaiono sottintendere che la scomparsa di Ettore Majorana debba necessariamente
ascriversi ad un allontanamento deliberato : la possibilità
che quanto avvenuto possa essere stato invece indipendente dalla sua
volontà (almeno da un certo punto in poi) non viene
presa in considerazione nemmeno per un momento (come hanno fatto peraltro
quasi tutti coloro che si sono occupati del caso fino ad oggi*), ad un
livello diciamo "logico". Così facendo propongono cripticamente
ai lettori un altro ... punto fermo che, anche adesso ovviamente
fino a prova contraria, non è da ritenersi tale**.
* Ritroviamo sin dall'inizio di questa storia un
esempio di tale cecità analitica, nel caso di cui diremo ovviamente
in assoluta buona fede. In un articolo apparso di recente ancora su Il
Nuovo Saggiatore
(
"Il promemoria 'Tunisi': un nuovo tassello del caso Majorana"
, vol 27, 5-6, 2011, pp. 58-68), Stefano Roncoroni - figlio di una cugina
prima di Ettore Majorana, da tanti anni un appassionato studioso del caso
- riporta alcuni brani del diario del nonno paterno Oliviero Savini Nicci
(Consigliere di Stato, ebbe un ruolo importante nei primi giorni della
notizia della scomparsa di Ettore). Nella pagina del 31 marzo è
riportata la seguente osservazione:
"Non si sa siasi ucciso, o siasi ritirato in qualche posto".
[Un esempio più tardo di tali analisi monche, che ha
probabilmente condizionato molti studiosi del caso, lo offrì Edoardo
Amaldi, quando scrisse sulle pagine di L'Espresso (
5 ottobre 1975) ,
in polemica con Leonardo Sciascia: "Quest'estate [...] 'La Stampa'
di Torino pubblicò un manipolo di 'rivelazioni' sulla scomparsa
di Majorana [...] [che] non giovavano a risolvere il 'mistero' Majorana,
(se cioè si fosse veramente suicidato o se invece, tentato il
suicidio, si fosse rinchiuso in un convento senza più dar notizie)".
Tertium non datur?]
C'è da chiedersi come mai, stando almeno a quel che finora
risulta, la mente di nessun componente della famiglia Majorana
sia mai stata sfiorata dal timore che il loro congiunto
potesse essere andato incontro a qualche guaio (e se per
questo, tenendo conto di ciò che appare dai documenti noti, neppure
a qualcuno dei funzionari di polizia che si occuparono del caso, laddove
essi avrebbero invece dovuto indagare a 360 gradi, come in ogni investigazione
che si rispetti) : forse perché al tempo incidenti e
rapine con conseguenze funeste erano eventi assolutamente rari?
O forse perché, nel caso a priori possibile di un omicidio,
si era incapaci di concepire un eventuale movente?
Aggiunta (22.III.2012): Riceviamo
da un acuto lettore la seguente osservazione:
> ... Lei insiste sempre
molto su una presunta cecità investigativa della polizia, oltre che
dei membri della famiglia Majorana che si occuparono del caso. Dimentica
però la nota anonima dell'agosto del 1938, nella quale si parla di
possibili "movimenti contro gli interessi italiani", e si suppone che "Majorana
... sia vittima di qualche oscuro complotto, per levarlo dalla circolazione".
Insomma, se non alla famiglia, almeno a qualcuno degli investigatori certe
eventualità erano venute in mente, e lasciamo stare Sciascia che le
ridicolizza, gli si sarebbe dovuto chiedere su quale fondamento. Più
che agli ambienti e ai documenti della polizia bisognerebbe allora pensare
a quelli del Servizio di Informazione Militare, che dall'ottobre 1925 al
1944 si occupò specialmente di controspionaggio e di controllo dell'opposizione,
insieme talvolta alla famigerata O.V.R.A. [...] Si sa che fine abbiano fatto
i relativi archivi? E se vi sia mai stato presente un "dossier Majorana"?
...
Debbo confessare che questa comunicazione mi ha fatto venire in mente
quanto avevo scritto
nel mio libro del 1999 (p. 88), andando puramente ... a naso (o
a lume di logica):
> A meno che [...] l'apparente scarsità di informazioni raccolte
da parte della polizia sia dovuta al fatto che la maggior parte di esse
furono viceversa conservate sotto l'indicazione di segrete, e contenute quindi
in qualche fascicolo dell'OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascismo)
[TENUTO CONTO DI CIO' CHE MI E' STATO COMUNICATO,
AVREI DOVUTO DIRE S.I.M.!] , successivamente smarrito, o fatto
scomparire, alla fine degli eventi bellici. Questo, naturalmente, nell'ipotesi
più 'benevola' verso la nostra intelligence; e bisognerebbe
pensare comunque, nel caso certe congetture avessero poi un reale riscontro,
a fascicoli riservati su Majorana conservati in archivi di altre ben più
efficienti e autentiche intelligence.
** Non c'è naturalmente nessuna prova nemmeno che la scomparsa
di Majorana sia stata infine involontaria, ma indizi sì, e non pochi.
Ai numerosi che abbiamo già messo in evidenza in
passato, ne aggiungiamo adesso un altro, ancora basandoci sul dianzi menzionato
articolo di Stefano Roncoroni. In una "inedita cronologia essenziale
stilata da mano Majorana ignota, ma di Sicilia" in esso riportata,
troviamo:
"Il giorno lunedì 28 il prof. Carrelli non vedendo comparire
Majorana scrive a Roma a S. E. Fermi informandolo e non escludendo
che Ettore possa aver fatto qualche sciocchezza. S. E. Fermi telefona
alla famiglia a Roma (viale Regina Margherita 37). La sera stessa il fratello
dott. Salvatore parte per Napoli".
Secondo invece la testimonianza di Edoardo Amaldi (in: "Ricordo
di Ettore Majorana", Giornale di Fisica, vol. 9, 1968):
"Il giorno 26 marzo 1938 Carrelli con grande meraviglia ricevette
da Palermo un telegramma lampo da parte di Ettore Majorana in cui gli
diceva di non preoccuparsi per quanto era scritto nella lettera che
gli aveva mandato. Carrelli attese l'arrivo della lettera impostata a
Palermo qualche ora prima della spedizione del telegramma [...] Carrelli,
sconvolto da tale lettura, chiamò subito al telefono Fermi
il quale a Roma si mise in contatto con il fratello Luciano".
E' evidente che il resoconto offerto da Amaldi è del tutto
verosimile, ma come si spiega la contraddizione con quanto annotato nella
citata cronologia? Potremmo pensare che sia Amaldi a ricordare male
(e, come accade spesso in tali casi, dove la memoria fallisce
si tenta una ricostruzione appunto ragionevole), ma come si spiega
comunque l'anomalia di una lettera partita da Napoli soltanto il giorno
lunedì 28, con il rischio che fosse letta solamente il martedì
29? Dalla mattina del sabato 26 alla sera del lunedì 28 corrono
ben tre giorni, che a pensare in maniera maliziosa possono essere stati utilizzati
da qualcuno per ben determinate finalità (forse per cercare
i "temuti" appunti scientifici di Majorana? va da sé che
simili ... movimenti possono benissimo essersi verificati
ma essere indipendenti dalla scomparsa di Ettore).
Nota aggiunta il 18.IV.2012
- Un lettore ci scrive, facendoci notare come il ritardo di cui sopra
potrebbe anche essere semplicemente spiegato con il proposito da parte di
Carrelli o di Fermi (o di entrambi di comune accordo) di aspettare qualche
giorno per vedere se Ettore avrebbe fatto ritorno alla sua vita normale, gettando
nel dimenticatoio la "crisi" di cui al fatidico fine settimana 25-27 marzo
1938. Può certamente essere, ma non si vede allora perché non
aspettare addirittura il martedì 29, quando il giovane professore avrebbe
dovuto riprendere le lezioni (ricordiamo che, secondo l'usanza del tempo
di fare lezione a giorni alterni, Majorana teneva le sue nei giorni pari,
martedì-giovedì-sabato). Una sua non presenza in Istituto il
giorno lunedì 28 avrebbe ancora potuto essere interpretata come del
tutto naturale, se non fosse stato ovviamente per le concitate comunicazioni
del venerdì e del sabato precedenti, ma se si fosse appunto deciso
di aspettare, allora non si vede perché non aspettare un giorno di
più.
Un altro lettore ci fa invece presente una circostanza assai importante
ed al tempo stesso singolare. Ammessi i contatti che debbono essere sicuramente
intercorsi tra Carrelli e Fermi, sia pure soltanto in forma cartacea (ma
c'è da dubitare che siano stati così limitati), è verosimile
presumere che i due non abbiano cercato di sapere da Segrè se aveva
qualche notizia del giovane inquieto, dal momento che questi si era recato
a Palermo, e che da lì aveva spedito le sue ultime comunicazioni note?
Insomma, telefonate tra Segrè e Fermi e/o tra Segrè e Carrelli
sono più che probabili, ma stranamente nessuno dei protagonisti ne
ha mai fatto cenno. Per esempio, nella sua autobiografia (Autobiografia
di un fisico, Il Mulino, Bologna, 1995) Segrè accenna sinteticamente
alla scomparsa di Ettore in due sole pagine (164-165), dicendo soltanto
che un fratello di Ettore, l'Ing. Luciano (che di Segrè era stato
anche lui compagno di scuola), si era recato a Palermo alla ricerca dello
scomparso, che si era ovviamente messo in contatto con il futuro Premio
Nobel, e che assieme cercarono "di rintracciare Ettore attraverso la polizia"
(Segrè aggiunge poi la sua personale soluzione del caso, che Majorana
"con ogni probabilità si è buttato a mare dal piroscafo" durante
il viaggio di ritorno da Palermo a Napoli, un viaggio che rimane peraltro
privo di qualsiasi motivazione). Nessun cenno a contatti precedenti con Carrelli
e/o con Fermi, circostanza sulla quale è più che legittimo
avanzare dei seri dubbi.
Insomma, una possibile ricostruzione dell'accaduto,
leggermente diversa da quella a cui abbiamo pensato fino ad oggi (in quanto
l'ultimo atto della vicenda si verrebbe a svolgere a Napoli e non a Palermo,
e soprattutto cambierebbe la persona del principale ideatore del "piano"),
potrebbe essere la seguente. Inutile sottolinearlo, una ricostruzione del
tutto IPOTETICA, che andrebbe bene in un romanzo con personaggi immaginari.
Senza voler imputare nulla in concreto alle illustri figure coinvolte nella
nostra "trama", ci è facile dire però che un'indagine accurata
di polizia avrebbe dovuto prendere in considerazione pure codesta eventualità,
senza nessun timore reverenziale nei confronti di persone autorevoli, la
cui fedeltà al paese si sarebbe peraltro dimostrata presto assai labile.
E qui va detto che, anche se la "forza" è sicuramente dalla parte
di chi ha saputo mettersi dalla parte del vincitore, e la forza ha un'attrattiva
irresistibile nei confronti di chicchessia, quindi anche degli "storici",
bisogna pur avere la forza morale di riconoscere che la vera storia dovrebbe
tra l'altro insegnare a distinguere tra chi ha vinto e chi aveva ragione,
o almeno ... non aveva tutti i torti!
Ettore Majorana è il primo che progetta in concreto, fors'anche
per rispondere a una sorta di sfida intellettuale, un'arma che sfrutta l'energia
nucleare. Su tale questione si lascia andare a qualche confidenza di troppo.
La sua contiguità comunque mantenuta con il gruppo dei
fisici romani, nonostante le gravi divergenze di natura politica, lo mette
al corrente dei progetti di qualcuno relativi a una fuga dall'Italia per
collaborare con il probabile futuro nemico, allo stesso modo che qualcuno
di quei fisici viceversa viene messo al corrente, oppure sospetta, i progressi
di Ettore in direzioni ... proibite.
Nella settimana tra il sabato 19 marzo (quando scrive alla famiglia
che avrebbe fatto sicuramente rientro a Roma il sabato successivo) e il
fatidico venerdi' 25, accade qualcosa a Napoli (Majorana si rende conto
di essere seguito, sorvegliato?) che gli fa mettere in piedi rapidamente,
e pure in maniera alquanto maldestra, un progetto di fuga (temporanea) camuffata
da suicidio.
Il giovane fisico teme soprattutto di qualcuno in particolare
dei romani, ed avverte delle proprie intenzioni il suo superiore Carrelli,
ben sapendo che ciò significa di fatto fornire informazioni anche
a Roma. Poi si imbarca la sera del venerdì 25 sul postale per Palermo,
per andare a parlare di persona di quanto si sta verificando con il suo ex
compagno di studi Segrè, al quale era comunque affezionato senza immaginare
viceversa quanta avversione nutrisse questi nei suoi confronti.
Sabato 26 avviene un colloquio apparentemente tranquillizzante,
che conforta Ettore e gli fa cambiare idea sui progetti di fuga nutriti
fino a quel momento. Avverte nuovamente Carrelli (e quindi ... Roma!) della
mutata situazione, sottolineando, allo scopo di allontanare ogni timore verso
di lui, che lascerà l'insegnamento, e quindi è da ritenersi
anche la fisica. La sera stessa del sabato (precisiamo, non la sera della
domenica, la questione non è comunque ancora chiarita) fa ritorno
a Napoli con la stessa nave presa all'andata.
Nel corso del viaggio viene notato dal Prof. Strazzeri, il quale,
fortunatamente per la nostra storia, rammenta in maniera indiscutibile la
contemporanea presenza sulla nave di un tale inglese Charles Price, alias
... Zedick Il Giusto, verosimilmente un agente segreto al servizio di sua
maestà britannica. Non si tratta di un depistaggio messo in piedi
per allontanare eventuali sospetti dal capoluogo siciliano, come abbiamo in
passato ritenuto, bensì del protrarsi di un pedinamento del povero
Ettore allo scopo di prevenirne ulteriori mosse che potessero danneggiare
gli interessi della parte che Zedick rappresentava. All'arrivo
a Napoli, lo scienziato catanese viene rapito e poi fatto scomparire, come
immaginato nel Dossier Majorana di Leandro Castellani (Fabbri Ed.,
Milano, 1974, pp. 57-59), unica fonte in cui ci sembra si accenni, tra le
altre, a tale possibilità. Inizia poi la ricerca delle famose
carte segrete del fisico tanto geniale quanto ... ingenuo. Il
piano della sua eliminazione (che diventerà presto purtroppo
... definitiva, un esito probabilmente sgradito agli stessi mandanti) viene
rapidamente concordato la mattina del sabato (forse perfezionato nel corso
della giornata di domenica), quando a Roma si riceve notizia dell'inaspettata
iniziativa del giovane docente, sia da parte di Carrelli (testimonianza di
Amaldi), sia si deve supporre da parte di Segrè. Ciò
fornisce una giustificazione per gli oltre due giorni di ritardo con il quale
le notizie relative alla scomparsa del giovane congiunto pervengono infine
alla famiglia, il resto è risaputo.
Nuova nota aggiunta il
25.IV.2012 - La ricostruzione del caso Majorana dianzi
accennata continua ad originare varie interessanti corrispondenze. In una
di queste ci viene comunicato:
"... avete tenuto presente che, nel caso Majorana abbia davvero effettuato
il viaggio di ritorno da Palermo a Napoli, la presenza a bordo dell'agente
Charles Price si spiega soltanto ammettendo la sua presenza pure nel viaggio
di andata da Napoli a Palermo?"
Un'ottima osservazione, ci sembra. In effetti, supponendo che Ettore abbia
deciso di mettere in atto il suo piano (qualsiasi esso fosse) in maniera
improvvisa e soprattutto ignota a terze persone, è altamente improbabile
che Price fosse già per mera coincidenza a Palermo, pronto a seguire
lo scienziato catanese nel viaggio di ritorno. Né avrebbe potuto raggiungere
tanto velocemente il capoluogo siciliano, una volta che si fosse saputo
(la mattina del sabato) che Majorana si trovava lì, e si fosse deciso
di convocare l'agente segreto inglese in loco. Maggiormente verosimile appare
quindi l'ipotesi che Price tenesse d'occhio il giovane temuto professore
sin da Napoli, che l'abbia seguito da Napoli a Palermo, e poi viceversa.
Insomma, il rilievo del nostro interlocutore costituirebbe una sorta di conferma
indiretta della supposizione che abbiamo formulato con le seguenti parole:
"Majorana si rende conto di essere seguito, sorvegliato?", consapevolezza
che potrebbe essere all'origine delle altrimenti incomprensibili mosse dello
scomparso nei suoi ultimi giorni a noi conosciuti.
[Per inciso, oggi sappiamo abbastanza per certo,
grazie ad una "inedita cronologia essenziale stilata da mano Majorana ignota
, ma di Sicilia" (cfr. Stefano Roncoroni, "Il promemoria 'Tunisi': un nuovo
tassello del caso Majorana", loc. cit.) che Ettore andò
ed arrivò veramente a Palermo, un particolare importante visto che
qualcuno ha messo in dubbio tale circostanza. Il fratello minore di Ettore,
Luciano, si recò a fare ricerche nel capoluogo siciliano, e
lì ritrovò il dispaccio telegrafico (successivamente andato
perduto) che Ettore aveva inviato all'albergo:
"Il giorno 26 Ettore aveva telegrafato da Palermo, alle ore 10,10
, all'Albergo Bologna di Napoli 'tenete chiusa la mia stanza arriverò
lunedì'. [...] Giovedì 31 viene trovato alle Poste il dispaccio
del 26 diretto all'Hotel Bologna, che risulta di carattere di Ettore"
Sottolineiamo inoltre che, grazie alla detta fonte, risulterebbe che Ettore
aveva avuto almeno in un certo momento intenzione di fare rientro a Napoli
il giorno lunedì 28, e quindi di prendere il traghetto che partiva
da Palermo la domenica sera 27, e non lo stesso sabato sera 26, come aveva
invece scritto nel famoso espresso a Carrelli (l'ultima sua comunicazione
nota), inviato da Palermo la stessa mattina del giorno 26: "ritornerò
domani all'albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio". Si
tratta di un dettaglio che, come quello della data del viaggio in cui il
Prof. Strazzeri incontrò il misterioso
Charles Price, presenta ancora qualche lato oscuro.]