JOHN VON NEUMANN
L’APPRENDISTA STREGONE
(Piergiorgio Odifreddi)
Fatti e misfatti
L’apprendista nacque ebreo ed ungherese a Budapest il
28 dicembre 1903 come János Neumann, e lo stregone morì cattolico
e statunitense a Washington l’8 febbraio 1957 come John von Neumann (l’ereditario
‘von’ venne assegnato nel 1913 a suo padre per meriti economici dall’imperatore
Francesco Giuseppe). La sua conversione al cattolicesimo avvenne in occasione
del (primo) matrimonio nel 1930, con la figlia di una bigotta. Di fronte
al Senato statunitense descrisse la sua ideologia come "violentemente anticomunista,
e molto più militarista della norma’’. La sua morte precoce fu l’effetto
di un contrappasso, dovuto ad un cancro alle ossa contratto per l’esposizione
alle radiazioni dei test atomici di Bikini nel 1946, la cui sicurezza per
gli osservatori egli aveva tenacemente difeso.
Von Neumann fu un bambino prodigio: a sei anni conversava
con il padre in greco antico; a otto conosceva l’analisi; a dieci aveva
letto un’intera enciclopedia storica; quando vedeva la madre assorta le
chiedeva che cosa stesse calcolando; in bagno si portava due libri, per
paura di finire di leggerne uno prima di aver terminato. Da studente, frequentò
contemporaneamente le università di Budapest e Berlino, e l’ETH
di Zurigo: a ventitré anni era laureato in ingegneria chimica, ed
aveva un dottorato in matematica.
La sua velocità di pensiero e la sua memoria divennero
in seguito tanto leggendarie che Hans Bethe (premio Nobel per la fisica
nel 1967) si chiese se esse non fossero la prova di appartenenza ad una
specie superiore, che sapeva però imitare bene gli umani. In realtà,
il sospetto di un’origine marziana era esteso non solo a von Neumann, ma
a tutto il resto della banda dei figli della mezzanotte, i coetanei scienziati
ebrei ungheresi emigrati che contribuirono a costruire la bomba atomica:
Leo Szilard, Edward Teller e Eugene Wigner (premio Nobel per la fisica
nel 1963).
Benché si vestisse sempre con giacca e cravatta
(anche in occasioni improbabili quali le gite a cavallo nel Gran Canyon,
o le passeggiate in montagna), gli piaceva dare feste sfavillanti, guidare
pericolosamente (spesso leggendo, e a volte schiantandosi contro gli alberi
o venendo arrestato), bere e mangiare forte (si diceva di lui che sapesse
contare tutto, meno le calorie), dire storielle o battute sporche (tipo
‘’una violenza carnale è un dispiacere fatto con l’intenzione di
fare un piacere’’), e fissare insistentemente le gambe delle ragazze (tanto
che le segretarie di Los Alamos furono costrette a schermare le loro scrivanie
con del cartone). Quando si dichiarò alla donna che poi sposò,
non seppe andare oltre un romantico: ‘’Io e te potremmo divertirci insieme,
visto che ad entrambi piace bere’’. Nella vita familiare la sua collaborazione
era ovviamente nulla, a parte saper aggiustare istantaneamente le cerniere
rotte: una volta dovette portare dell’acqua alla moglie, e fu costretto
a domandarle dove si tenevano i bicchieri (nella casa in cui abitavano
da diciassette anni).
Delirava di interventi ambientali per il controllo climatico,
ottenuti ad esempio spargendo coloranti sulle calotte polari per inibire
la radiazione solare e far alzare la temperatura globale, anche a fini
bellici. Quanto alle armi che invece già esistevano, era favorevole
ad un attacco nucleare preventivo contro l’Unione Sovietica, prima che
anch’essa ottenesse la bomba.1
Logica
L’assiomatizzazione delle matematiche, sul modello degli
Elementi di Euclide, aveva raggiunto nuovi livelli di rigore e ampiezza
alla fine del secolo XIX, in particolare in aritmetica (grazie a Richard
Dedekind e Giuseppe Peano) e geometria (grazie a David Hilbert). Agli inizi
del secolo XX all’appello mancava però la teoria degli insiemi,
la nuova branca della matematica inventata da Georg Cantor, e messa in
crisi da Bertrand Russell con la scoperta del suo paradosso (sull’insieme
degli insiemi che non appartengono a se stessi2).
Il problema di una adeguata assiomatizzazione della teoria
degli insiemi fu risolto implicitamente nel giro di vent’anni (grazie a
Ernst Zermelo e Abraham Fraenkel) mediante una serie di princìpi
che permettevano di costruire tutti gli insiemi usati nella pratica matematica,
ma che non escludevano esplicitamente la possibilità che esistessero
insiemi che appartengono a se stessi. Nella sua tesi di dottorato del 1925
von Neumann mostrò come fosse possibile escludere tale possibilità
in due modi complementari: l’assioma di fondazione, e la nozione
di classe.
Con il contributo di von Neumann il sistema assiomatico
della teoria degli insiemi divenne pienamente soddisfacente, e la domanda
successiva fu se esso fosse anche definitivo, e non ulteriormente migliorabile.
Una risposta fortemente negativa venne nel settembre del 1930 dallo storico
congresso di Königsberg, in cui Kurt Gödel annunciò il
suo famoso primo teorema: gli usuali sistemi assiomatici sono incompleti,
nel senso che non possono dimostrare tutte le verità esprimibili
nel loro linguaggio.3 Il risultato era sufficientemente innovativo
da confondere allora la maggior parte degli addetti ai lavori, e tuttora
la maggior parte dei curiosi. Ma von Neumann, che aveva partecipato al
congresso, confermò la sua fama di pensatore istantaneo, ed in meno
di un mese era in grado di comunicare a Gödel stesso un’interessante
conseguenza del suo teorema: gli usuali sistemi assiomatici non possono
dimostrare la propria consistenza. E’ proprio questa conseguenza che ha
più attirato l’attenzione, anche se Gödel la considerò
originariamente soltanto una curiosità, e l’aveva comunque notata
indipendentemente (per questo motivo il risultato si chiama oggi secondo
teorema di Gödel, senza menzioni al nome di von Neumann).
Meccanica quantistica
Al Congresso Internazionale dei Matematici del 1900 David
Hilbert presentò una famosa lista di 23 problemi, considerati centrali
per lo sviluppo della matematica del nuovo secolo: il sesto fra essi era
l’assiomatizzazione delle teorie fisiche.
Fra le nuove teorie fisiche del secolo l’unica che non
avesse ancora ricevuto un tale trattamento alla fine degli anni ‘20 era
la meccanica quantistica. Essa si trovava anzi in una condizione di crisi
dei fondamenti simile a quella della teoria degli insiemi nei primi anni
del ‘900, con problemi di natura sia filosofica che tecnica: da un lato
il suo non determinismo non era ancora stato ridotto, come proponeva Albert
Einstein sul modello della termodinamica nel secolo XIX, ad una spiegazione
determinista; dall’altro ne esistevano due formulazioni euristiche equivalenti,
dovute ad Werner Heisenberg e Ernst Schrödinger, ma non una formulazione
teoretica soddisfacente.
Dopo aver completato l’assiomatizzazione della teoria
degli insiemi von Neumann affrontò dunque quella della meccanica
quantistica. Egli si accorse immediatamente, nel 1926, che un sistema quantistico
si poteva considerare come un punto di un cosiddetto spazio di Hilbert,
analogo a quello euclideo ma con infinite dimensioni (corrispondenti ai
possibili infiniti stati del sistema) invece delle tre usuali: le grandezze
fisiche del sistema (ad esempio, posizione e momento) potevano dunque essere
rappresentate come particolari operatori agenti su questi spazi. La fisica
della meccanica quantistica veniva così ridotta alla matematica
degli operatori (lineari hermitiani) su spazi di Hilbert:4 essa
comprendeva come casi speciali le formulazioni di Heisenberg e Schrödinger,
e culminò nel 1932 nel classico I fondamenti matematici della
meccanica quantistica.
A dire il vero all’approccio di von Neumann, estremamente
soddisfacente per i matematici, i fisici finirono per preferire quello
introdotto nel 1930 da Paul Dirac ne I principi della meccanica quantistica,
benché esso fosse basato su uno strano tipo di funzione (la cosiddetta
delta di Dirac5), aspramente criticata da von Neumann.
La sua trattazione astratta gli permise comunque di affrontare
anche il problema del determinismo, e nel libro egli dimostrò un
teorema secondo il quale la meccanica quantistica non può essere
ricavata per approssimazione statistica da una teoria deterministica del
tipo di quelle usate nella meccanica classica. Il risultato di von Neumann
inaugurò una linea di ricerca che, passata attraverso il teorema
di John Bell del 1964 e gli esperimenti di Alain Aspect del 1982, ha mostrato
come la fisica quantistica richieda una nozione di realtà
sostanzialmente diversa da quella della fisica classica.
In un complementare lavoro del 1936 von Neumann provò
(insieme a Garrett Birkhoff) che la meccanica quantistica richiede anche
una logica sostanzialmente diversa da quella della fisica classica,6
mostrando così matematicamente che la rottura col senso comune richiesto
dalla fisica dei quanti è sia radicale che irrimediabile.
Economia
Fino agli anni ‘30 l’economia sembrava aver usato molta
matematica, ma a sproposito: per dare formulazioni e soluzioni inutilmente
precise a problemi che invece erano intrinsecamente vaghi. Essa si trovava
nello stato della fisica del XVII secolo, in attesa del linguaggio appropriato
per poter esprimere e risolvere i suoi problemi: mentre la fisica lo aveva
trovato nel calcolo infinitesimale, von Neumann propose per l’economia
la teoria dei giochi e la teoria dell’equilibrio generale.
Il suo primo contributo fu il teorema minimax del
1928: esso stabilisce che in certi giochi a somma zero (in cui cioè
la vincita di un giocatore è uguale e contraria alla perdita dell’altro
giocatore) e ad informazione perfetta (in cui cioè ogni giocatore
conosce esattamente sia le strategie dell’altro giocatore, che le loro
conseguenze), esiste una strategia che permette ad entrambi i giocatori
di minimizzare le loro massime perdite (da cui il nome minimax).7
Il teorema minimax venne migliorato ed esteso a più riprese da von
Neumann, ad esempio a giochi ad informazione imperfetta o con più
di due giocatori, ed il suo lavoro culminò nel 1944 nel classico
testo La teoria dei giochi e il comportamento economico (scritto
con Oscar Morgenstern). L’interesse duraturo suscitato dalla teoria dei
giochi nell’economia è sottolineato dall’assegnazione del premio
Nobel nel 1994 a John Harsanyi, John Nash e Reinhard Selten.
Il secondo contributo di von Neumann fu la soluzione nel
1937 di un problema risalente a Léon Walras nel 1874: l’esistenza
di situazioni di equilibrio nei modelli matematici dello sviluppo del mercato,
basati sulla domanda e sull’offerta (attraverso prezzi e costi). Egli vide
anzitutto che un modello andava espresso mediante disequazioni (come si
fa oggi) e non equazioni (come si era fatto fino ad allora), e trovò
poi una soluzione applicando un teorema del punto fisso (di Luitzen
Brouwer). L’interesse duraturo suscitato dalla teoria dell’equilibrio generale
e dalla metodologia dei punti fissi nell’economia è sottolineato
dall’assegnazione del premio Nobel nel 1972 a Kenneth Arrow, e nel 1983
a Gerard Debreu.
Armamenti
Nel 1937 von Neumann, appena ricevuta la cittadinanza
statunitense, iniziò ad interessarsi di problemi matematici ‘applicati’.
Egli divenne rapidamente uno dei maggiori esperti di esplosivi, e si impegnò
in un gran numero di consulenze militari, soprattutto per la marina (sembra
che egli preferisse incontrarsi con gli ammiragli piuttosto che coi generali
perché in mensa i primi bevevano liquori ed i secondi acqua).
Il suo risultato più famoso nel (o sul) campo fu
la scoperta che le bombe di grandi dimensioni sono più devastanti
se scoppiano prima di toccare il suolo, a causa dell’effetto addizionale
delle onde di detonazione (i media sostennero più semplicemente
che von Neumann aveva scoperto che è meglio mancare il bersaglio
che colpirlo). L’applicazione più infame del risultato si ebbe il
6 e 9 agosto del 1945, quando le più potenti bombe della storia
detonarono sopra il suolo di Hiroshima e Nagasaki, all’altezza calcolata
da von Neumann affinché esse producessero il maggior danno aggiuntivo.
Questo non fu comunque l’unico contributo di von Neumann
alla guerra atomica. Dal punto di vista tecnico, ancora più sostanziale
fu il suo lavoro sulla cosiddetta lente di implosione, la stratificazione
di esplosivi attorno alla massa di plutonio che permette di comprimerla
fino ad innescare la reazione a catena. Dal punto di vista politico, egli
fece parte del comitato che decise gli obiettivi (la sua prima scelta,
la città santa di Kyoto, fu fortunatamente bocciata dal Ministro
della Guerra in persona).
Secondo il suo stesso direttore Robert Oppenheimer, l’impresa
atomica aveva mutato gli scienziati in ‘’distruttori di mondi’’: il cinico
commento di von Neumann fu che ‘’a volte qualcuno confessa una colpa per
prendersene il merito’’. Egli proseguì poi imperterrito e divenne,
assieme a Teller, il convinto padrino del successivo progetto di costruzione
della bomba all’idrogeno (che fu approvato da Truman nonostante la raccomandazione
contraria dell’apposito comitato presieduto da Oppenheimer, il quale pensava
che gli scienziati avessero già fatto abbastanza male all’umanità).
Informatica
La complessità dei calcoli balistici richiesti
per le tavole di tiro di armamenti sempre più sofisticati aveva
portato, nel 1943, al progetto del calcolatore elettronico ENIAC di Filadelfia.
Non appena ne venne a conoscenza, nell’agosto 1944, von Neumann vi si buttò
a capofitto: nel giro di quindici giorni dalla sua entrata in scena, il
progetto del calcolatore veniva modificato in modo da permettere la memorizzazione
interna del programma. La programmazione, che fino ad allora richiedeva
una manipolazione diretta ed esterna dei collegamenti, era così
ridotta ad un’operazione dello stesso tipo dell’inserimento dei dati, e
l’ENIAC diveniva la prima realizzazione della macchina universale
inventata da Alan Turing nel 1936: in altre parole, un computer programmabile
nel senso moderno del termine.
Nel frattempo un nuovo modello di computer, l’EDVAC, era
in cantiere, e von Neumann ne assunse la direzione. Nel 1945 egli scrisse
un famoso rapporto teorico, che divenne un classico dell’informatica: in
esso la struttura della macchina era descritta negli odierni termini di
memoria, controllo, input e output. L’effettiva costruzione della macchina
andò però a rilento: le maniere di von Neumann, ed in particolare
il fatto che egli contrabbandasse sotto il suo nome molte delle innovazioni
che erano frutto di lavoro comune, non erano piaciute al resto del gruppo
di lavoro dell’EDVAC, che si sfaldò subito dopo la guerra.
Anche von Neumann se ne andò dal miglior offerente,
e cioè all’Istituto di Princeton. Qui egli si dedicò alla
progettazione di un nuovo calcolatore, producendo una serie di lavori che
portarono alla definizione di quella che oggi è nota come architettura
von Neumann: in particolare, la distinzione tra memoria primaria (ROM)
e secondaria (RAM), e lo stile di programmazione mediante diagrammi
di flusso. Anche questa macchina non fu fortunata: essa fu inaugurata
solo nel 1952, con una serie di calcoli per la bomba all’idrogeno, e fu
smantellata nel 1957 a causa dell’opposizione dei membri dell’Istituto,
che decisero da allora di bandire ogni laboratorio sperimentale.8
Oltre che per varie applicazioni tecnologiche (dalla matematica
alla metereologia), il computer servì a von Neumann anche come spunto
per lo studio di una serie di problemi ispirati dall’analogia fra macchina
e uomo: la logica del cervello, il rapporto fra l’inaffidabilità
dei collegamenti e la loro ridondanza, e il meccanismo della riproduzione.
Egli inventò in particolare un modello di macchina (automa cellulare)
in grado di autoriprodursi, secondo un meccanismo che risultò poi
essere lo stesso di quello biologico in seguito scoperto da James Watson
e Francis Crick (premi Nobel per la medicina nel 1962).9
Politica e affari
Von Neumann aveva avuto una carriera accademica fulminea
come il suo intelletto, ottenendo a ventinove anni una delle prime cinque
cattedre del neonato Institute for Advanced Studies di Princeton (un’altra
era andata ad Einstein). Egli dovette quindi cercare altri campi per soddisfare
le sue ambizioni, e li trovò nella collaborazione (o meglio, nel
collaborazionismo) con il complesso militare, politico e industriale: attraverso
una frenetica attività di rapporti di consulenza fugaci e proficui
(con l’esercito e la CIA da una parte, la Standard Oil, l’IBM e la RAND
Corporation dall’altra), egli divenne una vera e propria prostituta della
scienza.
Come presidente del cosiddetto Comitato von Neumann per
i missili dapprima, e membro della ristretta Commissione per l’Energia
Atomica poi, a partire dal 1953 e fino alla sua morte nel 1957 egli fu
lo scienziato con il maggiore potere politico negli Stati Uniti. Attraverso
il suo comitato sceneggiò la proliferazione nucleare, lo sviluppo
dei missili intercontinentali e sottomarini a testata atomica, e l’equilibrio
strategico del terrore (quest’ultimo come applicazione della strategia
minimax): in una parola, l’aspetto ‘scientifico’ della politica di guerra
fredda che condizionò il mondo occidentale per quarant’anni.
Ai suoi avventurismi politici, così come alle sue
avventure intellettuali, mise bruscamente fine il cancro alle ossa che
lo distrusse nel giro di pochi mesi, costringendolo dapprima a partecipare
alle riunioni strategiche sulla sedia a rotelle (scena che ispirò
il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick, nel 1963), e poi ad essere
guardato a vista da infermieri militari per la paura che potesse rivelare
segreti nei suoi deliri. Nel tramonto della vita si riavvicinò a
dio, la cui esistenza riteneva probabile ‘’perché essa rende molte
cose più facili da spiegare’’: non sappiamo se gli passò
mai per la mente, velocemente come ogni altro pensiero, che forse la sua
stessa precoce morte potesse essere facilmente spiegata come una misericordiosa
azione divina verso l’umanità.
NOTE
1 Per quanto strano questo possa sembrare, dal 1945 al 1948 anche Bertrand Russell espresse ripetutamente lo stesso parere.
2 Se tale insieme appartiene a se stesso, allora deve stare nell’insieme degli insiemi che non appartengono a se stessi, e quindi non può appartenere a se stesso; e se tale insieme non appartiene a se stesso, allora deve stare nell’insieme degli insiemi che non appartengono a se stessi, e quindi deve appartenere a se stesso.
3 Vedi Piergiorgio Odifreddi, ‘’Gödel e l’Intelligenza Artificiale’’, La Rivista dei Libri, Giugno 1992, pp. 37-39.
4 Ad esempio, il famoso principio di indeterminazione di Heisenberg, secondo cui la determinazione della posizione di una particella impedisce la determinazione del momento e viceversa, si traduce nella non commutatività dei due operatori corrispondenti.
5 La delta ha sempre valore nullo eccetto in un punto, in cui ha valore infinito; ciò nonostante l’area da essa determinata è finita.
6 Ad esempio, la luce non passa attraverso due filtri successivi che siano polarizzati uno orizzontalmente e l’altro verticalmente, e quindi a maggior ragione non passa se ai due filtri se ne aggiunge un terzo polarizzato diagonalmente, prima o dopo i due precedenti; ma la luce passa se il terzo filtro si inserisce fra i primi due! Questo fatto sperimentale si traduce nella non commutatività della congiunzione.
7 Per ogni sua possibile strategia, un giocatore considera tutte le possibili strategie dell’avversario, e la massima perdita che potrebbe derivargli; egli gioca poi la strategia per cui tale perdita è minima. Tale strategia, che minimizza la massima perdita, è ottimale per entrambi i giocatori se essi hanno minimax uguali (in valore assoluto) e contrari (in segno): nel caso che tale valore comune sia zero, allora è inutile giocare.
8 Le loro reazioni erano state esplicite già al momento della decisione di costruire il computer: il matematico Siegel dichiarò che egli evitava persino di usare le tavole dei logaritmi (preferendo calcolarli a mano quando gli servivano), ed Einstein disse che un computer non l’avrebbe certo aiutato a trovare l’unificazione delle teorie dei campi.
9 Alcune delle riflessioni di von Neumann sull’argomento
si trovano ne La logica degli automi e la loro riproduzione, del
1948, e Il calcolatore e il cervello, del 1958 (in Vittorio Somenzi
e Roberto Cordeschi, La filosofia degli automi, 1994, pp. 151-166
e 108-150).
Bibliografia
Alcune biografie coprono tutto l’arco dell’attività
di von Neumann:
Michael Heims, John von Neumann and Norbert Wiener,
from mathematics to the technologies of life and death, 1980.
Norman Macrae, John von Neumann, 1992.
Giorgio Israel e Ana Millán Gasca, Il mondo
come gioco matematico: John von Neumann, scienziato del novecento,
1995.
Altre si concentrano su alcuni aspetti:
William Aspray, John von Neumann and the origins of
modern computing, 1990.
William Poundstone, Prisoner’s dilemma: John von Neumann,
game theory, and the puzzle of the bomb, 1992.
Un’analisi del contributo tecnico di von Neumann si trova
nelle due seguenti raccolte di articoli:
Bulletin of the American Mathematical Society,
1958, vol. 64.
Proceedings of the American Mathematical Society Symposia
in Pure Mathematics, 1990, vol. 50.
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Piergiorgio Odifreddi ha insegnato logica matematica
negli Stati Uniti ed in Unione Sovietica, ed attualmente è professore
presso l’Università di Torino. E’ autore di Classical Recursion
Theory (North Holland, 1989), curatore di Logic and Computer Science
(Academic Press, 1990), e sta preparando un volume di saggi sui legami
fra matematica, letteratura e filosofia.