Musica e matematica

Andrea Luchesi, genio incompreso tra Riccati e Beethoven

(Giorgio Taboga)

 

 

Ringrazio il Dipartimento di Matematica dell'Università di Bergamo, ed in particolare il prof. Emilio Spedicato, per l'incarico di tenere questa conferenza su Andrea Luchesi, genio incompreso fra Riccati e Beeethoven che mi offre l'opportunità di denunciare le falsità e le reticenze che ostacolano la corretta valutazione del musicista trevigiano Andrea Luchesi e la comprensione del ruolo che ebbe nella nascita dei miti di Haydn, Mozart e Beethoven. Già nel 1806 l'abate Giannantonio Moschini lo definiva il celebre Luchesi della Motta, che fu poi maestro di musica alla corte dell'elettore di Colonia (a Bonn), ove si maritò riccamente ed ove godette di ogni favore1. Benchè sia indicato alla testa della cappella in venti calendari della corte di Colonia e siano documentati i suoi contatti con i tre "mostri sacri", il suo nome è stato espunto dalle loro biografie. E' quindi doveroso parlare di genio cancellato, non incompreso, perchè la musicologia tedesca ha sempre saputo che la sua ricomparsa avrebbe azzerato i miti costruiti attorno ai grandi autodidatti della "Wiener Klassik".

Quanto a Riccati, devo precisare che quattro sono i componenti della famiglia comitale Riccati di Castelfranco Veneto menzionati tra i matematici del '700: il conte Jacopo e tre suoi figli: Vincenzo, Giordano e Francesco. Jacopo deve la fama all'equazione differenziale del secondo ordine che ne porta il nome. Nello studio sui fratelli Riccati, l'amico prof.Giorgio Tomaso Bagni ricorda un'applicazione da parte del gruppo di via Panisperna, testimoniata dal fisico Edoardo Amaldi:

"<Ettore Majorana> estrasse dalla tasca un fogliolino su cui era scritta una tabella da lui calcolata nelle ultime ventiquattr'ore trasformando, secondo quanto ricorda Segrè, l'equazione del secondo ordine non lineare di Thomas-Fermi in un'equazione di Riccati, che poi aveva integrato numericamente.

Jacopo iniziò alla matematica il figlio Giordano (1709-1790), che intrattenne rapporti didattici ed artistici con Andrea Luchesi. Vincenzo, gesuita, fu accostato per importanza ad Eulero, Leibnitz e Daniel Bernoulli e considerato il miglior matematico italiano del tempo; Francesco si distinse nel campo dell'architettura.

Completatosi a Padova col matematico Ramiro Rampinelli, Giordano si laurea in legge nel 1733. Intanto frequenta le lezioni di idraulica del marchese Giovanni Poleni, si interessa di letteratura, di filosofia, di teologia, di fisica -sarà il miglior fisico-acustico del tempo- di architettura e di teoria musicale. Con Vincenzo studia i logaritmi dei numeri negativi, gli isoperimetri e la risoluzione dell'equazione cardanica di terzo grado. Ma i successi in campo fisico-matematico hanno messo in ombra altri aspetti della sua attività di uomo di scienza e di cultura. Nel dicembre 1992 scrissi "Giordano Riccati, un teorico musicale trevigiano dimenticato"2 per ricordare i suoi contributi alla scienza musicale nell'ambito della scuola degli "armonisti fisico-matematici" fiorita all'ombra della Basilica di S.Antonio di Padova nel secolo XVIII. L'innovativa "scuola padovana" coinvolse musicisti e matematici quali i frati minori Francesco Antonio Calegari, veneziano, fondatore, anticipatore di Rameau, il piemontese Francesco Antonio Vallotti, codificatore della teoria delle dissonanze, il boemo Bohuslav Cernohorsky ed il suo allievo Giuseppe Tartini, il conte Giordano Riccati e diversi musicisti pratici. Tra essi, il maestro marciano Giuseppe Saratelli, Andrea Luchesi (maestro di Beethoven e di Antonin Reicha) e l'abate Joseph Georg Vogler ( maestro di Weber e Meyerbeer). Riccati, con il "Saggio sulle leggi del contrappunto" (1762) divulgò il sistema del Vallotti, inteso a "provare, contro gli odierni matematici, che la musica non è un'arte solo di sentimento e di pura pratica, ma bensì vera scienza matematica". Solo nel 1779 Vallotti pubblicò il primo dei quattro tomi previsti; altri due videro la luce nel 1950 in forma non corrispondente al suo pensiero. Riccati curò anche l'applicazione della teoria vallottiana attraverso l'attività didattica e l'accurata correzione dei lavori dei molti musicisti che ricorrevano a lui per consigli e giudizi. Fu lui a raccomandare a Vallotti il Luchesi, che fino alla partenza per Bonn, nel 1771, intrattenne con entrambi rapporti testimoniati da sette lettere inviate al conte tra il 1764 ed il 1770. Il 9 gennaio 1764 restituendo al conte i bassi del Vallotti, Luchesi gli scrive:

(..) poi vi è una fuga a quattro che io feci, la quale avrei piacere che fosse corretta da Lei e mi dicesse il suo sentimento. Mi presi l'ardire di scriverle confidato dalla sua innata bontà".

Di poco posteriore una lettera senza data che inizia:

"Dalla sua pregiatissima lettera intesi una favorevole decisione intorno la mia fuga; non mancherò per l'avvenire di approfittarmi sempre più e di mettere in pratica le cognizioni che Vostra Signoria si è degnato di comunicarmi a Castel Franco. Mi sono preso il coraggio di rassegnarle i bassi del Saratelli avendoli per mio divertimento copiati egualmente con la fuga. Attendo con piacere i soggetti del Padre Minore Vallotti che lei si esibisce di spedirmi".

Nella lettera del 17 febbraio Luchesi si proclama entusiasta di tre lavori di Vallotti, inviatigli dal conte per un giudizio3, e pronto ad adottare il nuovo sistema compositivo:

"Ricevei con sommo piacere la sua gentilissima lettera con tre soggetti del P.M.Vallotti. Io non mi sazio di sempre guardarli e riguardarli per sempre più intendere l'artifizio e il lavoro, qui con una unità costante scorgo modulare nei suoi suoni accessori senza aggiungere inutili riampiture, qui scorgo un maneggio di rivolti* e di dissonanze disposto con tanta arte che pare ch'ognuno potrebbe fare lo stesso, ma qui è anzi dove consiste l'arte maggiore. Insomma da questi io spero d'imparare molto; mi dispiacerebbe che Lei, avendomi lusingato il palato col spedirmeli mi lasciasse senza spedirmi altre cose preciose per saziar il mio appetito. Questa Fiera di Padova ho d'andare a suonare il cembalo nel Teatro Nuovo , con questa occasione, (benchè sia poco tempo), farò in tal maniera da prendere lezione dal P.M.Vallotti e forse anche per mezzo di V.S.Illustrissima".

Le novità riguardavano l'origine della scala diatonica ed i rivolti degli accordi di nona, undicesima e tredicesima. Per i particolari rinvio allo studio di Patrizio Barbieri su Padre Martini e gli armonisti fisico-matematici4. Accenno solo al disappunto di Vallotti per la divulgazione non concordata del suo sistema da parte di Riccati ed alle divergenze teoriche tra Riccati e Tartini, dal conte trattato con rispetto malgrado l'evidente impreparazione in campo matematico. Sul valore dell'esempio di competenza e serietà dato da Riccati al Luchesi, scrive G.T.Bagni:5

"La concezione che Giordano Riccati ha dell'architettura è facilmente confrontabile con quella che lo studioso chiaramente manifesta nei confronti della musica: la matematica, e più in generale l'approccio razionale, non possono essere esclusi dall'impegno culturale umano, in ogni disciplina, in ogni fase di elaborazione di un'opera. Anzi, la ragione umana, coltivata ed educata attraverso lo studio e la pratica delle scienze esatte, viene ad essere la traccia, la guida sicura, il sostegno nella corretta concezione e realizzazione dell'opera d'arte. Da questo punto di vista lo studio delle leggi del contrappunto o l'uso della media armonica nel tentativo di immaginare e progettare una costruzione dalle proporzioni ideali sono espressioni della medesima volontà di raggiungere e codificare il controllo, da parte della ragione, dell'emozione che da sempre giunge all'uomo attraverso il messaggio artistico".

Per la severa coerenza presente in ogni momento dell'attività artistica o scientifica, dal teorico Riccati quanto e forse più che dal pratico Vallotti Luchesi apprende il modo corretto di impostare e risolvere i problemi musicali. Beethoven, Antonin Reicha (maestro di Liszt, Gounod e Berlioz) e gli altri allievi che lo ebbero maestro a Bonn, poterono beneficiare per suo tramite degli studi teorici iniziati da Calegari, proseguiti da Vallotti e divulgati da Riccati. Un percorso musicale durato a lungo e giunto lontano, che merita di essere ricostruito in modo più preciso di quanto sia qui possibile.

* * * * *

Andrea Luchesi nasce a Motta di Livenza il 23 maggio 1741, figlio di Pietro, agiato grossista di granaglie. E' il fratello maggiore Matteo, sacerdote, organista e pubblico precettore, a dotarlo di una cultura che gli consente la frequentazione dei salotti nobiliari della Serenissima. All'innata predisposizione per la musica associa profondi studi con i migliori maestri di Venezia e si perfeziona a contatto con gli esponenti della scuola padovana. A ventidue anni, segnalato dal conte Giacomo Durazzo, fornisce al principe Nikolaus Esterhazy la prima di molte sinfonie oggi accreditate a Haydn6. Nel 1764 musica l'importante funzione per il convento di S.Lorenzo e l'anno dopo, nel Hoftheater di Vienna esordisce con L'isola della fortuna, opera buffa replicata nel 1767 al teatro reale di Lisbona. E' forse il primo a comporre in forma sonata dei concerti per cembalo, uno dei quali "presta" nel febbraio 1771 a Mozart, che lo usa ancora nel 1777/78 nel viaggio a Mannheim ed a Parigi. Quando giunge a Bonn, il "celebre Luchesi" ha al suo attivo opere, cantate, sinfonie, quartetti, sonate e molta musica sacra per solennnità statali e private. Grazie ai Notatori del Nobil Uomo Pietro Gradenigo, ho potuto accertare che Luchesi fu chiamato dall'elettore di Colonia a riparare i danni causati alla cappella di Bonn dalla direzione di Ludwig van Beethoven, il nonno del Titano. Il suo incarico a Bonn può essere paragonato solo alla triennale chiamata di Galuppi a S.Pietroburgo per riqualificare la cappella di Caterina II. di Russia. Alla morte imprevista del kapellmeister a vita Beethoven, il principe offre la carica a Luchesi, preferito a Johann van Beethoven, il padre del Titano. Poichè la nomina lo obbligherebbe ad immettere tutti i suoi lavori anonimi e gratuiti in archivio musicale, Luchesi contratta il diritto di produrre lavori strumentali e teatrali sotto i nomi di Joseph Haydn e del cognato Ferdinand d'Anthoin, che gli saranno pagati come acquisti esterni fino al 1784. Dal maggio 1774, Luchesi ufficialmente produce solo i lavori sacri ancora oggi anonimi presso la Biblioteca Estense di Modena, dove è giunto nel XIX secolo l'archivio musicale di Bonn. Ma il fermier e musicologo Benjamin de La Borde informa che le sue sinfonie sono ricercate in Germania per le idee nuove, la concertazione concisa e la grazia particolare dello stile.7

Nell'aprile del 1783, Luchesi è in Italia per sistemare le questioni di famiglia. L'organista Christian Gottlob Neefe, che lo sostituisce, dovrà anche esercitare i suoi allievi durante l'assenza. Poichè Neefe è impegnato a dirigere, Luchesi affida il servizio all'organo al dodicenne Beethoven, che sarà anche al cembalo nelle prove di canto della compagnia drammatica Grossmann ed in teatro. Beethoven è da tempo allievo di Luchesi; il violoncellista Bernhard Joseph Maeurer testimonia che il primo lavoro di Beethoven, la cantata in morte del ministro inglese George Cressner del 1781, fu corretto da Luchesi e per suo volere eseguito dalla cappella8. A Venezia, Luchesi compone per l'Ascenza del 1784, l'opera seria "Ademira", con cui la Serenissima onora un ospite d'eccezione: re Gustavo IV di Svezia. Mentre fervono i preparativi, giunge notizia della morte a Bonn del principe Max Friedrich. Al rientro, Luchesi troverà il nuovo elettore Max Franz d'Austria, che ha promesso al coetaneo ed amico Mozart di nominarlo suo kapellmeister a Bonn. Per indurre Luchesi a dimettersi, Max Franz gli riduce lo stipendio, ma sarà costretto a reintegrarlo ed a rinunciare al suo proposito per le possibili conseguenze sulla fama di Haydn e della musica austriaca. Max Franz vieta l'immissione in archivio di sinfonie manoscritte di Haydn, che creano problemi di paternità ed ottiene che Luchesi rinunci al nome di copertura del cognato per adottare quello di Mozart. Max Franz spera così che, con la fama di Mozart, cresca la gloria della musica austriaca. Ferdinand d'Anthoin ricomparirà solo dopo la morte di Mozart; intanto dal 1784 iniziano a circolare sinfonie, quartetti, sonate e concerti per pianoforte "di Mozart" in precedenza del tutto sconosciuti9.

Alla ricerca di motivi per liberarsi di Luchesi, appena giunto a Bonn Max Franz ordina a Neefe la redazione dell'inventario musicale con il controllo del notaio Fries. Sulla traccia dell'inventario redatto da Luchesi prima di partire, Neefe termina il lavoro l'8 maggio 1784. Il confronto tra l'inventario di Neefe, e le attuali giacenze del fondo Lucchesi di Modena, prova che le 28 sinfonie modenesi D-131/158 intestate ad Haydn, tutte anteriori al 1784, sono le 28 che a p.258 Neefe indica "de differents auteurs", e le nove sinfonie intestate a Mozart E-154/162 più l'anonima D-640 (K.551 Jupiter) sono le 10 registrate "de differents auteurs" a p.260. Già nel 1984 la biografa luchesiana Claudia Valder-Knechtges ipotizzava che tra gli anonimi di Modena vi fossero delle sinfonie di Luchesi10. Stupisce perciò che la dr.Alessandra Chiarelli della Bibiloteca Estense, dopo l'esame di alcuni manoscritti modenesi e di altri passati da Modena alla Nationalbibliothek di Vienna, possa scrivere:

"Il nome NIC HEISLER, largamente diffuso come filigrana nei mss. estensi contenenti musica di Andrea Luchesi prodotta per la cappella musicale di Bonn, quindi di sicura provenienza elettorale, (...) li unisce a D-136-141 (....) la compresenza (delle lettere A.R. e A.F.) su D-137 esclude la semplice confluenza di queste fonti nel fondo modenese e lascia piuttosto supporre o due percorsi collegati o due tappe di percorso divenuto comune".

Le sigle A.F. ed A.R. non autorizzano ipotesi di percorsi alternativi. Sono le iniziali di chi aiutò nella redazione degli inventari, compreso quello dell'8.5.1784 che fu l'ultimo redatto a Bonn. Se il numero rimane uguale, solo la sigla prova l'avvenuta presa in carico. La compresenza delle sigle dice solo che D-137 fu inventariata tre volte con il numero 12. D-146, che reca i numeri 9 e 31 ed una sigla, fu inventariata anch'essa tre volte ed una volta cambiò il numero. (Vedi doc. 5, 6 e 7**) La filigrana NIC HEISLER individua invece la cartiera svizzera della famiglia Heusler di S.Albantal, presso Basilea, ed è quasi impossibile trovarla dopo il 1784 ed in località diverse da quelle della valle del Reno.11 Questo toglie ogni valore all'affermazione di Robbins Landon12 che le copie modenesi non meritano attenzione perchè tarde, dato che la filigrana NIC HEISLER individuerebbe una cartiera modenese del 1820. Non solo, la carta Lockenhaus-Esterhazy su cui Haydn scrive D-138 ed altri autografi datati 1762/75, è sicuramente posteriore al 1795.13 Le copie di Haydn nascono perciò vent'anni dopo la composizione.

Le 28 sinfonie D-131/158 furono quindi inventariate a Bonn come "de differents auteurs" e l'attuale intestazione al solo Haydn prova che il gruppo è stato manomesso dopo l'inventario. La dizione "de differents auteurs", avallata dal notaio Fries, assicura infatti che le sinfonie erano di almeno due autori; ad Haydn furono quindi intestati anche i lavori che l'8 maggio non lo erano. I frontespizi eliminati in 4 sinfonie sono la precisa conferma. La stessa certezza di manomissione si ha per le 10 sinfonie intestate a Mozart, con l'aggravante che il nome di Mozart non figura nell'inventario di Neefe. Della non-paternità di Mozart di K.297 Pariser abbiamo due prove indipendenti dalle giacenze modenesi. Nel giugno 1778 Mozart tentò di spacciarla per propria al Concert Spirituel e fu ignobilmente cacciato da Parigi, caricato dal barone Melchior von Grimm sulla prima diligenza per Strasburgo.14 In una copia a Regensburg il nome di Mozart è scritto sopra un altro, eraso ma ancora visibile (Doc. 1 e 2). La certezza che le copie modenesi di K.504 Praga (doc. 3) e K.551 Jupiter (doc. 4) erano a Bonn nel maggio 1784 esclude la paternità di Mozart, che le iscrive nel catalogo personale il 6 dicembre 1786 ed il 10 agosto 1788. Il catalogo Koechel ne tace l'esistenza perchè la presenza a Modena è la naturale conseguenza della presenza a Bonn nel maggio 1784. L'establishment asburgico seppellì a Modena il pericoloso archivio musicale di Bonn per non renderlo alla nemica Prussia, erede del principato di Colonia. Non era proprietà di Max Franz ma del principato e gli Asburgo sono colpevoli di appropriazione indebita, il duca di Modena di ricettazione, reati che trovano logica spiegazione nell'importanza della posta in gioco. Il "fondo" fu sempre gestito da Vienna e la musicologia austro-tedesca è sempre stata cosciente del pericolo che il fondo Lucchesi costituiva per i miti della Wiener Klassik.

Beethoven figurava invece tra i compositori tedeschi nell'almanacco di Forkel per il 1789, tre anni prima di recarsi a Vienna15. Il biografo luchesiano T.A.Henseler esclude ricostruzioni attendibili della formazione di Beethoven se si nasconde Luchesi16. Nulla Beethoven apprese da Haydn. Il 23 dicembre 1793 Max Franz informava Haydn che i lavori inviati a prova dei progressi di Beethoven sotto la sua guida erano stati eseguiti a Bonn prima del novembre 1792. La dimensione artistica raggiunta da Beethoven conferma la regola che i "geni" delle arti, si formano per vie precise ed esclusive:17

-"Appare certo che la carriera di ogni artista creatore (...) si divida in tre periodi diversificati tra loro dal carattere delle opere: imitazione, transizione e riflessione. Nel primo periodo, dopo aver studiato più o meno lungamente le regole ed i procedimenti tradizionali del mestiere, l'artista imiterà.... A questa regola non è sfuggito nessuno dei grandi pionieri della poesia, della pittura o della musica, non un Alighieri nè un Moliére, non un Gozzoli nè un Rembrandt, non un Bach nè un Wagner. Davanti a questa regola cade la troppo comoda teoria dei geni autodidatti, teoria della quale, si deve convenire, la storia dell'Arte non offre alcun esempio.

Mi arrischio ora ad enunciare un teorema molto semplice, disattendibile solo in presenza di precise (e del tutto improbabili) prove scientifiche:

Non esistono geni autodidatti.

L'insegnamento di un maestro consente la rapida acquisizione delle conquiste precedenti ed è tanto più utile quanto più antica è la scienza che si intende praticare. Da questo teorema discende un importante corollario:

"Quando un artista "produce" lavori di livello non giustificato dal curriculum di studi dimostrabile, ci sono solo due possibilità:

a) è stato nascosto il maestro.

b) i lavori non sono suoi.

In entrambi i casi siamo di fronte a mistificazioni.

Ludwig van Beethoven rientra nel caso a). Il maestro nascosto è Andrea Luchesi, kapellmeister di Bonn dal 1771 al 1794. Il suo insegnamento si estende su tutta la formazione di Beethoven a Bonn.18 Al congresso beethoveniano tenutosi a Berlino nel luglio 1999 il dr. Luigi Della Croce ha evidenziato che Luchesi è il solo insegnante in grado di spiegare la grandezza di Beethoven ed il 25 gennaio 2000, all'Associazione Mozart Italia di Brescia, lo ha indicato anche come maestro di Mozart. Il dr. Della Croce ha nel contempo individuato due precisi motivi per la cancellazione di Luchesi, nella quale la musicologia austro-tedesca ha profuso in due secoli tesori di impegno e protervia. A questo fine sono stati sottratti a Luchesi i tre quartetti con pianoforte WoO 36,19 dai quali Beethoven trasse spunti per una sonata dell'op.2 e per la Patetica, e le cantate per Giuseppe II (WoO 87) e per Leopoldo II (WoO 88). La prima è particolarmente pericolosa per il mito beethoveniano perchè le melodie "cantabili", espressive, "legate" che appaiono in quest'opera riappariranno nel Fidelio, nella Missa solemnis e perfino nell'Ode alla gioia della Nona sinfonia20.

Nel caso b) rientrano gli altri due "mostri sacri" della "Wiener Klassik", che forniscono ulteriori motivi per la cancellazione di Luchesi. Haydn deve fama e fortuna alla grande operazione pubblicitaria posta in atto dal conte Giacomo Durazzo per la maggior gloria di casa Esterhazy. Il principe acquistava in esclusiva i lavori che intestava ad Haydn, ma a concedere la griffe Haydn era competente il consigliere Bernhard von Kees di Vienna, che ne tenne anhe un catalogo. Le sinfonie "di Haydn" sono di Giovan Battista Sammartini21 di Milano, e dal 1763 anche di Andrea Luchesi22. Nel 1776 Haydn, dimenticando di citare nel suo curriculum le 60 sinfonie a lui allora accreditate, dimostrò di ignorare l'esistenza di molte di esse. Di 256 sinfonie a lui inizialmente accreditate, rimangono oggi intestate ad Haydn solo 104, da restituire tutte a Sammartini e Luchesi con l'eccezione di Hob.25, probabilmente di Dittersdorf.

Maynard Solomon ci informa che Mozart avrebbe composto prima del 1771 25 sinfonie ma che la certezza di paternità si ha solo per dieci e di una sola è conservato l'autografo.23 Sulla qualità di esse esiste la lettera di Leopold Mozart del 24 settembre 1778 nella quale, al figlio che lo informava che le sue sinfonie a Parigi non piacevano, scrisse:

"Ciò che non ti fa onore è meglio che non sia conosciuto. Per questo non ho dato via nessuna delle tue sinfonie, giacchè prevedo che in tempi più maturi, quando cresce la capacità critica, sarai ben contento che nessuno le abbia. Si diventa sempre più esigenti"24.

Mozart si è appropriato di sinfonie di Abel, di Michael Haydn e, dopo il 1784, di lavori di Luchesi che spiegano il salto di qualità. Fu un'appropriazione concordata con Max Franz, ammessa e tutelata dalla legge, come assicura il caso del Requiem di Walsegg/Mozart, e non sempre limitata all'intestazione a Mozart dei lavori. Nell'acquisto "in proprio" di lavori di Luchesi vanno individuati il misterioso motivo del disastrato stato delle finanze di Mozart e la ragione del diminuito numero delle sue sinfonie . Solo un principe Esterhazy poteva affrontare quello che finì per dimostrarsi un costo insostenibile per Mozart. E' comunque evidente che i capolavori sinfonici di Haydn e di Mozart vanno accreditati al kapellmeister di Bonn Andrea Luchesi.

Per nascondere questa verità, Jacob fa addirittura ricorso ad entità soprannaturali:

"Al lunedì Mozart compone come Haydn, al martedì Haydn compone come Mozart. Questo era uno scherzo viennese di moda alla metà del XIX secolo.(...). La partecipazione di Haydn alla tragedia della morte di Mozart fu spirituale; con la morte di Mozart il senso di un'invisibile comunione aumentò. Haydn si sentì come rafforzato ed aiutato da una forza soprannaturale. Tracce di questo effetto si possono scoprire nei suoi lavori del 1791; l'anno seguente, che iniziò per Haydn con la notizia della morte di Mozart, esse sono molto più evidenti. Non è necessario interpretare questa influenza in senso mistico; quanto avvenne non è più misterioso di quanto lo siano sempre i cambiamenti spirituali. Dopo che il vecchio maestro era stato a lungo colui che dava, la relazione tra i due compositori cambiò (...) Come sappiamo, nove anni prima Mozart era improvvisamente divenuto discepolo di Haydn; ora Haydn divenne discepolo di Mozart. Ora quest'ultimo pagava postumo il suo debito di gratitudine, aggiungendo il suo genio al genio del maestro più anziano"25.

Da duecento anni la correttezza delle attribuzioni e la grandezza di due "geni della musica" si pretende certificata da simili idiozie e dai falsi di Robbins Landon, entrati in varianti più o meno fantasiose nelle biografie di Haydn e Mozart. La logica fa giustizia di ipotesi cervellotiche ed ectoplasmi. Luchesi diversificava la produzione; ad Haydn sinfonie "correnti" ed a Mozart lavori più avanzati. Nel Natale 1790 ad Haydn, che passa per Bonn diretto a Londra per un'impresa in cui è coinvolto Johann Peter Salomon, che di Luchesi è amico fraterno, è naturale che il kapellmeister italiano dia lavori simili a quelli che dà a Mozart. La somiglianza tra i lavori del 1791 precede la morte di Mozart, avvenuta il 5 dicembre 1791. Le sinfonie "mozartiane" del 1792 testimoniano invece che il loro autore non è morto il 5 dicembre 1791 ma continua a lavorare per Haydn. La fine ufficiale della produzione di Haydn prova invece che la morte di Luchesi il 21 marzo 1801 ha posto fine alla necessità di fingere una capacità produttiva in Haydn, che la cerebrosclerosi ha da anni ridotto allo stato larvale.26 Il mistero è tutto qui. La conclamata dipendenza di Beethoven dai modelli mozartiani ed haydniani è soltanto la naturale conseguenza dei molti anni di insegnamento di Luchesi, per la nota regola che lo "stile di scuola" si diffonde a guisa di famiglia e passa dal maestro agli allievi27.

La Wiener Klassik è quindi da considerare un fenomeno tutto italiano. L'illustre idiota28 Haydn non ha composto una sola sinfonia e quelle ancora a lui intestate sono di Sammartini e Luchesi; anche le grandi messe e gli oratori non sono suoi. I settanta lavori già scoperti non suoi dimostrano che Mozart è ancora un nome comune29. Le sue migliori sinfonie sono da accreditare a Luchesi; Beethoven è potuto divenire un genio della musica grazie al lungo ed accurato insegnamento che ebbe a Bonn dal kapellmeister Andrea Luchesi.

Da 216 anni, dall'8 maggio 1784 si tenta di impedire che questa verità venga alla luce.

 

NOTE

 

* Rivolto: s.m. Cambiamento d'ordine nei suoni che compongono l'accordo e nelle parti che compongono l'armonia. E' certo che in ogni accordo vi è un ordine fondamentale e naturale, quello cioè della generazione dello stesso accordo; ma le circostanze di una successione, il gusto, l'espressione, il bel canto, la varietà obbbligano sovente il compositore a cambiare tal ordine, e per conseguenza la disposizione delle parti. Il rivolgimento di queste ultime da un'estremità all'altra ha luogo specialmente nel cotrappunto doppio. (P.Lichtenthal, Dizionario e bibliografia della musica, Milano 1836, II p.161).

1 G.Moschini. Della letteratura veneziana ecc. Venezia 1806 p.211 n.

2 Restauri di Marca n.2 (Dicembre 1992). Ed.Coop.DiEmmeCi. Villorba (Tv) 1992 pp.88/90

3 P.Revoltella. Musiche di Vallotti nell'epistolario di Giordano Riccati. In AA.VV.Contributi per la storia della musica sacra a Padova. Padova 1993 p.269 ss.

4 AA.VV. Padre Martini.Musica e cultura del '700.(A.Pomilio).Firenze 1987 pp.173-209.

5 G.T.Bagni. Vincenzo, Giordano e Francesco Riccati Treviso 1993. p.123.

6 G.Taboga A.Luchesi,l'ora della verità. Ponzano Veneto (Tv) 1994 pp.84 e 86.

7 J.B.de La Borde. Essai sur la musique. Paris 1780 Tomo III Voce Lucchesi Andrè

8 Grove 5° 1964 alla voce Lucchesi Andrea.

9 Musikalische Almanach di Forkel per l'anno 1789 Leipzig 1788 p.84. Rist.Olms 1974

10 C.Valder-Knechtges. Die weltliche Werke A.Luchesis. Merseburger 1984 p.100 ss.

11 Johnson, Tyson e Winter.Beethoven's Sketches Oxford U.P. p.516.

12 H.C.Robbins Landon. The symphonies of J.Haydn. London 1955 pp.611 e 613.

13 Ibidem p.61. L'autore tenta di scaricare la responsabilità del falso su J.P.Larsen.

14 Lettera di Leopold Mozart al figlio del 19.10 1778 in Massin Mozart Paris 1988 p.280.

15 Musikalische Almanach per il 1789 cit. p.69.

16 T.A.Henseler. Andrea Luchesi, der letzte Bonner Kapellmeister zur Zeit des jungen Beethoven. Bonn 1937. Prefazione.

17 Vincent d'Indy.Beethoven Paris 1952 p.6.

18 G.Taboga A.Luchesi e la cappella di Bonn. Restauri di Marca n.3 (speciale) cit. pp.11-41

19 G.Taboga L'assassinio di Mozart Lucca 1997 p.160

20 Poggi-Vallora. Beethoven. Torino 1995 p.578.

21 Carpani. Le haydine.Padova 1823 p.62.

22 Vedi nota n.6.

23 M.Solomon. Mozart. Milano 1999 pp.74 e 79.

24 H.Abert. Mozart Milano 1956 vol I p.461.

25 H.E.Jacob. Joseph Haydn. New York e Toronto 1950 p.201 ss.

26 Studio grafologico inedito del prof.Sante Bidoli sullo stato mentale di Haydn nel 1802.

27 P.Lichtenthal. Dizionario e bibliografia della musica Milano 1836. Tomo II, Voce: stile.

28 Carpani Le haydine cit. p.252.

29 Massin Mozart cit. Introduction II.

 

** [Per i documenti si faccia riferimento alla documentazione acclusa all'articolo in inglese]