Faustino Perisauli, poeta romagnolo,
precursore di Erasmo da Rotterdam
(Tredozio - Forlì, 1450 c.a - Rimini, 2 dicembre 1523)
(Giorgio Taboga)
La prima volta che intesi il nome di Faustino Perisauli fu alla fine di settembre 1995. Passavo allora per le dolci colline tosco-romagnole rientrando da Firenze, dove mi ero recato per delle ricerche sull'ignorato musicista veneto Andrea Luchesi (Motta di Livenza 1741 - Bonn 1801), maestro a Bonn di Ludwig van Beethoven ed autore di musica oggi circolante sotto i nomi di Joseph Haydn e Wolfgang Mozart. Avevo dato una copia del mio libro Andrea Luchesi. L'ora della verità, più un'indagine biografica che una ricerca musicale sul Luchesi, all'avvocato Luigi Bonfante di Tredozio, al quale mi lega un'amicizia nata oltre trent'anni orsono, e quel giorno - ricordo ancora la calorosa accoglienza di sua moglie Lina che vidi per l'ultima volta - Bonfante mi parlò di Faustino e mi procurò in Comune una copia del De triumpho stultitiae. Pochi giorni dopo, mi giunse a Silea anche il testo della conversazione tenuta da mons. Giannino Fabbri presso il Rotary Club di Forlì il 17 marzo 1964. Allegato un biglietto dell'amico Luigi:
"Caro Giorgio, il testo della conferenza di Mons. Fabbri è saltato fuori poco dopo la tua partenza. E' estremamente interessante. Tu con il tuo fiuto poliziesco non mancherai di tirare fuori altri validi argomenti. Attendo tue notizie".
L'esame accurato che dedicai alla documentazione di cui ero venuto in possesso mi convinse che, per un giudizio preciso sul ruolo svolto dal poeta tredoziese nella vita letteraria europea, era necessario dare risposta definitiva al quesito posto da Giovanni Papini ancora nel 1936 e da mons.Fabbri nel 1964: il De triumpho stultitiae di Faustino da Tredozio precede la Laus stultitiae di Erasmo da Rotterdam? Dopo aver controllato gli elementi forniti da Alberto Viviani nell'introduzione al Triumpho (ed. 1964) e valutato la serie impressionante di passi quasi identici esibiti da mons. Fabbri a dimostrazione della dipendenza di un testo dall'altro - e quindi della priorità del Triumpho - consultai diversi trattati1 e, pur condividendo la visione di mons.Fabbri, conclusi allora che la soluzione definitiva era al di fuori della mia portata. Certamente più competente di me in materia, e perciò maggiormente in grado di reperire eventuali prove della precedenza di Faustino (un manoscritto o un incunabolo) era il dr.Emilio Lippi, direttore della Biblioteca civica di Treviso, interessato anche ai rapporti intercorsi tra Faustino e l'ambiente veneto, in particolare, come allora pareva, con il domenicano di Treviso Francesco Colonna, autore della Hypnerotomachia Poliphili apparsa a Venezia presso Aldo Manuzio nel 1499 ma scritta molto prima.2 Sopravvenute difficoltà hanno impedito al dr. Lippi di dedicarsi alla ricerca su Faustino ed allora il Comitato ha chiamato me a contribuire alla riscoperta del poeta tredoziese per quanto scrissi nel mio libro L'assassinio di Mozart del giugno 19973:
"( ) la prosaica verità non è commerciabile come la leggenda. Lo sapeva già Erasmo da Rotterdam quando, sullo spunto fornito dal modesto Faustino Perisauli da Tredozio, scriveva nel suo "Elogio della follia": "E' più facile catturare l'interesse di un uomo con l'inganno che farlo diventare accanito sostenitore della verità".
Affidavo ad una nota le mie convinzioni:
"Erasmo da Rotterdam potè conoscere il "De triumpho stultitiae" del prete romangolo nell'anno in cui fu correttore di bozze per Aldo Manuzio, a Venezia, tra il 1508 ed il 1509. Il silenzio conservato da Erasmo sul lavoro del Perisauli trova la sua giustificazione nel fatto che gli artisti ed i giornalisti sono particolarmente restii a far conoscere le loro fonti, consci dell'aureo adagio "Facile inventis addere"."4
L'accenno alla dipendenza del "grande" Erasmo da Faustino mi procurava l'immeritata nomea di "studioso toscano". Su "Il Resto del Carlino" del 23 ottobre 1997 si può leggere:
"Tutto ciò, per quanto appaia clamoroso, non è altro che una "riscoperta". Infatti attorno agli anni '60, Don Giannino Fabbri, ecclesiastico ed uomo di cultura tredoziese, traducendo il "De triumpho stultitiae", rilevò l'affinità tra quest'opera e l'"Elogio" di Erasmo. Il parere di Don Fabbri fu confermato dallo studioso fiorentino Alberto Viviani, il quale girò la questione ad un suo illustre concittadino: lo scrittore Giovanni Papini. E pare che lo stesso Papini si convincesse della fondatezza di quest'idea, tanto che avrebbe fatto presente la questione in un suo viaggio in Francia5. Su Perisauli si tenne anche, negli anni '60, un convegno a Forlì. Poi la vicenda venne dimenticata, complice anche il disinteresse dimostrato a Tredozio".
A questo punto pare possano essere parzialmente iscritti a mio merito il rinato interesse per Faustino del Comitato per la valorizzazione culturale di Tredozio e la decisione di dare soluzione ai quesiti posti da Don Giannino Fabbri. E' questa la sola ragione per la quale mi sono ritrovato qui oggi, 23 maggio 1998 - cornacchia tra le muse direbbe Erasmo - a parlare del poeta latino Perisauli, recte Pier Paolo Fantini dal Casone di Tredozio, avvocato d'ufficio in una causa che meriterebbe un patrocinio di ben altra levatura. Fortunatamente, dall'apparizione dell'Assassinio del giugno 1997, la situazione si è evoluta in senso positivo, e questo mi consente di contribuire alla riscoperta di Faustino con notizie certe e definitive. L'amico Bonfante ha segnalato il passo relativo a Faustino del mio libro sulla morte di Mozart al collega Gianfranco Fontaine di Bologna, proprio colui che ospita questo convegno nello storico palazzo Fantini in Tredozio. L'avvocato Fontaine non solo ha riscoperto tra le carte di famiglia la "Genealogia dei Fantini del Casone di Tredozio", scritta dal canonico Giovanni Mini a Castrocaro nel 1902, ma ha anche localizzato altri tre esemplari (di tre diverse edizioni) del Trastullo, che si aggiungono alla due già note al Mini. Uno si trova in Bologna (datato 1504), il secondo fu battuto da Christie's in un'asta del 1996 ed il terzo si trova alla Biblioteca Trivulziana di Milano. Quest'ultimo, datato 1492, ci fornisce un preciso riferimento per la datazione del Triumpho, che lo stesso Faustino definisce come il suo primo lavoro poetico6. Grazie ad esso ed alla "Genealogia dei Fantini" del canonico Mini disponiamo oggi di un preciso riferimento temporale che ci ha consentito di chiarire in via definitiva i dubbi di Papini, Viviani e mons. Fabbri: il Triumpho precede sicuramente - e non di poco - la Laus stultitiae di Erasmo da Rotterdam.7
Anche lo scambio Faustino-Fantino non è necessariamente un errore. Tutto fa ritenere che sia stato lo stesso Pier Paolo Fantini, allora forse non ancora prete, a celarsi sotto il nom de plume di Faustino in modo particolare per il Triumpho, il cui contenuto si prestava a critiche dal punto di vista dell'ortodossia. Possediamo poche notizie certe sul poeta; si sa che prima di divenire prete fu precettore presso una famiglia nobile - forse quella dei principi Colonna signori di Preneste. Il mestiere di carpentiere, che si sa esercitato dal padre, fa ritenere che Faustino non discendesse dal ramo principale della nobile famiglia Fantini del Casone di Tredozio, ma il fatto che anche suo fratello fosse sacerdote ci autorizza a ritenerlo di famiglia agiata e di buona cultura. Forse si trattava di famigli che avevano assunto il nome dei nobili padroni, come succedeva allora anche nel Veneto, dove un cognome nobile non comporta necessariamente l'appartenenza alla nobiltà8. Molto rimane ancora da chiarire delle vicende umane e letterarie di Faustino, specialmente i suoi rapporti con l'umanista tedesco Francesco Rufo Muziano, della cerchia dell'Hutten, che nel 1524 dettò l'epitaffio di Faustino e curò l'edizione postuma del Triumpho, ma uno dei grandi interrogativi che condizionavano gli studi sul poeta è stato risolto: il De triumpho stultitiae precede la Stultitiae laus di Erasmo, a conferma delle intuizioni del "cieco veggente" Papini (1936) e delle deduzioni di Alberto Viviani e di mons. Giannino Fabbri (1964). Scrive infatti il canonico Mini:
"Il primo ad apparire di queste omonime famiglie è un Pier Paolo Fantini il quale, verso la fine del '400 9, contrapponendo al "Sonaglio delle donne" di Giovanni Battista Giambullari un suo "Trastullo intorno le donne da far ridere" si rese non solo favorevole al bel sesso ma si acquistò fama presso i posteri anche di letterato e di poeta popolare, come lo furono il Pistoia e Belisario da Cingoli. Quest'operetta, senza indicazioni tipografiche di luogo né di tempo al principio ha: "Trastullo delle Donne da far ridere" compilato per il culto giovane Pier Paolo Phantino da Tredozio, castello di Romagna. Comincia: "Ad libellum suum. Non fò rime dantesche o verso alchayco". Se ne conserva un esemplare nella Regia Biblioteca di Monaco di Baviera ( ) e ne fu acquistato un altro dalla Regia Biblioteca Riccardiana di Firenze. Accrebbe poi in sé questa fama per diverse altre composizioni di argomento consimile, specie per le due operette latine che hanno per titolo "De triumpho stultitiae" e "De honesto appetitu", le quali riscossero gli elogi dei letterati suoi contemporanei e della pubblica stampa e procurò a Tredozio sua patria il merito di avere un posto nella nostra letteratura".10 Queste operette sono oggigiorno rarissime sotto il nome di Pier Paolo Fantino da Tredozio: or di Pier Saulo Fantino da Terdocio o Tradocio, or di Fantino, Pier-Sauli ed or di Peri-Sauli, ma nelle stampe più antiche apparisce certamente genuino11. Il can.Girolamo Tassinari di Faenza nelle sue "Dissertazioni sopra Tredozio" pubblicate ne "L'industriale della Romagna Toscana" (Rocca S.Casciano presso Federico Cappelli 1858) tessendo le biografie di alcuni uomini illustri di Tredozio, offre un piccolo cenno biografico di questo illustre Tredoziese, ma lo dice della famiglia Perisauli e non già dei Fantini scrivendo: Faustino Perisauli. Faustino fiorì al cominciare del secolo XVI. Fu gentilissimo poeta latino, e le sue opere sono addivenute rarissime. In Rimini nel 1524 uscì alla luce un suo lavoro intitolato "Petri Sauli Faustini Terdocii de honesto appetitu". Nel qual libretto è pure un altro suo opuscolo che ha per titolo "De triumpho stultitiae, Faustinus de Terdocio" e in una pagina dello stesso periodico aggiunge: Lettera ad un amico in cui si parla dell'opuscolo "De leteratura faventinorum" ecc. Faenza per il Benedetti 1775 p.12. L'autore è D. Andrea Zannoni, Biblioteca volante di Gio. Cinelli-Cavoli continuata dal dr. Dionigi Andrea Sancassani ed. seconda I 4, p.212. In fine del "Trastullo" leggesi:
Una sol gratia donne ve dimando
Quando mi coprirà la morte obscura
Che voi veniate insieme tutte ballando
A tomularmi nella sepoltura
( )
Et in quel sasso che 'l mio corpo copra,
Questo epitaphio sia scolpito sopra;
Qui sotto giace Phantin da Tredotio
Trastullo delle donne e riso e canto
Per cui l'hor stette sempre in festa et ocio ( ).
Dove e quando morisse non è detto."12
L'attendibilità di questa relazione è comprovata dalle giacenze del Trastullo a Monaco di Baviera ed alla Riccardiana di Firenze, dalla data del 1492 della copia trivulziana e dall'esistenza di diverse edizioni del Trastullo senza indicazioni di luogo e data. Rimane da chiederci se siano stati esperiti tutti i tentativi di rintracciare le fonti di cui disponeva nel 1902 il canonico Mini per stendere la sua "Genealogia". Tutto in realtà fa ritenere che, dopo l'apparizione nel 1964 del lavoro di mons. Fabbri, la questione Faustino sia passata in dimenticatoio, forse per la "demolizione" delle ipotesi del Fabbri da parte di certo Angelo Scarpellini, l'unico ad essersi interessato al problema, di cui si dirà in appresso. Oggi si ritiene che Faustino sia nato attorno al 1450 mentre è noto che morì il 2 dicembre 1523. Visse dunque la maggior parte della sua vita nel secolo XV, anche se la sua fama poetica "fiorì" nel secolo XVI. La copia trivulziana, datata 1492, conferma che il Trastullo circolava "prima della fine del '400" (e non è certo che si tratti della prima edizione). Sicuramente il Trastullo non è la prima opera di Faustino, che debuttò come poeta latino con il Triumpho, da lui definito "tyrocinia et primitiolas". La certa nascita del Triumpho prima del 1492 assicura che il lavoro di Faustino apparve con un anticipo di circa vent'anni rispetto alla Stultitiae Laus di Erasmo, stampata a Parigi soltanto nel 1511. Vi sono inoltre elementi suffcienti a rendere plausibile la nascita del Triumpho tra il 1485 ed il 1490, in ogni caso prima del 1493. Confermano la precoce nascita l'assenza nel poema di Faustino di ogni riferimento ai viaggi di Colombo (del 1492 e posteriori), alla calata in Italia di Carlo VIII (1494) ed alle eclatanti e burrascose vicende del ferrarese Frà Girolamo Savonarola, finito sul rogo a Firenze nel 1498.13 L'espressione "e poco fa il Poliziano"14, riferita ai neologismi da lui inventati, è ulteriore prova che il Triumpho nasce prima o al massimo subito dopo la morte dell'Ambrogini, avvenuta nel 1494.
Proprio questo riferimento al Poliziano mi obbliga qui a denunziare un comportamento molto comune alla critica italiana - potrei definirlo chauvinisme à rebours -che si sostanzia nella negazione di prove od indizi per giungere alla sistematica svalutazione dei contributi italiani e privilegiare i "mostri sacri" stranieri, un atteggiamento non limitato alla letteratura ma esteso alla musica, alla pittura ed alle scienze.
Esemplare per il caso qui trattato lo studio del già nominato Angelo Scarpellini Erasmo ed i letterati romagnoli del Cinquecento. Il merito di essersi interessato alla questione Perisauli, ignorata dalla ricerca mondiale, non compensa il demerito di Scarpellini di aver tentato di affossare gli studi di mons.Fabbri e di Viviani usando argomenti del tutto infondati. A lui va addebitata gran parte della colpa per il ritardo con cui viene finalmente affrontato il problema Perisauli-Erasmo, perché fu lui ad includere Faustino tra "la decina di romagnoli di qualche nome nel campo delle lettere" che avrebbero "echeggiato, imitato e criticato Erasmo nel secolo suo". Declassato ad epigono di Erasmo, Faustino venne schedato come "poeta un po' imitatore ed un po' critico della Laus" erasmiana, togliendo agli studiosi ogni incentivo alla ricerca. Scarpellini non si degna nemmeno di prendere in considerazione le ragioni che hanno indotto Fabbri e Viviani ad ipotizzare la precedenza di Faustino ed afferma che il Triumpho non è la prima opera del poeta tredoziese ma l'ultima.15 Per smerciare la sua verità, Scarpellini tace quanto non collima con la sua ipotesi, ad iniziare da quel "nuper Politianus" che, a lume di logica, indica una nascita del Triumpho vivente il Poliziano o immediatamente a ridosso della sua morte (1494) e stravolge il significato di un passo-chiave del poema di Faustino. Il tutto aggravato dal fatto che Scarpellini si permette di offendere mons.Fabbri e Viviani, che taccia di falsari, glissando sul più impegnativo Giovanni Papini, che cita solo en passant:
"Secondo alcuni, la Romagna avrebbe avuto anzi un precursore ed un ispiratore di Erasmo circa la "Stultitiae Laus". Un primo accenno in proposito si deve a Papini che, nel VI anniversario della morte del Rotterodamo16, scriveva un articolo "La pazzia di Erasmo", ricordando un poeta romagnolo di Tredozio, in quel di Forlì, ed il suo "De triumpho stultitiae", poemetto latino che, oltre la somiglianza del titolo, ha espressioni e frasi che si trovano anche nell'opera erasmiana. Il moderno editore e traduttore del poemetto Mons.Giannino Fabbri, parroco della zona tredoziese e studioso di cose locali - è mancato ai vivi poco dopo la pubblicazione da lui dedicata al poeta conterraneo e noi porgiamo devoto omaggio alla sua memoria17 - ha ritenuto fondata l'ipotesi che il "De triumpho stultitiae" sia stato composto prima della "Stultitiae Laus" che, come è noto, usciva a Parigi nell'anno 1511; fissava anche un termine "prima del 1500" e trovava pieno consenso da parte dell'introduttore del suo volume (Viviani). Non è il caso qui di rievocare le considerazioni che hanno indotto il Fabbri ed i suoi amici alle loro conclusioni, compreso il categorico aut-aut: o la"Stultitiae Laus" dipende dal "Triumpho" o viceversa. Infatti il Fabbri ha elencato diecine e diecine di passi dell'una e dell'altra opera ponendoli di fronte; ed in confronto esclude che si possa trattare di coincidenze ed affinità casuali: uno dei due autori "ha fatto proprie molte espressioni dell'altro".18 In conclusione, chi avrebbe fatte proprie le espressioni altrui sarebbe stato Erasmo - abbia egli attinto da una perduta edizione del "De triumpho stultitiae"- l'unica conosciuta e giunta fino a noi è quella che apparentemente usciva a Rimini, in realtà a Venezia nel 152419 - o che, durante la sua permanenza in Italia, tra il 1506 ed il 1509, abbia avuto modo d'avere per le mani il manoscritto del poemetto ancora inedito.20 A legittimare la supposizione potrebbe contribuire il fatto notorio che Erasmo, conforme le usanze del tempo circa i diritti di proprietà letteraria, in altre pubblicazioni non si è fatto riguardo di appropriarsi di qualche cosa del lavoro altrui senza ricordarne l'autore ( ). Altro però è far propria un'idea altrui, o una serie di adagi da altri raccolti, altro inserire nell'opera propria espressioni o frasi intere tolte di peso da un'altrui opera: in questo caso quella in esametri latini del tredoziese".21
Costretto ad ammettere le ripetute "appropriazioni indebite" di Erasmo (ma lo facevano tutti!), non potendo attribuire al caso le similarità dei due testi e mancando di seri elementi a sostegno della precedenza di Erasmo, è veramente difficile capire il percorso logico che ha portato Scarpellini a capovolgere le conclusioni di Fabbri-Viviani, permettendosi l'incivile ricorso ad un'ipotetica del terzo tipo ai danni di mons.Fabbri, che si sarà rivoltato nella tomba nel sentire così malamente distorto il significato di uno dei passi del Triumpho che confermano la precedenza di Faustino. Scrive infatti lo Scarpellini:
"Nessuno arriverebbe a spiegare perché mai Erasmo che, a quanto scrivono i biografi, dettò la "Stultitiae Laus" in otto giorni, abbia voluto echeggiare il volumetto dell'oscuro autore e fargli tale onore22. Invece si trova logico e naturale che il poeta, volendo echeggiare e ( ) criticare la beffarda prosa erasmiana, ne abbia tolto ostentatamente espressioni e passi interi. I suoi echeggiamenti, nel titolo come nel contesto del poemetto, erano necessari, in quanto non credeva opportuno fare il nome di Erasmo, né citare scopertamente l'opera sua. Lo stesso mons.Fabbri, se avesse avuto il tempo per tornare sull'argomento, avrebbe trovato inevitabile ammettere che il "De triumpho stultitiae" non è stato composto "prima del 1500", ma nei primi decenni del '500, presumibilmente poco prima della morte del suo autore avvenuta a Rimini nel 1523. Nel II libro ( ) s'accenna ai viaggi che per sete di guadagno si affrontavano già attraverso l'Atlantico, per raggiungere l'America: "ora vai sul Gange, or nel paese dei neri Etiopi, or torni in Occidente alle sponde dell'Irlanda; poi non ancora contenta, di qui riparti per gli antipodi, madidi di pioggie australi <per ritornare di là con navi cariche d'oro>23. Ciò non poteva certo avvenire immediatamente dopo la scoperta del continente nuovo, ma solo dopo i viaggi di Vespucci, di Caboto e degli altri seguaci di Colombo, italiani e stranieri, cioè solo agli inizi del secolo XVI".
Questo è l'argomento principale con il quale Scarpellini giunge a stabilire la precedenza della Laus stultitiae. Dal che appare chiaro che il critico, oltre a condividere con molti agiografi erasmiani una grossa dose di credulità che lo porta ad accettare la stesura della Laus in soli otto giorni, evidenzia gravi carenze logiche quando accusa Faustino di aver plagiato, criticato ma taciuto Erasmo senza indicare una plausibile ragione. Non basta infatti definire "logico e naturale" l'ipotetico atteggiamento di Faustino nei confronti della Laus per superare l'illogicità di fondo della situazione. L'immediata ed imponente diffusione della Laus esclude che Faustino potesse gabellare per originale il Triumpho se scritto dopo, mentre avrebbe avuto la massima risonanza un'aperta contestazione alla Laus, ed in questo caso sarebbe stato illogico polemizzare tacendo il nome di Erasmo. "Logico e naturale" risulta invece il silenzio di Erasmo sul Triumpho: sperava che il molto tempo trascorso dall'apparizione del poema di Faustino e la sua limitata diffusione ne avessero cancellato il ricordo.24 Scarpellini stravolge la realtà: Faustino avrebbe arcaicizzato di proposito indicando il Triumpho come suo primo lavoro (tyrocinia et primitiolas) ed aggiungendo il nuper Politianus per apparire non come critico ma come anticipatore di Erasmo. Un falso perseguito con protervia, non tanto scaltro da ingannare Scarpellini ma sufficiente a far "inciampare" Giovanni Papini, Alberto Viviani e mons. Fabbri; pronto quest'ultimo a fare onorevole ammenda dell'errore se solo fosse vissuto fino ad apprendere la verità dall'avveduto Scarpellini. Il quale dimostra tutta la sua impotentia ratiocinandi proprio nell'interpretazione del passo del Triumpho relativo ai viaggi marittimi che, a suo dire, dimostrerebbe oltre ogni ragionevole dubbio la precedenza di Erasmo ed è divenuto il caposaldo della sua verità. Ma citare il Gange, i neri Etiopi (nigri Memnonis oras) e l'Irlanda non dimostra in via assoluta che Faustino conosceva l'America posteriore ai viaggi di Caboto ed alla lettera di Vespucci del 1504. Quelli che Faustino ha in mente sono i viaggi africani dei portoghesi, non le traversate atlantiche di Colombo. Le navi cariche d'oro25 che Scarpellini, chissà perché, non cita, non sono i galeoni spagnoli al rientro dal "Nuovo Mondo" ma le caravelle portoghesi che, dagli inizi del secolo commerciano in oro giallo e nero (schiavi) lungo le coste africane, alla ricerca del passaggio per l'India. E' probabile che Faustino avesse in mente uno dei tanti precursori di Bartolomè Diaz, che nel 1487 doppiò il Capo di Buona Speranza aprendo la via a Vasco de Gama, che giungerà in India soltanto nel 1498. E' logico e naturale ritrovare nell'operetta latina del debutto la descrizione dei confini del mondo di Faustino, e che questo mondo ancora quattrocentesco sia limitato all'Asia (Gange), all'Africa (neri Etiopi) ed all'Europa (Irlanda). Un mondo che però conosce il significato di termini quali "emisfero australe" e "stagione delle piogge" perché le esplorazioni lungo le coste africane hanno familiarizzato gli studiosi europei con questi fenomeni atmosferici esotici. In Italia, come in tutta Europa, è nota l'attività di incentivazione alla scoperta che fin dal 1430 è perseguita da Don Enrico il Navigatore, allo scopo di circumnavigare l'Africa sulle orme del mitico ammiraglio Annone cartaginese. Dapprima venne doppiato il Capo No (Capo Boiador), nel 1460 si era giunti a Sud dell'attuale Dakar e nel 1484 Diego Cao arrivò alle foci del Congo. Da decenni le navi di Dom Enrique bordeggiavano lungo la costa occidentale dell'Africa per far commercio di schiavi negri e di polvere d'oro. Andavano nelle ricche regioni dell'Africa occidentale: la Costa d'Oro, la Costa d'Avorio e Malagueta, dove nasceva una qualità di pepe piccante quasi come quello dell'India orientale. Furono i viaggi africani a consentire la traversata di Colombo grazie alla messa a punto della caravella, una piccola imbarcazione dalle caratteristiche eccezionali. La perfetta combinazione tra la linea dello scafo ed il piano della vela latina le consentiva di navigare più sottovento e più veloce di qualsiasi altra nave a velatura quadra. La manovrabilità le consentiva di raggiungere qualsiasi punto della costa africana con la certezza di ritornare indietro. Venne così sfatata l'antica duplice superstizione che le navi non sarebbero mai ritornate contro i venti predominanti che spiravano da Nord (alisei) e che continuando a navigare verso Sud si sarebbe finiti nelle acque bollenti dell'Equatore. A Dom Enrique interessa raggiungere le Indie per via marittima perché la carovaniera delle spezie è in mano agli Arabi. Lo stesso viaggio di Colombo del 1492 mirava ad aprire alla Spagna una via delle spezie più breve ed agevole del periplo dell'Africa. Fu per questo che Colombo, partito per raggiungere il Cipango (Giappone) e non per scoprire un nuovo mondo, una volta giunto a Cuba credette di essere sulle tracce del mitico Prete Gianni.
A conferma del fatto che l'esplorazione dell'Africa per giungere in India era considerata prioritaria e che il viaggio di Colombo fu un'avventura anomala ed estemporanea, scrive l'ammiraglio Morison:26
"Se l'intera flotta (di Colombo) avesse fatto naufragio, nessuno ne avrebbe più saputo nulla e probabilmente l'America non sarebbe stata scoperta fino al 22 aprile 1500, quando Pedro Alvarez, in navigazione verso la vera India, avvistò un monte della costa del Brasile".
Di tutto ciò Scarpellini dimostra ampiamente di non avere la minima cognizione. Se veramente Faustino avesse inteso riferirsi alle navi che tornavano dall'America cariche d'oro, sarebbe da accreditare la precedenza alla Laus di Erasmo, ma non vi è nulla nel testo di Faustino che possa minimamente supportare le interpretazioni di Scarpellini. Che il Triumpho sia anteriore al 1493, oltre che dalla data (1492) della prima edizione nota del "Trastullo", viene confermato dall'assenza di riferimenti alla lettera del 1493 di Colombo ed alle questioni relative alle terre scoperte, che nascono ben prima della lettera di Vespucci del 1504. E' impensabile che nella cerchia di umanisti in cui operava Faustino fosse ignoto il viaggio di Colombo nel 1493. Scrive sempre S. Morison:27
"Durante i tre mesi della permanenza di Colombo a Barcellona (tra il primo ed il secondo viaggio), la notizia della sua scoperta si diffuse in Italia, specialmente per mezzo di lettere di italiani residenti in Ispagna e attraverso la "Lettera" ( ). Risulta dalle lettere e dalle cronache dei contemporanei che le informazioni che suscitarono maggior curiosità ed interesse riguardavano la scoperta dell'oro, gli indigeni nudi e la possibilità di convertirli. Colombo aveva messo in evidenza questi tre particolari nella sua "Lettera" ma aveva anche indicato una nuova rotta commerciale verso la Cina. ( ) I sovrani di Spagna ed il papa avevano accettato senza obiezioni la dichiarazione che Colombo avesse realmente raggiunto le Indie, ma Pietro Martire d'Anghiera, un umanista italiano che si trovava alla corte spagnola, era assai più scettico in proposito, tanto che scrisse ad un suo conoscente sostenendo che Colombo non poteva essere arrivato in Asia, date le dimensioni del globo terraqueo; infatti egli definisce l'Ammiraglio "Novi Orbis Repertor" nella lettera del novembre 1493 indirizzata al cardinale Sforza. La denominanzione di Nuovo Mondo non significava, per Pietro Martire e per altri suoi contemporanei, un continente separato e non ancora scoperto, ma una terra sconosciuta e non descritta da Tolomeo, un gruppo di isole adiacenti alla penisola di Malacca sarebbe stato il Nuovo Mondo. Nel 1498, Colombo giunse alla medesima conclusione e qualche mese più tardi anche Amerigo Vespucci, al quale toccò tutto il merito della scoperta, convinse i geografi del tempo che la terra scoperta non era l'Asia ma un nuovo continente".
In realtà solo dopo la conquista da parte di Hernan Cortez del ricco impero azteco (1519), gli europei appresero che il nuovo continente poteva rivaleggiare con l'Africa in quantità di oro e di altri metalli preziosi, ma a quella data il Triumpho era stato scritto da circa trent'anni. E' naturale che Faustino l'abbia radicato nella realtà geografica nota alla sua generazione ed è scorretto da parte di Scarpellini parlare di America ed attribuire al tredoziese intenti mistificatori senza alcuna prova. Ignoro se qualche altro critico sia giunto ad attribuire la precedenza ad Erasmo sulla base di prove diverse; posso però affermare con certezza che quelle esibite da Scarpellini sono totalmente da rigettare.
Illusosi di avere dimostrato la precedenza di Erasmo, Scarpellini si mostra generoso nei confronti di Faustino tanto da riconoscergli un merito addirittura superiore a quello che gli sarebbe spettato se avesse ispirato la Laus: solo il poeta di Tredozio in Italia avrebbe rilevato le "stonature" di Erasmo in merito alla pazzia dei santi.28 Una "permuta" lusinghiera ma inaccettabile perché la precedenza del poema di Faustino esclude che il Triumpho possa essere interpretato come una critica alla Laus di Erasmo29. Del tutto giustificata è anche la mancata rivendicazione di priorità del prete Faustino nei confronti di Erasmo, il cui libello fu in odore di eresia fin dal primo apparire. Erasmo fornisce per la nascita della Laus la falsa data del 10 giugno 1508, quando era ancora in Italia, anticipando di circa tre anni la vera data di stesura; un falso gratuito ed ininfluente visto che il Triumpho circolava allora da circa vent'anni. Nella lettera che scrisse nel 1515 a Martin van Dorp, professore di teologia di Lovanio, Erasmo ricama sulla stesura della Laus ma evita con cura ogni accenno al De triumpho stultitiae, dal quale ha attinto a piene mani:
"Ero allora arrivato dall'Italia in Inghilterra ed ero ospite del mio Moro.30 Un mal di reni mi tratteneva da giorni in casa. I miei libri non erano ancora arrivati, e anche se li avessi avuti, la malattia mi impediva studi troppo seri. L'ozio forzato mi indusse ad uno scherzoso elogio della follia, e non per pubblicarlo ma solo per distrarmi dai miei mali.
Cominciata l'opera, ne offrii qualche assaggio agli amici, perché maggiore allegria ne venisse dal ridere in compagnia. Ne rimasero entusiasti ed insistettero perché continuassi. Obbedii, e la stesura mi prese all'incirca una settimana, un tempo che, data la leggerezza dell'argomento, mi parve anche troppo. Gli stessi amici che mi avevano spinto a scriverlo portarono l'opuscolo in Francia, dove fu stampato, purtroppo da una copia non solo piena di errori ma anche mutila. La cosa mi dispiacque anche di più perché in pochi mesi se ne diffusero sette edizioni, e in vari paesi. Di questa generale fortuna sono stato io il primo a meravigliarmi."
Erasmo avrebbe scritto l'operetta in sette giorni e per puro diletto. La stesura può anche essere stata rapida, ma la gestazione della Laus era iniziata in Italia almeno tre anni prima del 1511, da quando cioè aveva avuto modo di conoscere il Triumpho di Faustino. Totalmente da rifiutare è anche l'affermazione di Erasmo di aver scritto la Laus per puro diletto, proprio o degli amici, perché questa pratica non rientra assolutamente nelle note e sempre molto interessate abitudini di Erasmo:
"Fino alla metà del '700 lo scrivere per lucro invece che per la fama era considerato indice di cattiva educazione. Solo pochi scrittori avevano ricevuto un compenso dai loro editori e se lo avevano ricevuto, erano ansiosi di nasconderlo: Erasmo ad esempio rimase profondamente offeso dagli accenni di alcuni colleghi italiani al fatto che Aldo Manuzio gli aveva pagato un libro e si difese violentemente da alcune analoghe insinuazioni provenienti da Hutten e altri. Il fatto è che egli non si vergognava davvero a spillar quattrini ai ricchi padroni; i suoi tre viaggi in Inghilterra furono suggeriti ogni volta, come egli stesso affermò freddamente, dalla speranza di ricevere "montagne d'oro". Ed egli ricevette dal re, dall'arcivescovo, dai vescovi, dai lord e dai professori doni e pensioni annuali per un ammontare di parecchie migliaia di sterline d'oggi; benefici superati soltanto dalla sua presunzione ed ingratitudine."31
Anche Febvre e Martin ci ragguagliano sugli usi del tempo e su quelli particolari di Erasmo:
"Quando un'opera esce dai torchi, gli autori ne richiedono alcune copie, cosa più che naturale, ed ai tempi di Erasmo prendono l'abitudine di inviarli a qualche ricco signore, amico delle lettere, accompagnati da lusinghiere epistole dedicatorie; omaggio che il signore saprà apprezzare e ricompensare con un regalo in denaro. Nel secolo XVI la cosa appare lecita ed onorevolissima, come l'abitudine, ben presto acquisita, di far stampare all'inizio o alla fine dell'opera, epistole o versi encomiastici rivolti ai potenti protettori, che non mancano anche loro di pagare, salvo far sapere a tutti, se la somma non è abbastanza alta, la tirchieria del personaggio in questione. ( ) Il sistema che oggi ci urta, appariva allora naturalissimo, molto più onorevole ( ) che vendere il manoscritto ad un editore. Erasmo, accusato da un avversario di esigere denaro dai suoi editori, rispose con indignazione che non riceveva altro denaro fuorché quello che non mancavano di offrirgli gli amici cui mandava in dono un esemplare. Ma non lasciamoci ingannare: Erasmo viveva della sua penna. Moltiplicava le dediche, la sua fama gli permetteva di richiedere agli editori un numero abbastanza rilevante di esemplari, ed aveva organizzato in tutta Europa una vera e propria rete di agenti che li distribuivano e raccoglievano le ricompense."
E' abbastanza naturale ipotizzare che Erasmo, intravvista la possibilità di ricavare un best seller dall'ignorato Triumpho di Faustino, abbia prontamente colto l'occasione confermando anche in questo caso il suo proverbiale fiuto affaristico. Faustino affronta nel Triumpho, da uomo del '400, una serie di problematiche che Erasmo per una parte trascura perché già superate32 e per l'altra affronta e risolve in tutt'altro modo. Il prete romagnolo giudica la follia dal di fuori, sforzandosi di non esserne partecipe e schiavo; Erasmo la indaga dal di dentro, la giudica condizione umana inevitabile e ne tesse le lodi identificandola con il motore dell'universo. Si tratta evidentemente di due concezioni diverse, due modi antitetici di affrontare lo stesso problema, ma le identità riscontrate nei due testi assicurano che esiste tra il Triumpho e la Laus un rapporto di filiazione che mons. Fabbri, forse impropriamente definì "plagio", mancando di un termine più appropriato. Con il prof. Aldo Sacco, che difendeva Erasmo dalle sue non tanto velate accuse, mons. Fabbri fu esplicito:33
"Non sono apoditticamente certo che la composizione del "De triumpho" preceda quella della "Laus"; ma lo sono invece del fatto che testi di quel libro sono passati in questo o viceversa. Il valore e l'estensione del plagio sarà argomento di uno studio ulteriore. Per ora, per quanto le mie convinzioni siano altre, sostengo - se così posso dire - il "plagio materiale", non il "reato" di plagio."34
Una distinzione sottile, quella di mons. Fabbri, che conserva la sua validità anche ora che la precedenza di Faustino è accertata. Se l'inglobamento nella Laus di passi del Triumpho sia sufficiente a configurare il "reato" di plagio, considerate le molte novità presenti nell'impostazione erasmiana, non sta a me giudicare. Affermo però senza tema di smentita che la Laus stultitiae non sarebbe nata - quanto meno non nella forma oggi nota - senza il precedente Triumpho; nella Laus, figlia del Triumpho, è perciò naturale ritrovare il comune bagaglio genetico e le diversità che accomunano e distinguono i figli dai padri. Conosciuto in Italia il Triumpho - se a Rimini o a Venezia, manoscritto o stampato non ha importanza - Erasmo inizia subito ad elaborare una sua personale risposta ai problemi affrontati da Faustino (forse la data di nascita del 10 giugno 1508 è un lapsus freudiano!) per concludere paradossalmente tre anni più tardi, nel 1511, che la pazzia è il vero ed insostituibile motore dell'universo. Dobbiamo allora vedere la Laus come la risposta di Erasmo alla domanda che gli è stata posta dal Triumpho di Faustino e risulterà naturale ritrovare nella risposta elementi comuni alla domanda, consentendo forse di escludere il reato di plagio cosciente. Contrastano però con l'"assoluzione" di Erasmo, che mons. Fabbri pare fosse orientato a negare dopo i doverosi accertamenti, due fatti, il primo avvenuto in tempi recentissimi ed il secondo risalente ai tempi della seconda edizione del De triumpho stultitiae del 1524.
In merito al primo, a dimostrazione che nulla di nuovo accade sotto il sole e che il plagio è un vizio difficile da guarire, mi è capitato di leggere sul "Corriere della sera" di giovedì 25 giugno 1998, un articolo di Cesare Medail dal titolo: "Siciliano, un pastiche troppo simile a Isherwood". In esso, rifacendosi ad un articolo di Stelio Solinas apparso sul "Giornale", Medail accusa Enzo Siciliano di aver plagiato ne "I bei momenti" il libro di Piero Buscaroli La morte di Mozart. Siciliano non avrebbe perduto il vizio di copiare benché fosse già stato scoperto nel 1975 che ne La notte matrigna aveva ripreso pari pari dei passi da Mister Norris se ne va di Christopher Isherwood. Lo segnalo perché l'argomento di A.Scarpellini che Erasmo può aver ripreso da altri qualche adagio ma non aver riprodotto intere frasi da Faustino è privo di valore allora come oggi. In entrambi i casi siamo di fronte a persone affette da animus plagiandi. La distinzione di Scarpellini concettualmente non ha senso; in entrambi i casi siamo davanti al plagio e chi plagia perde il senso della misura. Scrive Maria Corti che le "citazioni occulte" sono pienamente legittime se sono poche (e questo non è il caso di Erasmo), oppure si deve dichiarare in anticipo che s'intende scrivere un pastiche, una specie di "plagio autorizzato" (ed anche questo Erasmo si guardò bene dal fare). E' doveroso che il giudizio su Erasmo tenga conto delle leggi e delle abitudini degli inizi del 1500, ma nessuno potrà assolverlo per il suo totale silenzio sul De triumpho stultitiae di Faustino di cui si è servito a piene mani.
Il secondo fatto, come già anticipato, risale al 1524 e, vista la diffusione abbastanza massiccia del De triumpho stultitiae, pone dei grossi interrogativi sul perché solo nel 1936 sia ritornata sul tappeto la questione Faustino Perisauli grazie a Giovanni Papini, per poi ricadere nel dimenticatoio fino al 1964. Abbiamo già detto della nota relativa alle affinità colla Laus sull'esemplare del Triumpho proveniente dal poeta veneziano Apostolo Zeno; dobbiamo aggiungere ora che l'originalità di Faustino rispetto al lavoro di Erasmo era stata difesa ancora nel 1524 dal suo editore Girolamo Soncino, forse su esortazione di Francesco Rufo da Monteiano che stese l'epitaffio del poeta tredoziese. In base al principio che nessuno difende chi non è attaccato, si deve ritenere che Soncino avesse sentito qualcuno definire il Triumpho un lavoro plagiato da Erasmo ed abbia deciso di ristabilire la verità. La sua edizione - datata 7 dicembre 1524 ed in realtà uscita a Venezia dai fratelli Rusconi con una parte dei lavori che appare stampata da Girolamo Soncino di Rimini - comprende anche l'altro posteriore poemetto De honesto appetitu, ed è preceduta da una lettera del Soncino al vescovo di Fano Gerio Goro, vice-legato bolognese, al quale il Soncino dedica e raccomanda l'opera. Questa la prima parte:
"Al Reverendissimo D.D. Goro Gerio vicelegato bolognese.
Reverendissimo D.D. Goro Gerio da Pistoia, vescovo di Fano e vicelegato di Bologna, Gerolamo Soncino S.D.
Sogliono molti, Reverendissimo Signore, nell' esaminare quanto è stato fatto dai loro predecessori, darsi molto da fare perché, se capita l'occasione, possano essere annoverati celebri tra gli uomini illustri e celebri, e se non per propria virtù, almeno per affinità. In verità è ingiusto che vi sia chi osa (se è onesto) mettere la mano sulla messe altrui, ed usurpare la gloria per se stesso. Perciò, avendo esaminato i molti poemi del nostro Pietro Paolo Faustino di Tredozio ed avendoli trovati dotati di varie dottrine e virtù che giudico non frutto di rapina, e spinto dall'amore e dalla bontà di queste virtù, mi proposi nell'animo che in tempo adatto quelli stessi poemi avrei portato alla luce a nome del loro autore ed a sua lode immortale."35
I due lavori di Faustino apparvero entrambi sotto l'unico titolo "Perisauli Faustini Tradocii Sil/va Tota moralis/ cui Titu/lus Votum Faustini/ Argomentum De Honesto Appetitu". Alla fine del De Honesto Appetitu si trova: Faustinus de Terdoceo. Ad libellum suum. De Triumpho Stultitiae et ad Lectores. Già il nome dell'autore indicato in due diversi modi dice che Soncino riunisce lavori in precedenza usciti in date diverse sotto nomi diversi. Non tutti, a differenza di quanto afferma Scarpellini, erano disposti a giustificare i plagi: nel 1524 Soncino denunciava l'appropriazione dei meriti di Faustino da parte di chi non aveva alcun ritegno a "immettere la sua mano nella messe altrui", (chi se non il "grande" Erasmo da Rotterdam, la cui Laus stultitiae circolava allora in tutta Europa ? ) e tentava di ristabilire la verità in merito all'originalità delle opere.36 Soncino aveva esaminato i lavori di Faustino (cum ... conspexissem), allora disponibili in una precedente edizione o in manoscritto e quindi consultabili anche da Erasmo che poi provvide a saccheggiarli a suo personale uso e merito. Tenendo presente che Soncino dichiara di aver " iterum omni diligentia excussa" la nuova edizione, anche per questa via rimangono confermati il "plagio" di Erasmo e la precedenza di Faustino.
Ma qui la questione diviene ancora più stimolante. Nel 1936 Giovanni Papini scriveva sul "Frontespizio", edito da P. Bargellini:
"Il Rinascimento sorge e finisce sotto il segno della pazzia. In Italia comincia col Poliziano, che muore in un accesso di frenesia (1494) e termina col delirante Tasso. Nella letteratura europea si apre con "La nave dei folli" di Sebastian Brant (1494) e con l'"Orlando furioso" dell'Ariosto (1516) e si chiude con i massimi eroi della pazzia consapevole e volontaria; Amleto ( ) Don Chisciotte. Erasmo che butta giù il suo "Elogio" tra il 1508 ed il 150937, viene dopo Brant ed anche dopo l'Ariosto, che fin dal 1502 aveva intrapresa l'epopea rimata della pazzia d'Orlando. Forse negli stessi anni Faustino Perisauli di Tredozio componeva un poemetto : "De Triumpho stultitiae", che ricorda nella generale intelaiatura l'operetta erasmiana, ma è ignoto, credo, a tutti gli studiosi di Erasmo."
A distanza di quasi trent'anni, nel 1963, scriveva Michel Foucault:38
"( ) a partire dal XV secolo, il volto della follia (ha) ossessionato l'immaginazione dell'uomo occidentale. Un succedersi di date parla da solo: la Danza dei Morti del cimitero degli Innocenti data senza dubbio dai primi del XV secolo, quella della Chaise-Dieu sarebbe stata composta attorno al 1460; e nel 1485 Guyot Marchand pubblica la sua "Danse macabre". Quei sessant'anni furono certamente dominati da questa serie di immagini sghignazzanti della morte. Nel 1492 Brant scrive il Narreschiff; cinque anni dopo viene tradotto in latino.39 Negli ultimissimi anni del secolo (il pittore) Jeronimus Bosch compone la sua "Nef des Fous". L'elogio della follia è del 1509. L'ordine di successione è chiaro".
Risulta evidente da quanto scrive M.Foucault, che la pittura della pazzia anticipò di diversi decenni la letteratura della pazzia. Un anno dopo Foucault, nel 1964, a quasi trent'anni dall'incontro di Papini con Perisauli, parlando al Rotary Club di Forlì mons. G. Fabbri ricordava come l'improvvisa ricomparsa di Faustino tra gli autori della cosiddetta "fool-literature" avesse creato sconcerto e scandalo specialmente in Francia. A partire dal 1936/37 Faustino Perisauli - o meglio Pier Paolo Fantini - non doveva essere più un illustre sconosciuto per la ricerca erasmiana e rimane da spiegare perché non lo si trovi citato nelle edizioni moderne della Laus, se non tra i precursori, almeno tra gli epigoni di Erasmo. Renaudet ci informa che la fama europea di Erasmo inizia con la stampa a Venezia degli "Adagia", e che poi, nell'"Elogio della pazzia", trasformerà in stile evangelico e moderno l'ironia di Luciano di Samosata, "per avviare la più ampia critica dello stato, della società, della chiesa, della vita religiosa".40 Oggi però sappiamo con certezza che la cronologia di Foucault e di Renaudet è errata perché Faustino aveva preceduto Erasmo di circa vent'anni e chi conosce il Triumpho ne può facilmente trovare vistose tracce nella Laus di Erasmo. Non è quindi necessario risalire fino a Luciano di Samosata, ad Apuleio od al Sinesio della "Lode della calvizie" (V secolo) per trovare i precursori di Erasmo. Essi sono temporalmente molto più vicini di quanto finora noto e la "fool-literature" dei secoli XV e XVI non inizia con il "Narrenschiff" di Brant.
Qui veramente comincia a definirsi l'ordine di successione: quale causa prossima della Laus erasmiana ed all'origine della letteratura della pazzia è cronologicamente sufficiente e plausibile il Triumpho di Faustino, apparso tra il 1780 ed il 1790. Per fare doverosa chiarezza su questa importante questione si impone un raffronto del Triumpho con i diversi lavori pre e post-erasmiani che abbiano attinenza con la pazzia quali la già citata Nef des Fous di Brant (1494), la Contentione tra Pluto e Iro di Antonio Phileremo Fregoso (Milano 1507), il De sapiente di Charles de Bovelles - concepito nel 1509, apparso nel 1511, l'Opera nova che il Fregoso dette alle stampe a Venezia nel 1534 e la Laus podagrae di Willibald Pirckmeyer (1521). E proprio per ristabilire l'ordine di precedenza appare plausibile che l'umanista tedesco Francesco Rufo Muziano (Montano, de Monteiano) abbia curato col Soncino l'edizione postuma dei due lavori di Faustino apparsa nel 1524.41
Se lo scopo di Rufo era quello di rendere di publico dominio le fonti del "plagiario" Erasmo ed evidenziarne l'ennesima scorrettezza, non riuscì a conseguirlo. La reputazione di Erasmo come critico si conserva pressoché immacolata; gli studiosi moderni lo onorano senza riserve e lo considerano uno dei maggiori smascheratori di errori e di falsità. Tutti sembrano ignorare gli imprestiti dal Triumpho42, la sua slealtà nei confronti di molti colleghi, tra cui l'umanista forlivese Publio Fausto Andrelini43 ed il falso perpetrato nel 1530 col De duplici martyrio sulla vita di S.Cipriano, che sostenne di aver scoperto in un'antica biblioteca, sufficiente da solo a ridimensionare la sua figura morale:
"Il suo disprezzo per la cultura basata sulla frode letteraria risalta con forza dalla sua vita di S.Girolamo, in cui attacca con veemenza le leggende medievali di guarigioni ed interventi soprannaturali che avevano distorto e mistificato la realtà dei fatti (...) Erasmo espresse chiaramente il proprio rifiuto verso ogni genere di mistificazione, anche quelle realizzate per fini desiderabili: A quel tempo anche gli uomini pii ritenevano che il ricorso a tale artificio per istillare nella gente il desiderio di leggere fosse cosa gradita a Dio". Nel 1530 Erasmo pubblicò la IV edizione delle opere di S.Cipriano, cui era stato incluso all'ultimo momento un ulteriore trattato "De duplici martyrio", uno scritto, spiegava l'indice, scoperto in un'antica biblioteca; "Speriamo sia possibile ritrovare altre preziose opere". ( ) E' scritta in un latino meraviglioso ma molto particolare, appesantito da citazioni bibliche e caratterizzato dalla ricorrente presenza di diminutivi, lo stesso genere di latino, insomma, in cui Erasmo scrisse le grandi opere letterarie di cui riconobbe la paternità quali "L'elogio della follia", e quella più divertente che invece non riconobbe, il "Giulio escluso dal Paradiso".44 Il "De duplici martyrio" non è stato scoperto da Erasmo: è stato scritto di suo pugno. ( ) Fu così che il più eminente studioso patristico del sedicesimo secolo falsificè una grande opera patristica."45
Erasmo, che predicava bene e razzolava male, non può in ogni caso rivendicare il merito di aver iniziato la "fool-literature" dei secoli XV e XVI; che il merito possa esserne attribuito al Triumpho di Faustino è invece ipotesi cronologicamente fondata, la cui validità potrà essere valutata dopo ricerche ormai non più rinviabili.
Un'ultima cosa: Eugenio Garin contesta l'opinione di Johan Huizinga che solo l'"Elogio" di tutta la copiosa produzione di Erasmo, abbia meritatamente vinto la battaglia contro il tempo. Contro l'opinione corrente, malgrado il carattere volutamente paradossale, la Laus non sarebbe separabile dal resto della prosa erasmiana. A sostegno della sua tesi Garin può citare solo un passo abbastanza ambiguo della lettera scritta nel maggio 1515 all'amico Martin van Dorp, dal quale traspare però chiaramente che lo stesso Erasmo considerava anomala la sua Laus:
"Ti dirò con franchezza che quasi mi pento di aver pubblicato la "Follia" ( ) il suo scopo è esattamente il medesimo delle altre mie opere, anche se perseguito per via diversa."
Secondo Eugenio Garin, Huizinga ed altri critici avrebbero contribuito a consolidare un'immagine del tutto falsa di Erasmo perché:
"in mezzo ad un oceano di erudizione emergerebbe un solo testo, un libello satirico scritto in pochi giorni46, l'unico scritto erasmiano accessibile ad un lettore moderno. In questa prospettiva, che purtroppo traduce tutta una lunga serie di letture celebri dell'"Elogio" anche di studiosi eminenti, si collocano interpretazioni che dell'opera hanno fatto, volta a volta, il "passatempo di un letterato in viaggio", una "lunga facezia per divertire gli ozi di intellettuali e di professori", un "Capriccio", una "Fantasia", un "Impromptu" e perfino una "teoria dell'irrazionale". Giustamente ( ) Delio Cantimori ( ) lamentava che a furia di cercare in questa famosa operetta quello che non c'è, ( ) si finisce col "non vedere quello che c'è, o per lo meno l'autore si era proposto di metterci:un appello di carattere etico-religioso ben definito ed una critica al malcostume universitario ed ecclesiastico."47
Qui mi ricollego a quanto scrissi ne L'assassinio di Mozart sulla reticenza di artisti e giornalisti ad indicare le loro fonti. Giustamente Garin si sforza di non vedere quello che non c'è ma, come i critici che contesta, non riesce nemmeno a vedere quello che c'è. Perché Erasmo ha voluto nascondere il suo pesante debito verso Faustino cercando di mimetizzare la Laus tra le altre sue opere. La sua ammissione di aver percorso con la Laus una via diversa per raggiungere il medesimo scopo trova riscontro in una diversità di esporre, di stile, che oggi possiamo spiegarci grazie alla conoscenza del Triumpho. Fatta propria l'idea di Sebastian Brant di far parlare la follia in prima persona,48 Erasmo rielabora il materiale poetico messogli a disposizione da Faustino con risultati che diversificano l'"Elogio" da ogni altro suo libro, ad eccezione dello spurio "Giulio escluso", e che gli hanno consentito di resistere al tempo. Nella Laus si fondono, a livelli di eccellenza, la vena poetica di Faustino e l'anima razionale di Erasmo e questo spiega un risultato superiore alla somma degli addendi. Ha ragione D.Cantimori a lamentare che si sia voluto trovare nella Laus quello che non c'è, ma non lui, e nemmeno E.Garin, hanno saputo trovare in essa quello che Erasmo ha voluto nascondere e che deve essere riscoperto: Faustino Perisauli e la sua poesia. Perché colui che fornisce la materia prima per una grande opera d'arte non è certo inferiore a chi, rielaborandola, la porta a perfezione, e gli è sicuramente superiore in originalità. Erasmo, anche se lo tacque, pagò ad usura il suo debito verso Faustino trascinandolo all'immortalità e noi, oggi, godiamo attraverso la Laus di Erasmo, la produzione intellettuale dell'umanista tredoziese.
Così, ogni volta che un editore ripresenta l'"Elogio", onora nel famoso Erasmo anche l'ignorato poeta Pier Paolo Fantini di Tredozio. Giustizia vuole che questo inconscio omaggio si trasformi nell'apprezzamento cosciente di una platea non più limitata al paese natale: Faustino fa parte del patrimonio europeo e come tale deve essere riscoperto. Un compito che il Comitato per la valorizzazione culturale di Tredozio ha affrontato con decisione e saprà condurre sicuramente a buon fine.
Tredozio 23 maggio 1998
Silea (Tv) 26 febbraio 2001
Note
1
Tra gli elementi che apparentemente deponevano per una nascita del Triumpho posteriore alla scoperta dell'America, vi erano due passi del Cap.XVIII (Aulici quam sint fatui) non citati da Mons.Fabbri: al verso 69 dove si parla di "pingue polentum", ed al verso 70 dove compaiono i "picti faseli". Benché la polenta oggi sia quella di mais, pervenuto dall'America, come anche i fagioli, fin dai tempi antichi erano noti la polenta di miglio e di grano saraceno e nel contempo, come cibo per poveri, dei piccoli fagioli di origine afro-asiatica, detti ancor oggi "fagioli dall'occhio" per la macchia nera simile ad un occhio presente in corrispondenza all'attaccatura al bacello (da ciò il nome di "faseli picti").2
In realtà pare assodato che il frate Francesco Colonna che fu anche a Treviso sia persona totalmente diversa da quella della quale il poeta romagnolo parla nel suo altro poema latino De honesto appetitu. Il Colonna che ebbe rapporti con Faustino andrebbe individuato con il principe Francesco Colonna, signore di Preneste. Scrive Maurizio Calvesi che il Perisauli fece parte dell'entourage del principe Francesco Colonna, che cita nel De honesto appetitu, sicché non è da escludere un contributo del poeta tredoziese alla stesura dell' Hypnerotomachia Poliphili. Vedi Hypnerotomachia Poliphili. Nuovi riscontri e nuove evidenze documentarie per Francesco Colonna signore di Preneste in "Storia dell'Arte" n.60 maggio-agosto 1987 pp.95 e 135.3
G.Taboga. L'assassinio di Mozart. L.I.M.editrice Lucca 1997 p.131.4
Mi riferivo al silenzio mantenuto da Ludwig van Beethoven sul suo maestro Andrea Luchesi5
In realtà fu Papini a richiamare l'attenzione di Viviani sul Perisauli al rientro da un viaggio in Francia nel 1936. L'interesse di mons.Fabbri per il poeta tredoziese è molto posteriore.6
"nostra haec tyrocinia et primitiolas". Vedi Atti del convegno. Modigliana 1999 p.144.7
Lo stesso dubbio assillava ancora nel '700 il letterato veneziano Apostolo Zeno. Nella sua copia del Triumpho oggi presso il Museo Correr di Venezia vi è infatti una nota autografa che indica la somiglianza tra il lavoro del Perisauli e la Stultitiae Laus del Rotterodamo.8
Anche gli ebrei convertiti assumevano il nome di coloro che li tenevano a battesimo. L'esempio più noto è quello di Emanuele Conegliano, che ebbe a padrino di battesimo il nobile vescovo di Ceneda, ne assunse il nome e divenne noto come Lorenzo da Ponte, il librettista di Mozart.9
Vedi la corrispondenza della data 1492 della copia trivulziana del "Trastullo".10
Se quanto afferma il Mini è corretto, rimangono ancora delle fonti da riscoprire in merito alla fama acquisita da Faustino ancora durante la sua vita. Le informazioni del Mini sul contenuto non sono del tutto esatte: il "De triumpho" ha poco a che vedere con il "Trastullo" e lo precede.11
Una delle maggiori difficoltà incontrate nella ricostruzione dei lavori del Perisauli è dovuta alle troppe forme in cui il suo nome è stato sbattezzato. Lo scrivente ha ritrovato due copie del Triumpho presso la Biblioteca A.Maj di Bergamo rubricate sotto "Tradocio" (Faustino) con due altre indicazioni: Faustinus Tradocius Perisaulus e Perisaulus Faustinus Tradocius entrambe con rinvio a Tradocio Faustinus. Presso la Biblioteca casanatense di Roma si trova un'altra copia rubricata sotto Sauli.12
La riscoperta del testamento di Faustino ci dice che morì a Rimini il 2 dicembre 1523.13
Uno dei rami della famiglia Fantini , come si legge nella relazione del can. Mini, era stabilito a Ferrara ed era quindi al corrente delle vicende di Frà Girolamo in Firenze.14
"Nuperque Politianus" del Proemio a p.143 degli Atti del Convegno.15
A.Scarpellini in "Studi romagnoli" vol.XVII Anno 1967 pp. 369 ss. Per Scarpellini Faustino sarebbe quindi un falsario cosciente ed un plagiario.16
Imprecisione evidente di Scarpellini. Si trattava non del VI anniversario ma del IV centenario della morte di Erasmo, avvenuta nella notte tra l'11 ed il 12 luglio 1536 a Basilea.17
Scarpellini onora la memoria di mons. Fabbri in modo quanto meno inusuale: gli dà dell'ignorante, del campanilista e dell'intellettualmente disonesto sapendo che non può difendersi. Va quindi annoverato tra i molti "erasmiani di ferro", impermeabili ai dubbi ed alle evidenze contrarie, integralisti che troppo spesso fanno opinione ma raramente della vera cultura. Lo scorretto intervento di Scarpellini ha contribuito a ritardare la ricerca della verità.18
A.Scarpellini ammette dunque che le deduzioni di mons.Fabbri sono logiche e veritiere.19
Scarpellini sembra ignorare che l'edizione 1524 reca nel Colophon una precisa indicazione al fatto che è stata "excussa" da una precedente stampa.20
Scarpellini riconosce quindi che Erasmo avrebbe avuto l'opportunità di conoscere il lavoro di Faustino qualora fosse stato precedente al suo.21
Il ragionamento di Scarpellini è chiaro! Erasmo è troppo grande per abbassarsi a plagiare un Faustino qualsiasi. Sono cose che fanno solo gli italiani !22
L'impossibilità di rendere plausibile simile ipotesi dipende proprio dal fatto che non può in alcun modo corrispondere alla realtà. Erasmo rendeva onore solo a se stesso e si serviva degli altri senza alcuno scrupolo.23
Il passo in parentesi graffa non è citato da Scarpellini.24
Calcolo dimostratosi "non manifestamente errato" se solo oggi si pone la questione della precedenza, malgrado l'apparizione delle edizioni del 1524 e del 1964. Erasmo si permise non solo di "echeggiare" ma anche di "saccheggiare" il lavoro di Faustino.25
P.96 testo Fabbri, versi 33/38.26
Samuel Morison. Storia della scoperta dell'America. Milano 1978 II p.17. La traversata di Colombo nacque dall'errore di Paolo Toscanelli nel calcolare la dimensione della terra. L'errore rese possibile l'allestimento della spedizione di Colombo per conto della Spagna nella convinzione che il percorso circolare fosse più breve del periplo dell'Africa, al quale si dedicavano i portoghesi.27
Morison cit. pp.92 ss.28
Ciò sta a significare che per Scarpellini Faustino è più "profondo" di Erasmo, almeno in questa particolare questione.29
Non entro nel merito del valore letterario di Faustino, dal canonico Mini definito "gentile poeta latino", da G.Manzoni "insulso" e dal Tiraboschi "non buon poeta in lingua latina". Sospetto però che gli ultimi due siano anch'essi degli "erasmiani di ferro" decisi a castigare Faustino per il presunto plagio ai danni del grande Rotterodamo.30
Sappiamo che Erasmo non giunse in Inghilterra prima del 1509 e che fu ospite di Thomas Moore. La data del 10 giugno 1508 da lui fornita per la stesura della Laus è quindi sicuramente falsa.31
S.M.Steinberg. Cinque secoli di stampa. Torino 1982 p.162. Erasmo fu il primo a stipulare contratti che prevedevano uno stipendio per l'autore, innovazione che per circa 200 anni non venne ripresa da altri autori o editori. Ibidem p.105.32
Vedi le questioni relative alla terra e dell'esistenza degli antipodi, che Faustino tratta ne "Il delirio del geometra" a p.77 ed. Fabbri. Erasmo le ignora perché nel 1511 sono in gran parte superate e risolte..33
Vedi Conversazione cit. p.25.34
la fine prematura di mons.Fabbri ci ha privato di questo importante studio.35
Questo il testo completo della lettera di G. Soncino: "Ad Reverendissimum D.D. Gorum Gerium Vicelegatum Bononiense./ Reverendissimo D.D. Goro Gerio Pistogliensi, Phanensis Civitatis Episcopo ac Bononiensi Vicelegato, Hieronymus Soncinus S.D. Solent plerique, Reverendisssime Domine/ in maiorum suorum factis recenscendis plurimum insudare/ ut hac occasione habita inter illustres/ hominesque celebres/ et si non in virtute propria/ saltem affinitate celebri/ videantur commemorari. Enivero/ infandum est/ ut unquam quis praesumere audeat (si probus est) in alienam messem manus iniicendo/ sibimetipsi gloriam usurpare. Quadere cum nostri Peri Sauli Faustini Terdocii Poemata plurima conspexissem/ et illa variis doctrinis ac virtutibus adornata/ non rapina arbitratus/ et ipsarum virtutum amore ac bonitate excitus/ animo meo praeposui/ ut nacto tempore in inspius Authoris nomine immortalique laude/ ea ipsa Poemata in lucem prodire. At/ cum hmoi (?) preciosa quaeque/ non nisi celeberrimorum virorum manibus sint contractacta in eorumque tantummodo gloriam et laudem excutienda/ fautius quoque/ penes me inditum est/ ut clariori minime/ his labor et honos/ praeclarissimorum virorum in/ aciem connumerandus/ tuo munimine insignitus prosilire. Qui enim scientiarum virtutumque omnium decore perfulges/ ac veluti iubar excelsum/ tua irradiatione ubique dinosceris/ non immerito tui nominis obumbratione gratiam excipietur. Velit autem tua Reverendissima Dominatio/ munusculum hoc/ paupercula quidem manu/ animo autem ac voluntate ditissima transmissum/ letius amplexari: et quod ipsa inexpletum conspicit sua benignitate suffragari. Vale/ viveque diu perpetuo felix."36
La diffusione del Triumpho ed.1524 deve essere stata più vasta di quanto oggi noto. Mini parla di diverse edizioni e sappiamo che alcuni lavori di Faustino apparvero senza indicazioni tipografiche di tempo e luogo. Gerolamo Soncino (dal paese di Soncino presso Cremona) poteva contare, per la diffusione della sua edizione, su altri parenti e colleghi ebrei omonimi, oriundi di Spira o Firth, disseminati in Europa. Oltre che a Mantova, Ferrara, Bologna, Brescia, Barco, Fano, Pesaro e Rimini, dei Soncino erano in Francia ed addirittura in Turchia.37
La data è sicuramente errata; potrebbe corrispondere al momento in cui Erasmo ebbe tra le mani il Triumpho di Faustino. La data di stampa è invece giugno 1511.38
M.Foucault. Storia della follia nell'età clasica. BUR Milano 1997 p.22.39
Il Narrenschiff o Nef des Fous o Nave dei folli di Brant appare in latino nel 1494, non nel 1497.40
A Renaudet. Humanisme et Renaissance. Ginevra 1958 p.162.41
L'umanista Francesco Rufo Montano (Muziano) "eterodosso ed incredulo", erroneamente indicato da mons.Fabbri come romagnolo (da Montiano), è nemico di Erasmo, di cui scrisse nel suo epistolario: "Erasmo è divino e conviene venerarlo con pio fervore quale essere celeste". Vedi Elogio della pazzia a cura di R.H.Bainton BUR 1994 p.302 nota 232. Scrisse un altro rivale di Erasmo, il tedesco Camerarius: "Chiunque non voglia passare per ignorante nel regno delle Muse lo ammira, lo magnifica, lo esalta. Se uno riesce a strappargli una lettera, la sua gloria è grandissima e può festeggiare un mirabile trionfo." S.Zweig. Erasmo. Milano 1981 p. 73.42
C'è anche chi, come Scarpellini, li conosce ma non vi presta fede, dimostrando ancora una volta che l'impotentia ratiocinandi coglie anche i critici più agguerriti davanti al "mostro sacro".43
Vedi Conversazione cit. p.3.44
Magrado la sicumera con cui viene qui attribuito ad Erasmo il Giulio escluso dal Paradiso, manca del tutto la certezza che il libello sulla morte di papa Giulio II, morto il 21 febbraio 1513, sia dovuto alla penna del Rotterodamo. La prima edizione datata apparve nel settembre del 1518 a Lovanio e nel corso dei secoli fu attribuito a Ulrich von Hutten, a Girolamo Balbi, a Battista Carmelita detto "Spagnolo", a Girolamo Riario ed a Publio Fausto Andrelini, al quale fu anche intestata una delle prime edizioni del pamphlet. Proprio quest'ultima attribuzione ad un umanista della medesima formazione di Faustino (nasce a Forlì, si forma a Bologna , soggiorna a Roma dove fa parte dell'Accademia di Pomponio Leto - Faustino a Preneste preso i principi Colonna - prima di trasferirsi in Francia come poeta regio di Carlo VIII) ci consente di avanzare una nuova candidatura per la paternità del Julius exclusus: quella di Faustino Perisauli da Tredozio. L'uso del diminutivo che caratterizza il latino del Julius, "categoria morfologica dell'affettività, è del resto caro a Faustino, che spesso vi ricorre" (L.Chines in Atti del convengo cit. p.30) e non vi è alcuna dotta citazione del libello che non sia nota a Faustino. Questi era più di Erasmo in grado di conoscere fin dal suo primo apparire in Roma, nel settembre 1513, l'Apolococyntosis di Seneca che è indubbiamente il modello classico a cui s'ispira il Julius. Del resto, lo stesso Erasmo rifiutò sempre di riconoscere la paternità del libello che Faustino può aver invece volutamente licenziato anonimo. Vedi Papa Giulio escluso dai cieli, a cura di Paola Casciano Ed. ARGO, Lecce 1998 pp.9-49.45
Antony Grafton. Critici e falsari. Torino 1996 p.47.46
Ha il sapore di scherzo questa affermazione di Erasmo alla luce di quanto scrisse nel cap. I 4 sulla follia dei retori: "Costoro ( ) di un'orazione su cui hanno sudato trenta lunghi anni e qualche volta è fatta da un altro giurano che l'hanno buttata giù e magari dettata in tre giorni, quasi per svago". Forse il grande Erasmo si divertiva a prendere in giro i suoi lettori.47
E.Garin. Prefazione all'Elogio per gli Oscar Mondadori Milano 1992 p.VIII ss.48
Da Brant Erasmo non prese altro. Il Narrenschiff si riferisce alla pratica, allora molto nota, di imbarcare verso una destinazione ignota i pazzi giudicati in soprannumero rispetto alle possibilità della città, che rifiutava di mantenerli ulteriormente. M.Foucault. Storia della pazzia cit. p.77.- - - - -
Il presente studio condensa e completa il mio intervento al convegno su Faustino Perisauli organizzato dal "Comitato per la valorizzazione culturale di Tredozio" tenutosi nel palazzo Fantini di Tredozio il 23 maggio 1998. Intervennero i relatori: prof. Augusto Vasina - Ordinario di Storia medievale presso l'Università di Bologna - (Politica e cultura sull'Appennino tosco-romagnolo nel tardo Medioevo), dr.Loredana Chines Dipartimento di italianistica presso l'Università di Bologna - (Il De triumpho stultitiae tra fonti classiche e tradizione umanistica), prof. Gian Mario Anselmi Docente di Letteratura italiana presso l'Università di Bologna - (Codro, Faustino, il De triumpho stultitiae e la cultura umanistica tra Bologna e la Romagna), dr. Giorgio Taboga (La valenza europea di Faustino nel rapporto con Erasmo da Rotterdam), prof. Emilio Pasquini Ordinario di Letteratura italiana presso l'Università di Bologna - (Fantino Faustino- da Tredozio ed il cantare "Trastullo delle donne"). I professori Bruno Gurioli e Silvia Tagliaferri, paleografi, hanno presentato l'edizione moderna del "Trastullo". Tra gli atti del convegno, pubblicati in Modigliana (Forlì) nel marzo 1999, compare anche la traduzione del De triumpho stultitiae a cura di mons. Giannino Fabbri, per gentile concessione della casa editrice "Il fauno" di Firenze, che la stampò nel 1964.
Brescia 5 dicembre 2000
Silea (Tv) 4 marzo 2001
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[Una presentazione dell'autore si trova nel numero 4 di Episteme]
gtaboga@tiscalinet.it