Misano 27 gennaio 2003

 

OGGETTO: Il modello dei modelli, ovvero i tecnocrati della Palla di Fuoco

 

Caro Professor Bartocci,

vorrei tentare di congedarmi da questo dibattito - che mi auguro non abbia mai fine - con una digressione epistemologica che forse non dispiacerà al dottor Manzotti.

A partire ovviamente dai dati di Arp: le sue osservazioni - e non le sue affermazioni - documentano che i quasar sono connessi alle galassie e che le galassie dell'universo osservabile non si trovano alle loro "distanze di redshift". A prescindere da qualsiasi reinterpretazione della relazione di Hubble, ciò comporta che le distanze tra le galassie non si dilatino e che la materia cosmica non possa essersi formata istantaneamente e tutta in una volta a partire da un unico punto-origine di raggio zero e di proprietà infinite. Questo ci libera dal bizzarro scenario che l'intero universo si trovi avvolto e confinato in una regione del diametro inferiore a quello di un protone e che 16 o 20 miliardi di anni fa non ci fosse alcun universo, né tantomeno "il nulla" propriamente detto.

I professionisti della Creazione grideranno allo scandalo per questa rottura del paradigma: solo i più accomodanti riconoscono che non c'è mai niente di definitivo e che la teoria del Big Bang è un modello sostanzialmente matematico che non può avere, non perché non abbia finora avuto, ma che non può avere una prova sperimentale conclusiva. Gli altri, forse la maggioranza, punteggiano invece questo modello con frasi estatiche sul tipo: "non è meravigliosa la Scienza? Non è forse straordinario e quasi miracoloso che oggi sia possibile spiegare nascita, evoluzione e fine dell'universo in modo assolutamente scientifico e con la migliore matematica?" e celebrano questo trionfo virtuale con manuali, trattati e libri dai titoli iperbolici, come per esempio "I primi tre minuti", "Origine e fine dell'universo", "Dall'inizio alla fine del tempo", "Prima dell'inizio" (!) e forse, fra breve, "Tre minuti prima" … Dal nulla al tutto, dal calore infinito allo zero assoluto, dalla densità infinita all'infinita rarefazione, questa termodinamica dell'abracadabra pretende di incarnare la summa di tutte le conoscenze, la spiegazione di tutte le spiegazioni, il modello di tutti i modelli … Chi ne dubita viene immediatamente bollato di "eresia" ed escluso dagli apparati della ricerca e della comunicazione scientifica proprio come se il Medioevo non fosse mai finito. E non è finito.

Italo Calvino ha focalizzato con pagine memorabili questa pretesa di inchiodare il Mondo dentro una teoria finale: "Primo, costruire nella mente un modello, il più perfetto, il più logico, geometrico possibile; secondo, verificare se il modello s'adatta ai casi pratici osservabili nell'esperienza; terzo, apportare le correzioni necessarie perché modello e realtà coincidano". "Il modello - prosegue Calvino nella sua analisi - è per definizione quello in cui non c'è niente da cambiare, quello che funziona alla perfezione, quello che gira che è un piacere¸mentre la realtà vediamo bene che non funziona e che si spappola da tutte le parti; dunque non resta che costringerla a prendere le forme del modello, con le buone o con le cattive" … "Quel che ci vuole - dice rigirando il coltello - è un sottile lavoro di aggiustamento, che apporti graduali correzioni al modello per avvicinarlo a una possibile realtà, e alla realtà per avvicinarla al modello …Insomma, - conclude - se il modello non riesce a trasformare la realtà, il giusto uso per colmare l'abisso che si spalanca sempre di più tra i principi e la realtà - tra la teoria e l'osservazione - è quello di trovare il modo in cui i modelli possano essere manovrati e gestiti, cosa questa abbastanza naturale dato che ciò che i modelli cercano di modellare è pur sempre un sistema di potere"

(Palomar, Il modello dei modelli, 1983).

Non si potrebbe opporre una critica più distruttiva ai tecnocrati della Palla di Fuoco e al contenuto "scientifico" del loro progetto, ma per dare ulteriore e diretta testimonianza della potenza del Modello potrei rivelare a chi legge che io mandai allo stesso Calvino, verso la metà degli anni Settanta, una piccola cosmologia "alternativa" recante i primi dati di osservazioni contrarie (Arp, Burbidge, Hoyle, Narlikar, etc.): Calvino mi rispose che aveva letto con interesse il mio saggio, che non era tuttavia in grado di darne una valutazione "ma che avrebbe considerato con attenzione una mia trattazione ortodossa" (!) che naturalmente non gli mandai mai. Soggiacemmo entrambi nella circostanza alla potenza del Modello dei Modelli?

Il filosofo Massimo Cacciari ha riesaminato di recente questo "sistema di potere" chiamato Big Bang assimilandolo a una sorta di attualismo estremo. Dopo aver denunciato il carattere "meramente congetturale" di questo modello (e definito del tutto impotente ogni mio tentativo di contraddirlo) ha delineato con straordinaria intensità e maestria la prepotenza del progetto scientifico.

"La Natura non si adegua alle osservazioni? Peggio per lei. La Natura non corrisponde alle mie forme a priori? Peggio per lei. La Natura-io-me-la-creo … Se la Natura non collabora io non ho più una Natura, io mi faccio una Mia natura, io non voglio una Natura-Demiurgo altro da me, io voglio una neo-natura, la Mia Natura! Ma di nuovo non è esattamente questo ciò che sta facendo la scienza oggi? Di nuovo lo sradicamento totale dalla Natura e dalla mia natura terranea: e di nuovo non è esattamente questo il senso del loro progetto scientifico?"

(Cacciari-Bolognesi, "I dogmi della Cosmologia", Misano 2000).

Non potrei avere al tempo stesso consonanza più forte e lontananza epistemologica più grande: se alla fine fosse lo "spirito artista", l'astratto logicismo o che so, la "bellezza" di una teoria ad avere il sopravvento sull'esperienza e sulle osservazioni, preferirei anch'io fare il ciabattino piuttosto che collaborare a un simile progetto dello spirito, a un Big Bang a tutti i costi. Né posso accettare fatalisticamente che una ineliminabile "tendenza antropologica" al Fiat Lux, all'Immane Esplosione o alla Terra Piatta ci sradichino da tutti i soli e da tutte le sensate esperienze contrarie dei Galileo e degli Arp: dopo tutto come prodotti cosmici, e non come prodotti della nostra mente, abbiamo già un padre celeste … Assoggettarsi a questa "tendenza", a questo "modello" o a questo business americano come a un destino ineludibile equivale a corrompere la scienza. Che non è l'arte di elaborare le risposte finali come si illudono a turno gli Hawking di ogni tempo, ma di approfondire il dialogo con una Natura sconfinata e irriducibile.

Grazie a tutti

Alberto Bolognesi

 

ECCO DOVE STANNO I QUASAR!!!