(Umberto Lucia)
Introduzione
Le nuove teorie sullo sviluppo focalizzano la loro attenzione sul ruolo che riveste l'innovazione tecnologica a supporto della crescita economica.
Sin dalla metà degli anni '80 le teorie sullo sviluppo sono state soggette ad un nuovo interesse soprattutto per la complessità cui è soggetta l'analisi delle correlazioni alla base della crescita economica.
Alcune di esse si fondano sul principio dell'accumulo di capitale. In questo modello la funzione produzione incorpora due fattori convenzionali, il lavoro ed il capitale. La crescita si realizza risparmiando sui costi attuali in funzione di quelli futuri. Per conseguire la crescita le economie incrementano i loro investimenti netti ed i loro capitali. Assumendo che il livello numerico della popolazione resti invariato insieme al potenziale lavoro applicato, allora aumentando il capitale per unità di forza lavoro si ottiene un incremento di crescita economica: maggiore è l'investimento in produzione, maggiore è la produttività e la crescita economica raggiunta. Questo modello, però, presenta un forte limite: come risultato del processo di accumulo di capitale e della diminuzione del ricavo, ad un certo istante le economie raggiungono il loro stato stazionario, l'equilibrio di crescita. Allo stato stazionario la crescita viene interamente determinata dall'innovazione tecnologica. Tale modello, però, non riesce a fornire una spiegazione al processo che genera l'innovazione tecnologica, assumendolo come elemento esterno al sistema economico e per sua natura esogeno. Inoltre questo modello non riesce a fornire alcuna spiegazione alla crisi economica che si è originata in Unione Sovietica.
Altre teorie tendono a fornire modelli in grado di descrivere un maggior numero di situazioni economiche empiriche. Esse si basano sulla nozione di "economie fondate sulla conoscenza" (knowledge-based economies) ed evidenziano l'importanza dei processi di acquisizione operativa della professionalità, della ricerca, della formazione e della imprenditorialità del "capitale uomo". In esse si accetta il principio di diminuire i proventi del fattore di accumulazione, riflettendo il ruolo fondamentale del mercato. Queste teorie privilegiano l'investimento in ricerca come funzione di produzione. La tecnologia, però, non rappresenta un bene privo di limitazioni; infatti queste teorie, per ottenere risultati economicamente rilevanti, devono introdurre la necessità di sistemi razionali di innovazione. Questi sistemi, però, chiusi rispetto alla comunicazione di informazioni, limitano la crescita tecnologica stessa, frenando i processi innovativi e, quindi, anche la stessa crescita economica. Inoltre questi modelli non riescono a fornire spiegazioni alla situazione economica di alcuni stati dell'Africa.
In questo lavoro si cercherà di sviluppare un modello fenomenologico di analisi dello sviluppo che non presenti i limiti delle teorie precedenti e che sia conforme alle linee guida dello sviluppo sostenibile. Si vuole giungere ad un modello che connetta i vari fattori che influenzano lo sviluppo, in modo da ottenere una metodologia di analisi e, quindi, anche di intervento nelle operazioni di trasferimento tecnologico.
Ricerca e Sviluppo (sostenibile) è un settore di indagine non classificabile come ricerca di base, ma neppure come ricerca applicata. Una gran parte della crescita economica è dovuta all'incremento della produttività totale, all'accumulo delle conoscenze ed all'innovazione che permettono di combinare tra loro gli stessi input di base in forme più efficienti. Occorre sviluppare ricerche applicative multidisciplinari, soprattutto su linee orizzontali ed interdisciplinari.
Il concetto di sostenibilità è strettamente connesso agli sviluppi della politica e della comunità. Infatti la politica garantisce le attività di gestione e di regolamentazione strutturale, mentre lo sviluppo della comunità garantisce la qualità della vita per le attuali generazioni senza privare le generazioni future e le persone, ovunque, del loro diritto ad un pianeta vivibile ed ecologico.
Lo sviluppo sostenibile come concetto e paradigma è il sintomo culturale di una cambiamento storico che si realizza in tutte le società come elemento caratterizzante dell'ultimo decennio del XX secolo. Questo concetto implicitamente concretizza differenti aspirazioni filosofico-sociali quali democrazia, comunità, pace, diversità, diritti umani, uguaglianza del genere umano, giustizia economica e sociale, ecologia: si contrappone alla prevalente ortodossia della attuale crescita economica, della crescente riproposta di un'ottica antropocentrica e dei valori materialisti, richiedendo un nuovo contratto sociale e proponendo un nuovo atteggiamento culturale.
Il significato dello sviluppo sostenibile
Il concetto di sostenibilità non si riferisce solo alle problematiche ecologiche, ma anche e soprattutto a più ampi e necessari cambiamenti sociali, politici e culturali che richiederanno lo sviluppo di nuovi metodi, attitudini individuali e abilità professionali.
Evidenze dell'interferenza umana con il mondo naturale sono visibili in ogni ecosistema. Esempi significativi sono rappresentati dalla presenza dei CFC (clorofluorocarburi) nella stratosfera oppure dal cambiamento del corso dei principali fiumi del pianeta.
Sin da quando, circa diecimila anni fa, l'Uomo abbandonò la vita nomade, ha sempre manipolato il mondo naturale per soddisfare le sue necessità. E' difficile stimare i tempi, la natura e l'entità del cambiamento globale indotto dall'Uomo, soprattutto nel periodo post-industriale. I motivi sono i seguenti:
1 - la meccanizzazione sia industriale sia agricola nell'ultimo secolo ha determinato un incremento della produttività e della produttività del lavoro con conseguente incremento del benessere e dei servizi;
2 - l'entità numerica della popolazione non ha paragoni storici.
Inoltre la disuguaglianza globale è significativa; infatti il benessere
è distribuito solo a circa un quarto della popolazione mondiale
come si evince da uno studio dell'Indira Gandhi Institute of Development
Research riassunto nella seguente Tabella:
Tabella 1
Disuguaglianze nel consumo globale: consumo nei Paesi Industrializzati (dati 1992)
75 % | Uso di energia |
92 % | Automobili |
70 % | Emissioni di CO2 |
86 % | Rame ed alluminio |
81% | Carta |
80 % | Ferro ed acciaio |
48 % | Coltivazione di cereali |
60 % | Fertilizzanti artificiali |
3 - la natura stessa dei cambiamenti non ha precedenti: l'inventività umana in ambito industriale ha introdotto prodotti e materiali inquinanti nell'ambiente; infatti alcuni materiali non sono naturalmente presenti e la loro introduzione è avvenuta con tempi non naturali.
Al fine di poter estrapolare scenari evolutivi e previsionali delle attività produttive ed ecologiche è fondamentale una analisi mirata alla comprensione della attuale situazione evolutiva.
Il concetto di sostenibilità è connesso a quello di stato stazionario del sistema economico introdotto nel XIX secolo dagli economisti della politica; infatti per John Stuart Mill al termine di stazionario non si deve associare il significato di staticità, ma esso è riferito all'equilibrio tra risorse di produzione e risorse naturali con riferimento alla equità di accesso alle risorse naturali per le generazioni successive.
Chiarezza sul concetto di sostenibilità
Il concetto di sviluppo sostenibile non è un concetto autoreferente, ma è contestualizzato in ambito socio-politico: questo implica la necessità di chiarezza nella definizione di sostenibilità. Tutti gli autori concordano su tre concetti correlati a quello di sviluppo sostenibile:
1. la necessità di arrestare la degradazione ambientale e lo squilibrio ecologico
2. la necessità di non impoverire le generazioni future
3. la necessità di una buona qualità della vita e dell'equità tra le generazioni attuali .
La chiarezza riguardo una accurata definizione di sviluppo sostenibile è cruciale per comprendere:
1. quali problematiche enfatizzare
2. quali necessità ed interessi debbano avere la priorità
3. chi deve essere coinvolto nell'assumere le decisioni .
Dalla chiarezza su questi punti si può derivare:
1. quale struttura debba essere costruita per perseguire le finalità
2. quale politica debba essere adottata per sostenere le azioni
3. quali strumenti debbano essere impiegati per conseguire gli obiettivi .
Verso la sostenibilità
Il primo passo concreto sul fronte della sostenibilità è stata la Conferenza sull'Ambiente e lo Sviluppo tenuta a Rio de Janeiro nel 1992. I risultati ottenuti durante la Conferenza sono stati condensati in cinque documenti ufficiali:
1 - la Dichiarazione di Rio
2 - l'Agenda 21
3 - la Convenzione sulla Biodiversità
4 - la Convenzione sul Clima
5 - i Principi della Foresta .
In particolare l'Agenda 21:
1. è stata incentrata sullo sviluppo dei Paesi con particolare attenzione a quelli del Sud del mondo, ma in essa si sottolinea come siano proprio i Paesi del Nord a doversi assumere la responsabilità di modificare il loro modello di sviluppo, sia per combattere i problemi del cambiamento climatico globale sia per rimuovere gli ostacoli esterni alla sostenibilità del Sud del globo, come ad esempio i debiti, le politiche economiche e quelle agricole, ribadendo così i risultati delle analisi dell'Istituto Internazionale per l'Ambiente a lo Sviluppo
2. ha messo in evidenza le necessità di cambiamenti nella sovranità economica nazionale in quanto l'internazionalizzazione dei mercati finanziari ha diminuito la capacità dei governi di amministrare la propria economia
3. ha messo in evidenza il ruolo e la responsabilità delle corporazioni transnazionali, evidenziandone il ruolo di forze primarie alla base della globalizzazione economica. La loro potenzialità consiste nel poter essere al tempo stesso sia un ostacolo sia un motore di cambiamento. Infatti, in base ai dati diffusi dalla Banca Mondiale, le corporazioni transnazionali controllano circa il 70% del commercio mondiale, e sono responsabili di circa la metà dell'emissione totale di CO2 .
L'Agenda 21 è un documento utile perché:
1. è una fonte di tematiche di discussione finalizzate allo sviluppo sostenibile
2. introduce la necessità di approcci olistici e di strategie integrative
3. sollecita alla collaborazione ed alla partecipazione .
L'Agenda 21 rappresenta il primo e maggiore successo delle autorità locali nel tentativo di ottenere il riconoscimento del loro ruolo come la chiave di volta per realizzare la sostenibilità; infatti almeno due terzi delle azioni previste nell'Agenda 21 richiede il coinvolgimento dei governi locali. Benché la maggior parte delle conferenze facciano alcuni riferimenti alle differenti strutture sociali contemporanee ed alla loro evoluzione, due conferenze mondiali delle Nazioni Unite sullo sviluppo sociale appaiono fondamentali al riguardo, The Social Summit (Copenhagen, 1994) e Habitat II The City Summit (Istanbul, 1996). Entrambe affrontano marcatamente i problemi sociali: i senza tetto, i disoccupati, la criminalità, la povertà, l'esclusione sociale, la congestione urbana da traffico, ecc.. Si è focalizzata l'attenzione sui metodi, sulle azioni necessarie a raggiungere e garantire l'equità sociale e sulla definizione delle regole sostenibili in un mondo urbanizzato. Inoltre si sono suggerite innovazioni di procedure e di organizzazione per raggiungere la sostenibilità.
Il trattato di Maastricht
Il documento che più di tutti ha indotto una forte spinta nel dibattito sulla sostenibilità è stato il Trattato sull'Unione Europea (Maastricht, 1992) che definisce le azioni dell'Unione Europea verso una dimensione ambientalistica della sostenibilità. Fondamentali, anche se non decisive, appaiono le politiche di cooperazione per lo sviluppo e quelle economiche dell'Unione Europea, i mercati interni ed i fondi strutturali. Nel trattato si evidenziano la coesione sociale e la protezione dell'ambiente come le condizioni principali per la crescita economica sostenibile: questo è un obiettivo politico che permette di realizzare il Singolo Mercato Europeo per gli Stati Membri e non, quindi, lo sviluppo economico sostenibile.
Il Quinto Programma Quadro di Azione Ambientale introduce un approccio integrato e strategico allo sviluppo sostenibile a livello di Unione Europea in cinque settori chiave:
1. industria
2. trasporti
3. agricoltura
4. energia
5. turismo .
In questo contesto si sono individuate quattro aree di priorità:
1. gestione sostenibile delle risorse naturali
2. aspetti socioeconomici di sostenibilità
3. accessibilità sostenibile
4. pianificazione sostenibile .
L'approccio concettuale e gestionale si deve basare su una analisi globale del sistema economico, produttivo e sociale, intendendo tale realtà come Sistema Complesso, interconnesso e dinamico. Un esempio in questo senso è fornito dal trasporto pubblico: si continua a tentare di ridurre i tempi minimi di percorrenza degli spostamenti necessari per raggiungere il luogo di lavoro, mentre l'atteggiamento più corretto nel senso della sostenibilità sarebbe quello di costruire un sistema che riduca le necessità di spostamento per svolgere il proprio lavoro.
Cambiamenti per le autorità locali
La struttura della ecopoli prospettata da Sybrand Tjallingi fornisce un approccio olistico verso la gestione e la progettazione urbana. Tale approccio all'ecosistema evidenzia la necessità di dover fondere una mentalità ecologica ad un approccio globale al sistema.
A questo risultato fornisce un ulteriore ampliamento Herbert
Girardet che amplia la visione introducendo la necessità della equità.
Tabella 2
Principi guida della ecopoli secondo Tjallingi
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Creazione di condizioni per operare nel mercato | Prevenzioni nell'economia in uso | Utilizzo del potenziale culturale e naturale locale |
Creazione di condizioni per cooperare | Riutilizzo | Strutture fisiche per la gestione dei flussi |
Relazioni ecologicamente visibili | Risorse rinnovabili | Habitat umani differenziati |
Rafforzamento | Responsabilità per quantità e qualità di flussi | Habitat naturali differenziati |
In questo contesto è possibile rilevare che il concetto di sostenibilità implica anche quello di innovazione al quale si contrappongono alcuni ostacoli:
1. fattori strutturali e psicologici
2. difficoltà a comprendere l'innovazione ed il rifiuto parziale ad essa
3. carenza di conoscenze e di informazione
4. inerzia strutturale
5. carenza di fondi economici .
Le decisioni di Kyoto
La Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici applicata nella Conferenza Mondiale sull'Ambiente di Rio è stata ratificata dall'Italia il 15 gennaio 1994. Essa contiene una serie di obblighi per finalità generali, così riassumibili:
1. a breve termine: azioni finalizzate alla limitazione dei possibili mutamenti climatici globali indotti da attività umane, a mezzo di interventi sulle cause principali di tali cambiamenti
2. a medio termine: azioni finalizzate alla mitigazione degli effetti climatici globali a mezzo di interventi di prevenzione dei danni e di minimizzazione delle conseguenze negative, prevedibili e conseguenti, ai mutamenti climatici, sull'ambiente naturale, su quello antropizzato e sullo sviluppo socioeconomico
3. a lungo termine: azioni finalizzate a consentire e favorire l'adattamento dell'umanità ai mutamenti climatici e ad un nuovo ambiente naturale globale differente da quello attuale .
Gli obblighi possono essere così sintetizzati:
1. di natura politica e socioeconomica nazionale nei settori più rilevanti delle attività umane (energie, processi industriali, produzione agroalimentare, gestione dei rifiuti)
2. di natura politica e socioeconomica internazionale per la cooperazione internazionale tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo o con economia in transizione
3. di natura tecnico-scientifica per la partecipazione a programmi di natura tecnico-scientifica internazionale per lo studio dell'ambiente globale e dei suoi mutamenti climatici, per l'osservazione della Terra e del clima, per lo sviluppo dell'innovazione tecnologica nei settori produttivi, industriali ed energetici
4. di natura culturale e sociale per la diffusione dell'informazione sui problemi ambientali e climatici .
Nella Convenzioni impegni ed obblighi non sono espressi in azioni concrete da effettuare, modalità operative di attuazione e tempi da rispettare, ma sono espressi in termini generali. Nella Convenzione viene istituito un organo definito La conferenza delle Parti, al quale viene demandato il compito fondamentale di dare attuazione dei principi e degli impegni generali contenuti nella Convenzione stessa.
Il Protocollo di Kyoto, approvato nel 1997, è un atto esecutivo che esprime gli impegni urgenti e prioritari inerenti a settori di economie nazionali. Il Protocollo di Kyoto è indirizzato esclusivamente ai Paesi sviluppati ed a quelli ad economia in transizione, mentre non pone restrizioni a quelli in via di sviluppo. Il Protocollo individua e definisce operativamente solo una parte molto limitata degli impegni da attuare. Esso rappresenta un punto di partenza fondamentale, non solo nella direzione delle problematiche connesse ai cambiamenti climatici, ma anche e soprattutto nel quadro più generale dello sviluppo sostenibile. Il Protocollo ha posto e sancito la centralità sia dei problemi del clima globale nello sviluppo socioeconomico mondiale sia di quelli connessi allo sviluppo sostenibile per il futuro del nostro pianeta e per la sopravvivenza stessa dell'umanità. Tale Protocollo deve essere inteso come il punto di partenza per poter iniziare ad affrontare i problemi del clima e dello sviluppo sostenibile, ma anche per la cooperazione mondiale. Il Protocollo impegna i Paesi industrializzati e quelli ad economia in transizione a ridurre complessivamente del 5% le principali emissioni antropogeniche dei gas che possono alterare l'effetto serra naturale del nostro pianeta nel periodo compreso tra il 2008 e 2012. I gas individuati sono: anidride carbonica, metano, protossido di azoto, fluorocarburi idrati, perfluorocarburi e esafluoruro di zolfo. La riduzione richiesta è riferita al 1990 per i primi tre gas (anidride carbonica, metano, protossido di azoto) ed al 1995 per gli altri (fluorocarburi idrati, perfluorocarburi e esafluoruro di zolfo).
Nessun tipo di limitazioni per le emissioni di gas ad effetto serra viene imposto ai paesi in via di sviluppo perché tale vincolo rallenterebbe o condizionerebbe il loro sviluppo socioeconomico; infatti ogni limitazione alle emissioni di gas serra avrebbe ripercussioni sulla produzione e sul consumo energetico, sull'agricoltura, sull'industria e su ogni altro settore produttivo con conseguente aumento di oneri finanziari e costi aggiuntivi: questo avrebbe una ricaduta negativa sul loro processo di sviluppo.
Il Protocollo di Kyoto individua i seguenti settori come prioritari:
1. energia, sia nei processi connessi con la combustione di combustibili fossili per la produzione energetica sia come emissioni non controllate di fonti energetiche di origine fossile
2. processi industriali
3. agricoltura
4. rifiuti (loro gestione e smaltimento) .
Si è introdotta la necessità di forestazione intesa sia come riforestazione sia come afforestazione.
Pertanto la riduzione di emissioni deve essere intesa come riduzioni delle emissioni nette, cioè come bilancio netto tra quanto complessivamente aggiunto all'atmosfera e quanto complessivamente da essa sottratto.
Inoltre il Protocollo individua anche azioni operative a sostegno dello sviluppo sostenibile, ovvero:
1. azioni di carattere generale per incrementare l'efficienza energetica nei settori più rilevanti dell'economia nazionale e per incrementare le capacità di assorbimento dei gas serra rilasciati in atmosfera
2. azioni di carattere politico-economico al fine di eliminare quei fattori di distorsione dei mercati che favoriscono le emissioni di gas serra
3. azioni nel campo dell'agricoltura e delle fonti rinnovabili di energia
4. azioni di politica dei trasporti, di gestione dei rifiuti e di gestione e manutenzione nel trasferimento di metano al fine di limitare e contenere le emissioni di metano e gas serra .
E' stato proposto un nuovo metodo attuativo per conseguire lo sviluppo sostenibile, il clean development mechanism finalizzato alla cooperazione transnazionale al fine di promuovere il trasferimento di tecnologie e di know how tra Paesi Ricchi e Paesi Poveri.
Gestione dell'innovazione tecnologica industriale
Al fine operare in funzione dei principi individuati nell'ambito dello sviluppo sostenibile occorre valutare le metodologie utili nelle azioni locali e soprattutto quali siano i percorsi tecnologici, politici, economici, sociali e culturali da seguire.
In questo contesto appare interessante sviluppare una analisi generale della gestione organizzativa dei progetti industriali aziendali, intendendo l'azienda contestualizzata nell'ambito socio-politico-culturale, quindi pensando l'azienda come un sistema complesso.
Il sistema produttivo viene valutato in funzione dei risultati ottenuti, cioè in funzione del livello di qualità realizzata. Infatti ogni sistema produttivo si trova ad operare all'interno di una realtà estremamente competitiva nella quale la speranza di sopravvivenza economica è resa possibile dal miglioramento della qualità del prodotto all'interno dell'evoluzione dei mercati, oltre che da condizioni di politiche economiche e sociali favorevoli. Pertanto il sistema produttivo deve subire continue evoluzioni tecnologiche ed innovazioni strutturali al fine di garantire il miglioramento della qualità del prodotto stesso.
Occorre considerare che organizzare un progetto di innovazione di un prodotto e della sua relativa progettazione implica dover considerare sia il processo di modifica del prodotto stesso sia del relativo sistema produttivo, contestualizzando questi processi innovativi all'interno delle dinamiche di mercato sia dei prodotti sia delle nuove tecnologie. In conseguenza l'evoluzione della progettazione nell'ambito di una stessa tecnologia determina un continuo miglioramento delle prestazioni del sistema produttivo e quindi del prodotto risultante.
L'evoluzione temporale del livello tecnologico descrive
una curva di profilo simile a quella rappresentata in Figura 1. Tale profilo
è una curva monotona crescente con inizio ad un livello minimo iniziale,
il livello tecnologico iniziale, e raggiunge un valore limite superiore,
il
livello tecnologico limite o di obsolescenza. La sua
derivata prima, sempre positiva, è crescente all'inizio della curva,
presenta un punto in cui si annulla, massimo, nella parte centrale
e poi decresce nella parte di obsolescenza.
Figura 1
Profilo qualitativo di dinamica del livello tecnologico
Questa curva rappresenta gli sforzi delle aziende nella gestione dei processi innovativi (progettazione, innovazione tecnologica, ecc.) per migliorare il proprio sistema produttivo.
In questo contesto si origina la necessità di disporre sia di metodi quantitativi per organizzare i processi di innovazione sia di modelli che permettano di valutare l'evoluzione del livello tecnologico del sistema produttivo, individuandone gli indicatori necessari in modo da poter stimare il livello tecnologico raggiunto ed il relativo grado di saturazione. Un tale modello di gestione ottimizzata del processo di innovazione del sistema produttivo deve permettere di descrivere tale processo come un insieme ordinato di proposte di interventi mirati sul sistema di produzione, finalizzate alla qualità di prodotto più prossima alle richieste del mercato.
Gli indicatori che vengono considerati in questo contesto sono le seguenti variabili, funzioni del tempo:
1. il livello tecnologico del sistema produttivo, s(t)
2. il livello di qualità del prodotto offerto p(t)
3. l'obiettivo di qualità da raggiungere con le attuali tecnologie p*(t0), con t0 istante iniziale dell'intervento considerato
4. le azioni di modifica, u(t), del sistema produttivo conseguente alle iniziative intraprese nell'ambito del progetto di innovazione, definite come
u(t) = B [p*(t0) - p(t)] (1)
unitamente alla condizione attesa
u(t) 0 (2)
dove B esprime la tendenza che presenta il sistema azienda a modificare la propria struttura produttiva in seguito alle considerazioni di insufficienza tra prodotto offerto e prodotto richiesto dal mercato, cioè p*(t0) - p(t) 0
5. lo sviluppo tecnologico, s(t), la cui variazione è data dalla relazione:
= L s(t) + B [p*(t0) - p(t)] (3)
unitamente alla condizione iniziale:
s(t0) = s0 (4)
dove L esprime l'inerzia del sistema produttivo rispetto alle innovazioni necessarie, = ds(t)/dt la variazione temporale dello sviluppo tecnologico e s0 il livello tecnologico iniziale
6. la variazione del livello di qualità del prodotto, definita come:
= A [p*(t0) - p(t)] (5)
unitamente alla condizione:
p(t0) = p0 (6)
dove A esprime la spinta verso le innovazioni di prodotto e p0 è il livello del prodotto allo stato iniziale dell'intervento di innovazione
7. il costo ragionevole del programma di innovazione tecnologica, c, definito come:
c = (7)
dove t è l'orizzonte di innovazione, cioè l'intervallo di tempo necessario per realizzare il processo innovativo, compatibile con i tempi determinati dal mercato .
Nell'analisi della gestione dei processi di innovazione tecnologica si opera analiticamente minimizzando il costo espresso dalla relazione (7) rispetto all'orizzonte di innovazione t, alla spinta all'innovazione del prodotto A ed alla spinta all'innovazione del sistema produttivo B, imponendo il vincolo p(t) = p*(t0). Il risultato di questo metodo di analisi permette di dimostrare e giustificare teoricamente un risultato ottenuto anche per mezzo di osservazioni dirette sui sistemi produttivi, cioè: il ruolo dell'acquisizione di tecnologie da parte del mondo produttivo, valutato in termini di sostenibilità e di incremento del lavoro, è controverso in quanto solo nelle regioni economicamente meno favorite e nei periodi di recessione il trasferimento tecnologico può essere utilizzato come unico elemento di traino dello sviluppo economico.
L'analisi che qui si sta sviluppando, invece, vuole giungere a definire le condizioni per le quali è efficace un intervento di trasferimento tecnologico nel processo innovativo in base a valutazioni di conseguimento di miglioramenti socioeconomici per definite condizioni sociali, economiche, politiche e culturali iniziali. Pertanto si minimizzerà il costo della relazione (7) per definiti orizzonte di innovazione t, spinta all'innovazione del prodotto A ed innovazione del sistema produttivo B. In questo modo si ottiene:
= 0 (8)
che, in base alla relazione (3) permette di ottenere:
p*(t0) - p(t) = - B-1L s(t) (9)
che, facendo uso della relazione (5) invertita, conduce al risultato:
= - A B-1L s(t) (10)
E' importante, ora, comprendere quali informazioni sul processo innovativo globale possono essere dedotte dal risultato ottenuto (10).
Per prima cosa occorre precisare il significato di B-1. B-1 è l'inverso di B, cioè è l'inverso della spinta verso l'innovazione del sistema produttivo, quindi esprime il freno all'innovazione del sistema produttivo.
Dopo questa interpretazione formale occorre analizzare il segno algebrico che devono assumere A, B-1 e L. Allora al fine di ottenere conseguenze socioeconomiche positive si ha che:
1. A esprime la spinta verso l'innovazione del prodotto, quindi deve essere positiva
2. B-1 esprime il freno all'innovazione del sistema produttivo, quindi deve essere negativa
3. L esprime l'inerzia del sistema produttivo, che è sempre presente ed è per sua definizione
positiva .
In base a queste considerazioni il coefficiente di proporzionalità (-AB-1L) tra variazione del livello di qualità del prodotto e sviluppo tecnologico s(t), nella relazione (10) risulta positivo, ottenendo come interpretazione che ogni azione di trasferimento tecnologico, per ottenere miglioramenti socioeconomici, deve necessariamente produrre un incremento nel livello di qualità del prodotto, cioè deve necessariamente rendere positiva la derivata temporale .
A questo punto, però, occorre cercare di comprendere quali siano le condizioni politiche, sociali, economiche e tecnologiche che permettono di realizzare le condizioni ora imposte. Per far ciò occorre individuare i fattori che influenzano s(t), L, A e B-1:
- lo sviluppo tecnologico, s(t), dipende fortemente da:
1. ricerca di base
2. ricerca applicata
3. formazione scolastica ed extrascolastica
4. industrializzazione dei risultati della ricerca
5. sviluppo di modelli e processi per migliorare ed ottimizzare gli impianti e le tecniche di produzione
6. produzione, disponibilità e gestione energetica
7. gestione delle azioni di innovazione tecnologica
8. presenza di tecnici preparati e quindi il sistema della formazione
- l'inerzia del sistema produttivo, L, dipende fortemente da:
1. situazione economica
2. situazione politica
3. problematiche ambientali
4. localizzazione geografica
5. contesto culturale
6. presenza o meno di tecnici della conoscenza
7. struttura industriale
8. trasporti
9. capacità gestionali
10. utilizzo delle fonti energetiche
- la spinta verso l'innovazione del prodotto, A, dipende fortemente da:
1. mercati
2. politiche economiche e sociali
3. trasporti
4. contesto culturale
5. contesto socioeconomico (potere d'acquisto, costi di mercato, …)
6. servizi
7. presenza di tecnici della conoscenza
- il freno all'innovazione del sistema produttivo, B-1, dipende fortemente da:
1. politiche economiche e sociali
2. limiti tecnici e tecnologici
3. limiti di disponibilità energetiche
4. mercati
5. trasporti
6. limiti culturali che influenzano capacità gestionali
7. gestione dell'innovazione
8. limiti nella reperibilità di servizi
9. problematiche ambientali .
Il fatto che queste grandezze siano moltiplicate tra loro implica una interazione ed un legame diretto tra differenti azioni sociali, politiche, economiche e tecnologiche.
Conclusioni
L'analisi qui esposta è stata sviluppata a partire dalle teorie e dai modelli oggi esistenti nel contesto dello studio del ruolo del trasferimento tecnologico nello sviluppo economico e sociale.
Si sono esposte le due principali scuole di pensiero presenti in letteratura: la prima che non considera lo sviluppo tecnologico sostanziale nel contesto economico, se non quando il sistema economico risulta stazionario, la seconda che considera la crescita tecnologica come l'elemento principale dello sviluppo economico e sociale.
Al fine di comprendere i principi su cui fondare un nuovo approccio si sono presi in esame i risultati dei convegni e dei congressi internazionali sullo sviluppo sostenibile e le implicazioni di questi nel contesto globale. Si è così sviluppato un modello analitico tipico della fisica-matematica sia metodologicamente sia sostanzialmente. Infatti questo si basa sulle condizioni storiche nelle quali si opera, su un periodo temporale nel quale i parametri sociali, economici e politici sono ben definiti. Questo metodo di operare è l'approccio tipico della fisica-matematica applicata ai sistemi dinamici. Dato un sistema (in questo caso quello produttivo) definito da parametri e grandezze caratteristiche del sistema in esame e delle sue interazioni con il resto dell'universo (in questo caso l'inerzia del sistema produttivo rispetto alle innovazioni necessarie, la variazione del livello di qualità del prodotto e lo sviluppo tecnologico) si opera per mezzo del metodo di minima azione (in questo caso del costo minimo) tipico dei sistemi lagrangiani, della termodinamica, della meccanica quantistica e dell'elettromagnetismo, in sintesi della teoria dei sistemi.
Il risultato consiste nell'aver dimostrato analiticamente ed aver conseguentemente individuato il legame diretto (l'interazione) tra condizioni politiche, sociali, economiche, tecniche, tecnologiche e culturali, evidenziando i particolari effetti individuali ed il conseguente effetto globale.
Ogni azione di innovazione dovrebbe avere origine dalle
relazioni esistenti all'interno della sostenibilità dello sviluppo
da un lato, mentre dall'altro l'analisi dello sviluppo sostenibile dovrebbe
essere motore per l'innovazione di processo e di prodotto, ma soprattutto
dovrebbe generare una nuova cultura fondata sull'uomo e sul suo habitat.
Bibliografia
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9 - G.M. Grossman e E. Helpman, Innovation and Growth in the Global Economy, MIT Press, Boston, 1991
I.N.F.M. - Istituto Nazionale per la Fisica della Materia, Nucleo Applicativo
Corso Perrone 24, 16152 Genova, Italy
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[Una presentazione dell'autore si trova nel numero 4 di Episteme]
e-mail: fismat@libero.it