Evoluzione senza selezione
Autoevoluzione di Forma e Funzione
(Antonio Lima-de-Faria)
(Nova Scripta Edizioni, Genova, 2003)
<<Il Prof. Antonio Lima-de-Faria (Università di Lund, Svezia) svolge importanti ricerche nel campo della simmetria e della citogenetica, e ha pubblicato oltre 180 studi, fra i quali il fondamentale Molecular Evolution and Organization of the Chromosome (Elsevier, 1983). E' stato il primo a realizzare la fusione fra una cellula umana ed una di origine vegetale. Accademico dei Lincei, della Società Fisiografica di Svezia, dell'Accademia delle Scienze di New York e di altre importanti Istituzioni internazionali, ha collaborato con le più importanti Università del mondo. E' considerato il padre della genetica molecolare contemporanea>>.
Dopo aver estratto le precedenti informazioni da una presentazione ufficiale, e tenuto conto dell'assoluta incompetenza dello scrivente in siffatte questioni, continuiamo a illustrare ai lettori di Episteme quest'opera poderosa e coraggiosa (dato lo "spirito dei tempi") mediante alcune considerazioni dell'editore, attivamente impegnato egli stesso in campo scientifico (vedi in Episteme N. 6, Parte I, le notizie relative ad Anthropos & Iatria - Rivista Italiana di Studi e Ricerche sulle Medicine Antropologiche e di Storia delle Medicine), giunteci tramite comunicazione privata.
<<Si tratta di un'opera rivoluzionaria che apre una profonda revisione dei concetti biologici di forma e funzione degli esseri viventi, sintetizzando quaranta anni di studi, di ricerche e di riflessioni di uno dei pionieri e dei più rilevanti esponenti mondiali della citogenetica molecolare. Il libro è già stato definito <<il più importante libro sull'evoluzione dei prossimi cento anni>> e propone una radicale revisione del concetto di selezione naturale e formula un approccio del tutto nuovo all'evoluzione biologica. Un nuovo paradigma con cui spiegare la vita, fondato sulla forma, la funzione, la periodicità, anziché sui geni, sul caso e sulla teoria della selezione naturale. La ricerca dell'Autore va infatti oltre le comuni acquisizioni in materia, arrivando a considerare l'evoluzione dei viventi come la continuazione canalizzata di quella del mondo fisico, la cui essenza è costituita dalla combinazione e dalla sovrapposizione di un numero limitato di forme e funzioni iniziali. Questa importante opera, che ho appena editato nella sua prima edizione italiana, ha richiesto anni di fatiche e di particolari attenzioni e cure. Tradotto e curato dal Dott. Stefano Serafini con la supervisione del Prof. Giuseppe Sermonti [vedi quanto se ne dice anche in questo numero di Episteme, nella sezione "Pubblicazioni ricevute"] oltre ad essere un'opera fondamentale di biologia teoretica, ha dimostrato di essere anche un vero e proprio <<caso>> di sociologia della scienza per le feroci resistenze che ne hanno reso impervia la pubblicazione e la diffusione in area angloamericana e soprattutto italiana. Ormai esaurito da anni nelle edizioni inglese, russa e giapponese, quest'opera demolisce il dogma del paradigma neo-darwiniano e ridimensiona il ruolo del gene nell'architettura del vivente. Senza alcun dubbio, questa geniale opera di Antonio Lima-de-Faria, che senza dubbio sarà destinata a suscitare accese discussioni nel mondo accademico, rappresenta un evento scientifico, culturale e intellettuale di grandissima portata per la comprensione non solo dell'evoluzionismo, ma di molti altri fenomeni che governano la vita, le trasformazioni biologiche, l'organizzazione della materia e i livelli di complessità degli organismi viventi>>.
Si sa bene come alle riserve sull'idea di "lente" trasformazioni attraverso cui si perviene a giustificare tutta la complessità del vivente, si accompagnino invece (e più frequentemente) incondizionati apprezzamenti, ad esempio quelli espressi in Charles Darwin geologo, di Guido Chiesura (Hevelius Edizioni, Benevento, 2002), del quale testo riprendiamo una presentazione apparsa in rete, anche perché sottolinea un aspetto meno conosciuto degli interessi scientifici del creatore ufficiale della teoria dell'evoluzione, e una fonte di intuizione inaspettata per le sue concezioni "trasformazioniste".
<<La storiografia scientifica ha descritto l'immagine di Darwin come quella del genio che ha formulato la teoria detta evoluzionismo. Meno nota è la sua frequentazione della geologia; egli ha scritto, tra l'altro, tre importanti opere geologiche nelle quali il mondo fisico viene osservato e descritto nella sua dinamica lenta e continua. Lungo le coste del continente sudamericano, sulle isole vulcaniche e negli atolli corallini degli oceani l'occhio attento del giovane geologo legge gli eventi del passato. Il concepimento della teoria trasformista ha bisogno dei tempi lunghissimi della geologia; se un continente può essere stato sollevato dall'oceano e quindi nuovamente sprofondato in esso, se le vette delle Ande mostrano le rocce che si sono formate in fondo al mare, un essere vivente, nella sua lotta per l'esistenza, può mutare la sua forma e lentamente si trasforma in un altro>>.
Personalmente, ci appare assai bizzarro che la congettura ai nostri giorni maggiormente accettata e divulgata sull'origine della vita possa far ritenere "sensate" affermazioni del tipo: <<Circa 700 milioni di anni fa i vegetali escono dalle acque e si avventurano sulla terraferma...>>, che si trovano in scritti divulgativi, e in testi destinati ai giovani studenti, mah, confessiamo che ci sembra questo un altro dei casi in cui una controversia scientifica rappresenta in realtà uno scontro tra "concezioni del mondo" rivali (cfr. anche quanto se ne accenna nella successiva recensione del libro di Lucio Russo), sicché la specificazione relativa alla scientificità del tema del contendere non coglie appieno l'essenza della situazione. "Scienza" è oggi termine piuttosto abusato, ma dovrebbe comunque essere sempre riferito (pena lo sconfinamento nel vago) a settori della conoscenza nei quali è rilevante l'aspetto sperimentale (e pertanto "a posteriori") dei dati su cui si fondano le diverse teorie, mentre il "principio" generale sotteso al darwinismo e ad altre "analoghe" ipotesi, può benissimo essere concepito a priori, come prova palesemente l'argomentazione di Cyrano de Bergerac (1649) che si trova riportata in http://www.dipmat.unipg.it/~bartocci/kauff.html (una pagina dedicata a un commento delle tesi esposte da Stuart A. Kauffman in The Origins of Order - Self-Organization and Selection in Evolution, Oxford University Press, 1993, un testo che ha evidentemente a che fare con gli argomenti qui dibattuti, e su cui tra breve ritorneremo). A ulteriore conferma, possiamo citare il sito anti-darwinista di un esponente della cultura islamica, http://www.harunyahya.com/, nel quale è appunto contenuta una Refutation of Darwinism, e ci sembra che nuovi spunti di riflessione in tale direzione siano offerti da Aldo Mola (Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Bompiani, Milano, 1992): <<La vulgata dell'evoluzionismo divenne presto uno dei punti d'incontro di certi massoni che, anche senz'avere una precisa cognizione dei contenuti scientifici del darwinismo e delle sue possibili implicanze socio-politiche, dalle strenua lotta sostenuta dalla Chiesa di Roma contro la sua diffusione e per la sua stessa provenienza dalla terra di Desaguliers ed Anderson deducevano ch'esso fosse comunque un buon compagno di strada, se non verso la Vera Luce almeno per dissipare le tenebre più fitte>>. Ben vengano dunque libri come questo del Prof. Lima-de-Faria, che riportano la discussione sul terreno che dovrebbe esserle più congeniale, e sono capaci di mostrare anche a dei "profani" (quale chi organizza, ripetiamo, la presente "recensione") le eventuali debolezze della proposta di Darwin proprio nel suo campo specifico. Questione che paradossalmente assume meno rilevanza di quanto ci si aspetterebbe in quello che si suppone comunque un fair play, dal momento che si tratta alla radice di una "nobile" giustificazione di concezioni del mondo oggi di grande successo (sia nell'economia che nell'etica), sebbene antitetiche a un'intera tradizione che concepisce in ben altro modo il ruolo dell'essere umano nell'avventura del manifestato; tali Weltanschauung non hanno infatti alcun interesse a mettere in aperta discussione il loro "fondamento", a rischio di potersi trovare poi indebolite. Allo scopo di far comprendere l'elevato valore della posta in gioco, citiamo il darwinista James Rachels, che nel suo Creati dagli animali - Implicazioni morali del darwinismo (Edizioni di Comunità, Milano, 1996), ammette francamente:
<<Così, sulla base del modo in cui il dibattito si è
sviluppato, sembrano possibili solo due soluzioni: la tesi fondamentalista
che il darwinismo mini i valori tradizionali, e debba dunque essere respinto;
e la risposta evoluzionista secondo cui il darwinismo non costituisce affatto
una minaccia per tali valori. Quando le linee vengono tracciate in questo
modo, risulta difficile prendere sul serio la possibilità che la
teoria di Darwin abbia conseguenze morali - e in particolare l'idea che
essa mini la moralità tradizionale - senza dar l'impressione di
schierarsi con i nemici dell'evoluzione [...] Si è così persa
nella nebbia la possibilità di una terza soluzione: che la teoria
darwiniana sia incompatibile con la moralità tradizionale, e fornisca
dunque una ragione per respingere tale moralità e sostituirla con
qualcosa di meglio [...] La teoria di Darwin, se è corretta, riguarda
questioni di fatto [...] Esiste una relazione tra la teoria di Darwin e
queste più ampie questioni, anche se si tratta di qualcosa di più
complesso di una semplice implicazione logica. Io argomenterò che
la teoria di Darwin mina in effetti i valori tradizionali. [...] Così,
pur essendo un darwinista, difenderò una tesi cui gli amici di Darwin
si sono in genere opposti. Ma non assumerò, con i nemici di Darwin,
che tali implicazioni siano moralmente perniciose [...] La moralità
tradizionale dipende dall'idea che gli esseri umani si situino in una categoria
etica particolare: dal punto di vista morale, la vita umana ha un valore
speciale e unico, mentre la vita non-umana ha relativamente poca importanza
[...] Ci si riferisce comunemente a ciò come alla dottrina della
dignità umana. Ma tale dottrina non esiste in un vacuum logico.
Tradizionalmente, essa è stata suffragata in due modi: innanzi tutto
tramite l'idea che l'uomo sia fatto a immagine di Dio, e in secondo luogo,
tramite l'idea che l'uomo sia l'unico essere razionale [...] [Il darwinismo]
mina tanto l'idea che l'uomo sia fatto a immagine di Dio, quanto l'idea
che l'uomo sia l'unico essere razionale [...] se il darwinismo è
corretto, è improbabile che si trovi un qualsiasi ulteriore sostegno
per la dottrina della dignità umana. Tale dottrina risulta pertanto
essere l'emanazione morale di una metafisica screditata>> (pp. 5 e segg.).
* * * * *
Arricchiamo infine la presentazione di quest'opera offrendo per intero ai lettori la Prefazione del Prof. Sergio Carrà (Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica "Giulio Natta" del Politecnico di Milano, Accademico dei Lincei) che apre il volume, informando soltanto che in essa si accenna a una concezione di moda (come di moda, e autorevole, diventa oggi tutto ciò che proviene dal mondo dell'informatica, e dei computer), alla quale abbiamo avanzato qualche critica nella pagina web dianzi menzionata, dedicata al lavoro di Kauffman.
<<Sembra che Huxley abbia affermato che la cosa strana sulla teoria dell'evoluzione sia il fatto che ciascuno ritiene di averla capita. Se ciò fosse vero non si giustificherebbero le continue ed accese discussioni che vengono condotte su di essa e l'enorme numero di articoli e libri che vengono continuamente pubblicati.
In una recente sintesi del darwinismo ortodosso, che si trova nel volume del filosofo Daniel Dennett dal titolo emblematico: Darwin dangerous idea, viene illustrato come un processo iterativo articolato sugli stadi complementari di mutazione e selezione possa giustificare l'esistenza della molteplicità degli organismi che popolano la biosfera. Si tratta di un meccanismo corrosivo che non offre scampo ad un'implacabile e continua trasformazione degli organismi viventi. Tutto ciò in accordo ad un paradigma in base al quale le forme delle strutture viventi possono essere attinte da un serbatoio di dimensioni infinite, che contiene tutte quelle possibili, lasciando alla selezione il privilegio della scelta. Ad esempio S.J. Gould nel suo libro dal titolo accattivante, Wonderful life, portando indietro l'orologio di quasi 600 milioni di anni ci offre uno stupefacente panorama della diversità presente nelle forme dei fossili del periodo Cambriano.
Il determinismo genetico, attualmente predominante, rafforza ulteriormente tale impostazione sfociando in un riduzionismo radicale, propagandato da Richard Dawkins, [The Blind Watchmaker, Longman, Harlow, 1986] in base al quale le forze evolutive agiscono unicamente sul gene mentre la sua espressione fisica, il fenotipo, si limita a veicolarlo. Non si può negare che questo scenario abbia la capacità di coordinare i singoli fatti biologici in un insieme coerente, apparentemente tetragono alle più valide obiezioni. E ciò anche se sfuggono le ragioni in virtù delle quali dal materiale inorganico si siano formate delle cellule che a loro volta si sono unite o coordinate in strutture dotate di un livello sempre più elevato di organizzazione.
L'automatismo dei processi evolutivi esclude la presenza di un progresso che tenda ad un fine ultimo della creazione che si identifichi ad esempio con l'uomo e con le creature che lo circondano. A questa osservazione si può obbiettare che, senza appellarsi alle "cause finali" della teleologia, la differenziazione e l'aumento di complessità che si riscontra nella articolata gerarchia di strutture che presentano gli organismi viventi richiede una giustificazione che vada al di là della semplice casualità.
In realtà la teoria dell'evoluzione tende a generare atteggiamenti manicheistici. Ad esempio già dalla pubblicazione della Origine della specie, nel 1859, si è avviata una controrivoluzione che successivamente si è coagulata in quella linea di pensiero nota come Creazionismo che anche oggi, in una sua forma più moderna chiamata Intelligent Design, raccoglie adepti e simpatizzanti fra sofisticati intellettuali, inclusi alcuni scienziati.
Purtroppo la dura reazione da parte del mondo scientifico ortodosso rischia di esorcizzare anche coloro che, obbedendo semplicemente agli stimoli della curiosità intellettuale, osano mettere in discussione il rigido determinismo evoluzionistico, dimenticando che non è necessario essere cattolici integralisti per chiedersi come un organismo così complesso quale un essere umano possa essere solamente il risultato di una successione di eventi casuali.
Sin dalla sua nascita la teoria dell'evoluzione ha generato uno scontro fra la scuola di pensiero allora dominante, chiamata morfologia razionale, che cercava nelle leggi fisiche la spiegazione della tendenza della natura a generare alcune particolari strutture, e quella che individua nella selezione una adeguata spiegazione della loro esistenza. Con il passare del tempo la seconda ha prevalso sulla prima.
La letteratura è ricca di esemplificazioni dalle quali appare che l'interazione fra le fluttuazioni casuali dell'ambiente e le scelte condizionate dal filtro selettivo sia sufficiente per giustificare la comparsa e scomparsa nel tempo delle molteplici specie viventi, anche se alcune di esse appaiono come delle narrazioni avvincenti ma talora tautologiche poiché sembrano fabbricate ad hoc. In sostanza la vita in tutti i suoi diversi e molteplici aspetti costituirebbe una successione di contingenti colpi di fortuna, per cui allo scienziato resterebbe unicamente la possibilità di annotare, per quanto sia possibile, gli eventi che si sono succeduti e raccontarne la storia.
In realtà la morfologia razionale non è mai scomparsa del tutto ma è rimasta latente sino a riemergere nel secolo scorso grazie ai lavori di biologi teorici, quali Conrad Waddington [The strategy of the Genes, Allen and Unwin, London, 1957] e più recentemente Brian Goodwin, ["Structuralism in Biology", Science Progress (Oxford) 74 (1990), pp. 227-244; Development, Hodder & Stoughton and The Open University, London, 1991] i quali ritengono che i fattori che condizionano l'evoluzione delle forme biologiche siano riconducibili alle leggi della fisica matematica e della chimica.
Questo atteggiamento trae convincimento dal fatto che l'osservazione delle forme naturali rivela la presenza di alcune tipologie particolari, comuni ad oggetti inanimati e ad organismi viventi, la cui formazione non può essere del tutto giustificata attraverso un meccanismo selettivo. Questi problemi erano già stati pionieristicamente affrontati in modo sistematico dallo zoologo scozzese D'Arcy Thompson ed esposti in un libro dal titolo On Growth and Forni, pubblicato nel 1917. La sua influenza sul panorama culturale scientifico si è affermata lentamente e solo oggi viene adeguatamente riconosciuta. Il punto di partenza della sua indagine nasce dal presupposto che per interpretare i fenomeni naturali si debba applicare il rasoio di Ockham facendo giustizia delle ipotesi non necessarie. E poiché è possibile constatare, o dimostrare, che molte forme naturali incluse quelle biologiche, sono compatibili con le leggi della chimica fisica non dovrebbe essere necessario ricorrere a meccanismi alternativi.
D'Arcy Thompson era del tutto consapevole che tale impostazione lo avrebbe collocato ai limiti dell'eresia poiché si opponeva esplicitamente a quel dogma selettivo che veniva considerato dal convenzionale darwinismo come la risposta universale a tutti i problemi della biologia. Attualmente egli dovrebbe combattere contro la più agguerrita forma moderna dell'idea darwiniana, alimentata dalla genetica e dalla biologia molecolare.
In realtà l'opera di D'Arcy Thompson ha aperto un programma di ricerche che ha acquistato un respiro sempre più ampio coinvolgendo matematici, fisici, chimici e biologi, inteso ad approfondire la natura di quei processi di auto organizzazione che riflettono la capacità dei sistemi termodinamici aperti ad evolversi spontaneamente, in determinate condizioni, verso stati con un più elevato grado di organizzazione.
Dal punto di vista matematico esso ha preso l'avvio da un lavoro pionieristico di Alan Turing del 1952, ["The chemical basis of morphogenesis", Philosophical Transactions of the RoyaI Society, B 327 (1952), pp. 37-72.] che può essere considerato uno dei più importanti contributi alla biologia teorica sino ad ora apparsi.
Il problema da lui affrontato è quello della morfogenesi, intesa ad interpretare il meccanismo della formazione spontanea di strutture coerenti nel tempo e nello spazio. In particolare egli è riuscito a dimostrare che esse si possono generare nei sistemi nei quali abbiano luogo particolari reazioni chimiche la velocità delle quali è limitata dai processi diffusivi dei reagenti e soggetti a ben definite condizioni dal contorno.
In questo quadro la formazione di modelli spaziali è dovuta a perturbazioni instabili che promuovono trasformazioni verso stati con minore simmetria ma maggiore contenuto organizzativo. I modelli matematici così elaborati offrono pertanto una descrizione convincente dei processi nei quali emerge un ordine spaziale. E' allora legittimo chiedersi se i risultati ottenuti da tali indagini possano avere una ricaduta sulla teoria dell'evoluzione poiché sembrano indicare che la gamma delle variazioni a disposizione della selezione naturale non è infinita, poiché i processi morfologici favoriscono lo sviluppo di particolari e ben definite forme.
Gli studi sui processi di autorganizzazione hanno ormai acquistato una piena collocazione nella scienza della complessità traendo vantaggio dalla affermazione di nuove metodologie matematiche come quella degli automi cellulari e dallo sviluppo del calcolo elettronico. Ad esempio nel centro di ricerche più avanzato nel settore, che si trova a Santa Fé, è stata realizzata la simulazione dinamica di sistemi contenenti centinaia di reti interconnesse fra di loro. Si è così constatato che di fronte alle illimitate possibilità finiscono per prevalere alcuni comportamenti privilegiati.
In sostanza il comportamento dinamico della rete si assesta su un numero limitato di particolari cicli, o attrattori, indipendentemente dalle condizioni iniziali. Se si trasferisce tale risultato al comportamento dei genomi se ne può trarre la conclusione che essi non si limitino a riflettere le pressioni dell'ambiente ma che possano anche generare mutamenti e strutture.
Nel libro menzionato Gould, dopo averci stupefatti con la descrizione di creature scomparse, le cui forme sono del tutto aliene a quelle degli attuali organismi viventi, riconosce però che l'esistenza di principi organizzatori renda inevitabile un particolare tipo di vita. E ciò anche se trova molto difficile individuare il confine che demarca l'influenza delle leggi fisiche da quella dei fattori ambientali specifici.
In sostanza anche se tutti hanno capito la teoria dell'evoluzione le ricerche in corso sui sistemi complessi sembrano indicare che essa rimarrebbe incompleta se venissero del tutto ignorati i fenomeni di auto organizzazione. Se viceversa si vogliono approfondire le relazioni fra auto organizzazione e selezione naturale si presentano allora diverse opzioni di indagine fra le quali meritano di essere considerate le seguenti:
• la selezione e l'auto organizzazione non hanno nessuna relazione;
• l'auto organizzazione svolge solo un'azione ausiliaria alla selezione;
• l'auto organizzazione pone alla selezione dei vincoli che guidano i processi evolutivi;
• la selezione è in grado di generare auto organizzazione;
• la selezione e l'auto organizzazione sono aspetti di un unico processo.
Ciascuno degli aspetti precedenti ha un'ampiezza tale da poter ospitare posizioni teoriche in competizione o intese a conciliare le due correnti di pensiero. Questi aspetti sono chiaramente illustrati nel recente volume di D.J. Depew e B. H. Weber, Darwinism evolving.
Il professor Lima-de-Faria, scienziato di riconosciuta fama e convinto evoluzionista, ci offre con questo volume un contributo personale alla teoria della evoluzione nel quale attraverso una analisi puntigliosa e dettagliata di diversi fatti mette in profonda discussione il ruolo della selezione naturale. La sua drastica posizione che rifiuta ogni compromesso dialettico fra strutturalismo e selezione, ritenendola del tutto inutile, lo colloca però in una posizione isolata nell'attuale panorama scientifico.
Pertanto non c'è alcun dubbio che quest'opera sia destinata a
suscitare discussioni. Tuttavia proprio per il suo contributo anticonformista
essa merita un'attenzione libera da atteggiamenti pregiudiziali, intesa
ad evidenziare quegli spunti che possono contribuire al dibattito menzionato>>.
* * * * *
Chiudiamo riportando, come al solito, l'indice del volume, un oggetto che è particolarmente pregiato anche sotto il puro profilo editoriale, assieme ad alcune sue caratteristiche tecniche.
Indice sintetico
Prefazione
Nota del curatore
Nota bio-bibliografica
Prefazione all'edizione italiana
Introduzione
Ringraziamenti
I. Non conosciamo il meccanismo dell'evoluzione
1. Il neo-darwinismo è d'ostacolo alla scoperta del meccanismo
dell'evoluzione
2. Ascesa e declino del darwinismo e del neo-darwinismo
5. La base dell'autoevoluzionismo
II. Le tre evoluzioni che hanno preceduto e canalizzato l'evoluzione
biologica
4. L'evoluzione autonoma delle particelle elementari
5. L'impronta fisica
6. L'evoluzione autonoma degli elementi chimici
7. L'impronta chimica
8. L'evoluzione autonoma dei minerali
9. L'isomorfismo e l'origine minerale della forma biologica
10. L'isofunzionalismo e l'origine minerale della funzione biologica
11. L'evoluzione della funzione
12. La canalizzazione minerale e l'evoluzione delle simmetrie
III. L'autoassemblaggio è la conseguenza visibile dell'autoevoluzione
13. L'autoassemblaggio delle particelle elementari, degli atomi, delle
molecole e degli
organuli cellulari
14. L'autoassemblaggio delle cellule, degli organi e degli organismi
15. Autoassemblaggio e società: la comunicazione chimica e fisica
nell'organismo
IV. Contrastare la costituzione originaria
16. Contrastare i componenti fisici e chimici
17. In che modo il gene, il cromosoma e la cellula contrastano l'ambiente
e la morte
18. In che modo l'organismo, la specie e il phylum contrastano l'ambiente
e la morte
V. I cambiamenti imposti dall'ambiente
19. Modificazioni causate da agenti fisici
20. Modificazioni causate da agenti chimici
21. Le trasformazioni acqua-aria
22. Fino a che punto l'ambiente e lo sviluppo modificano i geni
VI. Spiegazione dei "fatti enigmatici" dell'evoluzione mediante l'autoevoluzionismo
23. L'evoluzione dell'organismo è la simbiosi di molte evoluzioni
autonome
24. L'adattamento spiegato con l'autoevoluzionismo
25. Il ruolo del gene e del cromosoma dal punto di vista dell'autoevoluzionismo
26. Le implicazioni dell'autoevoluzionismo per la sociobiologia
VII. Verso un periodo sperimentale nello studio dell'evoluzione
27. Non è la biologia che è da cambiare ma la fisica
28. I principi dell'autoevoluzionismo
29. Autoevoluzionismo contro neodarwinismo
Bibliografia
Indice analitico
Caratteristiche del libro - cm. 17 x 24 pagg. XLVIII + 456 interne in carta matt. da 115 gr. stampa nero con 134 illustrazioni bianco e nero e 2250 voci di indice analitico. Copertina cartonata rigida stampa a 5 colori e plastificazione esterna lucida, brossura: filo refe; peso kg. 1,400. Introduzione dell'Autore all'edizione italiana, prefazione del Prof. Sergio Carrà, supervisione del Prof. Giuseppe Sermonti, a cura e traduzione del Dr. Stefano Serafini.
Codice ISBN 88-88251-05-01 - Euro 45,00
(UB)