Ci sembra far cosa gradita
ad alcuni lettori presentando loro un breve scritto intitolato "La vita di
Edgar Wallace", la cui firma è particolarmente significativa. Si tratta
infatti di Luigi Motta (Bussolengo - Verona 1881; Milano 1955), il
prolifico autore di racconti e romanzi di avventure, emulo in qualche senso di
Emilio Salgari (Verona 1862; Torino 1911). Fu proprio il famoso creatore di
tanti personaggi ancora cari alla memoria del pubblico, quali Sandokan, il
Corsaro Nero, etc., a comporre la prefazione al primo romanzo di Motta,
"I flagellatori dell'Oceano Indiano", pubblicato nel 1901. L'articolo
in questione apparve nel N. 2 (luglio 1948) della rivista "Cerchio
Giallo", Ed. Uggè, Milano (si veda il capitolo V del nostro catalogo dei
gialli: http://www.cartesio-episteme.net/cap5.htm).
* * * * *
WALLACE PUÒ ESSERE
certamente considerato come un vero fenomeno, nel campo della letteratura
popolare. Wallace - tutti i nostri lettori lo conoscono - è il magico creatore
del romanzo giallo. Ma non tutti i nostri lettori forse saranno invece riusciti
a farsi un'idea dell'Uomo, leggendo i suoi romanzi, dal "Cerchio
Rosso" ai "Quattro uomini giusti", leggendo le sue storie
grandiosamente inquadrate in ambienti suggestivi; come la Borsa, il Turf, le
immaginose invenzioni chimiche della "Peste su Londra», le fantastiche
vicende di falsari di "Dieci anni di galera".
Diremo subito che ci sono
dei punti di convergenza e di divergenza, tra la realtà e la fantasia di Edgar
Wallace. Punti di convergenza: le corse, i cavalli di cui Wallace era un grande
appassionato, sino al punto di possedere una scuderia propria, le operazioni
finanziarie in Borsa, il gioco, l'emozione continua di una vita senza soste e
senza respiro.
* * *
Ancora oggi è vivamente
ricordato il ritorno a Southampton del transatlantico "Berengaria",
con la bandiera a mezz'asta, che recava la salma del geniale scrittore,
spentosi improvvisamente a Hollywood, dove la sua seconda moglie stava per
raggiungerlo, intendendo trascorrere con lui una vacanza sotto il bel sole
della California.
La salma di Wallace tornò in Inghilterra sul
"Berengaria". Su quella stessa nave su cui tre anni prima era
partito, occupando l'appartamento reale, per le maggiori glorie di Hollywood. E
quel suo arrivo in America era stato un trionfo. Così come il suo ritorno in
Inghilterra era stato un grande lutto.
Morendo con l'incubo di un
terribile e interminabile mal di capo, Edgar Wallace aveva pagato lo scotto di
una vita che gli aveva dato tutto, ma che era stata troppo intensamente ed
emotivamente vissuta.
* * *
Sua madre apparteneva a una
compagnia di guitti. Il piccolo Edgar era nato dall'unione con un compagno
d'arte, a cui la madre fece ignorare l'esistenza del bimbo, al fine di non
turbare i propri rapporti con la madre del compagno, che era la capocomica
della compagnia. Si dice che il piccolo Edgar ereditasse dall'ava l'ingegno e
il carattere.
Edgar Wallace non fu
allevato dai genitori, ma dalla moglie di uno scaricatore di pesce. Donna
rozza, ma piena di cuore, che tenne Edgar come uno dei suoi numerosi figli.
Edgar piccolo frequentò le
scuole elementari, ma a dodici anni, dovendo guadagnarsi la vita come i suoi
fratelli e sorelle di adozione, si mise a vendere giornali su una cantonata di
Londra dove più tardi fu murata una lapide in sua memoria. Non aveva certo
vergogna di quel mestiere, ma la madre adottiva, alla quale la professione di
giornalaio non sembrava molto decorosa, lo spinse a diventare garzone di porto.
Ma questo era solo il principio di una lunga e varia carriera perchè divenne
poi fattorino di piazza, lattaio, commesso in un negozio di calzature, mozzo a
bordo di una barca da pesca, aiutante di un capomastro, manovale ecc. ecc. In
nessuno di questi mestieri trovò quello che veramente gli si confacesse, tanto
che divenne insofferente di quella vita meschina.
Venne il giorno in cui prese
una grande decisione, e si arruolò nell'esercito. Nei ritagli di tempo
concessigli dalle gravose fatiche militari egli trovò modo di scrivere qualche
canzonetta, di cui una fu accettata da una cantante in voga. Credeva di aver
già compiuto un passo avanti nella via del soddisfacimento delle sue
aspirazioni, quando scoppiò la guerra anglo-boera ed il suo reparto fu inviato
nel Sud-Africa. Trascorse alcuni mesi oscuri ed infine la sua richiesta di
diventare corrispondente del Transvaal fu accettata dall'agenzia giornalistica
Reuter di Londra. Così oltre allo stipendio di sotto ufficiale del corpo
sanitario, si ebbe anche le venticinque sterline mensili della Reuter.
Come giornalista rilevò
buone disposizioni. Fu il primo a comunicare parecchie notizie, e riuscì in tal
modo a dare dei punti ai più vecchi e incalliti corrispondenti di guerra degli
altri giornali.
Tornato in licenza a Londra
per tre mesi, trovò un editore coraggioso il quale volle pubblicargli una
raccolta di poesie intitolata "Scritti di caserma". La raccolta non
ebbe affatto successo. Di due mila copie se ne vendettero molto meno di mille.
Ciò ebbe il potere di deprimere fortemente il nostro Edgar, il quale non trovò
consolazione neanche nelle vicende sentimentali di quei tempi. Infatti aveva
conosciuto, durante la licenza, tre graziose sorelle: le sorelle Frisby. Una di
esse gli era particolarmente cara: Giulia. Prima di ritornare nel Sud-Africa,
in una sera d'autunno, Edgar prese la mano della fanciulla chiedendole
timidamente se lo avrebbe aspettato. Giulia gli rispose che era troppo giovane
per pensare al matrimonio. Edgar non insistette ma nè Giulia nè le sorelle da
quel giorno lo videro più.
* * *
Tom Marlow, il direttore del
Dail Mayl [Daily Mail], fu forse il primo ad avere una qualche fiducia in Edgar
Wallace, nominandolo corrispondente e dandogli mano libera per la nuova
campagna contro i Boeri nel Sud-Africa.
Le sue brillanti corrispondenze
procurarono a Wallace elogi ma anche biasimi dagli avversari e persino una
citazione, quando il Daily Mail pubblicò alcuni rapporti sensazionali. Mentre
Edgar Wallace si trovava nel Transvaal settentrionale a caccia di notizie, si
inasprì una guerra sorda che diede modo a Wallace di scrivere un articolo sulla
corruzione della Censura stigmatizzando Lord Kitchener che "non riteneva
abbastanza importanti certe notizie per telegrafarle al Ministero - mentre egli
scriveva: "io le credo abbastanza interessanti per informarne il mio
giornale".
Intanto la guerra boera
volgeva al termine e i corrispondenti attendevano con ansia di essere i primi a
telegrafare la conclusione del trattato di pace. Edgar aveva avuto una idea
molto sottile, da romanzo giallo. A un fido commilitone, che faceva la
sentinella nel campo in cui si discuteva il trattato di pace, aveva fornito tre
fazzoletti: uno rosso, uno bianco e uno turchino. Il rosso significava
"niente di fatto" il turchino "c'è qualche progresso" il
bianco "il trattato sta per essere definitivamente firmato". Ogni
giorno Edgar con la pipa in bocca, leggendo innocentemente un giornale, faceva
il viaggio da Pretoria a Waal River e la sentinella passeggiando lungo la siepe
di filo spinato si soffiava il naso con un fazzoletto colorato. Per questo,
alla fine della conferenza, era stato possibile al giornale di Wallace
pubblicare la notizia della pace ventiquattro ore prima della comunicazione
ufficiale. Il suo giornale, ch'era stato violentemente attaccato con l'accusa
di corruzione, pubblicò qualche giorno dopo tutta la storia e Wallace divenne
in un sol colpo un eroe per gli uni e un traditore per gli altri.
* * *
Durante la sua permanenza
nel Sud-Africa, a Città del Capo, Edgar aveva sposato Ivy che dovette poi
rimanere da sola in un piccolo bungalov, dovendo Edgar partire per i suoi
impegni giornalistici.
Fu solo dopo la pace che
Edgar ebbe la gioia di tornare dalla moglie, la quale gli aveva regalato una
bimba. In quel tempo gli venne fatta l'offerta di dirigere un nuovo giornale
che avrebbe dovuto essere il maggiore quotidiano di Johannesburg col titolo
"Rand Daily Mail": stipendio, la fantastica cifra di duemila sterline
annue, ciò che era veramente prodigioso per un giovanotto di ventisette anni!
Doveva allora recarsi a Londra per accomiatarsi dal Daily Mail e presenziare al
banchetto col quale la direzione si proponeva di onorarlo. Lord Kitchener
rimuginava il dispetto per il cattivo scherzo fattogli dal giovane Edgar a
proposito del trattato di pace e pensava di vibrare un colpo mortale alla
carriera del giornalista che aveva saputo abilmente sfuggire le forche della
censura. Con una sua lettera del 1° luglio 1902 l'ufficio censura di
Johannesburg gli comunicava la sua estromissione dal ruolo di corrispondente di
guerra e la sua eliminazione dalla lista dei proposti per la medaglia
commemorativa. Ma Edgar se ne infischiava. Portò la lettera, che lo divertì
moltissimo, a Londra, commentandola semplicemente al banchetto con questa
frase: "Non si sa se essere divertiti o rattristati dalla puerilità del
Ministero della Guerra".
* * *
Fu da allora che la sua vita
prese un ritmo vertiginoso. Da giornalista divenne scrittore, sempre assillato
dai bisogni, data la sua vita oltremodo dispendiosa. Aveva pensato di scrivere
una commedia "Cecil Rhoders" [Rhodes] perchè il teatro era divenuto
la sua ossessione, ma il bisogno dell'immediato guadagno lo spinse ad accettare
un posto di corrispondente nel Marrocco.
Inoltre sperava nel successo
de "I quattro uomini giusti" un romanzo che avrebbe avuto la
particolarità di dare al pubblico il destro di risolvere il mistero, concedendo
al solutore un premio che, dapprima concepito in mille sterline, si ridusse poi
a cinquecento divise in vari lotti. Il romanzo era basato non solo sul mistero
ma anche sul delitto. Sangue e delitto e tre assassinii in ogni capitolo:
"i tempi sono così pazzeschi che non dubito neanche un momento del mio
successo", così scriveva. Ma non ci fu il successo finanziario:
"tutto quello che so è che in questa settimana le mie tempie sono
diventate grigie. Dio, Dio come mi sento vecchio".
Era subentrato un periodo di
depressione. La TALLIS PRESS, la Casa Editrice di sua creazione che aveva
lanciato il romanzo, si era coperta di debiti dai quali si liberò con la
meravigliosa fantasia di Edgar e l'aiuto di Sir Alfredo Harmsworts, direttore
del Daily Mail. Veramente questo primo romanzo aveva suscitato grande interesse
e si vendeva magnificamente. Il male si è che troppe erano state le spese di
pubblicità le quali assorbivano i guadagni rendendo la posizione insostenibìle.
* * *
Edgar aveva un insaziabile
sete di vivere, che Ivy, sua moglie, non aveva potuto soddisfare. Il lavoro
assorbiva le energie di Edgar ponendolo a contatto con persone che sua moglie
non poteva comprendere, disperata perchè non sapeva crearsi delle amicizie
mentre osservava con invidia, con quale facilità Edgar ispirava ad altri
amicizia ed affetto. Ella era tristemente cosciente di non essere la moglie
adatta per lui. Nell'estate del 1918 una domanda di divorzio fu presentata e la
sentenza si ebbe nel giugno seguente. Disgraziatamente questo segnò il
principio degli anni più dolorosi della vita di Ivy e un periodo di sofferenze
che terminò soltanto con la sua morte.
Edgar era ormai solo. La
signorina King, che aveva assunto la direzione della casa e la cura dei bimbi,
divenne la sua compagna e lo accompagnò in diversi viaggi in Svizzera. Ella era
la sua segretaria e ad essa si aggiunsero altre due dattilografe che avevano il
compito di ricopiare quanto egli dettava nel dittafono.
Wallace si alzava la mattina
presto, a volte alle cinque o alle sei perchè dormiva raramente più di cinque o
sei ore. Aveva l'abitudine di sonnecchiare cinque minuti in qualunque momento
della giornata e ignorava cosa fosse l'insonnia. La sera il suo compito
principale era di disporre nel caminetto giornali e legna perché Edgar amava
molto il caldo, fiammiferi sulla mensola e theiera e bollitore elettrico
pronti.
Quando appariva alle otto di
mattina per la colazione, la segretaria trovava Edgar seduto alla scrivania, in
vestaglia, circondato da una nuvola di fumo di sigaretta e col lavoro di due o
tre ore già pronto: una pila di manoscritti e cilindri del dittafono pure
pronti per la copiatura. La theiera era vuota. Dopo colazione Edgar faceva il
bagno e si radeva. Trovava scomodo lavorare col colletto e la cravatta e
talvolta restava tutto il giorno in veste da camera. Ciò che gli necessitava
per una giornata di lavoro era una comoda sedia girevole, una grande scrivania,
la vestaglia, sigarette e un'enorme quantità di thè. Era astemio, ma avido di
thè. Il fumo gli produceva una sete irritante che estingueva soltanto col thè
leggero, abbondantemente zuccherato e diluito con latte.
* * *
Fu nell'inverno del 1919 che
riprese ad occuparsi febbrilmente·di teatro. Alberto De Courville famoso
impresario decise di utilizzarlo per la grande rivista: "La
trottola". Accettò con entusiasmo, scrisse scene, ma come avviene per le
riviste, tutto fu creato in palcoscenico durante le prove. Edgar era diventato
un magnifico anfitrione e tutti i sabati ballerine e coriste affollavano la
sala da pranzo del "Clarence Gate Gardens" dove veniva loro offerto
arrosto freddo e gelati, e lo scoppio dei turaccioli dello champagne era salutato
da grida di gioia. Innamorato del teatro, volle scrivere una commedia comico
sentimentale "Il mistero delle tre quercie" che fu accolta
severamente dalla critica e dopo due settimane venne tolta dal cartellone.
Quindi Edgar pensò che non
vi era altro da fare che produrre novelle, romanzi e articoli a getto continuo
e A. S. Watt divenne suo agente letterario. Aveva già scritto ventotto romanzi,
venduti tutti per settanta od ottanta sterline senza percentuali. Fu Watt che
combinò un colloquio con Sir Ernesto Hodder-William, capo della Casa Editrice
Hodder & Stoughton. Fu concluso un contratto per sei romanzi: compenso
duecento cinquanta sterline sui diritti d'autore per ciascun lavoro oltre la
consueta percentuale sulla vendita del volume. Una intuizione profetica disse a
Sir Ernesto che in quell'uomo già vicino alla cinquantina, che non aveva avuto
ancora grandi successi, vi erano le qualità atte a farlo diventare uno dei più
grandi romanzieri popolari del mondo. Uomo meraviglioso questo Sir Ernesto;
DEUS EX MACHINA del romanzo moderno, convinto che il maggior successo sarebbe
stato nella quantità della produzione piuttosto che nella sua qualità
letteraria. Nell'opera di Wallace vedeva il successo determinato
dall'interesse, dall'azione, dall'eccitamento umanizzato da un facile umorismo.
Ciò che occorreva era la quantità per innondare il mercato e penetrare in un
pubblico vastissimo come nessun editore aveva mai sognato.
Avvenne che mentre certi
scrittori aspiravano a migliaia di lettori Edgar invece aspirò a milioni. Ma
l'affarismo editoriale gli aveva dato modo di aprire gli occhi, tanto che
qualche tempo dopo scrisse a Sir Ernesto: "quanto al nuovo contratto sarò
ben felice di firmarlo. Vi assicuro che mai più mi allontanerò dal sentiero
della virtù vendendo il mio magnifico ingegno agli affaristi del mondo
editoriale. Prima di conoscerla non avevo mai saputo cosa fossero i diritti
d'autore". Dalla data di questa lettera pubblicò non meno di quarantasei
volumi e la vendita di essi si conta a milioni di copie. Ma è doveroso dire che
in ventisette anni pubblicò più di cento cinquanta opere, e tutto questo mentre
frequentava i campi di corse e viaggiava durante l'inverno in Svizzera...
apparentemente in vacanza!. Non camminava. Aveva l'abitudine di prendere un
taxi per evitare di percorrere cento metri. Si vantava di fare a piedi non più
di quattro chilometri all'anno e fu senza dubbio questa mancanza di esercizio
che produsse verso i cinquant'anni la sua corpulenza. Il suo metodo di lavoro
era preciso. Una volta pronunciata nel dittafono l'ultima parola di un racconto
questo per lui era finito. E allora toccava ai suoi fidi trasformarlo in
manoscritto, punteggiarlo e correggerlo dagli errori.
Lavorando con tale velocità
accadeva che i personaggi cambiassero nome due o tre volte durante il romanzo,
e allora era il suo fido e intelligente dattilografo Curtis che, pur
trascurando gli errori di grammatica, che non erano considerati cosa importante
nè dall'autore nè dall'editore, metteva le cose a posto.
Pur non essendo il più
prolifico degli autori moderni, Edgar Wallace, ebbe questioni violente: fu
accusato di avere dei "negri", cioè aiutanti o addirittura creatori
del lavoro a cui per evidenti ragioni commerciali prestava il proprio nome. Fu
accusato persino di plagio, ma vinse sempre le sue battaglie.
* * *
Sembra impossibile, ma
questo prodigioso uomo, che lavorò febbrilmente tutta una vita e guadagnò
milioni, era sempre alle prese col bisogno. Ultimamente, in un breve viaggio
tra Southampton e Cherbourg scrisse un articolo, un romanzo intero, un racconto
di ventimila parole, un dramma in tre atti e una trasmissione radio, il tutto
per pagare un forte debito che lo attendeva sulla sponda francese della Manica.
Ma i periodi di miseria nera
non lo fiaccavano, come nei primi tempi gli insuccessi non erano riusciti a
farlo desistere dalla sua strada.
Hollywood divenne alla fine
la sua sede preferita. Frutto della sua fantasia fu il soggetto cinematografico
di "King-Kong", lavoro pauroso che diede il brivido a milioni di
spettatori.
E a Hollywood Edgar Wallace morì.
Una sera stava aspettando
una attrice che aveva invitata per cena. Un terribile mal di capo lo aveva
costretto a passare parte del pomeriggio al buio, sul letto, dopo aver ordinato
al suo fido cameriere Robert, di chiamarlo se la signora avesse telefonato.
Alle cinque del pomeriggio
l'attrice aveva fatto sapere che, non potendo venir per cena, sarebbe passata
in serata.
Il mal di testa aumentava.
C'era in lui la frenesia
dell'attesa. Il suo orecchio era attento al telefono e al campanello della
porta. Alle dieci Robert fu mandato a casa dell'attrice. Tornò recando la
notizia che ella non era rientrata. Edgar se ne andò a letto, ordinando a
Robert di chiamarlo se avesse sentito l'automobile della signora. Poco prima di
mezzanotte Robert ch'era rimasto in cucina a leggere, facendo il giro della
casa per chiudere porte e finestre, fu stupito nel trovare spalancato il
portone da cui entrava un gelido vento. Uscì fuori e si spaventò nel vedere
Edgar ravvolto nella sua vestaglia di seta che passeggiava su e giù,
evidentemente in attesa dell'automobile.
Alle cinque del mattino
chiamato dal campanello di Edgar, Robert si recò nella camera, e trovò lo
scrittore che aveva cercato di alleviare il proprio mal di capo avvolgendo la testa
in un asciugamano bagnato nell'acqua fredda. Edgar era in preda al delirio.
Robert chiamò un dottore. Il resto della notte passò in tentativi inutili di
cura. Vennero altri due medici. Divenne evidente un attacco di polmonite
doppia. Si somministrò l'ossigeno che risollevò momentaneamente il fisico di
Edgar. La sua seconda moglie era in Europa. Curtis le telegrafò immediatamente,
ma intanto lo scrittore peggiorava. Edgari era ormai nell'incoscienza più
profonda, ma non meno dolce del sonno naturale. Il suo nobile cuore cedeva poco
a poco, insensibilmente, come una molla che si allenta. Al suo fianco l'attore
cinematografico Walter Houston, suo amico, Robert e Curtis. Rimasero tre ore
accanto al capezzale del dormiente e nessuno si accorse del momento in cui quel
sonno tranquillo divenne la morte.
* * *
Così passò nell'al di là il
prodigioso narratore. Alla sua morte si trovò una somma favolosa di debiti: 140
mila sterline. È strano che per la costituzione della Società Anonima R.O.E.
Wallace, questi fosse creditore di se stesso! Ma la rendita delle sue opere era
enorme. In breve mercè i crediti la differenza fu ridotta talmente, che nel
marzo 1934, esattamente due anni e un mese dopo la morte di Wallace tutti i
creditori erano soddisfatti. Bryan, Patrizia, Michele e Penelope, i quattro
figli di Edgar Wallace, divennero gli eredi delle opere del grande scrittore,
poichè la seconda signora Wallace, sopravvissuta solo quattordici mesi al
marito, raggiunse nel regno delle ombre eterne il meraviglioso scrittore,
creatore del romanzo giallo. Instancabile scrittore, esempio luminoso di una
operosità senza l'eguale.
LUIGI MOTTA