La precedente lunga citazione, tratta dal singolare libro di Simone Berni, A caccia di libri proibiti - Libri censurati, libri perseguitati - La storia scritta da mani invisibili (Ed. Simple, Macerata, 2005, pp. 69-71), ci è parsa la maniera migliore per illustrare l'unico testo che, fra i tre qui presentati, ha suscitato (e direi ingiustamente nei confronti degli altri due) molto clamore, sovente accompagnato come vedremo da "fraintendimenti", comunque istruttivi, da cui l'autore appena menzionato si tiene apprezzabilmente lontano.
Eppure
lo studio in questione deve essere considerato soltanto una sorta di (relativamente)
breve "introduzione" al saggio del De Pretto, ivi integralmente contenuto,
e la sua pubblicazione originaria intesa solamente ... a fare un "dispetto":
visto che alcuni ambienti accademici avevano voluto che del caso non si parlasse,
chiesi all'amico Paolo Brunetti, delle Edizioni Andromeda di Bologna,
di farmi il piacere di stampare questo libretto in un numero limitato
di copie, che inviai poi a mie spese a tutte (o quasi) le biblioteche
italiane di fisica e di matematica, di modo che rimanesse almeno una traccia
scritta ("a futura memoria"), sia della ricerca effettuata, sia degli atti
posti in essere per impedirne la diffusione.
Debbo sottolineare che ritengo assai curioso
che una pubblicazione avente un'origine quale quella menzionata sia
stata, delle tre qui presentate, la più conosciuta e controversa.
Essa consiste sostanzialmente nella divulgazione di alcune informazioni poco
note, e nell'illustrazione di una "congettura". Ancora recentemente
si dice, in maniera peraltro conforme ai fatti, che il tutto è
stato <<accolto con molto scetticismo dal mondo scientifico>>
(vedi Gente, 27 luglio 2006, nella rassegna stampa in calce).
Eppure, le notizie che vi vengono riportate sono assolutamente vere,
e conducono inevitabilmente a formulare un'ipotesi la cui omissione
sarebbe deprecabile, e che merita quindi quanto meno di essere discussa. Un
outsider italiano scrisse un saggio speculativo sul possibile ruolo
dell'etere nella fisica, all'interno del quale previde l'eventualità
che una qualsiasi massa M contenesse, benché a riposo, una quantità
di energia inimmaginabile, proporzionale all'espressione Mc2, celebre
in tutto il mondo in seguito al successo della teoria della relatività
di Einstein - ma specialmente dopo la frenetica attività che portò
alla realizzazione della bomba atomica durante il secondo conflitto mondiale.
Così si espresse in proposito il protagonista
della nostra ricostruzione, in modo tale da non lasciare adito a dubbi sulla
singolarità della sua idea:
<<A quale risultato spaventoso ci ha mai condotto
il nostro ragionamento? Nessuno vorrà facilmente ammettere che immagazzinata
ed allo stato latente, in un chilogrammo di materia qualunque, completamente
nascosta a tutte le nostre investigazioni, si celi una tale somma di energia,
equivalente alla quantità che si può svolgere da milioni e
milioni di chilogrammi di carbone; l'idea sarà senz'altro giudicata
da pazzi>>.
Fin qui la semplice notizia. Viste alcune coincidenze
di tempi, luoghi e personaggi, appare poi naturale e verosimile immaginare
che l'ampio lavoro di De Pretto sia stato letto se non proprio da Einstein
in persona, almeno da Michele Angelo Besso, intimo amico del fisico di Ulm
negli anni della preparazione dei famosi articoli sulla relatività.
Non è quindi proprio assurdo che la "pazzesca" conclusione del De Pretto
possa avere in qualche maniera "ispirato", sia pure indirettamente, la proposta
dell'equazione che oggi viene riconosciuta la più famosa di tutta quanta
la storia della fisica.
Non mi dilungo oltre sull'articolazione di tale
ipotesi per non guastare il piacere della lettura agli interessati, ma ritengo
opportuno spendere qualche parola sugli accennati "equivoci", e controversie.
Il più grave sorge dal tradurre ciò che è probabilmente
avvenuto con frasi del tipo "La relatività anticipata da un oscuro
industriale italiano", alle quali si replica: "stoltezza". E in effetti un'affermazione
del genere meriterebbe sicuramente un simile sbrigativo commento, ma chi
l'ha mai sostenuta? De Pretto non anticipò affatto la relatività
- che anzi dal mio punto di vista sarebbe stato poco apprezzabile
per questo! - ma si limitò a prevedere la possibilità
di un fenomeno fisico che della relatività sembra essere una
delle più note conseguenze (in un certo senso neanche poi del
tutto, come presto accennerò). Evidentemente, la grande propaganda
relativistica ha fatto sì che alcuni identifichino la famosa equazione
con la relatività, senza conoscere quindi particolari di cui
dalla lettura del libro si potrebbe uscire almeno con qualche consapevolezza.
Tra detti particolari, la distinzione che bisogna saper porre tra l'espressione
relativistica dell'energia nella teoria della relatività, cioè
E = mc2, e un'analoga equazione E = Mc2, dove compare
un coefficiente M ben diverso dall'm presente nella prima. La E = mc
2 si riduce invero alla E = Mc2 per un corpo con velocità
zero, e che una siffatta quantità (o una ad essa proporzionale)
possa corrispondere a una reale energia di riposo contenuta
in ogni corpo - ciò che è in sostanza la questione
importante all'atto pratico! - è esattamente l'ipotesi che De Pretto
deduce dalle sue argomentazioni basate sull'etere, mentre viceversa è
proprio all'interno dell'impostazione einsteiniana che tale previsione non
sembra avere a nostro parere alcun fondamento fisico ragionevole (essendo
l'energia definita soltanto a meno di una costante additiva, nel senso che
quelle che contano sono le differenze di energia, ed
E = mc2
oppure E = (m-M)c
2 sarebbero da un certo punto di vista la medesima
cosa). In questa prospettiva ritengo tuttora che De
Pretto debba essere correttamente riconosciuto innovatore, forse ispiratore,
e anche ... profeta.
In altre parole, De Pretto non previde affatto
il fenomeno in esame in un ambito relativistico, a cui era completamente
estraneo, bensì all'interno di quella che oggi potremmo definire la
teoria opposta alla relatività, ossia la teoria dell'etere, e proprio
in ciò consiste a mio parere l'interesse storico del caso. Potrei
aggiungere anzi non solo storico, dal momento che credo (finora invero tra
assai pochi) che la teoria dell'etere fu ingiustamente sconfitta da una moda
di pensiero "irrazionale" impostasi nella fisica del XX secolo, e che non
è detto che il futuro sviluppo di tale scienza non muti radicalmente
la situazione.
Tutto qui, e tutto scientificamente e storicamente
"oggettivo", al punto che continuo a essere stupito dell'ostilità ricevuta
da parte di un certo establishment, il che mi ha costretto a concludere
che il sacro nome di Einstein non può ancora oggi essere toccato,
e che ogni studio al riguardo deve sapersi muovere con atteggiamento rispettoso,
addirittura apologetico, per poter essere preso in considerazione. Una circostanza
questa a cui non sono estranee motivazioni extra-scientifiche che costituiscono
la resistente ossatura dello "spirito" del nostro tempo presso i paesi usciti
vincitori dall'ultimo grande conflitto mondiale, e presso quelli dei vinti
successivamente asservitisi in modo esagerato e azzardato, arrivando perfino
a ripudiare la loro stessa "storia nazionale", e a rinnegare le loro specifiche
tradizioni... Ma si tratta di questioni evidentemente "delicate", che riporterebbero
in qualche modo al terzo libro qui presentato, e che condurrebbero quindi
verso lidi cui voglio (presentemente e costantemente) solo accennare, chi
ha orecchi per intendere intenda...
UB, agosto 2006.
Ma di questa vicenda si continua a parlare ancora oggi....