L'ESPERIMENTO DI MICHELSON-MORLEY HA DATO DAVVERO UN RISULTATO NULLO?
DID MICHELSON-MORLEY EXPERIMENT REALLY GIVE A NULL RESULT?
[Sorry not to have time to translate all the following in English, but I hope that at least some of the bibliographical references would be useful all the same even to English-speaking people]
[Mi scuso pure con i lettori italiani se le riflessioni che seguono sono state buttate giu' alquanto di fretta, ma il lavoro in generale e' tanto, le cose che dovrei scrivere su questo argomento in particolare sono moltissime, sicche' avrei dovuto ancora aspettare; se mi decido a pubblicare, e' perche' ricevo spesso richieste di informazioni in proposito, e spero allora che anche quel poco che sono riuscito a scrivere, e non in modo meditato quanto sarebbe stato necessario, posso essere comunque utile per cominciare a dubitare anche su quest'altro "cavallo di battaglia" dei relativisti…]
1 - Tra le "delusioni" piu' scottanti alle quali si fa cenno nell'Avvertenza (vedi Home Page) va annoverato l'approfondimento della famosa esperienza di Michelson-Morley (d'ora in poi MM), ancora oggi nella "vulgata" corrente un pilastro a favore della fondatezza sperimentale della teoria della relativita' ristretta - vedi per esempio l'uso che ne fa il Dott. Fronte nel punto 11 di questa stessa pagina, nella sua replica alle mie osservazioni sul "paradosso di Olbers".
Va da se' che lo studioso appena citato non e' il solo a "soffrire" i risultati di una "propaganda" scientifica quanto meno discutibile, oltre che confusa(1), e non ne e' ovviamente in alcun modo responsabile, dal momento che anche diffusi libri di testo, scegliamo come esempio tra i tanti "Fisica Moderna" (R. Gautreau e W. Savin, Ed. Schaum, 1982; McGraw-Hill, 1978), si limitano a sbrigare la questione in poche righe (p. 7):
"2.2 L'ESPERIENZA DI MICHELSON-MORLEY
Se l'etere esistesse, allora un osservatore sulla terra in movimento attraverso l'etere dovrebbe notare un "vento d'etere". Un dispositivo sperimentale avente la sensibilita' per misurare il moto della Terra attraverso questo ipotizzato etere cosmico fu messo a punto da Michelson nel 1881 e perfezionato successivamente da Michelson e Morley nel 1887. Il risultato dell'esperienza fu che NESSUN MOTO ATTRAVERSO L'ETERE VENIVA RILEVATO [enfasi nel testo]. Si vedano i Problemi 2.4, 2.5 e 2.6".
A parte le superficialita' scientifiche, cui presto accenneremo, la faccenda e' disordinata anche sotto l'aspetto storico. L'esperimento di MM e' stato davvero uno dei presupposti sperimentali della teoria della relativita' ristretta (d'ora in poi semplicemente TR)? Einstein non lo cita esplicitamente nel suo lavoro iniziale del 1905 (ma del resto in quell'articolo non cita niente!), e si limita a fare un riferimento generico a infruttuosi tentativi sperimentali di rilevare il moto della Terra attraverso "l'etere luminifero". Vediamo come la questione viene affrontata in "Symmetries and Asymmetries..." (vedi il punto 8 di questa stessa pagina):
"The relativity principle only seems natural when we forget about the peculiarity of asserting "no matter what is your reference frame" for optical phenomena: in principle, it would instead be reasonable to claim that light does have a preferred reference frame (like sound), and of course this has been historically the original approach to the question.
What evidence led Einstein to the contrary viewpoint? Apart from the "unsuccessful attempts to discover any motion of the earth relatively to the 'light medium'", so sparingly referred to in the introductory lines of his 1905 relativity paper, Einstein laid the main emphasis on the following induction experiment...".
Per chi conosce un po' di storia e un po' di date, anche le poche parole citate farebbero pensare che l'autore aveva in mente MM, ma contribuisce lui stesso alla confusione in proposito asserendo successivamente che al tempo forse non conosceva neppure il famoso esperimento, e che, se pure ne aveva sentito parlare da studente, esso doveva aver avuto comunque un'influenza solo indiretta su di lui(2).
Un altro particolare storico poco noto, che pure va considerato di una certa importanza, e' il fatto che Michelson, pronunciato universalmente "Maichelson", non era affatto americano, ma anche lui un ebreo-tedesco (Albert Abraham Michelson, 1852-1931, premio Nobel per la Fisica 1907), addirittura uno di quei "mandarini" che contribuirono alla costruzione di quello che puo' essere chiamato lo "spirito di Gottinga" (vedi l'articolo citato nella Nota 2), cosi' descritto da L. Pyenson (rif.to sempre nel detto articolo): "The Goettingen atmosphere created by Klein and sustained by dozens of his handpicked professors, instructors, and assistants encouraged the belief, to introduce the frequently reported remark by David Hilbert, that physics was too important to be left to physicists" (p. 183). Per quanto riguarda il tedesco Michelson, i suoi primi esperimenti, quelli del 1881, lo videro in stretto contatto con Hilbert, e furono eseguiti a Potsdam (altro luogo "fatale" nella nostra interpretazione di questa storia, vedi "Efficere Deos", punto 10 della pagina di Storia della Scienza)(3).
2 - Ma torniamo alla questione scientifica, e cominciamo col descrivere come l'esperimento e' presentato in linea di principio. Tutti coloro che si interessano a questo tipo di cose sanno bene di che si tratta: sinteticamente, di far andare un raggio di luce da un punto A ad un punto B, farlo riflettere in B e tornare in A. Lo "stesso" raggio viene anche inviato in direzione perpendicolare al segmento AB, lungo un braccio di identica lunghezza AB' = AB = L, e si cerca di vedere dopo la riflessione in B e in B' se i due raggi di luce ritornano contemporaneamente in A, o no. Vengono utilizzate allo scopo di evidenziare eventuali ritardi di un raggio sull'altro tecniche di interferenza, e per questo si parla di interferometro di MM.
In ogni teoria dell'etere "primitiva" si e' condotti a pensare che, se l'interferometro e' fermo nell'etere, NON si rilevera' alcun ritardo. Se invece lo strumento si muove, e supponiamo che la velocita' rispetto all'etere (la cosiddetta "velocita' assoluta") sia parallela al primo braccio AB, allora, detta c la velocita' della luce nell'aether-frame, e v la velocita' scalare dell'interferometro sempre in questo riferimento, la luce che percorre questo tratto impieghera' il tempo:
(1) Dt1 = L/(c-v) + L/(c+v) = 2Lc/(c^2-v^2) = (2L/c)*(1/(1-b^2)),
avendo posto al solito b = v/c. Ma quale sara' il tempo Dt2 con cui viene percorso il secondo tratto?
Si trova in tutti i testi il famoso disegnino
dal quale si deduce che:
(2) Dt2 = (2L/c)*(1/sqr(1-b^2)) ,
ovvero che Dt2 Dt1 , il che fa scattare tutto il progetto, alla ricerca di questa differenza di tempi Dt2-Dt1 .
L'esperimento presenta naturalmente parecchie difficolta', non solo dal punto di vista sperimentale vero e proprio, ma anche concettuale. Non sapendo dove sia orientata questa supposta velocita' assoluta della Terra, bisogna far ruotare l'apparecchio molto delicatamente in modo da evidenziare delle possibili VARIAZIONI delle frange d'interferenza (che ci saranno comunque sempre a causa dell'impossibilita' di realizzare un'identita' assoluta tra le lunghezze dei due bracci). Bisogna tenere conto poi del fatto che questa velocita' potrebbe dipendere dal particolare momento dell'anno in cui la prova viene effettuata, sicche' essa andrebbe ripetuta in diversi mesi, etc..
Si racconta che tutto questo e' stato eseguito con scrupolo e precisione (e anche questo non e' del tutto vero, in relazione per esempio alla ripetizione delle faticose osservazioni a distanza di mesi), e che alla fin fine il risultato e' stato NULLO; ovvero, come riferito nel testo citato nella sezione 1, nessun movimento della Terra e' stato evidenziato da MM.
Si sa che sono state cercate diverse risposte a questa "evidenza sperimentale". La TR e' certamente una di queste (se direttamente o no non importa), la cosiddetta contrazione di Lorentz-FitzGerald, che si ritrova anche (piu' o meno!) in ambito relativistico e' un'altra (ma vedi quanto se ne dice al punto 15 di questa stessa pagina), e cosi' via. Particolarmente importante poi, e del tutto sottovalutata, e' la cosiddetta ipotesi balistica di Ritz, per confutare la quale bisogna fare ricorso a complicati, e quindi naturalmente dubbi, argomenti astronomici (le osservazioni sulle stelle doppie del relativista De Sitter), che furono contestati per esempio vivacemente dall'astronomo italiano Michele La Rosa, che a sua volta ne porto' altri dello stesso genere a favore della teoria di Ritz.
Vediamo per curiosita' (ma anche per capire il "valore" di certi "dati" sperimentali, e l'influenza del pre-giudizio nella scelta delle teorie "vincenti"(4)) cosa ne dice, abbastanza sinceramente, uno dei protagonisti di questa diatriba, il nostro Giovanni Giorgi ("L'etere e la luce", Cremonese, Roma, 1938, p. 100):
"Nonostante pero' la difesa abilissima che ne ha fatto M. La Rosa, invocando prove astronomiche desunte dalle osservazioni sulle stelle variabili, la teoria balistica non ha avuto seguito tra i fisici. Da un'analisi che lo scrivente ha fatto al Congresso di fisica di Como, del 1927, risulta che i ragionamenti di Ritz non sono probanti … L'insieme delle prove astronomiche addotte a favore della teoria balistica puo' venire rivolto contro di essa. E' vero che anche le prove sperimentali e di osservazione, troppo frettolosamente accolte in senso contrario, NON sono decisive. Ma, a ragionamenti fatti, e tutto pesato, se pur manca l'experimentum crucis per dimostrare che la propagazione della luce non segue la legge balistica, siamo intimamente convinti che con mezzi sperimentali piu' raffinati quella prova contraria si avrebbe. Si puo' dire che la totalita' dei fisici e degli astronomi, salvo alcuni che restano ancora aderenti alla fisica classica e non pero' a quella balistica, ragione nell'ordine d'idee delle dottrine di tipo relativista einsteiniano: differisce dall'uno all'altro pensatore solamente il modo di commentare queste idee, e di trarne le conseguenze".
Sia come sia, rimandando il lettore interessato a sapere qualcosa di piu' su questa particolare questione al Link N. 38, diciamo soltanto che la questione delle possibili interpretazioni fisiche del "risultato nullo" di MM e' ovviamente studiatissima, e che qui possiamo limitarci solo a pochi cenni, relativi soprattutto ai "pasticci" concernenti le questioni piu' "iniziali" (fondamentali), e quindi piu' deludenti.
3 - Prima delusione: se la formula (1) ha qualche senso, che senso ha invece la formula (2)? Supporre che la luce percorre quella sorta di triangolo isoscele e' del tutto infondato a priori, perche' significa evidentemente supporre che le leggi dell'ottica ordinaria restino valide anche nel riferimento in moto nell'etere; ovvero, introdurre A PRIORI nella concezione dell'esperimento un'assunzione che e' proprio di tipo relativistico, quando proprio queste si dovrebbero sottoporre a test!
Da un punto di vista puramente "geometrico", con specchi che fossero punti senza dimensione, e bracci lunghezze senza spessore, il raggio che percorre il primo tratto, quando la velocita' assoluta e' ad esso parallela, viene certamente riflesso in B, e fa ritorno in A; ma quello che e' "inviato" perpendicolarmente ad AB, NON dovrebbe incontrare affatto lo specchio B', e non dovrebbe fare alcun ritorno! Infatti la luce si deve supporre procedere in linea retta solo nell'aether-frame, ed impiegando essa un tempo, ancorche' minimo, L/c per percorrere il secondo braccio, trovera' lo specchio riflettente B' spostato di una lunghezza (L/c)*v.
Come dire, niente interferenza nel caso puramente ideale, almeno se si decide di restare sul piano approssimativo con cui certe considerazioni vengono effettuate: infatti, anche la precedente conclusione non e' corretta, perche' e' ovvio che, per poter valutare A PRIORI questi tempi Dt1 e Dt2, si ha bisogno di qualche ipotesi PRELIMINARE sulla luce, e sulla sua propagazione nell'etere, diciamolo pure solo luminifero. Altrimenti, si sta veramente cercando di spiegare l'ignoto attraverso cose piu' ignote ancora!
E' evidente che nel tipo di obiezione precedente si e' fatto riferimento a una concezione del raggio di luce come a qualcosa che percorre una linea retta, per esempio dei corpuscoli (fotoni), che corrono uno dietro l'altro sul percorso ad essi destinato, mentre e' piu' usuale invece, in una teoria dell'etere, concepire la luce come un'ONDA sferica, che si puo' concentrare, certo (come accade per esempio nei moderni lasers), ma sempre di un'onda si tratta. Ogni divulgazione, ma in primo luogo ogni progetto ideale dell'esperimento, dovrebbe affrontare il problema della riflessione di un'onda da parte di specchi IN MOVIMENTO rispetto al mezzo in cui l'onda si propaga, e se si compie questa analisi si hanno delle sorprese! Queste mostrano come non fosse del tutto insensato (o arrogante) Hilbert nel sostenere che la fisica e' troppo importante per essere lasciata ai fisici (vedi la citazione da Pyenson alla fine della sezione 1).
Non potendo entrare qui in particolari, limitiamoci a segnalare lo studio essenziale di M. Mamone Capria e F. Pambianco, "On the Michelson-Morley Experiment", Foundations of Physics, 24, 6, 1994 [copie dell'articolo disponibili dietro richiesta allo scrivente]. Nella lista delle persone di notevole statura scientifica che commettono errori da principianti quando affrontano questioni del presente tipo, sono segnalati il grande matematico H. Weyl, e R. Becker, autore di un notissimo testo sull'elettromagnetismo. Ma tra le "perle" spicca Sommerfeld, che ben comprende la questione nel suo celebre trattato di Ottica (1954), ma "dimentica" poi di applicare le formule dedotte correttamente nel capitolo relativo all'analisi dell'esperimento di MM (secondo i citati autori: "Here is, we believe, another example of the bewitchment exerted by the "isosceles triangle" diagram", Nota N. 10).
Prima di chiudere questa sezione, notiamo come anche la teoria corpuscolare, e diciamo pure coniugata con una teoria dell'etere (cio' che non e' del tutto facile accettare dal punto di vista "intuitivo"), abbia qualche problema dello stesso tipo di quello precedentemente accennato. Infatti, se si suppone il corpuscolo dotato di una qualche massa, sia pure piccolissima, bisognera' utilizzare, allo scopo di "prevederne" la velocita' dopo la riflessione, una teoria degli urti tra masse in movimento, e anche in questo caso si avebbero delle nuove ovvie "sorprese", ma lasciamo stare…
4 - Seconda delusione: si dice, nessun moto della Terra e' stato accertato. Ma di quale presumibile moto della Terra si sta parlando? Se si esamina la letteratura, si vede che tutti sono convinti, da Galileo in poi, che la Terra si MUOVA, e in effetti non si puo' negare che essa si muove realmente, a circa 30 Km/sec, in un riferimento centrato nel Sole. Ma questo movimento ha qualcosa a che vedere con un eventuale moto della Terra rispetto all'etere?? E' ovvio che se concepiamo l'etere come qualcosa di solidale con il Sole, allora questi 30 Km/sec dovrebbero essere rilevati dall'interferometro di MM, ma bisogna per forza concepire l'etere in questo modo? Non c'e' bisogno di essere troppo eruditi in storia della scienza per sapere che proprio le primissime teorie dell'etere "moderne" (Cartesio, Leibniz) lo concepivano in tutt'altro modo, cioe' come un "vortice" intorno al Sole: un modello che porterebbe a concludere, sempre parlando rozzamente, come purtroppo d'uso anche nelle discussioni di tipo piu' avanzato, che la velocita' assoluta dei pianeti trascinati dal vortice d'etere e' molto piu' vicina allo zero, che non ai 30 Km/sec precedenti, nel caso della Terra! In altre parole, il "risultato nullo" dell'esperimento di MM non dovrebbe dare alcun fastidio concettuale a un "cartesiano", anzi, e in effetti "soluzioni" miranti a conciliare teoria dell'etere e risultati sperimentali del tipo MM hanno preso in considerazione l'ipotesi che la velocita' assoluta della Terra, almeno alla superficie, sia zero, o quasi (alla questione si fa ampio cenno per esempio nell'articolo al punto 5 di questa stessa pagina, ma anche in altri). Si parla di solito di tale ipotesi come dell'ipotesi di Stokes, ma non si tratta esattamente la stessa cosa (vedi ancora l'articolo appena citato), e la si confuta solitamente soltanto con due argomenti, entrambi facilmente contestabili (loc. cit.; vedi inoltre l'articolo al punto 7 di questa stessa pagina). Nella seguente:
si puo' prendere visione di una tabella, riportata nel testo di R. Resnick, "Introduzione alla teoria della relativita' ristretta", Ed. Ambrosiana, Milano, 1969, p. 36, che conferma quanto appena asserito.
5 - Terza, e piu' importante delusione: come se non bastasse quanto detto in precedenza, uno studio approfondito della "vicenda MM" mostra che anche dal punto di vista sperimentale le cose non tornano. Quello di MM NON PUO' DIRSI UN ESPERIMENTO CHE HA DATO RISULTATO NULLO. Certo, il risultato non e' stato corrispondente ai 30 Km/sec che (stolidamente, o ingenuamente) gli sperimentatori si aspettavano, ma NON e' stato affatto nullo (il che, per la verita', non conforterebbe neppure i superstiti sostenitori della teoria cartesiana dei vortici, quali lo scrivente, a meno di non ipotizzare altri tipi di velocita' assoluta della superficie terrestre, dovuti per esempio alla velocita' di rotazione diurna della Terra, ma allora bisognerebbe entrare in specifici dettagli di tipo quantitativo, etc.: non c'e' da stupirsi se la maggioranza dei fisici, in ossequio al principio del minimo sforzo, cui tra le persone meno dotte si fa riferimento con il piu' diretto termine PIGRIZIA, abbiano accettato certe divulgazioni assai rozze e superficiali, e una teoria come quella di Einstein che fa grazia di tutti questi problemi, dichiarandoli "superflui").
Quanto appena asserito si puo' verificare andandosi a leggere i lavori originali (cosa che non viene fatta quasi mai, aggiungendosi a volte alla richiamata pigrizia la difficolta' di procurarsi le raccolte delle riviste in cui essi sono apparsi - bisogna far parte di un'universita' fornita di biblioteche "antiche", o avere risorse che permettono frequenti viaggi di studio in sedi piu' fortunate), e non possiamo far altro qui che rinviare al Link 49, dove e' disponibile [per la lettura c'e' bisogno di Acrobat Reader 4.0] un articolo di F. Tabanelli (presentato anche al Convegno "Galileo Back in Italy II", Bologna, 1999, e pubblicato nei relativi Atti, Ed. Andromeda - vedi Link 16) che esamina approfonditamente tale questione, sulla scia dell'analisi compiuta da R. Monti in "Theory of Relativity: A Critical Analysis", Physics Essays, 9, 2, 1996 (Monti e' stato uno dei relatori della tesi di laurea di Tabanelli, a Bologna)(4). Nel lavoro di Tabanelli si fa anche riferimento agli esperimenti compiuti successivamente a quelli di MM da uno dei loro assistenti, D.C. Miller, il quale, dopo una lunga serie di osservazioni in quota, asseri' di aver trovato un risultato costantemente non nullo. Nonostante Einstein abbia scritto in una lettera a M. Besso (cfr. Pais, loc. cit., p. 114): "I have not for a moment taken [Miller's results] seriously" - mentre aveva scritto in una lettera a "Science": "If Dr Miler's results should be confirmed, then the special relativity theory, and with it the general theory in its present form, fails. Experiment is the supreme judge" - e vengano oggi acquietate le "coscienze" asserendo che R. Shankland avrebbe definitivamente risolto la questione (1955 - si noti che nessuno si precipito' a cercare le "conferme" necessarie, e che Miller rimase li' per 30 anni "dimenticato"), questa resta una delle (tante) pagine buie di questa (poco edificante, dal punto di vista della "moralita' scientifica" - ovviamente per chi credeva che essa esistesse!) storia. Il celebre matematico (si noti bene la qualifica!) Emile Borel, pur prendendo partito a favore di Einstein nel suo "Space & Time" (1922; Dover Pubns, N.Y., 1960), e' tra i pochissimi che dedicano alle dichiarazioni di Miller ("The ether experiments at Mount Wilson during the last four years, 1921 to 1925, led to the conclusion that there is a positive displacement of the interference fringes, such as would be produced by a relative motion of the earth and the ether at this observatory of approximately 10 Km/sec") adeguata attenzione (dalla p. 185 alla p. 193).
Terminiamo questa sezione informando che nel lavoro di Tabanelli si trovano anche notizie su un altro caso assai interessante, addirittura quello di un premio Nobel (per l'Economia, 1988), M. Allais, il quale, da "dilettante", si occupa da decenni della questione a proprie spese, riconfermando in pieno le osservazioni di Miller ("L'anisotropie de l'espace", I, Juglar, Paris, 1997, un volume di circa 750 pagine; vedi anche "Michelson-Morley-Miller: The Coverup", tre articoli apparsi in "21st Century Science and Technology", vol. 11, N. 1, 1998, due di M. Allais, uno di L. Hecht).
6 - Conclusioni. Bisogna ammettere che quanto precede non e' certo sufficiente per invalidare di colpo la TR, come alcuni suoi "ingenui" disistimatori vorrebbero. In effetti, nessuna "grossa" teoria "can be disproved by minor errors or inconsistencies here and there, for the simple reason that they were never proved by these lone bits of data". Soprattutto, non e' purtroppo ESAURIENTE, dal momento che non prende in considerazione quanto si ritiene sia stato acquisito sull’argomento SUCCESSIVAMENTE agli episodi approfonditi. Gli "avversari" replicheranno ovviamente che, che dopo tali effettivamente "ambigui" primordi, le cose sono state in seguito completamente messe a posto. Pero', e' sicuramente sufficiente per guardare con altri occhi alle "certezze" della fisica contemporanea, e a non considerare MM DA SOLO come una grande prova a favore delle concezioni einsteiniane . Si tratta di precisazioni non del tutto marginali, qualche volta addirittura essenziali, delle quali pure una divulgazione semplificata, ma "onesta", dovrebbe tenere il giusto conto...
NOTE
(1) Mi e' capitato proprio nei giorni scorsi di ricevere richieste di commento alle notizie, apparse sui maggiori quotidiani italiani (27.4.2000), relative ai risultati di ricerche "italo-americane" (un po' di campanilismo non guasta mai, e poi bisogna sempre citare i "signori del mondo") che avrebbero "fotografato il Big-Bang, e fornito la prima prova che l'universo e' piatto". Tutto cio', naturalmente, "e' perfettamente coerente con le teorie di Einstein", altro ci mancherebbe ("la Repubblica" pero' scrive in prima pagina che "Il nostro universo e' completamente piatto, la luce vi si propaga in modo rettilineo, obbedendo alle leggi della geometria euclidea", con buona pace delle osservazioni di Eddington, vedi il gia' citato punto 10 della pagina di Storia della Scienza. Ma soprattutto e' divertente assistere a siparietti del seguente genere. Il giornalista chiede al "professore", "Ma che cosa significa affermare che l'universo e' piatto?", e il professore risponde, e bisogna dire correttamente, in conformita' alla teoria della relativita' generale: "che l'universo e' sempre e comunque curvo, dato che la curvatura geometrica dipende dalla stessa materia" (Corriere della Scuola, supplemento del Corriere dell'Umbria, 28.4.2000). Quindi, si e' finalmente "provato" che un universo "comunque curvo" e' "piatto". Lo scrivente sa bene come interpretare tali oscure parole, ma cosa puo' pensare la gente "comune" (ma solo fino a un certo punto, visto che chi legge queste cose e' sempre comunque una persona colta) davanti a un siffatto gergo auto-contraddittorio (la cosa ricorda un po' il Casazza citato nel punto D/3 della pagina dedicata all'Attualita')? Evidentemente, o che non ci si puo' capire nulla, ed e' meglio lasciar perdere e dedicarsi ad altro, oppure che la scienza stessa e' piena di quelle che sembrano auto-contraddizioni, sicche' ci si abitua, e non ci si stupisce (lo stupore e' il primo motore per la ricerca di soluzioni alternative da quelle comodamente a portata di mano) quando le si ritrova ad ogni pie' sospinto ad esempio nella vulgata storica, o nella pratica giornaliera "dell'arte della politica"...
(2) Vedi l'analisi che e' offerta di questo particolare nella biografia di A, Pais, "Subtle is the Lord…" (citata per esempio nell'articolo al punto 5 della pagina di Storia della Scienza), addirittura da pag. 111 a pag. 119. Einstein avrebbe detto in particolare a Shankland che "he had become aware of it … only after 1905" (p. 116). Anche se la sua memoria gli gioco' un brutto scherzo in quell'occasione (4 febbraio 1950, solo 5 anni prima della morte), non c'e' dubbio che Eistein fu sempre "reticent to acknowledge the influence of Michelson on him" (p. 119).
(3) E' interessante citare un altro passo da Pyenson, p. 183, relativo ad un resoconto fatto da Hilbert (1913) su quello che era l'approccio di Goettingen alla fisica: "Hilbert then mentioned the role of experiment in the genesis of relativity, thoroughly confusing the contributions of Walter Kaufmann, Max Abraham, and Albert Michelson. It did not matter, for Hilbert introduced these names only because all had been associated for a time with his university".
(4) A questo proposito, viene bene di fornire anche un nuovo pezzetto di informazione, capace di gettare nuova luce su un altro degli esperimenti piu' "chiacchierati" a favore della TR, e della sua dilatazione dei tempi. Tutti avranno sentito dire che si trasportano su un aereo degli orologi, e si constata come il "tempo" (la loro misura del tempo) si modificasse in accordo alle previsioni di Einstein. Orbene, risulta da un rapporto interno della Marina degli Stati Uniti (USNO, Hafele, 1971 - Hafele fu uno dei due sperimentatori coinvolti nell’esperimento che si dice appunto di Hafele e Keating), finalmente disponibile al pubblico, che secondo lo stesso Hafele:
"Most people (including myself) would be reluctant to agree that the time gained by any one of these clocks is indicative of anything".
Questo fisico aggiungeva inoltre che:
"The difference between theory and measurement is disturbing".
Queste affermazioni non sono molto propagandate in giro, e lo scrivente deve ringraziare A.G. Kelly ("A New Theory on the Behavior of Light", The Institution of Engineers of Ireland, Monograph N. 2, 1996, p. 8) per avergliele fornite.
(5) In quest'articolo c'e' anche una possibile nuova "spiegazione" per MM, fondata su un possibile "agganciamento" dell'onda che va con quella che viene nei due bracci dell'interferometro, e si propone un'intelligente variante dell'esperimento per evitare questo eventuale effetto: