[Si era detto dianzi "per non dimenticare", e per fortuna, nonostante le forme di terrorismo psicologico mass-mediatico, c'e' chi non dimentica…]
Per una vera pace nei Balcani, fuori la NATO dalla Iugoslavia!
Un anno fa le potenze imperialistiche occidentali, in disprezzo dei più elementari diritti universali dei popoli e delle stesse convenzioni internazionali, scatenarono una barbarica aggressione ai danni del popolo iugoslavo, e serbo in particolare.
Con una ferocia inaudita la macchina bellica della NATO scaricò sulla Iugoslavia ben 85 mila tonnellate di bombe: all'uranio impoverito (che, come è già successo in Iraq, causeranno in futuro migliaia e migliaia di morti per leucemia), alla cosiddetta "grafite", a grappolo, dal micidiale potenziale distruttivo. Quei terrificanti bombardamenti non furono, come fu detto, "chirurgici", diretti cioè solo contro gli apparati e le strutture militari serbe; al contrario, essi furono scientificamente indirizzati contro la popolazione inerme (più di 1500 morti) le infrastrutture civili, gli ospedali, le scuole, le fabbriche, i ponti, le strade. I morti, la distruzione, le rovine che ne conseguirono sono stati, purtroppo, il prezzo che il popolo iugoslavo ha dovuto pagare e continuerà a pagare per chissà quanto tempo ancora,. per aver voluto difendere il suo onore, la sua dignità di popolo libero e sovrano, per non essersi piegato all'infame ricatto ed alla volontà di dominio dell'imperialismo mondiale.
Ma, come dimostrano le recenti vicende di Kosovska Mitrovica, ancora oggi non c'è pace per la Iugoslavia! Non c'è pace per il suo popolo!
Nonostante gli accordi di pace stipulati otto mesi fa prevedessero la smilitarizzazione delle truppe dell'UCK e che il Kossovo fosse riconsegnato alle autorità iugoslave (risoluzione 1244 dell'ONU), nel Kossovo e nelle zone limitrofe del sud della Serbia continua a regnare ancora uno stato di guerra permanente ed i modi tra i serbi si contano a centinaia. Incoraggiati dalla complice indifferenza (se non quando agiscono, come spesso avviene, sotto la protezione diretta delle truppe della Kfor) gli estremisti albanesi dell'UCK continuano la loro "pulizia" che, più che etnica, è politica e sociale, visto che è diretta non solo nei confronti dei serbi (200.000 di essi hanno già abbandonato il Kossovo) ma anche nei confronti delle altre minoranze: rom, gorani, albanesi anti-UCK che rifiutano l'albanizzazione forzata e reazionaria, di chiaro segno filo-occidentale del Kossovo.
Ad una guerra ingiusta non poteva che seguire una "pace" altrettanto ingiusta e carica di tensioni che potrebbero esplodere e condurre ad una nuova sanguinosa aggressione, visto che nei Balcani non vi sarà pace fino a quando la NATO vorrà imporre il suo dominio.
Oggi più che mai la Iugoslavia ha bisogno dell'aiuto e della solidarietà militante di tutti i sinceri democratici. Cosi come avverrà in altre moltissime città italiane, anche qui a Perugia, ad un anno esatto dall'inizio dei bombardamenti della NATO, vogliamo ricordare questa cruciale data e denunciare, ancora una volta, la banditesca aggressione allo stato sovrano iugoslavo e reclamare la fine dell'ingiustificata e criminale violenza contro il popolo serbo in Kossovo, per il rispetto degli accordi di pace, per il ritiro dell'odioso embargo che colpisce unicamente la popolazione civile rendendo ancora più drammatiche le sue condizioni. L'appuntamento per tutti è
Venerdì 24 Marzo ore 17,30
"Sit-In" in Piazza IV Novembre a Perugia
Ricordiamo che, nello stesso giorno, una delegazione dell'Associazione Italia-Iugoslavia sarà presente a Belgrado per testimoniare direttamente la nostra solidarietà al popolo Iugoslavo.
Promuovono l'iniziativa
L'Associazione Italia-Iugoslavia - il Comitato Umbro Antimperialista
Fto.In.Prop. c/o Assijug Perugia Via Duranti, 5 tel. 075-42686.
e mail: Assijug@tiscalinet.it
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Aggiungo con piacere il seguente contributo
dell'amico Giorgio Iacuzzo .
UN SERBO HA PORTATO LA VITA NEGLI U.S.A.
GLI U.S.A. HANNO PORTATO LA MORTE IN SERBIA
Gli Stati Uniti sono il più potente paese del mondo, un incredibile complesso industriale-economico-militare nato alla fine del secolo scorso.
Fondamentale artefice della sua potenza, anche se pochi lo sanno e tanto meno i mass-media, fu Nikola Tesla, geniale scienziato serbo emigrato nel 1884 a New York.
Tesla era nato a Smiljan, piccolo villaggio della Krajna, regione abitata da secoli dai serbi e che oggi fa parte della "grande" Croazia.
Oggi, però, la Kraina è "pulita", di serbi non ce ne sono più, spazzati via dall’operazione Tempesta, una veloce ed efficiente pulizia etnica condotta nel 1995 da truppe e bande del generale Franjo Tudjman, stimolato dal mediatore statunitense Richard Holbrooke e sotto lo sguardo distratto di Slobodan Milosevic che non reagì ne protestò, forse faceva comodo anche a lui la dispersione e disperazione di questa antica comunità che nei secoli aveva resistito e combattuto ottomani e nazi-fascisti e commerciato con Venezia e Ragusa.
Nikola Tesla arrivò nel Nuovo Mondo senza un centesimo in tasca ma con le idee ben chiare in testa: l’energia elettrica che fino allora era stata corrente continua, con grossi problemi di perdite e difficoltà di trasporto avrebbe dovuto trasformarsi in corrente alternata.
Non ci mise molto a dimostrare con i suoi fortunati esperimenti la potenzialità di questa nuova forma di energia. La Westinghouse Electric gli diede fiducia, la banca Morgan e Wall Street fecero il resto.
Prima centrale elettrica dotata di alternatori quella delle cascate del Niagara, un successo! New York viene tutta illuminata in pochi mesi.
In pochi anni in tutto il Nord America l’energia, la corrente alternata, è disponibile in ogni casa in ogni industria, si sviluppa così in modo velocissimo e imponente quella modernità che tutto il mondo continua ad invidiare.
Nei primi decenni di questo secolo per gli U.S.A. Tesla è un eroe, passa da un trionfo all’altro, le prime pagine dei giornali parlano continuamente di lui.
Ma Tesla non si ferma, ha un chiodo fisso in testa, e cioè che le comunità o anche le singole persone, in qualsiasi parte del pianeta si trovino, possano disporre di una fonte di energia semplice, portatile e gratuita che li renda autosufficienti. Lavora per anni alla tecnologia per trasportare senza fili l’energia o per captarla dallo spazio, fa esperimenti, dimostrazioni, conferenze. Ma come si avvicina alla risoluzione del problema iniziano i boicottaggi, le banche ritirano i finanziamenti, le industrie lo isolano, giornali e radio cominciano a parlare di una sua pazzia.
La sua riuscita sarebbe stato un successo per l’umanità ma sarebbe stato un disastro per le nascenti multinazionali dell’energia che ormai diffondevano nel mondo intero gli impianti a corrente alternata, conquistando mercati, royalities, azioni, soldi, una montagna di profitti.
Tesla muore nel 1943, solo, dimenticato e povero in un piccolo albergo di New York, una delle ultime cose che aveva fatto era stata quella di aderire come emigrante al neonato movimento di liberazione della Jugoslavia, il suo paese, che sognava di veder un giorno unito.
Il sogno ha vacillato per qualche decennio in mezzo a difficoltà di ogni tipo dovute a problemi esterni ed interni.
Il non-allineamento non si ha da fare! Pressioni e interferenze esterne, prima dei due blocchi e poi da paesi adiacenti vogliosi di dividere ed espandersi.
L’autogestione del lavoro non si ha da fare! Nascita di nomenclature interne, mostruosamente burocratiche, accaparratrici, sanguisughe instancabili di un tessuto etnico unico, dinamico e operoso.
Ora è finita! Smiljan, il piccolo villaggio è stato spazzato via, la casa natale di Tesla è un mucchio di macerie fumanti, il museo Tesla di Belgrado con i suoi reperti dell’altro secolo è diventato obiettivo strategico e prioritario per i Cruise e i B-2 della NATO.
Non esiste più niente! La Jugoslavia ha ora le sue genti, erranti e divise dall’odio, i suoi presidenti boia, i protettori-oppressori stranieri, le multicriminalità trasversali.
Gli U.S.A. e i loro lacchè, capi di stato vassalli, mass-media compiacenti e plebi ignoranti cantano vittoria marciando verso quel disastro planetario che il piccolo serbo di Smiljan avrebbe voluto evitare.