Cretinaggini di stagione - N. 2

(la scuola e l'universita' tra "vecchia" e "nuova" didattica,

ovvero, la sbornia telematica…)

 

Inserisco qui nei "Dissensi" copia di alcune "invettive" da me inviate recentemente ai colleghi della mia Facolta', perche' non ce la facevo proprio piu' a sentir ripetere continuamente certe balordaggini solo perche' di moda…

 

I PUNTATA:

Cari Colleghi,

penso al solito sia parte del mio "dovere" di docente segnalarvi l'opera di Clifford Stoll, "Confessioni di un eretico high-tech", edita recentemente in Italia da Garzanti. Faccio cio' pur avendo deciso di non partecipare piu' ad attivita' collegiali della SSIS per una sorta di legittima difesa intellettuale e fisica. Mi rattrista troppo infatti dovermi sentire una specie di "alieno" (del resto, e' stato anche detto che e' inutile cercare di "convincere" i cinquantenni: largo ai giovani e all'inesperienza!), soltanto perche' cerco di difendere una certa tradizione culturale relativa alla concezione di "cosa" e' la matematica, e non condivido facili slogans ed entusiasmi, per esempio: sul "dovere sociale" di procedere all'alfabetizzazione informatica del paese; sul ritenere statistica e probabilita' discipline "fondamentali" (il loro "valore" sul piano "pratico" delle previsioni economiche e' stato di recente ridicolizzato dal successo delle decisioni di una bambina di 4 anni rispetto a quelle di un esperto di borsa e di un'astrologa - "Corriere della Sera", 24.3.01); sul "saper fare" come primo obiettivo di un'educazione matematica; sulla genialita' di frugoli che sanno pasticciare sin dalla piu' tenera eta' con telefonini e tastiere ma non conoscono ne' le tabelline ne' la grammatica; su "laboratori", "multimedialita'", "nuove tecnologie", "facilitatori", etc. (ricordo che P.K. Feyerabend diceva che l'epistemologia moderna e' affollata di argomentazioni raffinate ma vuote; mi sembra da certi ragionamenti che ho sentito che la moderna "filosofia della didattica", matematica e non, sia soltanto vuota).

Stoll e' professore di astronomia a Berkeley ed e' stato anche uno dei "pionieri di Internet", oggi uno dei "commentatori piu' autorevoli sullo sviluppo della rete" (il suo sito Internet e' http://www.ocf.berkeley.edu/~stoll). Vi offro qui di seguito qualche "significativo" stralcio dal suo testo (nel quale mi sono imbattuto per caso, leggendo sul "Giornale del Popolo" di Lugano, 28.3.01, la lettera di una professoressa amareggiata perche' era stata coperta di improperi dalla madre di uno studente alla quale faceva presenti "le difficolta' logiche del figlio", "impossibili" dal momento il suo pargolo aveva dimestichezza con i computers sin dai tempi dell'asilo), in quanto mi sembra strettamente connesso con alcune delle opinioni che ho sentito esprimere con tanto ardore nel corso dell'ultima riunione dei "volontari" della SSIS sezione matematica.

Aggiungo soltanto a mo' di commento personale (a parte quei pochi che saranno inseriti successivamente tra parentesi quadre), per non essere frainteso come prevedo, che qui non si tratta di "demonizzare" proprio nulla, ma unicamente di invitare degli "educatori" ad avere maggiore equilibrio, misura e prudenza, pure in cio' che dicono, ricordando di dare a Cesare quel che e' di Cesare...

Riviste, giornali, libri, convegni [e purtroppo professori] annunciano al mondo intero che le nuove tecnologie risolveranno i drammatici problemi della scuola. La parola d'ordine di questa rivoluzione pedagogica e': "Un computer su ogni banco". Il miracolo e' garantito.

L'educazione e' una cosa assai diversa e molto piu' seria dell'alfabetizzazione informatica. Cliccare qua e la' su un CD-rom non significa capire e apprezzare i capolavori del passato [cosi' come saper usare un programma per la visualizzazione grafica di certe traiettorie non significa avere alcuna consapevolezza dei principi della meccanica]. A un buon insegnante non servono mouse ed e-mail [...]

La scuola, e quindi il futuro della societa', sono troppo importanti per essere affidati ai fanatici delle neo-tecnologie, ai fabbricanti di computer e di software, ai loro esperti di marketing.

Si', sono critico nei confronti dei computer, ma non ce l'ho con la tecnologia. I computer non mi spaventano, in fin dei conti li ho programmati fin dalla meta' degli anni Sessanta [...] Ho a che fare con Internet piu' o meno dal 1975 e l'ho aiutata a diventare un fenomeno planetario da quell'oscuro progetto di ricerca che era. [...] Cio' che mi da' i brividi e' piuttosto il clima culturale che circonda i computer. Mi preoccupa l'ingenua credulita' nelle vuote promesse dei sacerdoti dell'informatica. Mi intristisce la cieca fede in una tecnologia che, promette, si trasformera' in una cornucopia di beni distribuiti gratuitamente alle persone. [...] Molte delle mie considerazioni riguardano l'uso del computer nel contesto dell'istruzione scolastica. Non mi importa che il mondo del business sperperi fortune in mirabolanti attrezzature dalla dubbia utilita', ma divento furioso quando vedo le nostre scuole lanciarsi volontariamente nell'ondata di piena della tecnologia. Come pecore, folle di educatori si mettono in coda per poter riempire di cavi le proprie scuole. Quando acquistano macchine elettroniche per i figlioli i genitori mettono mano alla carta di credito con sorriso beato, immaginandoli gia' piccoli geni dell'informatica [o beneficiari di un futuro impiego sicuro e gratificante]. Nel frattempo gli insegnanti di lettere devono sopportare studenti semianalfabeti i quali, ansiosi di immergersi in qualche videogioco, non sono in grado di scrivere due righe sensate [ritengo che sia molto piu' un "dovere sociale" insegnare a trarre profitto dalla lettura di un libro; saper meditare su una pagina; saper prestare attenzione per qualche minuto a una persona piu' competente di noi; sapersi esprimere in modo abbastanza chiaro; saper riconoscere in un discorso, ed eventualmente correggere, ambiguita', contraddizioni, non sequitur logici,…; ... ].

C'e' differenza tra l'avere accesso all'informazione e possedere il buon senso e la saggezza necessari per interpretarla. Mancando loro pensiero critico, i ragazzi non possono che confondere la forma con il contenuto, la sensazione con la sensibilita', le parolone con i pensieri di qualita' [del resto, si tratta di elementi sui quali numerosi "politici", e non, costruiscono le loro fortune popolari].

Un computer non puo' sostituire un buon insegnante. Cinquanta minuti di lezione non possono venire liofilizzati in quindici minuti multimediali.

Credo che una buona scuola non abbia bisogno dei computer e che una scuola mediocre non possa trarre vantaggio neppure dal piu' veloce dei collegamenti a Internet. Penso che un bravo professore possa insegnare la propria materia senza alcun supporto multimediale [anche se diventa sempre piu' difficile cercare di "educare" quando una massa di altri non fa che "diseducare"]; che il piacere dello studio non abbia niente a che fare con un "apprendimento divertente" [...]

Probabilmente per il fatto che gli studenti imparano cosi' facilmente a usare il computer, agli educatori piace insegnar loro a manovrare il mouse. Ma per che cosa saranno poi preparati i ragazzi? Per una vita passata a picchiettare su una tastiera, otto ore al giorno. E' un ennesimo modo per avvilire la scuola, alla quale si impone di insegnare competenze cosiddette del futuro [il "mercato del lavoro"!], ma che in realta' non richiedono certo una struttura scolastica per venire apprese. [...] Vogliamo una nazione di stupidi? Basta centrare sulla tecnologia il curriculum di studi - insegnamento attraverso videocassette, computer, sistemi multimediali. [...] Avremo una nazione di stupidi.

Il matematico Neal Koblitz sottolinea come i computer si oppongano al ragionamento: "Vengono usati in classe in un modo che incoraggia a vedere la scienza come una magica scatola nera piuttosto che come un'area di pensiero critico. [...]"

Il software per le presentazioni [...] viene promosso come il mezzo migliore per raggiungere il pubblico in una sala. [...] Questi software consentono a chiunque di approntare presentazioni a video piene di disegnini, sfondi color pastello, grafici multiformi. Utilizzandoli assieme a un video-proiettore, il vostro pubblico puo' godersi testi che scorrono tra animazioni e marchi di fabbrica danzanti. [...] Una volta simpatia e qualche storiella creavano un legame tra pubblico e relatore. Ora chi sta sul palco si rivolge allo schermo televisivo leggendo i propri appunti. Il relatore diventa un accessorio accidentale della conferenza; non che se ne preoccupi piu' di tanto - e' troppo impegnato a premere tasti e osservare lo schermo, rivolgendo la schiena al pubblico. Dovesse dimenticarsi qualche passaggio, il software lo ricondurra' sul percorso prestabilito. Il risultato [...] e' una conferenza prevedibile, preprogrammata, precotta, priva di umanita'. Il pubblico potrebbe con medesimo profitto guardarsi una videocassetta. [...] La computer grafica abbassa il livello di attenzione della gente. Anziche' guardare voi, il pubblico fissa lo schermo. E' gia' in possesso del testo che avete preparato, cosi' non ha bisogno di prendere appunti o ascoltarvi con concentrazione quando sottolineate i punti importanti. Insomma, visto che tutto o e' proiettato o e' nella cartelletta, non c'e' alcun motivo di starvi ad ascoltare [...] gli studenti guardano con occhi sbarrati la loro insegnante mentre legge il testo che scorre sul megaschermo [...] Ai ragazzi piacciono queste nuove opportunita' per battere la fiacca [...] Volete spopolare alla prossima vostra conferenza? Impadronitevi cosi' bene del vostro materiale da poterne parlare senza appunti, senza computer, senza penne laser o video-proiettori. Scrivete i punti importanti su una lavagna ed enfatizzateli con la vostra voce. Guardate il pubblico, non un monitor. [...] Mostratemi le vostre idee, non lo schemino preparato da altri. Stupitemi con le vostre storie, emozionatemi con le vostre esperienze. Sbalorditemi con la vostra forza, convincetemi con la vostra passione.

[Chissa' perche', mi sono venute in mente certe nostre "dispense" e "lezioni" - con conseguenti "esami" costruiti su misura per certo tipo di preparazione (guai a cambiare un simbolo, o a chiedere una riflessione "originale") - ma soprattutto la noia mortale dei nostri esami di laurea, alias lettura, punteggiatura ed errori di stampa compresi, di quello che viene proiettato dalla lavagna luminosa; in effetti, siamo ancora piuttosto arretrati quanto a neo-tecnologie, PowerPoint l'ho visto usare poco, ma io per fortuna non frequento molto taluni eventi sociali...]

etc. etc., mi limito a questi assaggi, invitando naturalmente alla lettura integrale del provocatorio libro...

In attesa di ricevere da parte di "modernisti" e "tecnomaniaci" pungenti repliche alle osservazioni di Stoll (e mie), e sperando peraltro in qualche intervento solidale a supporto, saluto cordialmente,

Umberto Bartocci

Perugia, 3.4.2001

 

II PUNTATA:

Cari Colleghi,

il guaio con le "esternazioni" e' che si sa quando cominciano, ma non quando finiscono. Non posso non aggiungere alle mie precedenti sull'attuale sbornia telematica* alcune considerazioni sul tutorato appunto "telematico".

1 - La prima impressione che un ascoltatore ignaro come me ha ricevuto durante la seduta del CdF di ieri (4.4.2001) e' che, al solito, non si e' trattato di un progetto elaborato, sentito, voluto autonomamente dai docenti, o da una parte di essi, bensi' di qualcosa del tipo: danno finanziamenti per queste attivita', cerchiamo di salire sul treno anche noi, scettici o no, e di ricavarne qualche profitto.

2 - Si e' parlato di proposte che debbono essere "innovative", e appunto con il motivo dell'innovazione a ogni costo (in realta' e' stata introdotta l'ulteriore ragione della loro maggiore economicita' rispetto ad altre "categorie") si e' giustificata l'idea di coinvolgere gli studenti (ma diceva bene Tulipani, seguito dalla Peruzzi, in taluni casi si perderebbe parecchio piu' tempo a "istruirli" che non a fare tutto il lavoro di tutorato da soli; quando svolgevo la funzione di "assistente" ero tenuto a seguire attentamente le lezioni del professore, ad essere "preparato", etc., tutte pratiche che purtroppo non sono innovative).

3 - Si e' detto che si puo' comunque sperimentare, e vedere poi come sono andate le cose, ma a parte il fatto che pure in fisica gli esperimenti non si eseguono solitamente "a caso", bensi' sono accuratamente pensati e valutati "a priori" (ovvero, alla luce di "teorie", aspettative, etc.; ecco, proprio sui "principi" delle loro teorie, e sulle relative aspettative, mi piacerebbe che i "novatori" si diffondessero di piu', i cenni che ne ho sentito finora sono stati generalmente desolanti), confesso di essere molto pessimista sulla capacita'/volonta' del nostro "ambiente" di mettere in pratica cio' a cui Zappa si riferiva con la seguente frase (da comunicazione privata):

> tutto sta a attivare trasparenti funzioni di controllo sulla vecchia e sulla nuova didattica e poi fare confronti onesti.

Qui non si fanno "confronti onesti" neppure sugli insegnamenti tradizionali**, una vera innovazione sarebbe per esempio quella di togliere il giudizio finale sugli esami (senza dare per scontato che sia questo l'unico parametro per giudicare il "valore" di un corso) dalle mani di chi ha svolto il corso stesso (ma anche nel contesto in parola e' facilmente prevedibile la contromossa di un ambiente appunto onesto: organizzare "bande" i membri delle quali si "coprono" a vicenda…).

4 - Una probabile "verita'" e' invece che l'offerta di istruzione, e di istruttori (o dovrei dire, per essere a' la page, "facilitatori") e' assai superiore alla domanda (la maggior parte degli studenti - che NON vanno considerati secondo me i veri "utenti" dell'universita': il vero utente e' la societa' civile nel suo complesso! - non chiede istruzione, ma soltanto uno stipendio in cambio di un lavoro che sia possibilmente poco faticoso e poco impegnativo), e che i problemi dell'universita', al pari di quelli della scuola e di altre istituzioni fondamentali del paese, hanno radici ben differenti da quelle che hanno preteso di individuare coloro i quali cercano di risolvere tutto con una ridicola contrapposizione tra "nuova" e "vecchia" didattica. Quanto accade si potrebbe descrivere con la seguente "parabola": c'e' un malato grave, al capezzale del quale si agitano diversi "medici" (o presunti tali). I piu' disinvolti di questi propongono cure a caso (forse anche dannose), naturalmente pretendendo di essere pagati in anticipo (e non a paziente guarito, come si usava e si usa, ho sentito dire, in alcune societa' primitive) mentre i piu' prudenti tacciono, e cercano semmai di basarsi sui rimedi "tradizionali"…

* Che ormai nella societa' della "comunicazione globale" si proceda per "mode", per "parole magiche", i cui effetti psicologici s'impongono senza che nessuno riesca ad obiettare nulla apertamente (altro e' in cuor suo), pena la riprovazione universale, e' evidente quando si pensa alla maniera con la quale sono impostati per esempio oggi i problemi relativi all'immigrazione, agli handicappati, etc., con il sano "realismo" sopraffatto da un imperante autolesionistico buonismo sentimentaloide (che fa leva su "sensi di colpa" sapientemente instillati nei "vinti" dai "vincitori"). Ultimamente e' di grande attualita' la "sicurezza": parlavo qualche giorno fa con un Preside della provincia di Alessandria, il quale diceva che il piu' recente incendio che si ricordi dalle loro parti e' quello che fu appiccato dal Barbarossa a una torre li' vicina…

** In generale, sarebbe interessante elencare quante volte sono stati effettuati dei "confronti onesti" nella storia degli ultimi 50 anni del nostro paese da parte di coloro che hanno proposto innovazioni in tutti i campi, politico, scolastico, giudiziario, religioso, familiare, etc. (per esempio, dopo le riforme volute da Giovanni XXIII, e portate a termine da Paolo VI, le chiese si sono svuotate, ma adesso li faranno santi tutti e due…). Chi ha mai ammesso che i fatti gli hanno dato torto, e che sarebbe stato opportuno tornare indietro?

I soliti cordiali saluti, UB

 

(UB, aprile 2001)