Gli stipendi degli insegnanti
Sento il dovere di intervenire sulla questione degli stipendi degli insegnanti, anche se sono in qualche modo parte in causa, e se prevedo che le mie osservazioni finiranno con lo scontentare, ahime', quei pochissimi amici che mi sono rimasti in questa categoria. Ma non posso non esprimere un "consenso" a quel lettore che cosi' si esprime in una lettera a "La Nazione", 5 ottobre 2000 ("Una categoria di privilegiati"):
"Gli insegnanti lamentano 'stipendi da fame': 2.100.000-2.630.000 mensili. Elezioni politiche in arrivo: gli aumenti verranno concessi. Il confronto con gli insegnanti europei non regge. In Francia e in Germania, gli stipendi sono si' piu' alti, ma i docenti sono rispettivamente 600mila e 700mila e con una popolazione scolastica il doppio di quella italiana. In Italia gli insegnanti sono 1.245.000. Quindi in esubero. Ad aumenti concessi, insorgeranno tutte le altre categorie di lavoratori e di pensionati. E i sindacati, per onesta', dovranno appoggiarli. Ho fatto anch'io il maestro, il professore, poi il capo d'istituto e mi pare doveroso ammettere che gli insegnanti godono di privilegi non consentiti a nessun'altra categoria. Lavorano nove mesi all'anno e sono pagati per 13, per 200 giorni di scuola, in realta' per mezza giornata. Se fossero pagati per il periodo lavorativo, supererebbero i 3 milioni, 13a compresa. Che dire delle 40 ore settimanali degli operai, pagati solo quando lavorano, e delle 36 ore settimanali delle altre categorie di impiegati pubblici, anche diplomati o laureati, che sono ancora lontani dagli stipendi degli insegnanti?".
In effetti, ai benefici indicati dal lettore, si puo' aggiungere che non puo' esserci condizione migliore di chi ha la fortuna di svolgere un'attivita' che consenta di coltivare simultaneamente i propri interessi, tenuto conto dell'ovvia circostanza che il tempo e' il bene piu' prezioso che un essere umano possieda di diritto dal momento della propria nascita (risorsa invero limitatissima e irrecuperabile, il tempo che ci viene "rubato" dai cronofagi e' l'unica cosa che non ci si puo' restituire!), e che lavorare significa di fatto vendere parte del proprio tempo. Non c'e' quindi da lamentarsi, ne' da invidiare professioni che rendono maggiormente, tanto piu' tenendo conto della retribuzione media di altre categorie, come segnalano pure altri lettori nella stessa pagina, tra i quali cito soltanto:
"Un povero privilegiato"
"Ho appena letto il disperato appello del 'povero' insegnante che percepisce la miseria di 2.650.000 mensili e si chiede come tirare a campare. Confesso che sono rimasto letteralmente di sasso. Non si e' mai chiesto il povero insegnante quanto guadagna la maggior parte dei suoi connazionali? Evidentemente no o piu' semplicemente se ne strafrega del fatto che la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani percepisce stipendi che vanno da 1.500.000 a 1.800.000 per i piu' fortunati, senza considerare i pensionati..."
Quella del professore dovrebbe essere anzitutto una "vocazione" (con la conseguenza che le ore apparentemente libere - ma bisogna oggi tenere conto per la verita' di innumerevoli rientri per riunioni e altre attivita', correzione dei compiti, etc. - dovrebbero essere dedicate allo studio continuo, all'aggiornamento, etc.), ma tra i piu' grandi mali della scuola (compresa l'universita') c'e' esattamente quello di avere arruolato nelle proprie fila troppi docenti che questa vocazione non la sentivano affatto, alla ricerca soltanto di un "posto" abbastanza tranquillo e sufficientemente remunerato. Ma, evidentemente, nell'era dell'egoismo di massa non e' rimasto alcuno spazio per la "decenza", e si dimentica pure che non conviene attirare troppo l'attenzione su certe situazioni, si rischia di ottenere l'effetto contrario:
NISI CASTE CAUTE...
(UB, 6 ottobre 2000)